Riflessioni sparse leggendo il libro “Smagliature digitali”. In occasione dell’iniziativa “Gorgoni – corpi imprevisti”

Per un mondo biotecnologico!
Il potenziale sovversivo e liberatorio delle tecno-scienze
a cura di tecno-corpi, cyborg, ibridi e oncotópe dai laboratori della Du Pont

Riflessioni sparse leggendo il libro “Smagliature digitali”.
In occasione dell’iniziativa “Gorgoni – corpi imprevisti” del 5 maggio al FOA Boccaccio a Monza [1].

Il libro “Smagliature digitali” contiene vari saggi. Uno di questi è il manifesto Xenofemminista, recente è la pubblicazione di “Xenofemminismo” di Helen Hester. È più semplice criticare questo estremo hi-tech dove tutto è riprogettabile [2], più difficile scorgere e mettere in luce che siamo già arrivate a un punto in cui l’attivismo e le analisi trans-femminista e queer sono portatrici delle stesse logiche neoliberali di mercificazione, di ingegnerizzazione del vivente e di superamento dei limiti di questo sistema tecno-scientifico. Tendenze figlie di questi tempi che si presentano come radicali e sovversive, ma che andranno solo a rafforzare le fondamenta su cui si regge questa società.
Senza giri di parole, quello che noi vorremmo distruggere per un mondo altro, chi porta avanti queste analisi lo vorrebbe mantenere. Ci troviamo davanti a un adesione entusiasta al tecno-mondo e a un’ammirazione delle tecnologie.
Già da tempo il personale ha fagocitato il politico, perché è certamente più facile essere in un continuo processo di cambiamento individuale, considerandolo come la chiave per cambiare la società, invece che guardare fuori da sé intraprendendo un percorso di lotta. Ma bisogna intendersi anche su questo. Perchè è di moda pensare che autoprodursi sex-toys sia una pratica sovversiva. Così nascono come funghi laboratori ludici di giocattoli sessuali e di mutande masturbatorie, come se davvero questo possa intaccare in qualche modo questo sistema.
Un saggio di “Smagliature digitali” ci illustra il “pornoattivismo accademico”, un’altro gioco, da chi può permettersi il lusso di giocare mentre tutto attorno precipita sempre di più. Così in questo teatro dell’assurdo basta calarsi le mutande in qualche performans trans-queer per destabilizzare e sovvertire… quanto è lontana e quando è profondamente altra cosa, la tensione che contraddistingue un lottare fino in fondo, fuori dalle stanze accademiche e fuori dai social network, correndo sotto le stelle fino all’ultimo respiro…
Se tutto si limitasse a questo ci sarebbe solo da ridere, ma il problema è che ci troviamo davanti a un sostegno di tutti gli sviluppi delle tecno-scienze. E la critica agli “eccessi” dei processi tecno-scientifici non è ingenuità, ma un modo per darsi una facciata alternativa e radicale, in questo non c’è nulla di diverso dai ricercatori che parlano dei rischi e degli effetti collaterali previsti, pronti con le loro nuove star-up e ricerche ben finanziate per trovare presunte soluzioni ai precedenti disastri. Come se fosse davvero possibile poter gestire i Big data e che un’accellerazione delle tecnologie possa risolvere le disuguaglianze. Come se il problema fosse solo la gestione di tali processi e non i processi in sé. Non esistono “usi impropri” delle tecnologie: un drone nella sua stessa progettazione è previsto sia per uno scenario di guerra, sia per un controllo sociale, sia per salvare dispersi in montagna. Qual’è l’uso improprio tra questi? Nessuno. Dai laboratori per la salute pubblica possono uscire innovative nanoarmi o sofisticati sistemi di controllo, i piani sono così intrecciati e indispensabili tra loro che non è possibile scinderli. Nessuna ricerca e nessuna applicazione è neutrale.
Le autrici del libro rivendicano di volersi riappropriare delle tecno-scienze considerandole come potenzialmente liberatorie e scrivono che “la tecnologia è sempre il prodotto di un’organizzazione sociale della quale mira a riprodurre i rapporti di potere e le categorizzazioni”, arrivando a concludere che “rinunciare agli strumenti del padrone, quindi, non significa rinunciare alla tecnica, ma all’organizzazione dalla quale è prodotta e che ricrea.”
I processi delle nano-bio-info-neuro scienze non sono più definibili come meri prodotti di un’organizzazione sociale, così come non producono meri strumenti tecnologici. Sono dei processi che creano e modificano la realtà cambiando gli stessi paradigmi di pensiero su come vediamo il mondo e noi stesse/i. Un microscopio a effetto tunnel non è un semplice strumento, costruisce un mondo in cui la materia è ideata, misurata e quindi modificata a livello nanotecnologico.
Risulta evidente che non basta cambiare organizzazione sociale per dare uno altro sviluppo alle nano-bio-info-neuro scienze. In sé il mondo che creano è un mondo in cui i corpi tutti sono scomponibili, modificabili, ingegnerizzabili. Un mondo dove la schiavitù diventa co-gestione volontaria del proprio sfruttamento e delle nocività onnipresenti, in cui ogni possibilità di autonomia rimasta si assottiglia sempre di più.
Ma forse è proprio questo che attira, la manipolazione genetica, le mutazioni genetiche causate dalla tossicità rimandano alla manipolazione dei corpi, le autrici mettono in luce la centralità delle nuove tecnologie, in particolare delle “biotecnolgie per la mutazione del corpo trans” e le tecnologie di riproduzione artificiale. Biotecnologie che “proprio perché biosono il corpo stesso”. Questa sovrapposizione è agghiacciante.
Haraway è un riferimento e fonte di ispirazione continua e costante in vari contesti trans-femministi queer, curioso e paradossale che lo sia anche nei contesti antispecisti e che parlano di resistenza animale nonostante offra una copertura ideologica e una giustificazione alla sperimentazione animale, all’allevamento, uccisione di animali per scopi di ricerca e alimentari e all’ingegneria genetica.
Per chi avesse la memoria corta è utile ricordare queste sue parole: “Si, tutti i calcoli valgono ancora; si, difendo l’uccisione degli animali per delle ragioni e in particolari condizioni material-semiotiche che ritengo tollerabili in base al calcolo di un bene superiore.” Haraway afferma inoltre che l’animale all’interno del laboratorio avrebbe uno spazio di libertà: “gli esperimenti non possono dare risultati in assenza di cooperazione da parte degli animali”. Che libertà sadica e perversa, all’interno dei laboratori c’è solo sottomissione e coercizione: animali rinchiusi, immobilizzati in strutture di contenzione, sottoposti a torture, come immaginare una cooperazione?
