Dopo la chimica, il nucleare, le biotecnologie ecco le nanotecnologie e la biologia sintetica.      
La biologia sintetica riunisce l’ingegneria e le “scienze della vita”: partendo dalle modificazioni di elementi e sistemi viventi per spingersi ancora oltre, fino a ri-progettare e costruire nuove parti biologiche, fino a ipotizzare la creazione di nuovi organismi nati in laboratorio non esistenti in natura.     
I biologi sintetici sono impegnati in una sorta di riprogettazione del vivente. Un’ingegneria sociale con lo scopo di ingegnerizzare o creare ex novo organismi con modalità e specificità precise: la creazione di batteri sintetici utilizzati come “sensori” di inquinanti, la creazione di microorganismi artificiali per la produzione di biocarburanti, plastica, farmaci, sostanze chimiche o altri composti di alto valore per le esigenze della Green Economy e per alimentare il tecno totalitarismo.

Pandemie e guerra biologica: la Scilla e Cariddi della quarta rivoluzione industriale

Pandemie e guerra biologica: la Scilla e Cariddi della quarta rivoluzione industriale

La distanza geografica tra Wuhan e l’Ucraina orientale e il lasso di tempo tra il marzo 2020, quando è stata dichiarata la pandemia, e il febbraio 2022, quando è iniziata l’invasione russa, possono sembrare lunghi, ma il nostro mondo è diventato pericolosamente fluido. Relazioni e confluenze che normalmente resterebbero inafferrabili assumono un peso particolare e si proiettano al centro, svuotando di contenuto le ingenue certezze e le rassicuranti “verità” del recente passato. In effetti, quanti di noi erano consapevoli due anni fa che la guerra biologica – o peggio, la guerra biologica non dichiarata e invisibile – è una minaccia assolutamente reale? L’analogia più vicina era quella della guerra nucleare, ma non c’è da preoccuparsi! Le bombe atomiche sono una “vecchia storia”, della Guerra Fredda e del secolo scorso. Ma c’è una domanda: la macchina da guerra è bloccata nella tecnologia dello scenario apocalittico e gli appaltatori della sventura sono rimasti inattivi per tre decenni?

Due punti di ciò che la pandemia ha evidenziato ci interessano ai fini del presente documento. Il primo è che la morbilità ha espropriato la condizione umana naturale e i nostri corpi sono diventati il campo di battaglia della quarta rivoluzione industriale, con il dominio tecnologico di un campo o di un altro. Non esiste più la salute, ma solo la morbilità, in misura maggiore o minore, a seconda del tipo di minaccia per la salute in un determinato momento e dell’incapacità di reagire fisicamente ad essa. Il nostro corpo non ci appartiene più, l’apparato biotecnologico ha già iniziato il suo rapido processo di colonizzazione.

Per il secondo punto dobbiamo tornare indietro a prima della dichiarazione della pandemia, quando la Sars-Cov-2 era ancora un “affare cinese”. Le prime reazioni del mondo occidentale alla notizia di un nuovo virus e di un’epidemia senza precedenti che ha colpito la Cina sono state di derisione, finto sgomento e razzismo implicito o addirittura reazioni palesemente anticinesi. La Cina ha perso il controllo, aprendo forni crematori e imponendo condizioni di controllo orwelliane; queste erano le tappe fino a quando il virus non è sbarcato a Milano. Ma ciò che seguì dimostrò che queste reazioni nascondevano un’ansia generalizzata, ma anche un invidia da parte dell’Occidente che non poteva nemmeno avvicinarsi all’esempio cinese. Mentre l’Occidente calcolava che sarebbe stata un’altra “tragedia umanitaria” a colpire la periferia e il terzo mondo e si cuciva addosso un costume da salvatore pianificando “interventi umanitari”, la Cina dispiegava il suo arsenale e dimostrava le sue tecnologie, la sua organizzazione, le sue capacità e la sua efficacia. Ora che l’Occidente ha adottato la dottrina della “guerra contro il coronavirus”, dovrebbe essere in grado di realizzare in tempi brevissimi ciò per cui la Cina si è preparata tecnologicamente e socialmente per anni. Questo spiega anche, in parte, le misure draconiane dei primi tempi della pandemia, quando un Paese occidentale dopo l’altro ha iniziato a indulgere in una pletora di crudeltà.

Ma la pandemia e lo stato di emergenza non potevano nascondere un fatto innegabile. La ristrutturazione biotecnologica può essere avvenuta a velocità sostenuta, ma non ha trascinato tutti nello stesso modo uniforme; alcuni sono rimasti indietro e stanno cercando di recuperare il terreno perduto. In condizioni di acuta competizione intercapitalistica, che sta assumendo sempre più il carattere di una guerra mondiale, la prova pratica che un campo è stato scalzato, e un campo, quello della ristrutturazione bioinformatica è la chiave che può aprire le porte dell’inferno. Perché il campo che sta perdendo terreno non esiterà a ricorrere ai mezzi più perniciosi, e l’esempio della pandemia può esercitare un fascino nauseante per il tipo di mezzi che possono essere messi in atto.

Le armi biologiche non sono nuove, hanno una storia sistematica fin dalla prima guerra mondiale, ma la ristrutturazione biotecnologica ha cambiato completamente il contesto in cui possono essere utilizzate. Il paradigma non è più quello delle trincee soffocate dal gas mostarda o della diffusione incontrollata della peste, ma quello dell’ingegneria genetica e biologica. Se in passato l’uso di armi biologiche comportava il rischio di conseguenze incontrollate che avrebbero colpito ugualmente l’aggressore, oggi, grazie alle biotecnologie, questo rischio si è ridotto. Per l’ambito che progetta e sviluppa tali armi, gli agenti patogeni progettati, ci sono due vantaggi. In primo luogo, agiscono in modo invisibile e silenzioso, all’insaputa del nemico e senza il rumore della guerra convenzionale. In secondo luogo, agiscono in modo mirato e incrementale, riducendo il rischio di contraccolpi e consentendo una pianificazione a lungo termine.

Ma qual’è oggi il campo che si vede tagliato fuori in un campo dopo l’altro e che si affretta a recuperare il terreno perduto e a garantire la continuazione della sua egemonia storica?

La prima segnalazione nel cyberspazio occidentale di laboratori statunitensi per la guerra biologica in Ucraina è stata fatta il primo giorno dell’invasione russa, il 24 febbraio, da @ClandestineNot. Inutile dire che il suo account Twitter, in condizioni di controllo e censura asfissianti, è durato solo un giorno prima di scomparire, fortunatamente non prima che un numero sufficiente di persone avesse il tempo di salvare fotograficamente il post.

“Credo di aver trovato qualcosa sull’Ucraina. Zelensky ha detto che i russi stanno colpendo “installazioni militari”. Quanto è ampio questo termine? Vedo che si ipotizza che possa includere i laboratori biologici statunitensi. All’inizio pensavo che non ci fosse modo di farlo. Poi ho iniziato a cercare…”.

Il thread di @ClandestineNot continuava a citare una serie di fatti e si chiudeva con due mappe su cui erano segnati i laboratori in concomitanza con gli attacchi russi. La coincidenza era più che plausibile. “Ecco la sovrapposizione tra gli attacchi missilistici segnalati e l’ubicazione dei laboratori biologici… Sembra certo che Putin stia prendendo di mira città e località con laboratori biologici statunitensi. Sta cercando al 100% potenziali armi biologiche”.

Il primo annuncio ufficiale russo sulla questione è stato fatto l’8 marzo dal Ministero degli Affari Esteri:

Confermiamo che, durante l’operazione militare speciale in Ucraina, è stato scoperto che il regime di Kiev nascondeva tracce di un programma biologico militare finanziato dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.

Sono stati rinvenuti documenti relativi all’eradicazione d’emergenza di agenti patogeni altamente pericolosi come la peste, l’antrace, la febbre dei conigli, il colera e altre malattie mortali, effettuata il 24 febbraio dai dipendenti di un impianto ucraino di bioprocessamento. Questi documenti includono una direttiva del Ministero della Salute ucraino sull’eliminazione urgente delle scorte immagazzinate di agenti patogeni estremamente pericolosi, inviata a tutti gli impianti di bioprocessamento…

A questo punto, possiamo concludere che i componenti delle armi biologiche venivano sviluppati nei laboratori ucraini nelle immediate vicinanze del territorio russo. L’eliminazione urgente dei microrganismi patogeni estremamente pericolosi, avvenuta il 24 febbraio, è stata ordinata per evitare che l’Ucraina e gli Stati Uniti rivelassero una violazione dell’articolo I della Convenzione sulle armi biologiche e tossiche (BTWC). Queste informazioni dimostrano che le accuse che abbiamo ripetutamente fatto, nel contesto della BTWC, sull’attività biologica militare degli Stati Uniti e dei loro alleati nello spazio post-sovietico erano giustificate.

L’opinione pubblica occidentale ha già avuto due anni di umile conformismo ai dettami della “guerra contro il coronavirus” e di incapacità di mettere in discussione la linea ufficiale, ma anche il recente allineamento alla grottesca dottrina del “lato destro della storia”. Quindi alla domanda sui laboratori di guerra biologica in Ucraina era facile rispondere: campagna di disinformazione, teoria del complotto, cospirazione russa. Con un pubblico di questo tipo, gli Stati Uniti pensavano di poterla fare franca con annunci di grande impatto e di nuovo di livello. Il 9 marzo Jan Psaki, portavoce della Casa Bianca, ha scritto sul suo account Twitter ufficiale:

Abbiamo notato le false affermazioni della Russia su presunti laboratori statunitensi di armi biologiche e sullo sviluppo di armi chimiche in Ucraina. Anche i funzionari cinesi hanno fatto eco a queste teorie cospirative. È scandaloso. È il tipo di operazione di disinformazione che abbiamo visto ripetutamente da parte dei russi negli ultimi anni in Ucraina e in altri Paesi e che è stata sfatata, ed è un esempio del tipo di falsi pretesti che avevamo avvertito che i russi avrebbero inventato.

Per i fondamentalisti della “destra”, una risposta del genere può essere considerata sufficiente, ma una burocrazia tentacolare come quella americana ha molte teste parlanti e a volte la risposta di una di queste può minare le risposte di un’altra. Victoria “fuck the EU” Nuland non è estranea alle questioni ucraine. Attualmente è Segretario di Stato, ma nel 2013-14 è stata Sottosegretario di Stato per gli Affari Europei sotto Obama ed è stata la persona che ha organizzato (insieme all’allora ambasciatore statunitense Pyatt a Kiev) il sostegno ai fascisti ucraini, l’esproprio da parte dell’estrema destra delle proteste di piazza Maidan e tutte le conseguenze che hanno portato a una presa di potere fascista da parte di uno Stato fascista all’interno di uno Stato. È quindi per definizione un “esperto”. L’8 marzo, mentre la posizione ufficiale russa era già stata resa nota, la Nuland è stata convocata per un’audizione davanti a una commissione del Congresso. Un senatore le ha posto una domanda sulle armi chimiche o biologiche, aspettandosi apparentemente una smentita categorica da parte sua, ma la Nuland lo ha lasciato un po’ in sospeso.

Domanda: L’Ucraina possiede armi chimiche o biologiche?

Risposta: L’Ucraina dispone di strutture di ricerca biologica di cui temiamo che le forze russe possano cercare di ottenere il controllo, quindi stiamo lavorando con gli ucraini su come impedire che questi materiali di laboratorio cadano nelle mani delle forze russe se si avvicinano.

Quindi, non solo non si tratta di una “teoria del complotto” e di disinformazione smentita, ma esistono effettivamente strutture biologiche, in cui sono presenti anche “materiali” che non devono cadere nelle mani dei russi. Se si trattasse semplicemente di laboratori medico-biologici che effettuano test e ricerche di routine, qual è il motivo di preoccupazione? Per evitare che i russi scoprano l’esistenza del virus dell’influenza?

La Nuland ha risposto così perché aveva la consapevolezza elementare che era impossibile tenere segreti gli accordi che lo Stato americano aveva concluso con l’Ucraina e la Georgia a partire dagli anni Novanta. Nei giorni successivi, infatti, gli accordi (pubblici ma ignorati) di tipo coloniale che hanno permesso agli Stati Uniti di creare e gestire decine di laboratori biologici nei due Paesi vicini al confine con la Russia hanno iniziato a essere riprodotti nel cyberspazio. La giustificazione degli Stati Uniti per questi laboratori è che “gli Stati Uniti hanno avviato il programma di riduzione della minaccia biologica a partire dagli anni ’90, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, per ridurre il rischio derivante dalle armi biologiche che erano state abbandonate in vari Paesi, tra cui l’Ucraina”. Nell’ambito di questo programma, laboratori specifici hanno ricevuto finanziamenti statunitensi”; “il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti collabora con il Ministero della Salute ucraino dal 2005 per migliorare i laboratori del Paese”; “gli Stati Uniti collaborano con i Paesi contraenti per affrontare la minaccia di epidemie – naturali, intenzionali o accidentali – delle malattie infettive più pericolose”; “non vi è alcuna indicazione che questa cooperazione sia finalizzata alle armi biologiche”. Il programma statunitense fa l’opposto e di fatto mira a ridurre la minaccia di proliferazione delle armi biologiche” (tutto ciò è tratto testualmente dai media occidentali).

