ICGEB: La sovranità della scienza al di sopra di tutto

È ormai di qualche mese la notizia che il governo italiano ha conferito piena immunità e inviolabilità al Centro Internazionale per l’ingegneria genetica e la biotecnologia (ICGEB) di Trieste e al personale di ricerca in esso presente. Lo Stato italiano si è impegnato ad elargire un finanziamento annuo di 10 milioni di euro e l’utilizzo gratuito di circa 8000 metri quadrati di suolo ed edifici.
L’ICGEB  nasce nel 1983 come progetto dell’Organizzazione Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (Unido), diventando successivamente nel 1994 un’Organizzazione Internazionale autonoma che riunisce 65 Stati membri, con collaborazioni di settore come la Fondazione Bill e Melinda Gates, la New England Biolabs (attiva in ricerche in campo biotecnologico) e la Genethon, azienda leader nel campo della terapia genica. ICGEB ha svariati laboratori nel mondo ed è strettamente legato all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite di cui condivide la visione sulle prossime emergenze.
I segreti ben custoditi dell’ICGEB  evidentemente non sono il tipo di ricerche portate avanti, ma come queste effettivamente sono realizzate. Nel sito internet dell’ICGEB  si può leggere che “i programmi di ricerca comprendono progetti scientifici di base come il controllo dell’espressione genica, la replicazione del dna, la riparazione del dna e l’elaborazione dell’RNA, studi su virus umani quali HIV, HPV e rotavirus, immunologia molecolare, neurobiologia, genetica molecolare, ematologia sperimentale e terapia genica umana. I programmi di ricerca di ciascun Gruppo sono periodicamente valutati attraverso visite in loco che coinvolgono panel internazionali di scienziati con competenze specifiche nei rispettivi campi, le cui raccomandazioni sono riportate al Consiglio Scientifico ICGEB. Le attività di ricerca dei laboratori ICGBE Trieste sono supportate anche da un gran numero di sovvenzioni concesse da varie agenzie di finanziamento internazionali”.
Negli ultimi anni di dichiarata pandemia nomi come Wuhann o Forth Dick ci sono diventati noti, come si voleva che fossero noti: eccezionalità nel mondo della ricerca o “super laboratori”, laboratori classificati fino a quattro punti che ne descrivono l’altissimo livello di pericolosità. I punteggi, assegnati dai loro stessi organi di controllo,  non sono un reale metro di valutazione e anche le diciture come “super laboratorio” servono solo a confondere e a far trasferire l’attenzione sui contorni al fine di creare un susseguirsi di interrogativi che non potranno mai essere soddisfatti. Questi laboratori invece sono reali e concreti e portano avanti esperimenti utilizzando le tecniche di ingegneria genetica. Nel mondo se ne contano circa una sessantina sparsi soprattutto nei paesi del Sud del mondo. Cosa avviene precisamente al loro interno è un mistero, sappiamo però che con l’aiuto dell’ingegneria genetica si ricombinano virus,  molti di questi spariti da tempo dalla circolazione.  Senza aver paura di esagerare possiamo affermare che in nome della difesa da una possibile “Guerra biologica” se ne preparano continuamente in laboratorio, ovviamente a livello preventivo verso possibili minacce future.
 Abbiamo ormai compreso che la pace si prepara con lo stoccaggio continuo di armi atomiche in grado di distruggere più volte il pianeta e lo stesso avviene con le armi biologiche: tutti le aborrono e tutti ci lavorano, spesso in grande collaborazione con il fine unico ovviamente della pace. Basti pensare al laboratorio di Wuhan dove esisteva una fitta rete di relazioni tra Cina, Stati Uniti, Francia e altri paesi. Abbiamo visto l’esistenza di decine di questi laboratori in Ucraina sotto stretta vigilanza del pentagono, ben poco è uscito sugli esperimenti condotti, probabilmente questo avrebbe messo in imbarazzo il denunciante stesso, che avrebbe dovuto dire qualcosa sui propri di laboratori non necessariamente militari e segreti, ma anche presenti in qualche rinomata struttura universitaria.  