Haraway pensa agli animali in un laboratorio non come vittime, ma come “attori del laboratorio” attribuendogli un potere d’azione che nella realtà è loro negato ed effettua un riconfiguramento perverso e crudele dove i vivisettori diventano “persone che assistono agli animali”, “addetti alla cura degli animali” per ottenere i risultati sperimentali e l’animale diventa “paziente”.
“Come potrebbero, nell’ambito dell’attuale situazione culturale, femministe e antirazzisti fare a meno del potere del laboratorio di rendere dubbio ciò che è ritenuto normale?” si chiede Haraway ed in “Xenofemminismo” di Hester leggiamo di “portare il laboratorio alle comunità queer” e fare di queste un laboratorio.
In tutte queste risignificazioni il laboratorio non è più un luogo di dominio da distruggere, ma un luogo da cui trarre aspirazione. Tutto ciò che esce da un laboratorio non può essere considerato quale elemento potenzialmente in grado di scardinare la struttura di potere di cui è intriso almeno che non si consideri la stessa ricerca scientifica neutrale.
Se trans-xeno-femministe, queer e antispecisti si trovano a loro agio tra creature transgeniche, se si trovano a loro agio nelle stanze dei laboratori significa che non sono più in grado di vedere la violenza, l’orrore, il dominio per quello che sono.
In questi tempi ci si rivendica cyborg, macchine e ibridi. Ma cosa significano e a cosa portano questi giochi di parole?
Il cyborg diventa la nuova soggettività femminista e simbolo dell’anti materno. Una nuova soggettività che viene ripensata – e poi ridisgregata nella dissoluzione del soggetto nel post-moderno – nel rapporto con le bio-nanotecnologie e con le tecnologie dell’informazione. Questo consegna nelle mani in camice bianco del sistema tecno-scientifico la dimensione della procreazione e apre le porte a un’unica dimensione totalizzante dove l’uomo diventerà perfettamente integrato nel sistema tecnico e adattato alle sue nocività.
L’ibrido acquisisce un significato positivo e sovversivo cancellando la realtà di quello che è: un animale transgenico per la ricerca. E le chimere genetiche, come le nano-biotecnologie, non tornano più indietro dal laboratorio che le ha prodotte. Ci si rende conto che la tanto citata oncotópa è un topo femmina a cui è stato inoculato il cancro? Ci si rende conto di cosa si sta parlando quando con gioia ci si rivendica ibridi e chimere?
Nelle pagine di questo libro, ben rappresentativo delle tendenze contemporanee, scorrono costanti fobie del corpo, dei limiti, della natura, che si fondono con l’esaltazione delle tecnologie: la natura è vista come una gabbia e la tecnica come “una via di fuga e persino di godimento”. Sicuramente sono parole di chi ha uno sguardo privilegiato sul mondo, non so quanto sarebbero godibili ed entusiasmanti i processi tecnologici e la riproduzione artificiale per quelle comunità che estraggono il coltan per la produzione di microchip, per quelle donne che affittano l’utero o vendono ovuli, per quegli animali sottoposti a esperimenti per la creazione di uteri artificiali.
Se non esiste un limite tutto è possibile e le potenzialità di questo affascinano i tecno-scienziati, i transumanisti e il movimento queer. Il voler cancellare ogni limite e, di fatto, cancellare la realtà materiale dei corpi, rappresentano i punti di incontro tra il trans-xeno-femminismo, il queer e il transumanesimo e nel più perverso riconfiguramento la liberazione del corpo diventa la liberazione dal corpo.
Il corpo, i corpi sono al centro e sempre più sotto attacco, presi in una morsa: da un lato il sistema ne ha bisogno e se ne accaparra fin dentro i loro processi vitali, dall’altro lato le sue ideologie li decostruiscono e li frammentano. Un corpo fluido, senza confini, senza limiti, proteiforme, poroso, malleabile e infinitamente manipolabile. È il corpo del post-moderno, del sistema tecno-scientifico e delle derive queer che lo definiscono “un’invenzione”, “un’entità tecno-modificabile”, “una tecnologia da hacherare”, “una piattaforma rielaborabile in cui le biotecnologie possono offrire nuove possibilità”. Un corpo smaterializzato, ma il sistema tecno-scientifico e il biomercato della sua materia hanno sempre più bisogno.
“Il corpo nella teoria femminista contemporanea cessa di essere un robusto luogo materiale, ma viene trasformato in un luogo fluido di contingenza. Che può essere ridefinito da ciascuno per se stesso. […] La sostanza fisica del corpo sembra essere persa nelle sue molteplici rappresentazioni.” [3]
Troppe cose sfumano, diventano indefinite. Manteniamo invece belle nette queste linee di demarcazione tra organico/inorganico, carne/metallo, circuiti elettronici/sistemi nervosi, vita/morte, natura/artificiale.
Mai così vicino sono corse insieme istanze che si definiscono anarchiche, antispeciste, femministe alle istanze di questo mondo biotecnologico. Queste analisi che stanno sempre più penetrando in tutti i contesti fino a diventare la normalità sono in grado di scavare solchi profondi andando a intaccare la comprensione della realtà attorno a noi, andando a cancellare ogni possibile conflittualità con questo esistente.
Il manifesto dell’iniziativa riconosce “l’importanza di forme di resistenza e liberazione creativamente (e forse anche felicemente) compromesse con le tecnologie”. Come non è possibile la coesistenza tra nocività e un mondo libero e naturale, non è conciliabile un’opposizione dentro il sistema tecno-scientifico e che prenda spunto dai suoi stessi paradigmi. Tutto quello che si porrà in questo modo come un’alternativa non solo sarà recuperato dal sistema stesso, ma ne sarà parte integrante e funzionale al suo mantenimento e rafforzamento. L’unica resistenza e liberazione possibile è nel sovvertire questo tecno-mondo.
Viviamo in tempi strani, un’iniziativa con tali contenuti all’interno di uno spazio che si definisce anarchico, con tanto di intervista da radio di movimento [4]. Senza un sobbalzo, un arresto, una perplessità, il tutto nella più totale normalità.
Quando le persone concederanno al sistema tecno-scientifico, oltre alla gestione della propria salute, la totale gestione di ogni ambito della propria vita, del proprio corpo e della procreazione, sarà difficile riuscire a innestare una critica che non verrà considerata folle, perché ci si troverà a combattere ciò che verrà percepito e vissuto come una normalità. Una normalità che sta penetrando anche in quei contesti che dovrebbero respingere ogni logica di mercificazione, assoggettamento e di ingegnerizzazione e artificializzazione dell’intero vivente.