Per la “parte giusta” tali argomenti possono essere tranquillizzanti, ma qualcuno dalla parte sbagliata può ragionevolmente chiedersi se 40 anni dopo ci sia ancora bisogno di controllare i programmi biologici sovietici e come mai non siano stati completamente eliminati. O perché è necessario che la ricerca sul “contenimento delle minacce” da armi biologiche e da epidemie intenzionali si svolga ai confini della Russia piuttosto che nel deserto del Nevada o in qualche isola isolata del Pacifico dove gli Stati Uniti mantengono comunque delle basi. Ma l’obiezione più sostanziale nasce dal fatto che metodologicamente, tecnologicamente, praticamente, la distinzione del laboratorio tra quelli che “promuovono” le minacce biologiche e quelli che le “contengono” è vuota di contenuto. Non c’è alcuna differenza sostanziale: fanno esattamente lo stesso lavoro. Quando un laboratorio biologico studia una “minaccia”, ad esempio un virus mutato, sia che lo faccia per attuarla o per prevenirla, deve fabbricare la minaccia. Inoltre, un laboratorio di guerra biologica può svolgere due lavori allo stesso tempo: la ricerca di armi contro gli agenti patogeni da un lato e la produzione di vaccini o altre misure di contenimento contro di essi dall’altro, altrimenti il primo senza il secondo può portare a risultati suicidi. Il diagramma seguente è indicativo del processo. Prima ancora dell’inizio della produzione di massa, la distinzione tra ricerca per la prevenzione o per l’applicazione non esiste più.

La realtà proibita

Gli Stati Uniti hanno oggi circa 400 istituzioni e laboratori in tutto il mondo che portano avanti programmi segreti di ricerca biologica. Sebbene gli Stati Uniti siano tra i Paesi che hanno ratificato la Convenzione sulle armi biologiche (BTWC) del 1975, nel 2001 si sono rifiutati di firmare un allegato cruciale della Convenzione che regola i meccanismi di verifica reciproca. In pratica, questi laboratori non sono soggetti ad alcun controllo internazionale e in alcuni casi, come la Georgia e l’Ucraina, a causa di accordi draconiani, non sono nemmeno soggetti alle leggi locali – il personale statunitense opera sotto immunità diplomatica. Inoltre, in base alla legge federale statunitense “Uniting and Strengthening America by Providing Appropriate Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism Act” (il cosiddetto Patriot Act), la ricerca nel campo delle armi biologiche è consentita con il permesso del governo statunitense. Allo stesso tempo, i partecipanti a tali ricerche non sono penalmente responsabili dello sviluppo di tali armi.

Poiché tali laboratori non pubblicizzano i loro risultati, l’unico modo in passato per rivelare le aree specifiche della loro ricerca è stato attraverso gli incidenti o gli “incidenti” da loro causati. Nel 2014, in circostanze poco chiare, i dipendenti di un laboratorio biologico di Atlanta sono stati contaminati dal batterio dell’antrace. Un numero maggiore di incidenti è associato a Fort Detrick. Questo laboratorio – una base militare in realtà – è la “matrice” del programma di guerra biologica degli Stati Uniti. Le sue origini risalgono alla Seconda Guerra Mondiale, quando vi furono depositati tutti i lasciti, le ricerche e i materiali relativi alle armi biologiche del famigerato “Distaccamento 731”, l’unità militare giapponese che condusse vaste operazioni di guerra biologica in Cina. Nel 2019 sono stati registrati casi di polmonite di origine sconosciuta in due case di cura vicine a questo laboratorio e successivamente è stata segnalata un’epidemia di polmonite in tutto lo stato del Maryland. A seguito di un aumento significativo del numero di malattie respiratorie di origine inspiegabile, all’epoca fu annunciata la chiusura delle attività del laboratorio di Fort Detrick, presumibilmente a causa di errori nella gestione dei rifiuti.

I laboratori biologici statunitensi all’estero sono finanziati dalla Defense Threat Reduction Agency (DTRA) nell’ambito di un programma militare da 2,1 miliardi di dollari, il Cooperative Biological Engagement Program (CBEP), e si trovano nei Paesi dell’ex Unione Sovietica, oltre che in Georgia e Ucraina, Kazakistan e Armenia, in Medio Oriente, nel Sud-Est asiatico e in Africa. Tutti questi laboratori sono protetti da una fitta rete legale che vieta l’accesso alle autorità locali e protegge il personale da eventuali indagini e procedimenti giudiziari.

Il più grande laboratorio americano di guerra biologica all’estero è il Lugar Center in Georgia. Il Centro è stato costruito nel 2004, è diventato operativo nel 2011 ed è pienamente operativo dal 2013. Si trova a soli 17 chilometri dalla base aerea militare statunitense Vaziani, nella capitale Tbilisi. I biologi dell’US Army Medical Research Unit-Georgia (USAMRU-G) e gli appaltatori privati sono responsabili del programma militare. Il laboratorio di biosicurezza di livello 3 è accessibile solo agli americani con autorizzazione di sicurezza e gode dell’immunità diplomatica ai sensi dell’accordo di cooperazione per la difesa tra Stati Uniti e Georgia del 2002. Il personale locale non ha diritto ad essere informato dai documenti statunitensi e non può accedere alle sezioni chiuse dei laboratori. Il direttore del laboratorio è una persona appartenente ai servizi militari o di intelligence. Il trasporto di qualsiasi materiale biologico da e verso i laboratori viene effettuato senza alcuna dichiarazione e senza alcun controllo da parte delle autorità locali. Questo modello di funzionamento e di rapporti con le autorità locali, attuato per la prima volta in Georgia, è stato successivamente adottato come modello in tutti i laboratori biologici controllati dagli Stati Uniti all’estero.

Le prove ricavate dal Registro pubblico dei contratti federali degli Stati Uniti fanno luce su alcune attività militari del Centro Lugar, tra cui la ricerca su agenti biologici e malattie virali (antrace, tularemia, brucellosi, leishmaniosi, febbre emorragica del Crimea-Congo) e la raccolta di campioni biologici per esperimenti futuri. Esempio tratto dal contratto W81XWH-14-X-9999 del 2014, come pubblicato dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti:

Nel 2018, dopo un cyberattacco che ha portato al trafugamento di documenti del Lugar Center, l’ex ministro della sicurezza georgiano Igor Giorgadze ha reso pubbliche le accuse di sperimentazione umana e di decine di morti. Secondo i documenti, nel dicembre 2015, 30 persone trattate presso il centro per l’epatite C sono morte. I 24 pazienti sono morti nel giro di un giorno, mentre la ricerca segreta condotta con un farmaco sconosciuto ha causato la morte di oltre 160 persone.

“Chiedo al governo degli Stati Uniti e al Presidente Trump in persona di ordinare un’indagine. Il popolo della Georgia sarà grato se il Paese sarà liberato da questi esperimenti. Scuse formali e risarcimenti alle famiglie delle vittime degli esperimenti non potranno mai ripagare le vite perse”. Secondo Giorgadze, presso il Lugar Center sono stati condotti numerosi esperimenti con cittadini georgiani e i risultati sono stati letali. A conferma, ha presentato un elenco di 30 persone che si sono sottoposte a trattamenti per l’epatite C presso il Centro e che sono tutte morte. I dati relativi a questi casi coprivano un solo mese, dicembre 2015. “La cosa più notevole è che i documenti mostrano che del gruppo di 30, 24 sono morti tutti nello stesso giorno… I dati per il 2016 mostrano 30 morti in aprile e altri 13 in agosto. Il punto più evidente è la designazione di “indeterminato” come causa di morte in tutti i casi. Non c’è stata assolutamente alcuna indagine sulle cause di morte di queste persone”.

Un fenomeno simile è stato osservato in Ucraina, dove operano almeno 11 laboratori biologici statunitensi, la maggior parte dei quali nella regione sud-orientale del Paese. Con l’apertura di questi laboratori, l’Ucraina ha iniziato a fronteggiare l’insorgere di malattie che si pensava fossero già state sconfitte. Secondo i dati dell’OMS, nel 2018 l’Ucraina ha conquistato il primato in Europa in termini di incidenza del morbillo. Casi simili sono stati osservati anche in Georgia.

I contraenti della morte

L’Agenzia per la riduzione delle minacce alla difesa (DTRA) ha esternalizzato gran parte del lavoro nell’ambito del suo programma militare a società private, che non devono rendere conto a nessuna autorità politica e possono operare più liberamente, aggirando il quadro giuridico. Grazie all’immunità diplomatica, che copre tutto il personale di laboratorio, militare e civile, le aziende private possono svolgere lavori sotto copertura diplomatica per il governo degli Stati Uniti senza essere sotto il controllo diretto dello Stato ospitante. Nei biolaboratori del Lugar Center lavorano tre aziende private statunitensi: CH2M Hill, Battelle e Metabiota. Oltre che per il Pentagono, questi appaltatori privati conducono ricerche per la CIA e per varie altre agenzie governative.

CH2M Hill si è aggiudicata contratti per 341,5 milioni di dollari con il DTRA nell’ambito del programma di laboratori biologici del Pentagono in Georgia, Uganda, Tanzania, Iraq, Afghanistan e Sud-Est asiatico. La metà di questo importo (161,1 milioni di dollari) è assegnata al Lugar Center nell’ambito del contratto con la Georgia. Secondo CH2M Hill, l’azienda statunitense si è assicurata agenti biologici e ha impiegato ex scienziati di guerra biologica presso il Lugar Center. Si tratta di scienziati che lavorano per un’altra società statunitense coinvolta nel programma militare in Georgia, il Battelle Memorial Institute.

Battelle, in qualità di subappaltatore per 59 milioni di dollari del Lugar Center, ha una vasta esperienza nella ricerca sugli agenti biologici, avendo lavorato al programma di armi biologiche degli Stati Uniti nell’ambito di 11 precedenti contratti con l’esercito americano (1952-1966). L’azienda privata svolge lavori per i laboratori biologici del DTRA in Afghanistan, Armenia, Georgia, Uganda, Tanzania, Iraq, Afghanistan, Tanzania e Vietnam. Battelle conduce attività di ricerca, sviluppo, test e valutazione utilizzando sia sostanze chimiche altamente tossiche che agenti biologici altamente patogeni per un’ampia gamma di agenzie governative statunitensi. Ha stipulato contratti federali per un totale di circa 2 miliardi di dollari e si è classificata al 23° posto nell’elenco dei 100 principali appaltatori governativi statunitensi.

Nell’ultimo decennio Battelle ha gestito un laboratorio biologico top-secret (National Biodefense Analysis and Countermeasures Center – NBACC) a Fort Detrick, nel Maryland, in base a un contratto con il Dipartimento della Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti (DHS). L’azienda si è aggiudicata un contratto federale da 344,4 milioni di dollari (2006 – 2016) e un altro da 17,3 milioni di dollari (2015 -2026) da parte del DHS.

Tra gli esperimenti sotto copertura condotti da Battelle presso l’NBACC vi sono (a) la valutazione della tecnologia per la diffusione di agenti in polvere e (b) la valutazione del rischio posto dalle tossine aerosolizzate e la valutazione dell’infettività del B Pseudomallei (melioidosi) in funzione delle particelle aerosol nei primati. La melioidosi ha il potenziale di svilupparsi come arma biologica ed è quindi classificata come agente bioterroristico di Categoria B. Il B Pseudomallei è stato studiato in passato dagli Stati Uniti come potenziale arma biologica.

Oltre agli esperimenti militari presso il Lugar Center, la Battelle ha già prodotto agenti bioterroristici presso il laboratorio di biosicurezza top-secret NBACC di livello 4 di Fort Detrick, negli Stati Uniti. Una presentazione del NBACC elenca 16 priorità di ricerca per il laboratorio. Questi includono la caratterizzazione di agenti patogeni classici, emergenti e geneticamente modificati per il loro potenziale come minacce biologiche; la valutazione di malattie non tradizionali, nuove e non endemiche causate da potenziali agenti di minacce biologiche; l’espansione della capacità di analisi degli aerosol per i primati non umani.

La società statunitense Metabiota Inc. si è aggiudicata 18,4 milioni di dollari in contratti federali nell’ambito del programma DTRA del Pentagono in Georgia e Ucraina per servizi di consulenza scientifica e tecnica. I servizi di Metabiota comprendono la ricerca sul campo delle minacce biologiche globali, la scoperta di agenti patogeni, la risposta alle epidemie e gli studi clinici. Metabiota è stata incaricata dal Pentagono di eseguire lavori per la DTRA prima e durante la crisi dell’Ebola in Africa occidentale e ha ricevuto 3,1 milioni di dollari (2012-2015) per il lavoro in Sierra Leone, uno dei Paesi all’epicentro dell’epidemia di Ebola.

Un rapporto del 17 luglio 2014 redatto dal Consorzio per la febbre emorragica virale ha accusato Metabiota di non aver rispettato l’accordo esistente sulle modalità di comunicazione dei risultati dei test e di aver scavalcato gli scienziati della Sierra Leone che vi lavoravano. Il rapporto sollevava anche la possibilità che Metabiota facesse crescere le cellule del sangue in laboratorio, cosa che secondo il rapporto era pericolosa, e che sbagliasse la diagnosi dei pazienti sani.

