La teoria del pezzo di carne. Omaggio a Palette-Palace, ai mondi che vivono e che bruciano

La nostra rivista si è sfozata, fin da subito, di mettere in luce i rapporti tra la lotta nella foresta di Roybon e le trasformazioni del capitalismo contemporaneo… Abbiamo già espresso fin nei minimi dettagli come i grandi progetti delle infrastrutture (aeroporti, autostrade, centri di interramento di rifiuti nucleari, Center Parcs…) siano una delle manifestazioni del capitalismo. L’imperialismo consiste nella dinamica che lo obbliga a conquistare sempre nuovi territori per investire del Capitale e aprire nuovi mercati.[1] In passato questa dinamica ha preso differenti forme e non è in crisi: l’accaparramento dei corpi da parte della medicina ne è una manifestazione, denunciata da tempo dai movimenti ecologisti femministi. Questo testo è un abbozzo che cerca di ritrovare i sentieri segreti che serpeggiano nelle lotte di difesa dei territori e quelli che si oppongono a nuove forme di colonizzazione come la bioeconomia.

Tutto è politica! si sente ancora oggi questo slogan del maggio 68, che mirava a sovvertire la separazione tra la vita privata e quella politica. Ma questa formula è ormai il credo dei network sociali: se Facebook può utilizzare i suoi dati per influenzare le elezioni, vuol dire che la vita è diventata molto più politica, ma non come previsto. Ne siamo spossessati [2]. Lotte sociali, lotte per la terra o contro il nucleare: una generazione dopo, questi movimenti sono ancora vivi, ma le strategie del potere sono cambiate. Dopo l’abbandono dei progetti per le grandi infrastrutture [3], le scorie nucleari che non sono state smaltite e sono ancora a Bure, l’annuncio di una nuova legge sulla bioetica e l’investimento di 1,5 miliardi di euro nel progetto di intelligenza artificiale [4], tutto questo è avvenuto nell’ultimo anno, ci siamo detti allora che valeva la pena fare una riflessione – non ci fermiamo ma riflettiamo [5]. Che i focolai di lotta si moltiplichino questa primavera. Stiamo assistendo alla riorganizzazione rapida del capitale verso la bioeconomia. I dibattiti riguardanti la prossima legge sulla bioetica rappresentano l’occasione per osservare le nuove strategie adottate dal potere per ampliarsi. E rappresentano anche l’occasione per abbattere le pareti delle nostre lotte, per conferire loro più forza ed impedire ai nostri nemici di avanzare da un lato mentre siamo impegnati dall’altro.

 

1. Il meccanismo del potere

Noi pensiamo che il potere operi all’inizio con una separazione. Chiunque venga spossessato della propria terra, dei suoi saper-fare, tagliato fuori dalla sua comunità, alienato da se stesso, può essere sfruttato, dominato, governato, colonizzato. L’arte della separazione è la meccanica del potere. Si esercita imponendone la visione del mondo [6]: il nostro nemico sa riordinare l’immagine che abbiamo della realtà.

Ora, se il potere è diffuso, non ha dappertutto la stessa densità: siamo in grado di identificare questo nemico che settorializza il mondo? Si incarna oggi in un fenomeno a due facce che si nutrono l’una dell’altra: l’industria che ci separa da ciò che ci circonda, e la biomedicina [7] che ci separa da noi stessi. Industria e biomedicina appartengono alla stessa operazione di alienazione.

