Francois Kepes: razionalizzatore delle macchine viventi- parte seconda

Il programma genetico
Nell’articolo di François Képès, c’è un’idea che non cita mai, allorché è presente in filigrana lungo tutto l’articolo, ossia l’idea di programma genetico. Ogni cellula vivente, e di seguito, gli organismi pluricellulari interi, sarebbero soltanto una specie di fabbrica biochimica pilotata dal centro di comando che costituisce l’informazione contenuta nel genoma, l’insieme dei geni registrati sulla molecola di DNA. Quest’informazione genetica sarebbe allo stesso tempo il codice per la composizione delle proteine, il sistema di regolazione dell’espressione dei geni e infine il programma che dirigerebbe il funzionamento di tutte le cellule viventi e il piano di organizzazione degli organismi.
Ciò è molto per una sola molecola. Eppure, quest’idea, sempre molto popolare presso i biologi, ha almeno 60 anni e durante tutto questo periodo, mai è stata giustificata in nessun articolo scientifico né da nessuna validazione sperimentale di alcun tipo. Sorprendente, no?!
Ricordiamo come il biologo americano Ernst Mayr (1904-2005) la enuncia per la prima volta in un articolo scientifico in una sola frase:
“Il codice DNA, interamente proprio all’individuo eppure specifico alla specie di ogni zigote (la cellula-uovo fertilizzata), che controlla lo sviluppo del sistema nervoso centrale e periferico, degli organi di senso, degli ormoni, della fisiologia e della morfologia dell’organismo, è il programma del computer comportamentale dell’individuo.”
Articolo della rivista Science, « Cause and effect in biology », 1961.
Come si può passare così velocemente dall’idea di codice genetico (che certo esiste) all’idea di controllo dello sviluppo dell’organismo (che si manifesta a volte), poi senza transizione all’idea di programma determinante tutte le manifestazioni dell’individuo (dalla proteina fino – l’autore sembra volere insistere particolarmente su quest’aspetto – al comportamento dell’individuo)? Ernst Mayr non lo precisa da nessuna parte in questo articolo e neanche altrove- benché secondo lui l’esistenza di questo programma sia la caratteristica più notevole degli esseri viventi; ciò che sosterrà fino alla fine della sua vita. [14]
Eppure le nozioni di codice, di regolazione e di programma non hanno nessun legame necessario: è un po’ come se si pretendesse che poiché una locomotiva segue i binari e che è attrezzata di un regolatore di velocità, sarebbe “programmata” per fare tale tragitto a tali e tal’altri orari!
Già più di 10 anni fa, il male era stato diagnosticato: “Detto in un altro modo, la genetica si è ritrovata con una teoria che desidera una cosa, e dei risultati sperimentali che ne desiderano un’altra. La teoria vuole che l’eredità sia la trasmissione di una sostanza ordinata (DNA) che comanda l’organizzazione dell’essere vivente. Ma, man mano che i risultati sperimentali si accumulavano, l’ordine di questa sostanza è diventato sempre più incerto e la sua corrispondenza con l’organizzazione dell’essere vivente sempre più vaga. Al punto che oggi, non rimane quasi più niente, né di quest’ordine, né di questa corrispondenza.
Il quadro teorico della genetica è così caduto a pezzi senza che chiunque abbia mai cercato di correggerlo o di sostituirlo. Si è semplicemente fatta sparire la referenza a Schrödinger e, grazie al vago che circonda la nozione di informazione, si è continuato a parlare di “programma genetico” aggrappandosi, in mancanza di meglio, a ciò che si sapeva essere una formula vuota, molto comoda per la sua capacità di spiegare qualsiasi cosa (basta inserire delle regolazioni sulle regolazioni, come l’astronomia medievale impilava gli epicicli sugli epicicli). […]
Nell’incapacità di proporre un nuovo quadro teorico, si lanciarono allora due grandi programmi di ricerca: la decrittazione dei genomi e l’ingegneria genetica; programmi che hanno entrambe la particolarità di mettere in sospensione le questioni teoriche.