Metabiota è anche l’azienda in cui è coinvolto Hunter Biden, figlio del presidente degli Stati Uniti. Nel 2009 Christopher Heinz, figlio dell’ex vicepresidente John Kerry, ha fondato con Hunter Biden la società Rosemont Seneca Partners, che fungeva da intermediario tra le aziende e il governo degli Stati Uniti e aveva ottenuto decine di milioni di dollari di finanziamenti per conto di Metabiota. Lo stesso Biden era un azionista di Metabiota, il cui consiglio di amministrazione comprendeva persone di Rosemont. Oltre a Metabiota, Biden è stato coinvolto anche nella società energetica ucraina Burisma, di cui era membro del consiglio di amministrazione. Non viene specificato di che tipo di “ricerca” si tratterebbe, condotta congiuntamente da un’azienda biotecnologica e da un’azienda del gas. Ma sembra che Metabiota e Biden avessero ambizioni maggiori. Secondo un’e-mail inviata dal vicepresidente di Metabiota a Biden: “Come promesso, ho preparato il promemoria che fornisce una panoramica di Metabiota, del nostro coinvolgimento in Ucraina e di come possiamo potenzialmente sfruttare il nostro team, le nostre reti e le nostre idee per affermare l’indipendenza culturale ed economica dell’Ucraina dalla Russia e la sua continua integrazione nella società occidentale”.

Insetti killer

L’armamento degli insetti e la guerra biologica che li utilizza per trasmettere malattie è uno dei campi in cui il complesso militare statunitense ha investito. Il Pentagono avrebbe condotto test sugli insetti in Georgia e in Russia. Nel 2014 il Centro Lugar è stato dotato di una struttura per insetti e ha iniziato un progetto intitolato “Raising Awareness about Barcoding of Sand Flies in Georgia and Caucasus”. (Sandflies è il nome comune utilizzato nella letteratura internazionale per una grande famiglia di insetti estremamente dannosi simili alle zanzare. In Grecia, il rappresentante più comune di questa specie è il moscerino. Nella nostra area geografica questi insetti sono responsabili della trasmissione della pericolosissima malattia Kala-Azar o leishmaniosi viscerale). Il progetto ha riguardato un’area geografica più ampia della regione georgiano-caucasica. Nel 2014-2015 sono state raccolte mosche della specie Phlebotomine nell’ambito di un altro progetto “Sorveglianza delle malattie febbrili acute” e tutte le mosche della sabbia (femmine) sono state testate per determinare il loro tasso di infettività. In un terzo progetto, che prevedeva anche la raccolta di mosche della sabbia, sono state studiate le caratteristiche delle loro ghiandole salivari.

Come risultato diretto di queste indagini, la Georgia è stata infestata da questi insetti pungenti dal 2015 in ogni mese dell’anno, questo non era mai stato il comportamento tipico di queste specie in Georgia. Questi insetti pungenti vivono in ambienti chiusi, soprattutto negli scarichi domestici e normalmente la stagione dell’insetto flebotomo in Georgia è estremamente breve – da giugno a settembre. Gli abitanti della zona lamentano di essere punti da questi insetti/mosche durante tutto l’anno. Sono anche molto resistenti al freddo e possono sopravvivere anche a temperature sotto lo zero in montagna. Dal lancio del progetto del Pentagono nel 2014, mosche simili a quelle della Georgia sono apparse nel vicino Daghestan (Russia) e, secondo i residenti locali, mordono e causano eruzioni cutanee.

Le mosche della famiglia delle Flebotomine trasportano nella loro saliva pericolosi parassiti, che trasmettono pungendo l’uomo. La malattia portata da queste mosche è di grande interesse per il Pentagono. Nel 2003, durante l’invasione statunitense dell’Iraq, i soldati americani sono stati gravemente punti da mosche della sabbia e hanno contratto la leishmaniosi. La malattia è endemica in Iraq e Afghanistan e, se la forma acuta non viene trattata, può essere fatale.

Un rapporto dell’esercito americano del 1967 intitolato “Arthropods of medical importance in Asia and the European USSR” elenca tutti gli insetti locali, la loro distribuzione e le malattie che portano. Il documento elenca anche le mosche pungenti che vivono nelle fogne. Il loro habitat naturale, tuttavia, sono le Filippine, non la Georgia o la Russia.

Nell’ambito del progetto DTRA “Virus e altri arbovirus in Georgia” nel 2014 è stata rilevata per la prima volta la zanzara tropicale Aedes Albopictus, insolita per questa regione, ed è stata confermata l’esistenza della zanzara Aedes Aegypti dopo sei decenni nella Georgia occidentale. Queste zanzare tropicali Aedes Albopictus, mai viste prima in Georgia, sono state rilevate anche nella vicina Russia (Krasnodar) e in Turchia, secondo i dati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. La loro diffusione è insolita per questa parte del mondo. Le zanzare Aedes Aegupti si sono diffuse solo in Georgia, Russia meridionale e Turchia settentrionale. Sono stati individuati per la prima volta nel 2014, dopo l’avvio del programma del Pentagono presso il Lugar Center.

Attacco all’antrace

Nel 2007 la Georgia ha posto fine alla politica di vaccinazione annuale obbligatoria degli animali contro l’antrace. Di conseguenza, il tasso di morbilità della malattia ha raggiunto un picco nel 2013. Nello stesso anno, la NATO ha avviato la sperimentazione di un vaccino contro l’antrace umano presso il Lugar Center in Georgia.

L’antrace è uno degli agenti biologici che sono stati ampiamente studiati dall’esercito americano e fino agli anni ’50 l’Università dell’Iowa produceva in laboratorio e vendeva sul mercato internazionale il ceppo di Ames. Nonostante il Pentagono affermi che il suo programma è solo difensivo, ci sono prove del contrario. Nel 2016, presso il Lugar Center, gli scienziati statunitensi hanno condotto una ricerca sulla “sequenza del genoma del ceppo vaccinale sovietico/russo Bacillus anthracis 55-VNIIVViM”, finanziata dal Cooperative Biological Engagement Program della DTRA a Tbilisi e gestita da Metabiota (l’appaltatore statunitense del programma del Pentagono in Georgia).

Nel 2017, la DTRA ha finanziato un altro studio (dieci sequenze di genomi di isolati di Bacillus anthracis provenienti da uomini e animali della Georgia), condotto dall’USAMRU-G presso il Lugar Center.

Febbre

La febbre emorragica del Congo e della Crimea (CCHF) è causata dall’infezione di un virus trasmesso dalle zecche. La malattia è stata individuata e identificata per la prima volta in Crimea nel 1944 e le è stato dato il nome di febbre emorragica di Crimea. In seguito, nel 1969, è stata identificata come la causa della malattia in Congo, da cui deriva il nome attuale della malattia. Nel 2014, 34 persone (tra cui un bambino di 4 anni) sono state infettate dalla CCHF in Georgia. Tre di loro sono morti. Nello stesso anno, i biologi del Pentagono hanno studiato il virus in Georgia nell’ambito del progetto “Epidemiologia delle malattie febbrili causate dalla dengue e da altri arbovirus in Georgia”. Il progetto prevedeva l’analisi dei pazienti con sintomi di febbre e la raccolta di zecche, in quanto possibili portatori di CCHV, per le analisi di laboratorio.

La causa dell’epidemia di CCHF in Georgia è ancora sconosciuta. Secondo il rapporto del servizio veterinario locale, solo una zecca di tutte le specie raccolte nei villaggi infetti è risultata positiva alla malattia. Nonostante le autorità locali abbiano affermato che il virus è stato trasmesso all’uomo dagli animali, anche tutti i campioni di sangue degli animali sono risultati negativi. L’assenza di zecche e animali infetti è inspiegabile visto il forte aumento dei casi umani di CCHF nel 2014, il che suggerisce che l’epidemia non sia naturale e che il virus sia stato trasmesso deliberatamente.

Nel 2016, sono state raccolte altre 21.590 zecche per creare un database di DNA per studi futuri presso il Centro Lugar, nell’ambito del progetto del Pentagono “Valutazione della sieroprevalenza e della diversità genetica del virus della febbre emorragica del Crimea-Congo (CCHFV) e dei chantavirus in Georgia”.

Da dicembre 2017 sono stati segnalati 237 casi di febbre emorragica di Crimea-Congo (CCHF) anche in tutto l’Afghanistan, 41 dei quali sono stati fatali. Secondo il Ministero della Sanità afghano, la maggior parte dei casi è stata registrata nella capitale Kabul, dove sono stati segnalati 71 casi con 13 decessi, e nella provincia di Herat, vicino al confine con l’Iran (67 casi).

L’Afghanistan è uno dei 25 Paesi al mondo con laboratori biologici del Pentagono sul proprio territorio. Il lavoro in Afghanistan fa parte del programma di difesa biologica degli Stati Uniti – Cooperative Biological Engagement Program (CBEP), finanziato dal DTRA. Anche gli appaltatori del DTRA che lavorano presso il Lugar Center, CH2M Hill e Battelle, sono incaricati del programma in Afghanistan. CH2M Hill si è aggiudicata un contratto da 10,4 milioni di dollari (2013-2017). I contractor del Pentagono in Afghanistan e in Georgia sono gli stessi, così come le malattie che si diffondono tra la popolazione locale in entrambi i Paesi.

Fabbrica di armi biologiche

Le forze armate statunitensi producono e testano agenti biologici in una struttura militare speciale situata a Dugway Proving Ground (West Desert Test Center, Utah), come evidenziato in un rapporto del 2012 dell’esercito statunitense. L’impianto è supervisionato dal Comando militare di prova e valutazione.

La Life Sciences Division (LSD) di Dugway Proving Ground è incaricata della produzione di agenti biologici. Secondo il rapporto dell’esercito, gli scienziati di questa sezione producono e testano agenti biologici aerosolizzati presso il Lothar Saloman Life Sciences Test Facility (LSTF).

La Divisione Scienze della Vita è composta da un ramo di tecnologia dell’aerosol e da un ramo di microbiologia. Il ramo Tecnologia degli aerosol aerosolizza agenti biologici e simulanti. Il ramo della microbiologia produce tossine, batteri, virus e organismi che vengono utilizzati nei test in camera e sul campo.

I laboratori di fermentazione dell’Impianto Pilota per le Scienze della Vita coltivano i batteri in fermentatori che vanno da un piccolo sistema da 2 litri a un grande sistema da 1500 litri. Questi volumi non corrispondono in alcun modo alle esigenze di un “laboratorio di ricerca”, ma alla normale produzione. I fermentatori sono specificamente adattati ai requisiti del microrganismo da coltivare – pH, temperatura, luce, pressione e concentrazioni di nutrienti che danno al microrganismo tassi di crescita ottimali.

Nello stesso impianto, le forze armate statunitensi producono, possiedono e testano aerosol della tossina più letale del mondo, la neurotossina botulinica. Nel 2014, il Dipartimento della Difesa ha acquistato 100 mg di tossina botulinica da Metabiologics per testarlo a Dugway Proving Ground. Gli esperimenti risalgono al 2007, quando una quantità indeterminata di tossina è stata consegnata al Dipartimento della Difesa dalla stessa azienda, la Metabiologics.

Insetti geneticamente modificati – Virus geneticamente modificati

Il Pentagono ha investito almeno 65 milioni di dollari nell’editing genico. La nota DARPA ha incaricato 7 gruppi di ricerca di sviluppare strumenti per modificare il genoma di insetti, roditori e batteri nell’ambito del programma Safe Gene, utilizzando la tecnologia CRISPR-Cas9.

Nell’ambito di un altro programma militare, Insect Allies, gli insetti geneticamente modificati vengono ingegnerizzati per trasferire i geni modificati alle piante. Il programma della DARPA, del valore di 10,3 milioni di dollari, prevede sia l’editing genico degli insetti che dei virus che essi trasmettono. L'”ingegneria della preferenza di nicchia ecologica” è un terzo programma militare in corso per modificare il genoma degli insetti. L’obiettivo dichiarato del Pentagono è quello di ingegnerizzare gli organismi geneticamente modificati in modo che possano resistere a determinate temperature, cambiare il loro habitat e le loro fonti di cibo.

Dal 2008 al 2014, gli Stati Uniti hanno investito circa 820 milioni di dollari nella ricerca sulla biologia sintetica, con la difesa come fattore principale. La maggior parte dei programmi di biologia sintetica dell’esercito sono riservati, compresi alcuni studi riservati del gruppo segreto JASON, che ha un ruolo di consulenza per le forze armate statunitensi. JASON è un gruppo scientifico indipendente che fornisce consulenza al governo statunitense in materia di scienza e tecnologia della difesa. Fondata nel 1960, la maggior parte dei rapporti di JASON sono classificati. A fini amministrativi, i progetti di JASON sono gestiti dalla MITRE Corporation, che ha contratti con il Dipartimento della Difesa, la CIA e l’FBI. Dal 2014, MITRE ha stipulato contratti con il Dipartimento della Difesa per circa 27,4 milioni di dollari.

