Soia ogm della Monsanto entra in Europa per l’alimentazione umana

L’ultimo tassello per l’importazione della soia geneticamente modificata MON87769 della Monsanto è stato posizionato: il gruppo di esperti sugli ogm dell’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare), cavalcando l’ormai nota formula dell’equivalenza tra un organismo ingegnerizzato (ogm) e uno “tradizionale”, ha stabilito “l’improbabilità di effetti negativi” della soia ogm… Questa valutazione favorevole è stata espressa tenendo in considerazione i dati  della sperimentazione sui ratti portata dalla stessa Monsanto.  Probabilmente come avveniva in passato queste ricerche sono state commissionate ai laboratori di HLS (Huntingdon Life Sciences), ben noti per le loro torture sugli animali e per i loro affari con le multinazionali.
Il ruolo dell’EFSA non è limitato all’espressione di un semplice parere, ma è un passaggio necessario per l’approvazione a livello europeo di varie nocività quali pesticidi, composti chimici, farmaci, ormoni, ogm, particelle nanotecnologiche… L’EFSA è l’anello di congiunzione tra le multinazionali, i produttori di nocività e la Commissione Europea.
In Europa, e quindi anche in Italia, da tempo è autorizzata l’importazione e la commercializzazione di prodotti lavorati per l’alimentazione umana con ingredienti ogm (soia, mais, colza, olio di cotone, zucchero da barbabietola). Ma è la prima volta che verrà utilizzata soia ogm, oltre che per mangimi animali, anche per l’alimentazione umana: arriveranno carichi di soia ogm pronta per essere lavorata direttamente qui e inserita come ingrediente in tantissimi prodotti alimentari industriali.
Le multinazionali stanno investendo sempre più sulla modificazione genetica delle piante di soia, in questo caso la modificazione è presentata come un aumento di omega-3, per avere integratori alimentari in alternativa a quelli ottenuti dal pesce. Le strategie propagandistiche sono note, come il riso ogm arricchito di vitamina A declamato per sconfiggere la fame nel mondo, vediamo una soia “ricca di omega-3” per integratori come punto di lancio per la diffusione della soia ogm e per tutti quei prodotti figli dell’ingegneria genetica.
La propaganda pro ogm della Monsanto ha trascurato di citare un altro aspetto che in passato veniva usato come una delle principali motivazioni delle manipolazioni genetiche: la riduzione dei pesticidi in agricoltura. La soia ogm contiene ovviamente anche un gene modificato per la tolleranza al glifosato, ingrediente dell’erbicida Roundup della stessa Monsanto.
L’EFSA, come tutti gli altri enti suoi pari (vedi l’FDA americana), corre preventivamente ai ripari costruendo una precisa strategia comunicativa, dove in egual misura vengono dosate ambiguità e menzogne. Da una parte sdogana in Europa un ulteriore avvelenamento con organismi transgenici e dall’altra parte, nel caso di una larga diffusione della soia ogm, raccomanda “un monitoraggio”.
Gli ogm non solo escono dai laboratori ma ne rappresentano l’essenza nel testare i loro effetti nel campo sociale, che a sua volta diventa il laboratorio dove “monitoraggio” coincide con uno stato permanente di possibilità di rischio che ci trasforma in ineluttabili consumatori e cavie, lasciandoci in balia degli esperti e dei loro tecnicismi a noi incomprensibili.
Se la memoria degli scienziati è corta quando si tratta di ricordare sciagure e disastri causati da effetti imprevisti o da quelli previsti delle loro ricerche, questa volta per salvaguardare le loro menzogne  e pseudo certezze, brilla per la celerità con cui viene considerato uno (solo il più famoso) degli innumerevoli rischi con cui una neutralità di ricerca, secondo il modello Monsanto, ha già condannato le prossime generazioni. Stiamo parlando del passaggio in cui l’EFSA, nella sua valutazione, raccomanda un’attenzione particolare nel caso di un elevato consumo di prodotti contenenti soia ogm e verso le “modificazioni dei mangimi animali”.
Non è vero che dalle catastrofi ambientali e sociali non viene tratto alcun insegnamento.  Enti come l’EFSA hanno imparato che è necessario essere i primi a parlare di “mucca pazza” per non essere impreparati sul dopo, quando sarà necessario gestire le conseguenze dei danni collaterali della scienza o, come spesso avviene, spostando le responsabilità su “sconsiderati metodi di mandare avanti aziende e campi”, come se ci fosse una qualche possibilità di scelta all’interno di una agricoltura industriale e di un mercato ecocida, che impone la nocività non come eccezione, ma come regola. Ancora una volta viene costruita una realtà che rimanda al posto sbagliato l’origine della contaminazione, evitando sempre ciò che l’ha prodotta, voluta e resa necessaria.

                                                                                                                            Giugno 2014