Sfortunatamente, la nostra resistenza le dissocia ideologicamente. Di fronte all’estensione dell’industria, opponiamo un vasto movimento offensivo (anche se separa le lotte sociali nelle città e le lotte per la terra al di fuori di queste); ma di fronte allo sviluppo della biomedicina, opponiamo solo resistenze modeste e frammentarie. Perché separare le lotte con delle barriere a tenuta stagna? Non vediamo alcun rapporto tra il prezzo degli affitti, la mercificazione delle foreste, e quella dei nostri simili [8]? Questa contraddizione ci indebolisce molto. La causa si trova in un doppio angolo morto simmetrico del nostro pensiero collettivo: abbiamo un rapporto ambiguo sia con la natura che con l’idea di corpo. Questo testo che si avventura un pò al di fuori della foresta di Roybon, cerca delle piste per risolvere queste contraddizioni [9]. Di fronte alle nostre debolezze proponiamo di ripopolare la nostra memoria collettiva e di fronte al potere di disegnare delle prospettive comuni.

2. Genesi

Nel corso della seconda guerra mondiale, l’intensificarsi delle ricerche scientifiche (chimiche, nucleari, informatiche, mediche,…) ha rivoluzionato la visione del mondo occidentale su più piani. Le tecnologie atomiche, per esempio, hanno fatto risorgere il mito apocalittico [10]. In parallelo, le sperimentazioni mediche hanno cambiato il ruolo degli umani in questo sistema-mondo, e accresciuto la separazione tra corpo e spirito. In effetti lo studio dei prigionieri nel campo di sterminio ha avuto delle conseguenze storiche contraddittorie: da un lato la condanna dei medici nazisti nel 1947; dall’altro la diffusione dell’idea del corpo come materia prima, e l’istituzione di regole che ne autorizzano lo sfruttamento, se la persona è consenziente. Si rende quindi necessario fabbricare il consenso. Il codice di Norimberga non ha vietato l’uso di cavie umane: ne ha regolamentato l’impiego [11]. Ecco l’origine della loro bioetica, questo momento cruciale dove i giudici dell’Occidente condannano ufficialmente quello che gli scienziati continuano a poter fare.
Quattro anni più tardi, negli Stati Uniti, un medico preleva una parte del collo dell’utero canceroso di Henrietta Lacks, una donna afro-americana, povera e malata, venuta all’ospedale per essere curata e alla quale non verrà chiesto il consenso – senza dubbio la sua posizione sociale ha avuto un ruolo agli occhi dei medici [12]. Le cellule prelevate verranno messe in coltura e nel 1951 verrà scoperto la prima linea cellulare immortale [13]. Per la religione del progresso, trovare l’immortalità in un utero malato, era come trasformare l’acqua in vino: il sogno della scienza moderna che si incarnava. Quindi accadono due cose: da un lato Henrietta Lacks muore, viene seppellita senza lapide né si conosce il luogo esatto di sepoltura, e l’origine delle cellule viene dissimulata nel mondo; e dall’altra parte dei frammenti di queste cellule vengono battezzati HeLa e si coltivano e si moltiplicano per milioni di tonnellate, e diffuse nei laboratori del mondo intero. Queste divengono la materia prima per le biotecnologie, dai vaccini della poliomielite alle manipolazioni genetiche (di cui gli OGM) ai FIV e alla clonazione, e servono per testare gli effetti del nucleare o dei voli nello spazio. Così questo piccolo cumulo umano malato di cellule rivoluziona il mondo, come il petrolio o l’uranio hanno fatto in precedenza.

Durante la seconda guerra mondiale, alcuni scienziati hanno assegnato alla carne lo status di sostanza sfruttabile. In seguito hanno incarnato questa visione con una scoperta: il caso delle cellule HeLa è il mito fondatore che ha diffuso l’idea del corpo come materia prima. Da allora questa idea contamina il sistema di produzione, il mercato e i rapporti sociali.

Questa contaminazione è facilitata dalla forte influenza che la biologia ha avuto sulle scienze sociali [14] e attraverso il mito della separazione corpo/spirito che è divenuto il pilastro della visione del mondo occidentale, diffuso ad alta frequenza dall’industria dello spettacolo e dalla volgarizzazione scientifica, al punto che ci possiamo considerare un pezzo di carne sospeso a dei neuroni.