Silvia Guerini, Maggio 2019
www.resistenzealnanomondo.org

 

Bibliografia:
Braidotti, R.
2013 “The Posthuman”, Polity Press; tr. it “Il Postumano, La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte”, Derive Approdi, Roma 2014.
2015 “Per amore di zoe”, intervista di Filippi M. e Adorni A., in Liberazioni, Rivista di critica antispecista, Anno VI, n. 21.
2017 Per una politica affermativa, Mimesis, Milano-Udine.

Cossutta, C., Greco, V., Mainardi, A., Voli, S.
2018 “Smagliature digitali, corpi, generi e tecnologie”, Agenzia X, Milano.

Haraway, J.D.
1991 “A Cyborg Manifesto”, Routledge, New York; tr. it “Manifesto cyborg, Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo”, Feltrinelli, Milano 1995, 2018.
1997 “Modest_Witness@Second_Milleninium. Female Man Meets onco Mouse, Routledge”, London; tr. it. “Testimone-modesta@femaleman-incontra-Oncotopo. Femminismo e tecnoscienza”, Feltrinelli, Milano 2000.

Hester, H.
2018 “Xenofeminism”, Polity books, Cambridge, tr. it “Xenofemminismo”, Nero, Roma 2018.

Weisberg, Z.
2010 “Le promesse disattese dei mostri. La Haraway, gli animali e l’eredità umanista”, in Filippi, M., Trasatti, F., a cura di, “Nell’albergo di Adamo. Gli animali, la questione animale e la filosofia”, Misesis, Milano-Udine.

 

Note:
1. https://boccaccio.noblogs.org/post/2019/04/26/gorgoni/
2. “Xenofemminismo. L’aberrazione è già qui.”, www.resistenzealnanomondo.org/documenti/xenofemminismo-laberrazione-e-gia-qui
3. “Il corpo nello specchio delle nuove tecnologie”, www.gameoversite.gr
4. http://navdanya.radiondadurto.org/2019/04/18/gorgoni-corpi-imprevisti/