Sebbene i rapporti JASON siano riservati, un altro studio dell’Aeronautica militare statunitense, intitolato “Biotechnology: genetically modified pathogens” (Biotecnologia: agenti patogeni geneticamente modificati), fa luce su ciò che il team segreto JASON ha ricercato: cinque gruppi di agenti patogeni geneticamente modificati che possono essere utilizzati come armi biologiche. Si tratta di armi biologiche binarie (una combinazione letale di due virus), malattie da scambio di ospite (virus animali che “saltano” all’uomo, come il virus Ebola), virus stealth e malattie ingegnerizzate. Le malattie progettate possono essere ingegnerizzate per colpire un gruppo etnico specifico, il che significa che possono essere usate come armi biologiche etniche.

L’arma biologica etnica (arma biogenetica) è in linea di principio uno strumento teorico di guerra che mira a danneggiare principalmente individui di specifiche etnie o genotipi. Anche se ufficialmente la ricerca e lo sviluppo di armi biologiche etniche non è mai stata confermata pubblicamente, i documenti mostrano che gli Stati Uniti stanno raccogliendo materiale biologico da gruppi etnici specifici – russi e cinesi.

L’aeronautica militare statunitense sta raccogliendo speciali campioni russi di RNA e tessuto articolare, sollevando il timore di Mosca di un programma segreto di armi biologiche statunitensi. Oltre ai russi, gli Stati Uniti stanno raccogliendo in Cina materiale biologico da persone sani e da persone malate di cancro. Il National Cancer Institute ha raccolto campioni biologici da 300 persone delle città di Linxian, Zhengzhou e Chengdu in Cina. Un altro progetto federale, intitolato “Serum Metabolic Biomarker Discovery Study” per il carcinoma esofageo a cellule squamose in Cina, prevede l’analisi di 349 campioni di siero raccolti da pazienti cinesi.

Il materiale biologico cinese, tra cui saliva e tessuti tumorali, è stato raccolto nell’ambito di una serie di programmi federali. Tra questi, la genotipizzazione di campioni di DNA di casi di linfoma e di individui sani; frammenti di tessuto di pazienti affetti da cancro al seno; campioni di saliva di 50 famiglie con 3 o più casi di cancro esofageo; genotipizzazione di campioni di DNA provenienti da un ospedale oncologico di Pechino; genotipi di 3000 casi di cancro gastrico e 3000 individui sani di Pechino.

La connessione ucraina

Il DTRA ha finanziato 11 impianti di biotrattamento in Ucraina, molti dei quali situati vicino al confine con la Russia. L’Ucraina non controlla i laboratori biologici militari sul suo territorio. In base all’accordo del 2005 tra il Dipartimento della Difesa statunitense e il Ministero della Salute ucraino, al governo ucraino è vietato divulgare informazioni sensibili sul programma statunitense e l’Ucraina è tenuta a trasferire agenti patogeni pericolosi al Dipartimento della Difesa statunitense per la ricerca biologica. Il Pentagono ha accesso ad alcuni segreti di Stato ucraini in relazione ai programmi previsti dall’accordo.

Tra gli accordi bilaterali tra Stati Uniti e Ucraina c’è la creazione del Centro per la scienza e la tecnologia in Ucraina (STCU), un’organizzazione internazionale finanziata principalmente dal governo statunitense e coperta dallo status diplomatico. L’STCU sostiene formalmente progetti di scienziati precedentemente coinvolti nel programma sovietico di armi biologiche. Negli ultimi 20 anni, la STCU ha investito oltre 285 milioni di dollari per finanziare e gestire circa 1.850 progetti di scienziati che in passato hanno lavorato allo sviluppo di armi di distruzione di massa.

Uno dei laboratori del Pentagono si trova a Kharkiv, dove nel gennaio 2016 almeno 20 soldati ucraini sono morti a causa del virus influenzale in soli due giorni, mentre altri 200 sono stati ricoverati in ospedale. Il governo ucraino si è rifiutato di fare qualsiasi riferimento ai soldati ucraini morti a Kharkiv. Da marzo 2016, in Ucraina sono stati segnalati 364 decessi; l’81,3% è stato causato dall’influenza suina (H1N1), lo stesso ceppo che ha causato la pandemia globale nel 2009.

Allo stesso tempo, un’infezione altamente sospetta di epatite A si è diffusa rapidamente in pochi mesi nel sud-est dell’Ucraina, dove si trova la maggior parte dei laboratori biologici del Pentagono. Da gennaio 2018 37 persone sono state ricoverate per epatite A nella città ucraina di Mykolaiv. La polizia locale ha avviato un’indagine per “infezione da virus dell’immunodeficienza umana e altre malattie incurabili”. Tre anni fa più di 100 persone nella stessa città sono state infettate dal colera. Entrambe le malattie si sarebbero diffuse attraverso l’acqua potabile contaminata.

Nell’estate del 2017, 60 persone affette da epatite A sono state ricoverate nell’ospedale della città di Zaporizhzhya, ma la causa dell’epidemia è ancora sconosciuta.

Nella regione di Odessa, 19 bambini di un orfanotrofio sono stati trattati per l’epatite A nel giugno 2017.

Nel novembre 2017, sono stati segnalati 29 casi di epatite A a Kharkiv. Il virus è stato isolato in acqua potabile contaminata. Uno dei laboratori biologici del Pentagono si trova a Kharkiv, che un anno fa è stata accusata dell’epidemia di influenza mortale che ha causato la morte di 364 ucraini.

Nel 2011 l’Ucraina è stata colpita da un’epidemia di colera. Secondo quanto riferito, 33 pazienti sono stati ricoverati in gravi condizioni. Una seconda epidemia ha colpito il Paese nel 2014, quando più di 800 persone in tutta l’Ucraina hanno contratto la malattia. Nel 2015 sono stati registrati almeno 100 nuovi casi nella sola città di Mykolaiv. Una nuova variante altamente infettiva dell’agente del colera Vibrio cholera, con un’elevata somiglianza genetica con i ceppi segnalati in Ucraina, ha colpito Mosca nel 2014.

Il Southern Research Institute, uno degli appaltatori statunitensi che lavorano ai laboratori biologici in Ucraina, ha programmi per il colera, l’influenza e il virus zika, tutti agenti patogeni di importanza militare per il Pentagono.

Oltre al Southern Research Institute, altre due società private americane gestiscono laboratori biologici militari in Ucraina, la Black & Veatch e la Metabiota. Black & Veatch si è aggiudicata contratti per 198,7 milioni di dollari dal DTRA per la costruzione e la gestione di laboratori biologici in Ucraina (nell’ambito di due contratti quinquennali nel 2008 e nel 2012), oltre che in Germania, Azerbaigian, Camerun, Tailandia, Etiopia, Vietnam e Armenia.

Metabiota si è aggiudicata un contratto federale da 18,4 milioni di dollari nell’ambito del programma in Georgia e Ucraina. Questa società statunitense è stata anche incaricata di eseguire lavori per il DTRA prima e durante la crisi di Ebola in Africa occidentale e ha ricevuto 3,1 milioni di dollari (2012-2015) per il lavoro in Sierra Leone.

Il Southern Research Institute è il principale subappaltatore del progetto DTRA in Ucraina dal 2008. In passato, l’azienda è stata anche un appaltatore principale del Pentagono nell’ambito del programma di armi biologiche degli Stati Uniti per la ricerca e lo sviluppo di agenti biologici nell’ambito di 16 contratti tra il 1951 e il 1962.

Progetto GG-21 + Progetto UP-8: tutti i decessi di volontari saranno segnalati immediatamente

Tra i progetti più recenti lanciati dal Pentagono nelle ex repubbliche sovietiche della Georgia e dell’Ucraina vi sono il Progetto GG-21 e il Progetto UP-8. Il primo riguarda la Georgia, ha una durata di 5 anni con una possibile estensione fino a 3 anni, e si intitola “Arthropod-borne and zoonotic infections among military personnel in Georgia”. Secondo la descrizione del progetto, verranno prelevati campioni di sangue da 1.000 reclute militari al momento dell’esame fisico per la registrazione militare presso l’ospedale militare georgiano di Gori. I campioni saranno analizzati per la ricerca di anticorpi contro quattordici agenti patogeni: bacillus anthracis, brucella, virus CCHF, coxiella burnetii, francisella tularensis, hantavirus, rickettsia, virus TBE, bartonella, borrelia, ehlrichia, leptospira, salmonella typhi, WNV.

Secondo il contratto del progetto, la quantità di sangue da prelevare è di 10 ml. I campioni sono conservati a tempo indeterminato presso il Lugar Center o le strutture militari dell’USAMRU-G, e i campioni isolati possono essere inviati al quartier generale del Walter Reed Army Institute of Research negli Stati Uniti per futuri studi di ricerca. Il WRAIR è la più grande struttura di ricerca biomedica gestita dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. I risultati degli esami del sangue non saranno comunicati ai partecipanti allo studio.

Un tale processo, in circostanze normali, non può causare la morte. (A meno che le condizioni non siano normali o il processo sia diverso da quello mostrato). Tuttavia, secondo il rapporto del progetto, “tutti i decessi dei volontari saranno segnalati immediatamente (di solito entro 48 ore dalla notifica dello sperimentatore)” all’ospedale militare della Georgia e al WRAIR. I campioni di sangue dei soldati saranno conservati e ulteriormente analizzati presso il Lugar Center.

I documenti disponibili pubblicamente nel registro dei contratti federali degli Stati Uniti mostrano che l’USAMRU-G sta espandendo le sue attività ad altri alleati degli Stati Uniti nella regione e sta “creando infrastrutture di spedizione” in Bulgaria, Romania, Polonia e Lettonia, oltre che in Georgia e Ucraina. Il prossimo progetto dell’USAMRU-G, che prevedeva test biologici sui soldati, doveva iniziare a marzo di quest’anno presso l’ospedale militare bulgaro di Sofia.

Il DTRA ha finanziato un progetto simile che coinvolge i soldati in Ucraina con il nome in codice UP-8: “La diffusione del virus della febbre emorragica di Crimea-Congo (CCHF) e dei chantavirus in Ucraina e la possibile necessità di una diagnosi differenziale nei pazienti con sospetta leptospirosi”. Il progetto è iniziato nel 2017 ed è stato ripetutamente esteso fino al 2020, secondo i documenti interni.

Secondo la descrizione del progetto, verranno raccolti campioni di sangue da 4.400 soldati sani a Lviv, Charkiv, Odessa e Kiev. 4.000 di questi campioni saranno analizzati per verificare la presenza di anticorpi contro i chantavirus e 400 di essi per verificare la presenza di anticorpi contro il virus della febbre emorragica della Crimea-Congo (CCHF). I risultati delle analisi del sangue non saranno comunicati ai partecipanti allo studio.

Non ci sono informazioni su quali altre procedure saranno attuate, tranne che “gli incidenti gravi, compresi i decessi, devono essere segnalati entro 24 ore”. Tutti i decessi di soggetti dello studio che si sospetta o si sa essere collegati alle procedure di ricerca devono essere segnalati ai comitati di bioetica negli Stati Uniti e in Ucraina”. Aumenta la preoccupazione per i potenziali decessi dovuti a un singolo “prelievo di sangue”.

Un segnale di pericolo dal passato

Impensabile non significa impossibile. L’esperienza degli ultimi anni dovrebbe avercelo insegnato, quando la situazione di emergenza ha smesso di essere l’eccezione ed è diventata la regola. E sarebbe un’ingenuità suicida per ognuno di noi “rassicurarsi” dietro l’aspettativa di aver consumato più della nostra parte di miseria nella storia. La sorpresa per come le cose che viviamo siano “ancora” possibili nel XXI secolo non è una difesa per nulla. Nemmeno lo stupore di fronte alle armi biologiche e a come sia possibile che alcune milizie stiano attualmente lavorando a piani sullo spettro della guerra biologica fermerà qualcosa.

Le prove dimostrano che almeno una “superpotenza” non ha smesso di ricercare e sviluppare armi biologiche negli ultimi decenni e ha intensificato i suoi sforzi negli ultimi anni. Nell’arena della competizione intracapitalistica, il solo sospetto che gli agenti patogeni vengano armati e possano essere già stati utilizzati sarebbe sufficiente a scatenare una corsa agli armamenti biologici. Non si tratta più solo di sospetti, quindi è del tutto plausibile che non siano solo gli Stati Uniti ad aver investito nelle capacità belliche delle biotecnologie.

Il solo pensiero di un nemico invisibile, potenzialmente in grado di sopraffare intere popolazioni senza possibilità di reazione, potrebbe essere paralizzante e portare facilmente a una volontaria sottomissione ai dettami delle autorità, come è accaduto con la pandemia. Ma questo atteggiamento, di paralisi-arrendevolezza, non è mai stato la misura della storia.