3. Diffusione

Nell’economia capitalista, lavorare consiste nell’affittare la propria forza per un tempo determinato, essendo devoluto il resto a del lavoro invisibile o allo svago: il corpo viene considerato come uno strumento. Ora, noi viviamo già in una società della disoccupazione organizzata dall’automatizzazione e dalla delocalizzazione. Uno strano sistema si designa dove il tempo dedicato al lavoro aumenta, ma dove siamo, per la maggior parte del tempo, senza attività [15]. Gli occidentali respingono i loro schiavi, mentre questi sognano un avvenire senza lavoro [16]. E tra quelli che lavorano ancora, non hanno più orari fissi: quadri connessi che propagano il loro lavoro dappertutto, studenti che consegnano loro del sushi a tutte le ore. Così il lavoro colonizza il tempo libero, e ci incita a concepirci come una risorsa sfruttabile, senza tempi morti, né impedimenti [17]. L’uberificazione [18] è una fase intermedia nello scivolamento del nostro statuto di forza lavoro a quello di materia prima, e ci prepara al passaggio alla bioeconomia. La bioeconomia è un nome dato a questo sistema dove, secondo la misura in cui si estende l’automazione, noi diveniamo meno indispensabili in quanto manodopera, meno disponibili come risorsa organica o numerica. Mentre le élite mantengono il posto di controllo, le altre categorie (umana, animale o vegetale) sono relegate al ruolo di risorsa. In questo mondo-fabbrica in ristrutturazione, i dominati sono esposti ad essere prede e coloro che difendono il progetto di reddito universale vengono sospinti verso la bioeconomia.

Le nuove forme di sfruttamento vengono generalmente ad aggiungersi alle precedenti. Se il carbone e il petrolio sono state le risorse del capitalismo vecchio-stile, le risorse della società artificiale siamo noi e il nucleare. La creazione di valore nella bioeconomia non si basa solamente sui nostri corpi, ma anche sulle nostre realtà mediche o giuridiche, sui nostri gusti, sulle nostre idee, sui nostri scambi.

Tutto viene stoccato, e mentre il denaro diventa immateriale, nuove banche compaiono per i nostri dati informatici (datacenter) e organici (bio-banche). Il potere si esercita su due livelli, quello del corpo e quello dello spirito; la cosmo visione occidentale li separa e la biomedicina si impadronisce di entrambe. Così l’anno passato, la regione Lombardia ha concesso oltre 150 milioni di euro di sovvenzione per i documenti medici di tutta la popolazione all’IBM Watson, che cerca di commercializzare l’intelligenza artificiale applicandola alla diagnosi medica su larga scala. La stessa IBM che sviluppò le tecnologie di schedatura per il regime nazista, IBM che ha prodotto ormai da anni le metropoli con il marchio « smart city », IBM che produce innovazioni anche in campo biomedico. La razionalizzazione colonizza dunque il territorio così come i suoi abitanti, i loro corpi, così come la loro vita sociale.

4. Resistenza

E se domani lavorare fosse vendere pezzi della nostra carne e i nostri dati medici? Bisognerebbe lottare per far aumentare i loro prezzi? E se la Zad di domani fosse i nostri corpi, potremmo difenderla come difenderemo una terra? Non è semplice… sfuggire al destino di schiavi di ieri e di risorsa di domani, implica innanzi tutto di allargare il nostro sistema difensivo.