La decrittazione dei genomi le lascia da parte per interessarsi alle difficoltà tecniche dell’analisi delle macromolecole di DNA. In quanto all’ingegneria genetica, non è, contrariamente a ciò che si potrebbe credere, l’applicazione di teorie genetiche all’industria, all’agricoltura e alla medicina, ma la trasformazione di metodi di laboratorio (in particolare quelli della transgenesi) in procedimenti industriali, agricoli o medici. La principale difficoltà essendo che questi procedimenti hanno esigenze di rendimento, di redditività e di sicurezza che non hanno niente da vedere con quelle dei laboratori. Ossia, qui ancora, un abbandono delle questioni teoriche e una rifocalizzazione sui problemi tecnici.”
André Pichot, Mémoire pour rectifier les jugements du public sur la révolution biologique, 2003.
Detto ancora più crudamente : la biologia moderna non sa cosa è un essere vivente, e l’idea di «programma genetico» è soprattutto servita a continuare a fare come se fosse una macchina. E, in questo caso, una macchina simile a quelle che sono le più prestigiose, le più moderne e le più perfezionate del secondo dopo guerra mondiale, ossia i computer.
L’insistenza dei biologi sul DNA come centro di comando della cellula proviene in parte dal metodo delle scienze che ricerca, prima di tutto, degli elementi stabili, calcolabili e prevedibili e che ha molte difficoltà ad afferrare gli elementi dinamici, qualitativi e caotici come il metabolismo. Ma l’idea di programma genetico proviene anche da una proiezione dell’ordine sociale sull’ordine biologico (che serve, in cambio, a giustificare il primo con il secondo): un centro di comando dirige una macchina ed i suoi ingranaggi non fanno altro che eseguire gli ordini; questa organizzazione gerarchica ricorda furiosamente quella dello Stato, dell’Esercito, delle aziende, delle fabbriche, ecc.; proviene in linea retta dalla società divisa in classi, tra i dirigenti ed i subalterni…
Képès non ne parla, perché sa che l’idea è superata e troppo semplicista. Eppure, uno spettro assilla proprio la biologia sintetica: quello del “programma genetico”. Il programma genetico non esiste, ma la biologia sintetica ha per ambizione di incarnarlo, di dargli corpo e realtà a dispetto del vivente: si tratta, per essa, di mettere gli esseri viventi in conformità con la “teoria” sensata di spiegarlo.
“Oggi più che mai, la concezione dell’essere vivente come macchina è indissolubilmente legata al fatto che viviamo in una società capitalista e industriale: riflette ciò che le istanze che dominano la società vorrebbero che il vivente sia, al fine di poter farne ciò che vogliono.” [15]

La fuga in avanti etica e responsabile
Verso la fine del suo articolo, François Képès ci fa balenare il «potenziale economico considerevole» delle «applicazioni industriali» della biologia sintetica. Ma da ricercatore responsabile, finisce con il solito ritornello: “Aprendo tutte queste possibilità, la biologia sintetica rinnova le questioni etiche che concernono la responsabilità degli uomini a “artificializzare” il vivente. Fino a che punto vogliamo modificare o ricreare il vivente? Quale governo della biologia sintetica adottare perché corrisponda alle nostre attese? È indispensabile che queste domande siano fin da ora continuamente dibattute.” (PLS)
Di chi parla François Képès?Chi sono questi “uomini” responsabili dell’“artificializzazione” (strumentalizzazione o asservimento sarebbero stati più corretti, ma meno neutri…) del vivente? Cosa designa questo “noi” che vuole “modificare e ricreare il vivente”? chi condivide queste “attese” che necessiterebbero di un “governo” specifico della biologia di sintesi?
François Képès, da buon imbonitore scaltro, ci fa qui il colpo del «siamo tutti responsabili» di quello che solo alcuni fanno e hanno deciso senza avere mai chiesto nulla a nessuno. Numerosi ricercatori lavorano nella biologia sintetica e non tollererebbero che venisse limitata la loro «libertà di ricerca». Che questa «libertà» sia comandata dai finanziamenti degli Stati e dei loro Eserciti, dell’industria e della borsa, questo non li disturba affatto. Perché certamente, ad ogni modo, “siamo tutti responsabili” della loro disinvoltura e delle loro compromissioni…
“Possiamo essere sicuri che la biologia sintetica indurrà nuovi dibattiti e sfide, che occorrerà assumere in tutta trasparenza e in buona fede. Come ogni tecnologia, sarà ciò che gli uomini ne faranno, non è intrinsecamente né benigna, né maligna.” [16]
Ecco una grande scoperta di François Képès: la tecnologia è neutra, tutto dipende dell’uso che “gli uomini” ne fanno! Dagli anni 1940, con la nascita dell’industria nucleare, sappiamo -dovremmo sapere- che non lo è.
