La capacità riproduttiva della donna diventa oggetto di appropriazione

Il Tribunale d’appello di Trento, in data 23 febbraio 2017, doveva valutare la richiesta da parte di una coppia di uomini per essere riconosciuti entrambi come genitori dei gemelli nati da ovodonazione e affitto di utero in Canada.
Il Tribunale ha dato loro ragione. Non solo il padre biologico, ma anche il suo compagno dovrà essere riconosciuto come genitore.
Qui c’è una differenza sostanziale, riconoscendolo non come genitore adottivo, ma come genitore. Questo principio può valere sia per le coppie omosessuali, sia per quelle eterosessuali: è stato riconosciuto come genitore un padre né biologico né adottivo, così potrebbe essere riconosciuta come madre la donna che non ha partorito il figlio e non ha messo a disposizione i suoi ovociti.
Per la prima volta a proposito di una famiglia omogenitoriale con due padri, si è stabilito che madri e padri si diventa non soltanto grazie al corpo, o ai geni ma anche e soprattutto grazie all’intenzione, dunque al desiderio che sappia tradursi in consapevole assunzione di responsabilità.
Tutto questo cosa comporta?
La scomparsa della madre, ridotta a un utero preso in affitto.
Si sta man mano mettendo in discussione il principio inderogabile secondo cui madre è colei che partorisce, questa dimensione è progressivamente inglobata dalle tecniche di riproduzione, un sistema tecno-scientifico che risignifica la stessa maternità.
La madre è colei che ha l’esperienza della gravidanza, a prescindere dall’origine dell’ovocita.
La maternità è una dimensione che appartiene alla donna, non si possono annullare le differenze intorno al materno tra uomo e donna. Si sta lasciando libero il campo ad appropriarsene all’uomo, al sistema medico, allo stato, alle aziende della riproduzione.
Gli uomini non possono portare in grembo un figlio, il loro desiderio di paternità non può trasformarsi nel diritto di averlo passando sui corpi delle donne.
La dichiarazione di Arcigay: “Oltre la biologia, per realizzare il pieno interesse dei bambini e delle bambine” è alquanto ipocrita. Non prendiamoci in giro, gli interessi in gioco sono quelli di gay, come di eterosessuali che ricorrono all’utero in affitto. Il patriarcato ha molte facce, non facciamocele sfuggire…
Questa sentenza non è da sottovalutare per le sue conseguenze, sicuramente è un passo avanti verso la scomparsa della madre e verso un’appropriazione della dimensione procreativa. Spalanca la porta all’utero in affitto.
Contro le biotecnologie riproduttive!
                                                                                                       Resistenze al Nanomondo