Certe correnti come l’ecofemminismo o la deep ecology, avanzano già su questo percorso: contro la rimozione progressista della natura e dei corpi, sviluppano un pensiero che rivalorizza tutti e due. Essi prendono così in contropiede il disprezzo dei transumanisti per l’involucro corporale, che non è altro che un’eredità cristiana. Ma rifugiarsi nel corpo-natura fa apparire due contraddizioni: una incita a ritrattare la politica nell’individuo e nel risentimento (che possono anche essere governati), l’altra a identificare i nostri corpi con la natura vuol dire cadere nella trappola del naturalismo occidentale (che si basa giustamente sull’idea che sono fatti della stessa sostanza) [19]. Non si tratta di cancellare i corpi, si tratta di non ripiegare nell’una o nell’altra delle due parti separate. E’ necessario uscire dal paradigma: il contrario del potere non è il corpo, ma l’autonomia. Vuol dire liberarsi della nostra dipendenza [20] della visione del mondo dominante.
Rompere il maleficio consiste prima di tutto nel comprendere e riconoscere le ideologie dualiste riesumando le loro radici. Da dove viene dunque la separazione tra corpo e spirito? Questo microdualismo è l’eco di un macrodualismo: dovuto al fatto che viviamo in una società che divide il mondo in due, natura e cultura, che, per contaminazione, ci rappresenta come separati [21]. Non vanno l’una dentro l’altra, né si distruggono l’una senza l’altra. Sfuggire a questo dualismo implica dunque di ripensare collettivamente il mondo, e noi stessi. Non solamente i nostri corpi, questa entità falsamente separata ad opera del nostro nemico, ma che ci coinvolge come singoli e come collettivi. Il movimento ecologista non sfugge a questo dualismo. Come testimonial o slogan : «non difendiamo la natura, siamo la natura che si difende». Si distinguono, tra i nostri ranghi, le posizioni naturaliste classiche (che affermano di difendere la natura) e quelle di un’ecologia più radicale (che affermano essere la natura a difendersi). Mentre talune vogliono salvare ciò che l’industria minaccia, le altre ci si identificano. Queste due posizioni divergono, ma si oppongono prima di tutto al pensiero progressista, che concerne ciò che bisognerebbe sacrificare o celebrare: natura o civilizzazione del progresso. Ma alla fine tutte si appoggiano sull’idea di natura (che ha più varianti) e condividono la stessa visione del mondo: quella di una realtà divisa in due, di un mondo frastornato.

5. Sentieri

Per uscire da questo mondo tagliato in due, non partiamo dal niente. Esiste un movimento storico di resistenza alla separazione e all’accaparramento dualistico dei corpi: noi ne abbiamo solo perduto le fila.

Il caso delle cellule HeLa mostra che la biomedicina, il rimedio di tutti i mali occidentali, è nato in un attimo da una ablazione (potremmo dire da uno stupro?) [22] di una donna nera e povera. Questo fenomeno è un eco sconcertante, cinque secoli dopo, della nascita della moderna medicina inventata sulle donne, che venivano tagliate e torturate prima di venir bruciate sul rogo [23], proprio quando l’idea di un corpo-macchina si diffondeva nella visione del mondo dell’Illuminismo. Di fronte a questo processo di alienazione primitiva, dei secoli di rivolte ci precedono, si è combattuto contro l’accaparramento delle terre, la marginalizzazione delle donne, lo spossessamento delle tecniche di cura, la depoliticizzazione dei domini della sessualità e della riproduzione, o la meccanizzazione dei mestieri. Ovunque delle comunità si sono opposte all’imperialismo ed hanno intrapreso usi autonomi contro la colonizzazione. Più vicino a noi, i gruppi di donne del MLAC che hanno praticato da sole o collettivamente parti e aborti, anche dopo la legalizzazione nel 1975, incarnano questa resistenza dell’autonomia rispetto alla biomedicina.
Abbiamo reso arida la nostra memoria collettiva, irrighiamola!
Finché vivremo al riparo dalle ideologie, genereremo spontaneamente e costantemente riflessi collettivi. Le nostre capacità di far nascere rapporti autonomi, fondati sulle nostre coordinate etiche, si rigenerano. A meno che un’ideologia non le falci, o che si fossilizzino esse stesse in ideologia. Pensare senza intermediari, genera costantemente nuove visioni del mondo. Quello che si inventa nelle zone liberate, grandi o piccole che siano: una proiezione del futuro nel presente. Dall’abbandono del progetto dell’aeroporto, abbiamo fatto esperienza di ciò che è stato messo in gioco: non è la difesa della natura, ma il confronto di due mondi. Un mondo industriale che vuole individualizzare, separare e distruggere per conservare il controllo, contro il mondo che sta nascendo, che si costruisce resistendo. E la Zad è solo la parte del vulcano che emerge. Ma questi mondi in gestazione hanno bisogno di generare le loro visioni del mondo, la loro autonomia di pensiero, e aprire nuovi fronti.