Alcuni decenni fa l’Europa era animata dal movimento contro le armi nucleari, sia per uso bellico che per uso “pacifico”. Quel movimento non aveva un avversario più facile, né le conseguenze potenziali sarebbero state minori se la terza guerra mondiale “fredda” fosse fallita. Nonostamte questo, il movimento antinucleare è riuscito nei momenti critici a porre fine ai piani nucleari e ha impedito al continente europeo di trasformarsi in una vasta piattaforma di lancio di missili nucleari. Non sappiamo se oggi avremmo il lusso di discutere e riflettere sulle conseguenze di una guerra biologica se non fosse stato per quel movimento, sostituito da una massa di persone paralizzate dalla paura. Questo è il segnale di pericolo, ma anche il chiaro monito che il passato ci invia. Altrimenti saranno gli scarafaggi a occuparsi della stesura dell’epilogo e probabilmente non saranno gentili nel criticare la nostra specie…

Hurry Tuttle
Dalla rivista greca Cyborg, numero 24, giugno 2022, Atene https://www.sarajevomag.net/cyborg/cyborg.html
Testo tradotto dal greco con traduttore automatico e rivisto

Appendice

L’epatite A ha causato un’epidemia inspiegabile nel sud-est dell’Ucraina, dove si trova la maggior parte dei laboratori biologici del Pentagono. Nel 2011, 33 persone sono state infettate dal colera in Ucraina. L’epidemia è ripresa nel 2014, quando a più di 800 ucraini è stata diagnosticata la pericolosa malattia. Nel 2015, a Nikolaev sono stati registrati più di 100 nuovi casi di infezioni da colera.

Uno dei progetti di Battelle è stato il Project Clear Vision, dal 1997 al 2000. In base a un contratto assegnato dalla CIA alla Battelle, quest’ultima ha ricostruito e testato una bomba all’antrace di epoca sovietica per verificarne le caratteristiche di proliferazione. L’obiettivo dichiarato del progetto era quello di valutare le caratteristiche di diffusione degli agenti biologici utilizzando le bombe.

0,29 dollari a morte. Un rapporto dell’esercito americano del 1981 ha confrontato due scenari – 16 attacchi simultanei a una città da parte di zanzare Aegupti infettate con la febbre gialla e un attacco con aerosol di tularemia – e ne ha valutato l’efficacia in termini di costi e vittime. Più alto è il numero di vittime, più basso è il numero di morti.

I laboratori di guerra biologica non sono l’unico collegamento tra Stati Uniti e Ucraina. Nel giugno 2021, pochi mesi prima della guerra, una squadra congiunta del Laboratorio medico della 1a area e di Fort Detrick era in Ucraina per condurre esercitazioni congiunte con l’esercito ucraino.

Secondo il sito ufficiale dell’esercito americano: “Jangwoo Lee, capo del 1° AML per la valutazione delle malattie endemiche e della guerra biologica, ha dichiarato che i soldati statunitensi hanno sostenuto la creazione di un’unità mobile di diagnosi biologica del Ministero della Difesa ucraino. L’iniziativa di formazione della Defense Threat Reduction Agency (DTRA) degli Stati Uniti si è concentrata sui test diagnostici di reazione a catena della polimerasi e sull’identificazione in loco degli agenti biologici.

Lee ha detto che le truppe statunitensi hanno tenuto lezioni di formazione, addestramento pratico ed esercitazioni sul campo con le truppe ucraine in ambienti di laboratorio e sul campo…

Il 1st Area Medical Laboratory fa parte del 20th Chemical, Biological, Radiological, Nuclear, Explosives (CBRNE) Command, l’unico quartier generale multifunzionale del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti che si occupa di tutti i rischi… Il laboratorio unico dell’Esercito degli Stati Uniti è stato spesso impiegato a sostegno delle operazioni militari, compreso lo sforzo del 2014-2015 per contenere l’epidemia di Ebola in Africa occidentale…

Secondo il comandante del 1° AML, la recente missione di addestramento ha permesso al suo comando di stringere un rapporto più forte con gli operatori sanitari ucraini. In quanto risorsa preziosa sul campo, è imperativo che la 1a AML sia pronta a lavorare con i nostri partner comuni e alleati. Formazioni come questa offrono una grande opportunità di collaborazione professionale e di costruzione di relazioni. Queste opportunità aiutano anche a sviluppare una comprensione scientifica condivisa delle capacità e di come possiamo supportarci a vicenda sul campo”.

In altre parole, l’élite americana della guerra biologica ha condotto esercitazioni congiunte con l’esercito ucraino, essenzialmente il primo addestrando il secondo, per migliorare la cooperazione tra gli alleati e trovare il modo di sostenersi a vicenda sul campo.

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ICGEB: La sovranità della scienza al di sopra di tutto

È ormai di qualche mese la notizia che il governo italiano ha conferito piena immunità e inviolabilità al Centro Internazionale per l’ingegneria genetica e la biotecnologia (ICGEB) di Trieste e al personale di ricerca in esso presente. Lo Stato italiano si è impegnato ad elargire un finanziamento annuo di 10 milioni di euro e l’utilizzo gratuito di circa 8000 metri quadrati di suolo ed edifici.
L’ICGEB  nasce nel 1983 come progetto dell’Organizzazione Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (Unido), diventando successivamente nel 1994 un’Organizzazione Internazionale autonoma che riunisce 65 Stati membri, con collaborazioni di settore come la Fondazione Bill e Melinda Gates, la New England Biolabs (attiva in ricerche in campo biotecnologico) e la Genethon, azienda leader nel campo della terapia genica. ICGEB ha svariati laboratori nel mondo ed è strettamente legato all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite di cui condivide la visione sulle prossime emergenze.
I segreti ben custoditi dell’ICGEB  evidentemente non sono il tipo di ricerche portate avanti, ma come queste effettivamente sono realizzate. Nel sito internet dell’ICGEB  si può leggere che “i programmi di ricerca comprendono progetti scientifici di base come il controllo dell’espressione genica, la replicazione del dna, la riparazione del dna e l’elaborazione dell’RNA, studi su virus umani quali HIV, HPV e rotavirus, immunologia molecolare, neurobiologia, genetica molecolare, ematologia sperimentale e terapia genica umana. I programmi di ricerca di ciascun Gruppo sono periodicamente valutati attraverso visite in loco che coinvolgono panel internazionali di scienziati con competenze specifiche nei rispettivi campi, le cui raccomandazioni sono riportate al Consiglio Scientifico ICGEB. Le attività di ricerca dei laboratori ICGBE Trieste sono supportate anche da un gran numero di sovvenzioni concesse da varie agenzie di finanziamento internazionali”.
Negli ultimi anni di dichiarata pandemia nomi come Wuhann o Forth Dick ci sono diventati noti, come si voleva che fossero noti: eccezionalità nel mondo della ricerca o “super laboratori”, laboratori classificati fino a quattro punti che ne descrivono l’altissimo livello di pericolosità. I punteggi, assegnati dai loro stessi organi di controllo,  non sono un reale metro di valutazione e anche le diciture come “super laboratorio” servono solo a confondere e a far trasferire l’attenzione sui contorni al fine di creare un susseguirsi di interrogativi che non potranno mai essere soddisfatti. Questi laboratori invece sono reali e concreti e portano avanti esperimenti utilizzando le tecniche di ingegneria genetica. Nel mondo se ne contano circa una sessantina sparsi soprattutto nei paesi del Sud del mondo. Cosa avviene precisamente al loro interno è un mistero, sappiamo però che con l’aiuto dell’ingegneria genetica si ricombinano virus,  molti di questi spariti da tempo dalla circolazione.  Senza aver paura di esagerare possiamo affermare che in nome della difesa da una possibile “Guerra biologica” se ne preparano continuamente in laboratorio, ovviamente a livello preventivo verso possibili minacce future.
 Abbiamo ormai compreso che la pace si prepara con lo stoccaggio continuo di armi atomiche in grado di distruggere più volte il pianeta e lo stesso avviene con le armi biologiche: tutti le aborrono e tutti ci lavorano, spesso in grande collaborazione con il fine unico ovviamente della pace. Basti pensare al laboratorio di Wuhan dove esisteva una fitta rete di relazioni tra Cina, Stati Uniti, Francia e altri paesi. Abbiamo visto l’esistenza di decine di questi laboratori in Ucraina sotto stretta vigilanza del pentagono, ben poco è uscito sugli esperimenti condotti, probabilmente questo avrebbe messo in imbarazzo il denunciante stesso, che avrebbe dovuto dire qualcosa sui propri di laboratori non necessariamente militari e segreti, ma anche presenti in qualche rinomata struttura universitaria.  
La rivista di settore statunitense Fierce Pharma già il 9 Dicembre 2013 scriveva: “l’azienda biotecnologica Pfizer ha firmato un contratto 7,7 milioni con Darpa”. Il Pentagono incarica Pfizer di “ripensare radicalmente lo sviluppo dei vaccini. Ciò che l’agenzia Darpa ha rivelato implica che vuole accorciare i tempi di risposta alle minacce di pandemie o di bioterrorismo eliminando molti dei passaggi attualmente necessari per conferire l’immunità”. In una circolare sui contratti in vigore all’epoca, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha dichiarato a questo proposito: “Pfizer condurrà un programma di ricerca e sviluppo finalizzato alla messa a punto di una piattaforma tecnologica in grado di identificare gli agenti patogeni emergenti direttamente in un individuo infetto o esposto e di produrre successivamente anticorpi protettivi nel suo organismo”.
Ma senza la tecnica di “chirurgia genetica” o “gene editing”, per la quale nel 2012 è stato assegnato il premio Nobel a due scienziate, la piattaforma a mRNA per i sieri genici non sarebbe stata possibile. Il sistema, chiamato CRISPR/Cas9, sviluppato per la modificazione di vegetali, di animali da allevamento e da laboratorio e per le terapie geniche, consente di apportare modifiche alle sequenze genetiche con maggiore precisione, velocità, risparmio e apre alla possibilità di modificare geneticamente la linea germinale umana con modificazioni genetiche trasmissibili di generazione in generazione.
Se si pensasse alla ricerca pubblica come ad un possibile argine verso l’irrefrenabile messa in opera della piattaforma biomedicale, significa ancora una volta non comprendere che ci sono direzioni nella ricerca scientifica che non si possono imbrigliare, immancabilmente varrà il solito mantra tecno-scientifico: se tecnicamente è possibile si farà. Con queste formule di pensiero ci siamo ritrovati nella situazione attuale, si è confuso il sapere con la competizione e la corsa scientifica attuale, capitanata dalle bio-nanotecnologie è sempre verso bio-armamenti, che possono essere più  micidiali in tempi di pace che di guerra, come ci ha insegnato il Sars-Cov2.
Ricordiamo la conferenza di Asilomar del 1975 in cui i ricercatori discutevano di regolamentazioni e di porre dei limiti alle ricerche di ingegneria genetica sul DNA ricombinante. Ma regolamentare significa di fatto legittimare quelle pratiche e sviluppi tecno-scientifici ponendo dei limiti che man mano saranno eliminati. Regolamentare per dare una parvenza di tutela, per aspettare un accettazione sociale di determinati sviluppi o che essi penetrino nel quotidiano fino a normalizzarsi. Fermare le tecnologie di ingegneria genetica, quei laboratori in cui vengono sviluppate e fermare i processi che ne seguono invece significa fermare tutto quel mondo.
In questa particolare fase della dichiarata pandemia, non importa se in declino, molte altre ne verranno hanno assicurato a Davos e di riporto i vari ministri italiani, ecco arrivare in Italia un nuovo laboratorio pronto per i tempi che verranno. Ovviamente questo centro si impegnerà anche per il Covid 19, come non potrebbe visto che milioni di persone solo in Italia si sono inoculate un siero sperimentale a mRNA frutto dell’ingegneria genetica e considerando che si tratta di un centro internazionale volto a sviluppare l’ingegneria genetica e le biotecnologie.  La notizia della sua nascita è uscita quasi per caso tramite la Gazzetta Ufficiale del 16 Giugno “Ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Centro internazionale per l’ingegneria genetica e la biotecnologia (ICGEB) relativo alle attività del Centro e alla sua sede situata in Italia”.
Troviamo inutile e fuorviante dilungarci sui misteri che avvolgono questo centro, ne sappiamo già abbastanza per essere fortemente critici verso queste strutture con il loro personale internazionale ben pagato e protetto da qualsiasi cosa questi possano realizzare e anche dalle possibili conseguenze. Interroghiamoci su come questo centro non si ponga difficoltà a livello economico, cosa che fanno praticamente tutti i centri di ricerca, evidentemente ha un budget a disposizione che non possiamo neanche immaginare. Questo ci fa pensare al Darpa che rappresenta la ricerca militare negli Stati Uniti e che ha a disposizione fondi illimitati sia per proprie ricerche che possono essere robot a quattro zampe o nuovi pericolosissimi virus ricombinati, sia per finanziare anche altri progetti di suo interesse nel mondo come per esempio le zanzare OGM di Crisanti.
Quello che si sta velocizzando è un tipo di ricerca per tempi di “emergenza”, il nuovo mondo che si va a delineare che corre con la rete 5G  prepara la sua piattaforma digital-sanitaria. Il centro di Trieste, che siamo sicuri rappresenterà solo un inizio di quello che vedremo fiorire nel fù bel paese, da la traccia di quello che ci attende e dovrebbe anche indicare la strada a chi vuole opporsi al paradigma bionanotecnologico e cibernetico. Ecco la visione, quella che ci viene posta come tale da questo centro: “Essere l’organizzazione intergovernativa a livello mondiale per la ricerca, la formazione e il trasferimento tecnologico nel campo delle scienze della vita e delle biotecnologie”. E continuando: “Combinare la ricerca scientifica con il potenziamento delle capacità, promuovendo così uno sviluppo globale sostenibile”. L’obiettivo è “conciliare il progresso economico globale con la giustizia sociale e la conservazione delle risorse naturali”. In questa direzione “I paesi in via di sviluppo, le economie emergenti e le nazioni industrializzate devono fare la loro parte per garantire il successo dell’Agenda 2020-2030. […] L’obiettivo finale è responsabilizzare gli Stati membri dell’ICGEB nell’uso degli ultimi sviluppi scientifici e aiutare i membri ad applicare moderne soluzioni biotecnologiche per porre fine alle malattie e raggiungere la sicurezza alimentare ed energetica, promuovendo nel contempo lo sviluppo del capitale umano attraverso l’istruzione, la formazione e la fornitura di pari opportunità per tutti”.
Questo linguaggio, che non ha niente a che vedere con quello che sarebbe da aspettarsi per l’insediamento di una nuova cittadella scientifica, è frutto del nuovo paradigma totalitario e sostenibile allo stesso tempo. Si inaugura non un semplice centro di ricerca, ma quella visione fluida di uno Stato piattaforma, dove la salute delle persone e la salvaguardia del pianeta passano dalle tecno-scienze e qui scompaiono per dare priorità alla biotecnologia avanzata.
Siamo fiduciosi  che l’ecologismo denunci  la falsa sostenibilità di queste ricerche, che gli animalisti denuncino le atroci torture effettuate sugli animali, che gli attivisti contro i sieri genici denuncino il paradigma di ingegneria genetica e soprattutto che l’attivismo contro il green pass riconosca il messaggio a livello nazionale dato da questo insediamento.
Il ruolo di questo centro va calato nel contesto che lo ha reso prima necessario e dopo voluto come necessità ineluttabile. Non criticare adesso e con forza questi insediamenti ci lascerà impreparati alla nuova riconfigurazione sociale e biologica introdotta sui nostri corpi che si va realizzando nella crescente rapidità emergenziale. Il paradigma biotecnologico va rifiutato e combattuto nella sua totalità,  prima di diventare anche noi deboli e sterili monocolture OGM disponibili per il tecno-totalitarismo. A monte  rigettiamo ogni tecnica di ingegneria genetica e l’idea di mondo e di essere umano che portano e comportano con la consapevolezza che non è possibile nessun tipo di regolamentazione. Rimettiamo al centro l’indisponibilità dei corpi e del vivente.