La tecnologia è una forma particolarmente elaborata della tecnica, che per la sua complessità e la sua dismisura riserva la sua messa in opera a dei corpi specializzati e gerarchizzati, ciò che induce delle forme politiche e sociali che rinforzano il potere dello Stato e dell’industria a scapito del potere degli “uomini”, della società nel suo insieme. Gli esperti, la burocrazia, la tecnocrazia e le loro diverse istituzioni si trovano così consolidate; le questioni politiche sono sempre più subordinate a delle soluzioni economiche e tecniche; la democrazia è ridotta al simulacro di consulti su delle decisioni già prese altrove, ecc.
Ricordiamoci ad esempio, come il Commissariato all’Energia Atomica (CEA) fu concepito come uno Stato nello Stato fin dal 1945 da un generale de Gaulle preoccupato di ottenere la Bomba atomica. Come la Francia fu nuclearizzata durante gli anni ’70 e ’80 a manganellate nei confronti di tutte le opposizioni popolari che si sono manifestate intorno ad ogni sito. Come i governi successivi hanno ratificato le scelte fatte dai tecnocrati dell’atomo, per l’essenziale provenienti dal Polytechnique e l’Ecole des mines (scuole d’ingegneria statali molto prestigiose). E come oggi, la Commissione Nazionale del Dibattito Pubblico (CNDP) sul progetto Cigéo (seppellimento delle scorie nucleari a 500 m di profondità) a Bure fa finta di non sentire gli oppositori che hanno perturbato e impedito lo svolgimento di questi “dibattiti” …
Ricordandovi che il plutonio (3 kg all’anno in ogni reattore nucleare) ha una “mezza-vita” (perde la metà della sua radioattività) di 24 000 anni (le più antiche tracce di civiltà risalgono a 10 000 anni), che è un elemento chimico tra i più tossici che esiste e un radionuclide tra i più pericolosi, provate a pronunciare senza soffocarvi dal ridere la frase seguente:
“Come ogni tecnologia, l’industria nucleare sarà ciò che gli uomini ne faranno, non è intrinsecamente né benigna, né maligna.”
Per ignorare tutto questo, per avere una riflessione così povera sulla tecnologia ed essere a tal punto cieco alle sue conseguenze sulla società, François Képès probabilmente sbarca dal pianeta Kripton; a meno che non si debba mettere in dubbio la sua “buona fede” … Pierre-Benoît Joly, direttore dell’Institut Francilien Recherche, Innovation et Société (IFRIS), benché noto accettologo [17], lui, non prende i suoi lettori per degli imbecilli: «La potenza dei gruppi delle biotecnologie –che sono i veri attori di queste trasformazioni- pone un problema di legittimità. Non potendo valersi di una legittimità di tipo democratico, la legittimità di questi gruppi deriva dai risultati che producono, ciò che porta a mettere la focale sul contributo delle loro attività dal punto di vista della razionalità economica. Siccome l’ideologia del progresso ha fatto cilecca, questi gruppi si prevalgono della sound science e dello sviluppo sostenibile.” [18]
Tradotto, significa che gli industriali («gli uomini»?) tentano di far passare la loro ricerca di profitto per delle opere filantropiche. Ricordatevi, gli OGM di Monsanto dovevano eradicare la fame nel mondo, ecc. Oggi, la produzione da un batterio geneticamente modificato dell’artemisinina, la principale molecola del trattamento contro la malaria, ha lo stesso ruolo nell’accettabilità della biologia sintetica: “La produzione proveniente da una o due unità industriali di artemisinina potrebbe bastare a produrre tanto quanto le migliaia di agricoltori che avevamo incoraggiato a produrre artemisia annuale; l’impatto sulle risorse di questi agricoltori potrebbe essere considerevole. […]
Un’argomentazione in apparenza inattaccabile («non ci sono abbastanza medicine»); la collusione tra scientifici-imprenditori (Jay Keasling) che innovano nelle loro università ma brevettano le loro innovazione via le loro start-up (Amyris), poi cedono le licenze d’esercizio a gruppi multinazionali (Sanofi); il rischio di captazione da parte di una multinazionale –già dominante sul mercato mondiale- di profitti generati da risorse genetiche naturalmente disponibili… Altrettanti elementi incontrati in modo ricorrente nel contesto della biologia sintetica.”