6. Alleanze

Non c’è nessuna differenza tra la maniera in cui la scienza estende il suo dominio del patologico e la maniera in cui il capitalismo si estende sui territori. Da un lato il nostro sistema medico tende a produrre socialmente e concretamente nuove malati, ciò che permette agli scienziati di mantenere il passo rispetto all’autonomia: ciò che Illich aveva identificato come iatrogenesi (la produzione delle malattie da parte della medicina). Dall’altro lato l’industria distrugge le nuove specie e produce del valore con quelle che ha distrutto. Sistema medico e sviluppo industriale sono due facce dello stesso processo di estensione del potere, che si nutre ad ogni passo di ciò che ha appena distrutto: è l’imperialismo.
E’ quindi fondamentale che si agisca, non per difendere la natura o i corpi, ma per sviluppare usi autonomi in contraddizione con il nostro nemico comune. Loro distruggono, noi ricostruiamo; loro separano, noi formiamo delle alleanze. Ora, le nostre lotte restano spesso intrappolate nel quadro simbolico di ciò che affrontano ed anche se combattiamo l’incarnazione del nostro nemico (l’aeroporto, o il parco per i turisti), la visione del mondo muta, assorbe le contraddizioni, ma resta intatta. Il pensiero degli scienziati colonizza così bene gli spiriti che si installa spesso nelle teste dei suoi oppositori. Ciò implica dunque che pensare collettivamente senza intermediario, di cambiare la maniera di apprendere il mondo. Noi siamo felici se i progetti vengano abbandonati, ma la vittoria che ricerchiamo risiede nella nascita di visioni del mondo incompatibili con quella dell’occidente industrializzato.

Testo di Pierrette Rigaux & Max
Per le critiche amichevoli scrivere a:
pierrette.rigaux@laposte.net

Pubblicato su: L’Urlo della Terra, num.6, luglio 2016

Note:

[1] David Harvey, Le Nouvel impérialisme, 2010.
[2] Libreria delle donne di Milano, non credere di avere dei diritti, Rosenberg & Sellier 1987 pp. 192.
[3] Le rapport du Conseil d’orientation des infrastructures (1er février 2018) annoncia la procrastinazione o l’annullamento della Lyon-Turin, di certi tratti dell’autostrada e dell’aereoporto di Notre-Dame-des-Landes.
[4] Annuncio di Macron che segue il rapporto di C.Villani su l’IA, di fine marzo 2018.
[5] « On arrête tout et on réfléchit » è un altro slogan celebre del maggio 68.
[6] Per visione del mondo o cosmovisione intendiamo sia come noi viviamo la realtà che il modello del pensiero a partire dal quale la produciamo. (George Lapierre, Être ouragans. Écrits de la dissidence, L’insomniaque, 2015) : colui che vive via internet pensa il mondo come una rete, e lo riproduce come tale, sebbene costui scivoli già nella categoria delle persone-senza-mondo.
[7] Utilizziamo «biomedicina» per definire il sistema medico che ci rende più malati di quanto non ci curi, secondo il principio iatrogeno (Ivan Illich, Nemesis Médicale, Seuil, 1975) e aprendo così dei nuovi mercati. et ouvrant ainsi de nouveaux marchés.
[8] À propos du marché du corps humain : Céline Lafontaine, Le corps-marché. La marchandisation de la vie humaine à l’ère de la bioéconomie, Seuil, 2014.
[9] Questo testo è solo un abbozzo, una tappa nel cammino del pensiero. domande e critiche amichevoli a pierrette.rigaux@laposte.net.
[10] Günther Anders, La Menace nucléaire. Considérations radicales sur l’âge atomique, Serpent à Plumes, 2006 ; D. Danowski et E. Viveiros de Castro, « L’Arrêt de monde » in De l’univers clos au monde infini, Dehors, 2014.
[11] Philippe Amiel, Expérimentations médicales : les médecins nazis devant leurs juges. F. Vialla, Les grandes décisions du droit médical, LGDJ, pp.431-444, 2009, 978-2275034706, <hal-00867313>.
[12] L’enquête de R. Skloot révèle que les prélèvements et analyses sans consentement étaient systématiques dans le service en question : Rebecca Skloot, La vie immortelle d’Henrietta Lacks, Calmann-Levy, 2011.
[13] Le cellule si moltiplicano per sdoppiamento. Dopo un certo numero di sdoppiamenti, la linea muore: è il limite di Hayflick (una delle ragioni del vostro invecchiamento), scoperto solo nel 1961: dalle prime colture cellulari del 1907, la biologia cercava l’immortalità nelle cellule.
Le cellule cancerogene HeLa sono un’eccezione: continuano a sdoppiarsi dal 1951.
[14] Pensiamo per esempio all’impiego dello schema cellulare per l’analisi dei gruppi umani, che ha facilitato l’ingegneria sociale e il menagement. Céline Lafontaine, L’Empire cybernétique. Des machines à penser à la pensée machine, Seuil, 2004.
[15] Secondo le ultime cifre ufficiali della disoccupazione, meno della metà del tempo della popolazione totale in Francia è sottoposta al lavoro « il tasso di impiego equivalente ad un tempo pieno arriva a un 60,4% nel 2017 (https://www.insee.fr/fr/statistiques/2966612#titre-bloc-8), cifra che scende sotto il 50% con i minori di 15 anni e gli over 64. La parte della popolazione disponibile ad essere preda della bio-economia è dunque importante.
[16] Tomjo, Au Nord de l’économie. Des corons au coworking, Le monde à l’envers, 2018.
[17]«Vivre sans temps-mort, jouir sans entrave» «vivere senza tempi morti gioire senza impedimenti » è un altro slogan del maggio 68.
[18] (Neologismo) Adozione di un modello aziendale di mettere le risorse a disposizione dei clienti dai loro smartphone, in qualsiasi momento e senza indugio. (ndt)
[19] Pour une critique féministe de l’identification et de l’empathie avec la nature : Val Plumwood, « La Nature, le moi et le genre : féminisme, philosophie environnementale et critique du rationalisme », Cahiers du genre n° 59, 2015/2.
[20] Aurélien Berlan, Pouvoir et dépendance, 2016. https://sniadecki.wordpress.com/2017/01/13/berlan-pouvoir/ À propos des débats sur l’idée de nature : Philippe Descola, Par-delà nature et culture, Gallimard, 2005, et sa critique dans Lapierre, op. cit., 2015.
[21] Il découpage delle donne torturate precede la chirurgia moderna e la rappresentazione del corpo come macchina organica. A proposito della devalorizzazione della natura e dei corpi nell’occidente cristiano, ed in particolare del corpo femminile: Silvia Federici, Caliban et la sorcière. Femmes, corps et accumulation primitive, Entremonde, 2015 ; Pierre Musso, La Religion industrielle, Fayard, 2017. À propos des machines organiques pendant les siècles suivants : Bertrand Louart, Les Êtres vivants ne sont pas des machines, La Lenteur, 2018.
[22] Nel testo si fa un gioco di parole irriproducibile in lingua italiana (ndt).
[23] Documentario di Yann Le Masson, Regarde elle a les yeux grand ouverts, 1980. MLAC: Movimento per la libertà di aborto e della contraccezione.