Invitiamo tutte e tutti ad una grande mobilitazione che riporti l’attenzione la dove la si vuole spostare e tessendo il necessario filo conduttore tra tutte le emergenze che hanno preparato e prepareranno.

Resistenze al nanomondo, Ottobre 2022, Bergamo
www.resistenzealnanomondo.org

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Benvenuti a Pesaro nella nuova “stalla” biotecnologica

Il Comune di Pesaro ha autorizzato la vendita di un terreno pubblico per la creazione di un laboratorio di bio-sicurezza (BSL3) di livello 3 che sarà gestito dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Togo Rosati dell’Umbria e delle Marche (IZSUM).
Si legge, nella delibera approvata in questi giorni, che l’Istituto Zootecnico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche “ha manifestato l’intenzione di comprare mediante trattativa privata diretta altri terreni di proprietà comunale, in adiacenza a quelli di sua proprietà, siti in località Torraccia tra via Furiassi e via Grande Torino al fine di implementare la sede locale attraverso: la creazione di un laboratorio di bio-sicurezza (BSL3), ossia una struttura in grado di garantire sperimentazioni e manipolazioni – in vivo e in vitro – di agenti virali pericolosi per la salute animale e dell’uomo di massima sicurezza e contenimento biologico; la realizzazione di stalle contumaciali per la stabilizzazione di grandi e piccoli animali in grado di garantire misure di bio-contenimento e bio-sicurezza nei confronti degli agenti infettivi”.
Già nel 2018 vi era stata una vendita di un terreno comunale di tremila metri quadrati per 260 mila euro e attualmente è prevista quest’altra vendita di 12mila metri quadrati per 500 mila euro, benché la stima fosse di 700mila, ed è in quest’ultimo terreno che si insedierà il nuovo Biolaboratorio. Dalla vendita di questo terreno le casse comunali andranno a rimpinguarsi e l’Istituto Zooprofilattico potrà mettere in campo il finanziamento di 4 milioni di euro che ha avuto dai fondi provenienti sembra dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ma potrebbero esserci anche altri finanziatori, adesso e in futuro, considerando gli indirizzi della ricerca che ufficialmente verrà portata avanti.
L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche è un’azienda sanitaria pubblica che opera nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, garantendo per queste regioni prestazioni tecno-scientifiche in materia di igiene e sanità pubblica veterinaria. Già nel 1995, con due distinti decreti del Ministero della Sanità, l’Istituto aveva avuto il riconoscimento di “Centro di Referenza Nazionale per la Leucosi Bovina Enzootica e per lo studio e la diagnosi delle Pesti Suine”. Una successiva denominazione ha classificato questi laboratori come “Centro di referenza nazionale per lo studio dei retrovirus correlati alle patologie infettive dei ruminanti” e come “Centro di referenza nazionale per lo studio delle malattie da pestivirus e da asfivirus”.
Nel sito internet dell’Istituto si legge: “Compito dell’Istituto, inoltre, è svolgere attività di ricerca, sia collegata alle tradizionali attività diagnostiche che nel campo dell’igiene degli alimenti e delle produzioni zootecniche, ed intrattenere rapporti di collaborazione tecnico-scientifica con istituzioni di ricerca nazionali ed internazionali. L’Istituto è autorizzato dal Ministero alla Sanità alla produzione, commercializzazione e distribuzione di vaccini e presidi diagnostici occorrenti per la lotta contro le malattie infettive e per le attività di sanità pubblica veterinaria. L’Istituto è anche in condizione di svolgere un importante ruolo professionale e scientifico in settori d’interesse emergente, quali la difesa dell’ambiente, la tutela faunistica, il monitoraggio degli ecosistemi terrestri e marini, la contaminazione ambientale ed il benessere animale. Di notevole rilievo è il compito, di recente affidato all’Istituto dalla Regione Umbria con il Piano Sanitario 1999-2001, di realizzare un sistema informatizzato in rete, che lo colleghi alle Sezioni provinciali, alla Regione ed alle Aziende Sanitarie Locali e che rappresenta la base infrastrutturale per la costituzione dell’Osservatorio Epidemiologico Veterinario (O.E.V.)”.
La notizia dell’imminente nascita di questo centro si è diffusa dopo l’indignazione degli abitanti delle zone limitrofe a dove dovrebbero sorgere i laboratori, considerando, a poche centinaia di metri, le case, i giardini pubblici, un fiume, ma soprattutto considerando il ricordo ancora vivo di un laboratorio cinese di nome Wuhan. Come prevedibile le istituzioni si sono affrettate a rassicurare tramite i giornali locali sui livelli di sicurezza del nuovo IZSUM, sbagliando però questa volta argomento, visto che è proprio il livello alto di protezione 3 del laboratorio a preoccupare le persone, considerando che Wuhan era di livello 4.
Il mese passato l’assessore Riccardo Pozzi entrando nel merito della delibera per la prossima realizzazione del centro di ricerca descriveva quest’ultimo come un punto di riferimento per l’intero centro Italia, contraddicendosi però nelle settimane successive quando dichiarava “zero rischi e zero esperimenti”, continuando a considerare il centro come una grande opportunità per la città di Pesaro. Ormai ci stiamo abituando a determinate descrizioni che trasformano startup e centri di ricerca in vere e proprie possibilità sociali, come se venissero realizzati una biblioteca o un parco per far uscire i bambini dall’asfalto. Strutture spesso poi realizzate per controbilanciare attività non gradite dalla popolazione, non stupirebbe che una parte dei 200 mila euro risparmiati dall’acquisto del terreno venisse reinvestita in progetti “ecosostenibili ed inclusivi” per la cittadinanza, come già si è visto in altre situazioni simili accontentando così tutti e garantendo il seguito elettorale dei rappresentanti istituzionali.
Un centro di ricerca sperimentale diventa così un luogo dove non si fanno sperimentazioni e manipolazioni, un luogo che dà lavoro alla comunità come se ci fossero biotecnologi e nanotecnologi con il reddito di cittadinanza o in fila al Centro per l’impiego. Poco più di una “stalla” a sentire il signor Caputo, direttore dell’Istituto, che parla di innocue quarantene per animali colpiti da malattie virali e batteriche.
La realizzazione di un laboratorio simile va situata nell’attuale momento che stiamo vivendo: è in corso un’accelerazione del paradigma tecno-scientifico e le bionanotecnologie si insinuano nel mondo facendosi “ambiente” apprestandosi ad accompagnare l’intera nostra esistenza. Non ci stupisce che in questo caso si parta dalla salute veterinaria, ma non deve farci illudere che l’aspetto non ci riguardi: ci attende un’esistenza zootecnica, tutto va in quella direzione, se il mondo si fa laboratorio a noi ci attende lo stabulario.
Nel 2020, in piena dichiarata emergenza sanitaria, gli Stati Uniti hanno trasferito dall’Egitto alla Sicilia all’interno della base militare di Sigonella il NAMRU3 (Naval Medical Resarch Unit), un laboratorio di livello 3 della Marina Militare che conduce ricerche su virus e batteri, ma in particolare su malattie enteriche, infezioni acute respiratorie, epatiti, tubercolosi, meningiti, fino all’HIV e a varie infezioni da parassiti che potrebbero rappresentare un grave problema sanitario. Il trasferimento del quartiere generale del centro di ricerca nel cuore della Naval Air Station di Sigonella – realizzato con evidente fretta, considerando che era presente in Egitto dal 1945 – è stato giustificato dal fatto che risulta “Il luogo più ideale per le operazioni, poiché l’Hub of the Med risulta geograficamente centrale rispetto ai tre comandi di combattimento che il centro di ricerca deve supportare: il comando centrale (Centcom), il comando europeo (Eucom) e il comando africano (Africom)”. Tra l’altro questo trasferimento era stato deciso ben prima della dichiarata pandemia, evidentemente la chiaroveggenza che contraddistingue i militari li ha spinti a tirarsi avanti e a mettere base dove occorre.
L’aspetto della ricerca militare non dovrebbe portare a pensare che in questi centri si concentri il “segreto” di inconfessabili ricerche. Questo è l’aspetto che si vive dall’esterno, quello che si dà. La realtà è però ben più complessa, il concentrarci sul drone che protegge dall’alto il NAMRU distoglie la nostra attenzione su quello che avviene in quella che è stata chiamata “poco più di una stalla per animali infetti” come il nascente Istituto Zooprofilattico di Pesaro che è stato classificato di livello 3. Ricerche e centri di questo livello, evidentemente strutturati per un’esistenza di emergenza perenne, non fanno distinzione tra militare e civile. Anche da una “semplice stalla sperimentale” può uscire quello che occorre a condire una nuova arma batteriologica della NATO, perché ormai dovremmo averlo compreso, in tempi di emergenza tutto può accadere e le nostre previsioni e analisi più pessimiste spesso non eguagliano quello che effettivamente può essere messo in pratica. Il motivo è molto semplice, il sentire comune fa riferimento ai trattati, alle regole strettissime che sono un’infinità e a tutti i vari comitati bioetici, ma la realtà è che costoro non ragionano in questi termini, non vi è un rischio-beneficio da calcolare, ma un unico beneficio per i loro interessi e possiamo su questo essere certi che passeranno sopra ogni cosa pur di attuarli. Esistono anche i Manuali di Biosicurezza molto dettagliati e precisi, sulla carta, dove si interrogano su quello che può essere un “rischio accettabile”. Cosa significa questo, cosa può essere ritenuto “accettabile”? Che eventuali virus si disperdano nei quartieri e non raggiungano il fiume? O che il problema non vada oltre la cittadina? Questo ricorda determinati documenti che giravano durante la realizzazione della linea TAV nel Mugello dove venivano fatte anche le stime dei morti che ci sarebbero stati nella realizzazione dei lavori. Ma se invece di pensare sempre agli effetti ultimi non si iniziasse a puntare la riflessione e lo sguardo verso il principio, dove tutto nasce, allora gli interrogativi potrebbero essere perché risparmiare dieci minuti di viaggio e perché incrementare l’ingegneria genetica e la biologia sintetica anticamera della guerra batteriologica?
I manuali di biosicurezza sono scritti da chi dovrà essere controllato da quelle misure di sicurezza, perché sono loro gli esperti e i detentori di quel sapere tecno-scientifico, sono loro gli stessi promotori e fautori dei processi in corso. Poi, quando avviene un disastro, gli abitanti sono chiamati a diventare co-gestori e amministratori attivi e responsabili dello stesso disastro, come a Fukushima dove la popolazione aveva imparato ad automisurarsi i propri livelli di contaminazione radioattiva.
A Trieste il Centro Internazionale per l’Ingegneria Genetica e Biotecnologia (ICGEB) di livello 3 nei mesi scorsi ha ricevuto dal governo italiano piena immunità e inviolabilità per il personale di ricerca e per quello che viene portato avanti all’interno dei suoi laboratori. Da quel momento non sono più tenuti a riferire sullo sviluppo delle loro ricerche di ingegneria genetica, ricerche che sono incentrate, come si legge dalla pagina del Centro, su “controllo dell’espressione genica, replicazione del DNA, riparazione del DNA, elaborazione dell’RNA; studi su virus umani quali HIV, HPV e rotavirus, immunologia molecolare, neurobiologia, genetica molecolare, ematologia sperimentale e terapia genica umana”. Nella sezione di sicurezza di livello 3 viene studiato anche il SARS-CoV-2 insieme ad altri agenti patogeni.
Nell’affrontare le tecnologie di ingegneria genetica e le nanotecnologie il pensiero è sempre diretto verso effetti avversi e possibili incidenti considerati come non voluti, ma quando si tratta di tali sviluppi gli effetti collaterali e gli incidenti sono sempre disastri annunciati che serviranno poi a velocizzare e a normalizzare altri passaggi. La vera preoccupazione dovrebbe andare invece verso quello che volutamente e con rigore scientifico stanno mettendo in campo e contro l’intero paradigma di ingegneria genetica e bionanotecnologia. All’Inserm di Lione in simili laboratori si sta tentando la fusione del virus dell’aviaria con quello dell’influenza A allo scopo di cercare possibili antidoti. Apparentemente buone intenzioni, ma quali temibili agenti patogeni ricombinanti potrebbero venir fuori? Dobbiamo sperare che prevalga il principio di Ippocrate invece che quelli del generale Caster?
Uno sguardo verso altre situazioni che si occupano di ricerca genetica (e di vivisezione sugli altri animali) come la Fondazione Telethon – che tra l’altro raccoglie ogni anno milioni di euro per rarissime malattie, considerando che i sempre più comuni tumori non rendono abbastanza – aiuta a comprendere cosa sia un biolaboratorio di livello 3. In questo modo descrivono le attività in uno di questi laboratori: “Tutti i microrganismi a elevato potenziale patogeno, capaci cioè di provocare malattie gravi o per le quali non vi sono ancora contromisure, devono essere manipolati in laboratori ad alto livello di biosicurezza. Il laboratorio di biosicurezza livello 3 (BSL3) dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) permette l’isolamento, la manipolazione e lo studio di organismi patogeni in elevate condizioni di sicurezza sia per l’operatore che per la comunità”. Ad ascoltare le parole del signor Caputo all’interno del nuovo Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Pesaro non si manipolerebbe nulla, nessun esperimento significativo, quindi quelle decine di ricercatori e cervelli in fuga che avremo preferito proseguissero la corsa si limiterebbero a seviziare gli animali con qualche prelievo di sangue e test di routine nelle “stalle sperimentali” da quattro milioni di euro. Ma quello che faranno sui corpi degli animali sarà ben altro, l’uso strumentale del termine “sperimentazione” nasconde l’atroce verità della vivisezione.
Non c’è distinzione tra laboratori che lavorano per “difendere” dalle minacce biologiche e quelli che le sviluppano. Innanzitutto dalla minaccia biologica all’arma biologica il passaggio è breve e “non c’è alcuna differenza sostanziale: fanno esattamente lo stesso lavoro. Quando un laboratorio biologico studia una minaccia, ad esempio un virus mutato, sia che lo faccia per prevenirla o per metterla in campo, deve fabbricare la minaccia. […] Nel momento in cui inizia la produzione di massa, la distinzione tra la ricerca per la prevenzione o per la diffusione non esiste più”1.
Pensiamo sia importante dare uno sguardo complessivo a quello che sta avvenendo, questi biolaboratori stanno proliferando ovunque nel mondo anche, e soprattutto, quelli di livello 4. Non sempre è chiaro quante strutture esistano, che cosa realmente facciano e soprattutto quanto materiale altamente pericoloso sia in circolazione. E quando questi laboratori sono situati dentro basi americane come a Sigonella le sorprese potrebbero essere ancora più ricombinanti. Un recente editoriale della celebre rivista Nature, punto di riferimento della comunità scientifica mondiale e nota per la sua “neutralità”, lancia l’allarme riguardo la possibilità di incidenti che vanno dai contagi accidentali del personale alle fughe di agenti infettivi, fino al rischio che malintenzionati possano mettere le mani sugli agenti patogeni per compiere attacchi bio-terroristici. Gli allarmi lanciati da queste élite scientifiche editoriali fanno rammentare l’esercitazione denominata Event 201 compiuta prima che venisse dichiarata l’emergenza pandemica nel mondo e ci rimandano all’ultima esercitazione Catastrophic Contagion2 condotta dal Johns Hopkins Center for Health Security, in collaborazione con l’OMS e l’immancabile Bill & Melinda Gates Foundation e al progetto della NATO Boosting NATO Resilience to Biological Threats3 per prepararsi alle prossime minacce biologiche. Quando costoro mettono in guardia su un problema significa che stiamo già vivendo quel problema, significa che camici bianchi e tute mimetiche hanno già messo le loro mani guantate fin troppo dentro tra quegli agenti patogeni.
Il fatto che il nuovo biolaboratorio di livello 3 in progetto a Pesaro sia un Istituto Zooprofilattico deve destare ulteriore attenzione e preoccupazione. In Italia esistono una decina di Istituti Zooprofilattici, senza contare le 90 sezioni diagnostiche periferiche, legati al Servizio Sanitario Nazionale che ne dispone per “la sorveglianza epidemiologica, la ricerca sperimentale, la formazione del personale, il supporto di laboratorio e la diagnostica nell’ambito del controllo ufficiale degli alimenti. La funzione di raccordo e coordinamento delle attività degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali è svolta dalla Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari del Ministero della salute, che ne definisce, mediante il lavoro della Commissione Scientifica nazionale, le linee guida e le tematiche principali”. Potremmo trovarci difronte a una trasformazione ed evoluzione in ogni regione degli Istituti zooprofilattici in biolaboratori di livello 3 dando il via ad una rete di costruttori di emergenze perenni.
In pochi anni abbiamo assistito ad un aumento di questi biolaboratori, da Trieste a Sigonella. Quale significato possiamo trarne? Dobbiamo d’ora in poi familiarizzare con le tecnologie di ingegneria genetica che dai laboratori si estendono al mondo intero fino ad arrivare fin dentro i nostri corpi con i sieri genici a mRNA o a DNA ricombinante? Questa è una domanda retorica perché è evidente che siamo già in questa fase. Per non rimanere indietro di fronte agli eventi che ci stanno circondando, dobbiamo metterci insieme in coordinamenti, gruppi, comitati che superino il quartiere e la città e dobbiamo comprendere come il problema potrà essere affrontato con reale consapevolezza solo se riconosceremo e comprenderemo il contesto in cui si struttureranno questi ed altri biolaboratori, la loro matrice che affonda nella creazione e gestione di emergenze perenni e il senso di questi progetti che si trova nella direzione transumanista di intervento bionanotecnologico sui corpi e sull’intero vivente. L’esperienza di questi ultimi anni ha dimostrato la debolezza delle rivendicazioni parziali quasi esclusivamente dirette verso modalità e conseguenze ultime, ma non dirette a ricercare e svelare il senso delle cose e degli eventi e il disegno più ampio in cui questi sono da collocare. Strani meccanismi figli di questi tempi resilienti e fluidi hanno fatto abbandonare una critica radicale precisa e diretta o hanno impedito che si sviluppasse, si sono preferite le opinioni concilianti molli per accontentare sempre tutti, quando invece non c’era niente da conciliare. È evidente che le strade tracciate non sono sempre le migliori anche se coprono gran parte del territorio, servirà del coraggio per aprire vie nuove per farci largo in questo ginepraio biotecnologico che vorrebbe ricoprirci definitivamente.
Siamo giunti all’ultima ora, alla frontiera della lotta contro la presa del vivente, questa deve essere combattuta prima di ogni altra cosa, perché se non ci opponiamo all’ingegnerizzazione e artificializzazione dei nostri corpi e del mondo cosa ci resta per cui lottare?