La rivista di settore statunitense Fierce Pharma già il 9 Dicembre 2013 scriveva: “l’azienda biotecnologica Pfizer ha firmato un contratto 7,7 milioni con Darpa”. Il Pentagono incarica Pfizer di “ripensare radicalmente lo sviluppo dei vaccini. Ciò che l’agenzia Darpa ha rivelato implica che vuole accorciare i tempi di risposta alle minacce di pandemie o di bioterrorismo eliminando molti dei passaggi attualmente necessari per conferire l’immunità”. In una circolare sui contratti in vigore all’epoca, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha dichiarato a questo proposito: “Pfizer condurrà un programma di ricerca e sviluppo finalizzato alla messa a punto di una piattaforma tecnologica in grado di identificare gli agenti patogeni emergenti direttamente in un individuo infetto o esposto e di produrre successivamente anticorpi protettivi nel suo organismo”.
Ma senza la tecnica di “chirurgia genetica” o “gene editing”, per la quale nel 2012 è stato assegnato il premio Nobel a due scienziate, la piattaforma a mRNA per i sieri genici non sarebbe stata possibile. Il sistema, chiamato CRISPR/Cas9, sviluppato per la modificazione di vegetali, di animali da allevamento e da laboratorio e per le terapie geniche, consente di apportare modifiche alle sequenze genetiche con maggiore precisione, velocità, risparmio e apre alla possibilità di modificare geneticamente la linea germinale umana con modificazioni genetiche trasmissibili di generazione in generazione.
Se si pensasse alla ricerca pubblica come ad un possibile argine verso l’irrefrenabile messa in opera della piattaforma biomedicale, significa ancora una volta non comprendere che ci sono direzioni nella ricerca scientifica che non si possono imbrigliare, immancabilmente varrà il solito mantra tecno-scientifico: se tecnicamente è possibile si farà. Con queste formule di pensiero ci siamo ritrovati nella situazione attuale, si è confuso il sapere con la competizione e la corsa scientifica attuale, capitanata dalle bio-nanotecnologie è sempre verso bio-armamenti, che possono essere più  micidiali in tempi di pace che di guerra, come ci ha insegnato il Sars-Cov2.
Ricordiamo la conferenza di Asilomar del 1975 in cui i ricercatori discutevano di regolamentazioni e di porre dei limiti alle ricerche di ingegneria genetica sul DNA ricombinante. Ma regolamentare significa di fatto legittimare quelle pratiche e sviluppi tecno-scientifici ponendo dei limiti che man mano saranno eliminati. Regolamentare per dare una parvenza di tutela, per aspettare un accettazione sociale di determinati sviluppi o che essi penetrino nel quotidiano fino a normalizzarsi. Fermare le tecnologie di ingegneria genetica, quei laboratori in cui vengono sviluppate e fermare i processi che ne seguono invece significa fermare tutto quel mondo.
In questa particolare fase della dichiarata pandemia, non importa se in declino, molte altre ne verranno hanno assicurato a Davos e di riporto i vari ministri italiani, ecco arrivare in Italia un nuovo laboratorio pronto per i tempi che verranno. Ovviamente questo centro si impegnerà anche per il Covid 19, come non potrebbe visto che milioni di persone solo in Italia si sono inoculate un siero sperimentale a mRNA frutto dell’ingegneria genetica e considerando che si tratta di un centro internazionale volto a sviluppare l’ingegneria genetica e le biotecnologie.  La notizia della sua nascita è uscita quasi per caso tramite la Gazzetta Ufficiale del 16 Giugno “Ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Centro internazionale per l’ingegneria genetica e la biotecnologia (ICGEB) relativo alle attività del Centro e alla sua sede situata in Italia”.