Catherine Bourgain et Kévin Jean, “L’artémisinine : emblème du meilleur des mondes de la biologie de synthèse”, scheda scritta per la Fondation Sciences Citoyennes, 13 octobre 2013.
Quindi, già qui, vediamo ciò che « gli uomini » fanno della biologia sintetica : è soltanto una nuova forma di accaparramento delle risorse naturalmente disponibili, della privatizzazione del vivente e della captazione della sua attività autonoma al profitto del capitalismo industriale.
François Képès, che fa finta di non sapere in quale mondo vive, si preoccupa ovviamente molto di «Etica», questa falsa coscienza del dominio. Dichiarava in una intervista: “Per essere accettata dalla società, la biologia sintetica deve essere demistificata. I dibattiti relativi a dei progressi tecnici possono finire presto, come si è potuto vedere nel caso delle nanotecnologie. Per non riprodurre gli stessi errori, è necessario dedicare un tempo alle questioni etiche e sociali durante ogni conferenza e di invitare le organizzazione non governative al dibattito.”
Industrie & Technologie, “Il faut démystifier la biologie de synthèse”, www.industrie-techno.com, 1er février 2012.
François Képès, che ha collaborato alle audizioni pubbliche dell’Office Parlementaire d’Evaluation des Choix Scientifiques et Technologiques (OPECST-Ufficio Parlamentare di Valutazione delle Scelte Scientifiche e Tecnologiche) sulla biologia sintetica, lo sa bene: per fare accettare, bisogna far partecipare. [19]
Occorre, fin d’ora, dibattere continuamente della nostra responsabilità e delle nostre attese collettive verso la biologia sintetica… al fine, soprattutto, di non concludere mai niente. E mentre i confusionisti fanno il loro lavoro, mentre la coscienza regredisce sprofondando nella controperizia e nella valutazione costi/benefici caso per caso delle applicazioni, la ricerca può progredire e i poteri pubblici e gli investitori essere rassicurati.
Perché, in fin dei conti, il principio che sottende questi dibattiti rimane quello già applicato da altre imprese industriali che hanno dato prova della loro nocività da tutti i punti di vista: “Ecco quindi confermato ciò che la catastrofe di Chernobyl aveva già permesso di stabilire: tutti i rischi sono accettabili quando si fa in modo di non lasciare a chi li prende la possibilità di rifiutarli.”
Thierry Ribault, “Le désastre de Fukushima et les sept principes du national- nucléarisme”, rivista Raison Présente n°189, 2014.
Perché uno spettro assilla i dibattiti pubblici sulle tecnoscienze e le necrotecnologie; lo spettro del sabotaggio degli esperimenti OGM e del dibattito pubblico sulle nanotecnologie nel 2010. Ossia lo spettro del rifiuto radicale.
I scientisti e i loro mercenari non temono niente fintantoché della gente si alza e afferma forte e chiaro:
“Non vogliamo le vostre belle schifezze!”

La mistica della biologia sintetica
« Occorre de-mis-ti-fi-care », ci dicono tutti i mistificatori della biologia sintetica. Ma chi smentisce e ridicolizza i Craig Vanterie [20] dei promotori della biologia sintetica? Non i nostri ardenti “demistificatori”, perché anche loro vogliono mangiarne…
E quindi, ci vantiamo di fare qui questo lavoro di demistificazione, ma questa volta a loro spese: abbiamo dimostrato- e dimostreremo meglio ancora in seguito- l’inanità della loro concezione del vivente, l’inconsistenza del loro pensiero, l’ignavia dei loro compromessi e la bassezza dei loro accomodamenti con il peggio- tutte le penose realtà che vorrebbero che condividessimo con loro per accettare la biologia sintetica e il mondo che ne consegue…
Poco importa, quindi, che le ambizioni della biologia sintetica si concretizzano o no. Ciò che conta, ai nostri occhi, è prima di tutto che queste ambizioni siano affermate e sostenute da numerosi ricercatori, che altri, o gli stessi, collaborano alla loro “accettabilità sociale” ed a neutralizzare ogni critica e opposizione radicali. Queste ambizioni sono presenti, e significano una concezione della vita e un progetto politico e sociale in radicale rottura con tutto ciò che si è fatto da millenni.