Resistenze al nanomondo, 6 Gennaio 2022, Bergamo
www.resistenzealnanomondo.org


Note:

1 Πανδημίες και βιολογικός πόλεμος: η Σκύλλα και η Χάρυβδη της 4ης βιομηχανικής επανάστασης, Pandemie e guerra biologica: la Scilla e Cariddi della quarta rivoluzione industriale in Cyborg n. 24, Giugno 2022, https://www.sarajevomag.net/cyborg/cyborg.html, a breve la traduzione su www.resistenzealnanomondo.org

2 BRUXELLES 23 OTTOBRE 2022: BILL GATES INAUGURA LA SIMULAZIONE “CATASTROPHIC CONTAGION”, https://www.nogeoingegneria.com/timeline/progetti/bruxelles-23-ottobre-2022-bill-gates-inaugura-la-simulazione-catastrophic-contagion-contagio-catastrofico/

3 PROGETTI IN CORSO: NATO E HOPKINS UNIVERSITY CON GIOCHI DI SIMULAZIONE DI PANDEMIA, https://www.nogeoingegneria.com/uncategorized/progetti-in-corso-nato-e-hopkins-university-con-giochi-di-simulazione-di-pandemia/

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Intervento di Maria Heibel – Modificazioni atmosferiche, non le emissioni di anidride carbonica, sono alla base del caos climatico

Intervento di Maria Heibel per l’iniziativa del 27 Novembre a Bergamo: COP27 COSTRUTTORI DI EMERGENZE Amministrazione del disastro e sottomissione sostenibile

MODIFICAZIONI ATMOSFERICHE, NON LE EMISSIONI DI ANIDRIDE CARBONICA, SONO ALLA BASE DEL CAOS CLIMATICO


4 DICEMBRE 2022

Ho trovato questo titolo in rete, cercando notizie sulla modificazione del tempo. Sembra che la questione stia iniziando a suscitare una certa risonanza e che ci siano delle crepe nella narrazione ufficiale e che si stiano facendo sforzi per rattopparle. Ci si scalda per poco, solo per una piccola nota sui social media. E dicono che questa affermazione sia falsa: “…gli esperti affermano che la tecnologia di modificazione meteorologica esistente non può essere utilizzata per manipolare deliberatamente il clima …“Ondate di calore, siccità, tempeste e inondazioni sono tutte causate da una varietà di condizioni diverse nell’atmosfera e sono spesso il risultato di una combinazione casuale di eventi meteorologici”, ha dichiarato Ella Gilbert, meteorologa del British Antarctic Survey, in un’e-mail del 30 novembre. “È tecnicamente estremamente difficile influenzare un sistema così grande, complesso e caotico come quello meteorologico”. Difficile non significa impossibile. Lo scienziato è cauto nelle sue affermazioni.

La relazione che segue, presentata qualche giorno fa all’ incontro COP27 COSTRUTTORI DI EMERGENZE Amministrazione del disastro e sottomissione sostenibile, sollecitata proprio dall’incontro COP27 appena concluso, intende stimolare una riflessione su questa convinzione e collegare una serie di punti che dovrebbero offrire spunti di riflessione.

La modificazione meteorologica-ambientale può essere utilizzata per manipolare deliberatamente il meteo e il clima?

In molti casi accade che le trattative rilevanti siano nascoste dietro le quinte. Nel caso di un vertice importante, le decisioni importanti possono essere prese a porte chiuse.

Probabilmente è per questo che ad ogni nuova COP sul cambiamento climatico non succede assolutamente nulla, ma si sente solo tanto rumore e tante falsità, fino alla foto di chiusura. Nelle ultime ore, l’incontro viene regolarmente salvato, questa volta con un accordo sulla gestione e la portata del nuovo damage and loss fund, il cui significato è ancora da decifrare. Il fondo verrebbe utilizzato per mitigare i danni e le perdite causate dal riscaldamento globale nei Paesi più poveri e “vulnerabili”. – vuol dire chi è colpito da eventi avversi meteorologici. E qui ci sarebbe molto da aggiungere.  Questa sorpresa finale stima i flussi finanziari annuali verso i Paesi in via di sviluppo a circa 800 milioni di dollari.

Tutti gli anni si ripete lo show.  Nulla di fatto alla COP27 per le misure di riduzione dell’inquinamento, che ovviamente si riferisce al grande “inquinatore” CO2. Da 20 anni l’inquinamento è sinonimo degli effetti dichiarati nocivi della CO2, una molecola che si sa essere essenziale per la vita su questo pianeta.

Ho seguito poco la COP, sarebbe stato interessante osservare gli eventi di contorno. Tra queste, numerose associazioni con l’energia nucleare, che costituirebbe una “fonte energetica sicura, economica e pulita”, e che presentavano una dichiarazione congiunta dell’industria nucleare mondiale, disegnando il ruolo cruciale che l’energia nucleare deve svolgere nel ridisegnare il nostro paradigma energetico e le politiche future. L’iniziativa “Nuclear for Climate” riunisce più di 150 associazioni.

Già settant’anni fa l’energia nucleare modellava molte cose, compresa la politica energetica, con interessi militari dietro a tutti gli sviluppi.

Immediatamente sorse un movimento antinucleare mondiale, con a capo Einstein e il pentito Oppenheimer (che aveva conosciuto il peccato originale), eppure il pianeta si riempì di centrali nucleari e di arsenali di armi nucleari. 

E sono esplosi reattori e migliaia di bombe nucleari.

Gli effetti di migliaia di “test” nucleari non sono stati quasi mai discussi in pubblico.