Troviamo inutile e fuorviante dilungarci sui misteri che avvolgono questo centro, ne sappiamo già abbastanza per essere fortemente critici verso queste strutture con il loro personale internazionale ben pagato e protetto da qualsiasi cosa questi possano realizzare e anche dalle possibili conseguenze. Interroghiamoci su come questo centro non si ponga difficoltà a livello economico, cosa che fanno praticamente tutti i centri di ricerca, evidentemente ha un budget a disposizione che non possiamo neanche immaginare. Questo ci fa pensare al Darpa che rappresenta la ricerca militare negli Stati Uniti e che ha a disposizione fondi illimitati sia per proprie ricerche che possono essere robot a quattro zampe o nuovi pericolosissimi virus ricombinati, sia per finanziare anche altri progetti di suo interesse nel mondo come per esempio le zanzare OGM di Crisanti.
Quello che si sta velocizzando è un tipo di ricerca per tempi di “emergenza”, il nuovo mondo che si va a delineare che corre con la rete 5G  prepara la sua piattaforma digital-sanitaria. Il centro di Trieste, che siamo sicuri rappresenterà solo un inizio di quello che vedremo fiorire nel fù bel paese, da la traccia di quello che ci attende e dovrebbe anche indicare la strada a chi vuole opporsi al paradigma bionanotecnologico e cibernetico. Ecco la visione, quella che ci viene posta come tale da questo centro: “Essere l’organizzazione intergovernativa a livello mondiale per la ricerca, la formazione e il trasferimento tecnologico nel campo delle scienze della vita e delle biotecnologie”. E continuando: “Combinare la ricerca scientifica con il potenziamento delle capacità, promuovendo così uno sviluppo globale sostenibile”. L’obiettivo è “conciliare il progresso economico globale con la giustizia sociale e la conservazione delle risorse naturali”. In questa direzione “I paesi in via di sviluppo, le economie emergenti e le nazioni industrializzate devono fare la loro parte per garantire il successo dell’Agenda 2020-2030. […] L’obiettivo finale è responsabilizzare gli Stati membri dell’ICGEB nell’uso degli ultimi sviluppi scientifici e aiutare i membri ad applicare moderne soluzioni biotecnologiche per porre fine alle malattie e raggiungere la sicurezza alimentare ed energetica, promuovendo nel contempo lo sviluppo del capitale umano attraverso l’istruzione, la formazione e la fornitura di pari opportunità per tutti”.
Questo linguaggio, che non ha niente a che vedere con quello che sarebbe da aspettarsi per l’insediamento di una nuova cittadella scientifica, è frutto del nuovo paradigma totalitario e sostenibile allo stesso tempo. Si inaugura non un semplice centro di ricerca, ma quella visione fluida di uno Stato piattaforma, dove la salute delle persone e la salvaguardia del pianeta passano dalle tecno-scienze e qui scompaiono per dare priorità alla biotecnologia avanzata.
Siamo fiduciosi  che l’ecologismo denunci  la falsa sostenibilità di queste ricerche, che gli animalisti denuncino le atroci torture effettuate sugli animali, che gli attivisti contro i sieri genici denuncino il paradigma di ingegneria genetica e soprattutto che l’attivismo contro il green pass riconosca il messaggio a livello nazionale dato da questo insediamento.
Il ruolo di questo centro va calato nel contesto che lo ha reso prima necessario e dopo voluto come necessità ineluttabile. Non criticare adesso e con forza questi insediamenti ci lascerà impreparati alla nuova riconfigurazione sociale e biologica introdotta sui nostri corpi che si va realizzando nella crescente rapidità emergenziale. Il paradigma biotecnologico va rifiutato e combattuto nella sua totalità,  prima di diventare anche noi deboli e sterili monocolture OGM disponibili per il tecno-totalitarismo. A monte  rigettiamo ogni tecnica di ingegneria genetica e l’idea di mondo e di essere umano che portano e comportano con la consapevolezza che non è possibile nessun tipo di regolamentazione. Rimettiamo al centro l’indisponibilità dei corpi e del vivente.

Invitiamo tutte e tutti ad una grande mobilitazione che riporti l’attenzione la dove la si vuole spostare e tessendo il necessario filo conduttore tra tutte le emergenze che hanno preparato e prepareranno.

Resistenze al nanomondo, Ottobre 2022, Bergamo
www.resistenzealnanomondo.org

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