Questo si chiama il transumanesimo, cioè la fusione dell’uomo con delle macchine. La realizzazione di questa ideologia scientifica inizia con la riduzione del vivente alla macchina, e quindi con la biologia sintetica. Qualcuno se ne difende (ad esempio, l’associazione La Paillasse), perché la connessione è troppo solforosa con lo scientismo più fanatico. Ma questo non cambia niente all’affare.
L’ambizione rimane, che è quella di svincolarsi- nel senso religioso del termine, in riferimento alla concezione della salvezza come superamento radicale dei mali legati alla condizione umana sulla Terra [21]- dalla pena di dover fare le cose da e per noi stessi affidandole alle buone cure della Megamacchina capitalista e industriale…
Macchine che lavorate per noi, che i vostri prodotti siano santificati, che il vostro regno venga, che le vostre Necessità siano fatte, come nel Cyberspazio così in Terra. Dateci oggi il nostro steak in vitro quotidiano, Perdonateci le nostre insufficienze Come perdoniamo a chi gestisce le nocività, Non sottometteteci alla dipendenza verso l’Altro, Ma liberateci della Natura. Perché appartiene a Voi Il regno, la potenza e la gloria Per i secoli dei secoli. Amen!

Libertà e autonomia
Il rapporto attuale al vivente è, prima di tutto, tecnologico e macchinico: mira alla strumentalizzazione, al dominio, allo sfruttamento degli esseri viventi- e degli esseri umani con loro- e alla loro alienazione al ritmo e agli imperativi delle macchine da parte dell’apparecchio capitalista e industriale. Con il pretesto di renderci “come maestri e possessori della natura”, questa macchineria sta ovunque distruggendo le condizioni dell’autonomia e della libertà dei viventi: è questo, e nient’altro, che genera le nocività e gli spossessamenti ai quali la biologia sintetica e altre necrotecnologie pretendono di rimediare.
Un altro rapporto al vivente è da inventare a partire da ciò che è già stato praticato e sperimentato spontaneamente dagli allevatori, i contadini e gli artigiani nel passato. Passa, prima di tutto, dal riconoscimento e dal rispetto della specificità del vivente, della sua autonomia come condizione della nostra libertà.
Ma questo significa che bisogna rinunciare a questa pretesa “padronanza del vivente” per sviluppare una cooperazione con gli esseri viventi, accettare di comporre con il loro carattere incerto e mutevole, ecc; rinunciare a delegare tutto alle macchine per accapigliarsi con la “materialità un po’ sporca” degli essere viventi, accettare di implicare il proprio corpo in uno sforzo, in un confronto sensibile con il lavoro della materia, della vita e degli altri. [22]
In breve, tornare ad occupare se stessi in un’attività vivente nella realtà piuttosto che continuare a sviluppare le mediazioni tecnologiche che la mettono sempre più a distanza. Ossia tornare indietro[23] per uscire dal vicolo cieco industriale al fine di potere sperimentare e sviluppare nuove forme di vita sociale e di organizzazione politiche in diverse direzioni.
Quale Stato, quali gruppi industriali, quali investitori accetterebbero di finanziare una tale ricerca che non sfocerebbe in prospettive di produzione di merce e di conquiste di quote di mercato, cioè su nuovi spossessamenti delle condizioni della nostra esistenza?
Cari scientifici, così attaccati alla vostra “libertà di ricerca” al punto di collaborare all’“accettabilità sociale” delle necrotecnologie, andreste ad avventurarvi in tali contrade selvagge e inesplorate?
Molti tra di voi, come questo François Képès, razionalizzatore delle macchine viventi, sono dei ponderati fanatici dell’alienazione e dei gentili collaboratori del dispotismo industriale che si fanno volontariamente i promotori della fuga in avanti etica e responsabile…
Ci si permetterà quindi di dubitare che possa ancora uscire qualcosa di buono e di utile per l’umanità dalla “comunità scientifica”
La vita è altrove.

Tradotto dal francese, tratto da Andréas Sniadecki, ottobre 2014.

Da: L’Urlo della Terra, numero 3 Settembre 2015