Hanno fatto quello che volevano senza chiedere il permesso alle persone coinvolte e senza sapere cosa stavano realmente facendo.

E oggi apprendiamo che l’energia nucleare è buona e salvifica, e questo mentre si parla di guerra nucleare e di sostituzione delle bombe negli arsenali con nuove bombe più efficaci. Gli Stati Uniti si preparano a utilizzare il nuovo bombardiere nucleare stealth B-21, il “velivolo più avanzato mai realizzato”. “L’aeronautica statunitense ha in programma l’acquisto di almeno 100 velivoli di questo tipo, che racchiudono il massimo dell’ingegno e dell’innovazione degli ultimi 50 anni”.

In breve, per tornare alla COP27, il grande circo egiziano si è concluso con un solo risultato positivo, secondo la valutazione di questo accordo su danni e perdite.

Danni per chi e perché? Non saranno i Paesi devastati dalle guerre, non saranno le economie distrutte dalla politica, saranno i Paesi poveri colpiti da eventi meteorologici avversi come inondazioni, siccità, tempeste, ecc. 

La massiccia manipolazione del tempo e degli eventi meteorologici è ovviamente una questione che non viene discussa e mai menzionata.

Il Progetto Manhattan fu tenuto segreto solo per pochi anni, poi tutto il mondo venne a sapere cosa era successo nella Città Proibita. Invece, negli ultimi 70 anni, un’altra area si è sviluppata quasi di nascosto, causando danni che poi sono stati attribuiti alle forze della natura. Non a caso lo chiamo ( e non solo io) “Manhattan 2”. 

Dopo la Seconda guerra mondiale, parallelamente alle innumerevoli esplosioni nucleari, chiamati test, che hanno devastato il pianeta (la gente sapeva e non sapeva) sono iniziati esperimenti militari in campo meteorologico e climatico su scala sempre maggiore.

Nella riflessione critica sul fenomeno del cambiamento climatico incentivato e sulle sue cause, tuttavia, il militarismo e la spirale di distruzione innescata dalle attività militari a tutti i livelli sono rimasti finora esclusi dalla considerazione e dalla riflessione, almeno in pubblico.

La COP28 si terrà a Dubai l’anno prossimo e, visto il risultato della Coppa in Qatar, possiamo aspettarci “grandi cose”. La distopia prenderà una dimensione nuova e avrà luogo in Arabia Saudita, e la cosa interessante è che avrà luogo in un Paese che è apertamente all’avanguardia nella manipolazione del tempo. 

Tuttavia, per tracciare alcuni sviluppi storici e aspetti che illuminano lo scenario attuale, ho colto alcuni segnali e indicazioni che ritengo significativi.

Molti degli scienziati che hanno lavorato al Progetto Manhattan originale sono stati coinvolti anche nella creazione di modifiche meteorologiche e nella ricerca atmosferica (insieme agli esperimenti nucleari), creando di fatto un nuovo tipo di Progetto Manhattan. Uomini come: Edward Teller, Ross Gunn, Donald Hornig, Vannevar Bush, Bill Nierenberg e John von Neumann sono noti per aver svolto un lavoro serio sulla modificazione del tempo e sulla ricerca atmosferica.

Disse Vannevar Bush, riferendosi alla fine della Seconda Guerra Mondiale: “Roosevelt mi ha chiamato nel suo ufficio e ha detto: “Che cosa succederà alla scienza dopo la guerra?” Ho detto, “Sta per fallire.” Disse: “Cosa faremo?” E gli ho detto: “Faremo meglio a fare qualcosa alla svelta.” 

Dopo la fine della guerra, si necessitava di nuovi nemici altrimenti certi finanziamenti sarebbero cessati.

La creazione del complesso militare/industriale/accademico fu opera di Vannevar Bush , il cui nome continua ad essere citato in ambito modificazione del tempo.https://www.youtube.com/embed/fIsPFWSYf3c?feature=oembed

Vannevar Bush è probabilmente da considerare il fondatore del cosiddetto “New Manhattan Project”.  Alla fine del 1957, come introduzione al più citato documento di modificazione del tempo, scrisse:

È assolutamente possibile, se fosse abbastanza saggio, che l’uomo potrebbe produrre effetti favorevoli, forse di enorme importanza pratica, trasformando il proprio ambiente rendendolo più salutare per i propri scopi. Questa è certamente una questione che dovrebbe essere studiata con diligenza ed energicamente esplorata. I primi passi sono chiari. Al fine di controllare le questioni meteorologiche è necessario comprenderle meglio di quanto facciamo ora. Quando le capiremo pienamente, potremo in futuro, perlomeno, prevedere il tempo atmosferico con certezza, per intervalli ragionevoli di tempo.

 Uno dei nuovi nemici iniziò ad essere il tempo meteorologico e quindi Madre Natura.  

Dopo la seconda guerra mondiale, Vannevar Bush e i suoi compari spesero il loro capitale politico recentemente accumulato disegnando un progetto globale di modificazione del tempo, un governo ombra degli Stati Uniti e un governo mondiale di controllo. Ma come anche nel caso della tramontata eugenetica, si sapeva presto a dover scegliere la terminologia giusta, per convincere-di fare le cose ‘giuste’.

ALLORA: L’atomo divenne un amico, e con esso l’energia atomica, e si scoprì la necessità di “regolare” la popolazione, e questo per motivi di sopravvivenza (sovrappopolazione).

Il controllo del tempo era principalmente finalizzato a mitigare gli eventi estremi (siccità, inondazioni, uragani, fulmini, ecc.)

Il fatto da osservare è, che c’è stato un aumento senza precedenti di catastrofi naturali da quando la natura è finita nelle mani dei manipolatori.

Vannevar Bush fu coinvolto nella creazione di grandi organizzazioni nazionali postbelliche volte a consentire la ricerca scientifica finanziata da fondi statali e privati, portando così avanti l’eredità dell’OSRD (Office of Scientific Research and Development ). Queste organizzazioni del dopoguerra sono diventate i veicoli principali per lo sviluppo dei programmi di modificazione meteo dell’America. Questi veicoli erano l’Office of Naval Research (ONR) e la successiva National Science Foundation (NSF). VEDI QUI

È molto interessante notare che questa storia e tutti i nomi rimangono sconosciuti alla maggior parte delle persone. Dove sono stati i media tradizionali in tutti questi anni? 

Uno dei nomi più importanti è  J. von Neumann che disse nel 1955:

” Gli interventi in campo atmosferico e climatico . . . si svolgeranno su una scala difficile da immaginare al momento. . . . si fonderanno con gli affari di ogni nazione con quelli di ogni altra, più profondamente di quanto farebbe la minaccia di una guerra nucleare o di qualsiasi altra guerra”. 

Pochi anni dopo queste visioni ampie prendono forma concreta.

Nel 1960, la CIA ha scritto un Memorandum con il titolo “Climate control” firmato dal Generale Charles P. Cabell. Era l’epoca della Guerra Fredda e veniva proposto lo sviluppo del controllo climatico e della meteorologia come arma di guerra, non solo per la difesa, ma per il dominio territoriale, addirittura globale.

Il documento parla di controllo di clima, acqua, cibo, sottolineando anche l’importanza dell’energia nucleare per mettere in pratica le manipolazioni atmosferiche. Ricordo che molti degli scienziati-militari impegnati nel settore della manipolazione climatica vengono dal settore nucleare, basti pensare ad Edward Teller. Erano gli anni più caldi dei test atomici, Sulle vere intenzioni di queste ‘sperimentazioni’ sappiamo molto poco. 

Dal 1945 agli anni ’70, molti sforzi sono stati fatti negli studi sulla modifica del clima (vedi qui ).  Imprenditori americani provarono a inseminare le nuvole per aumentare le precipitazioni locali, scienziati russi proponevano “favolosi progetti” di ingegneria planetaria, agenzie militari esplorarono segretamente la “guerra meteorologica e climatica”.  

Le centinaia esplosioni nucleari in quota  influenzarono il clima?  Influenzarono le condizioni meterologiche? In totale sono esplosi 2053 ordigni nucleari. Ancora oggi in molti non lo sanno. PERCHÉ NON SONO STATE INDAGATELE CONSEGUENZE SUL CLIMA? 

Con l’ espansione nello spazio, la dimensione delle possibili guerre aveva acquisito nuove dimensioni. E vari THINK TANKS hanno svolto un ruolo importante nella valutazione e nella simulazione dei passi da compiere.

Sembra che in quegli anni alcuni si siano chiesti: 

E’ meglio la Guerra o la pace,

Esiste un documento al riguardo, di carattere alquanto inquietante, risalente agli anni Sessanta. Si chiama

Rapporto Iron Mountain 

Il Rapporto Iron Mountain è un testo pubblicato nel 1967, il cui titolo completo è “Rapporto da Iron Mountain sulla possibilità e desiderabilità della pace” (“Report from Iron Mountain on possibility and desiderability of peace”) . Il libro è stato curato da un giornalista indipendente, Leonard Lewin, che ha scritto la prefazione in cui spiega che il testo è un documento governativo ultra-segreto i cui presupposti risalgono alla presidenza Kennedy. Lewin ci ha raccontato che, nel 1965, fu costituito un Gruppo di studio speciale a cui l’esecutivo statunitense commissionò un’indagine per capire se la pace mondiale fosse davvero possibile e se fosse utile. Il Gruppo, composto da studiosi e ricercatori di alto livello accademico, dopo mesi di lavoro consegnò al governo il Rapporto che fu chiamato Iron Mountain dal nome del luogo, un rifugio antiaereo segreto nei pressi di New York, dove si erano riuniti gli scienziati.

Le conclusioni cui il Gruppo pervenne sono agghiaccianti: per la stessa sopravvivenza delle forme statali, per la loro conservazione e rafforzamento, per l’economia mondiale, la pace non è desiderabile ed è, al contrario, necessaria una situazione di conflitto costantein mancanza del quale è necessario ricorrere ad una serie di surrogati della guerra. La guerra è “la principale delle forme strutturanti della società”; essa “rappresenta nella macchina dell’economia una specie di volano (motore) che, con la sua inerzia, controbilancia i progressi della produzione”; essa garantisce il potere politico, ogni potere politico, poiché l’autorità di base di uno stato sui cittadini risiede nel suo potere militare”. Dunque, che cosa fare? Come rispondere alle masse che, istintivamente, anelano alla pace? Il Gruppo additò varie risoluzioni: ad esempio, si può imporre un’economia di guerra ma con altri fini. Un altro espediente è di formidabile attualità: inventare “nemici sostitutivi”, creare cioè un avversario che non esiste, ma dal quale si dichiara di doversi difendere.

Scrive il G.S.S.(Gruppo di Studio Speciale) : “Le minacce fittizie dovrebbero non solo apparire vere, ma essere credute tali con incrollabile convinzione e tale convincimento dovrebbe essere rafforzato dal sacrificio di esistenze umane in numero non insignificante”... Oltre a proporre la carta del terrorismo di stato attribuito, però, a fantomatiche organizzazioni fondamentaliste musulmane, il documento individua altri due strumenti per diffondere paura ed angoscia tra le popolazioni: la minaccia di un’invasione aliena e l’inquinamento deliberato dell’ambiente. La contaminazione degli ecosistemi con sostanze rilasciate nella biosfera, nell’ambito di un’operazione ad hoc, è la punta di diamante del documento non solo perché causa inquietudine nelle persone, ma anche poiché esplica la diabolica volontà di distruggere il pianetaFONTE

Che il Rapporto sia un invenzione o meno, la veridicità del documento è discussa, questo testo sembra una mappa stradale e il paesaggio disegnato è già diventato molto realistico per noi.

I propositi per il futuro espressi negli anni Sessanta sono diventati sempre più espliciti.

Questa affermazione ormai diffusa è di Lyndon B. Johnson, che già nel 1962, poco prima di diventare Presidente degli Stati Uniti, riassumeva in poche parole molte cose: «Dallo spazio riusciremo a controllare il clima sulla terra, a provocare alluvioni e carestie, a invertire la circolazione negli oceani e far crescere il livello dei mari, a cambiare la rotta della corrente del Golfo e rendere gelidi i climi temperati».

Si tratta quindi della volontà di devastazione deliberata attraverso il controllo di eventi geofisici.

Gordon MacDonald

Sempre negli anni sessanta fu Gordon MacDonald ad illustrare possibili sviluppi climatici planetari che potrebbero essere innescati dall’uomo. Lo Stratega geopolitico e geofisico Gordon MacDonald, membro dell’Organo di Consulenza Presidenziale, tracciò possibili scenari futuri nel suo saggio ‘Come devastare l’ambiente” ( dal libro ‘ Unless Peace Comes’ del 1968), scaricabile in rete e tradotto da Nogeoingegneria. 

MacDonald ha incluso nel suo abbozzo di strumenti futuri di manipolazione ambientale, l’uso distruttivo delle onde dell’oceano (tsunami),  la fusione o destabilizzazione delle calotte polari (manipolazioni, spostamenti, fusione di enormi superfici di ghiaccio), uragani controllati, la riduzione intenzionale dell’ozono, il raffreddamento e il riscaldamento del pianeta  (raffreddare introducendo materiali nell’alta atmosfera capaci di assorbire i raggi in entrata o riscaldare trattenendo il calore in uscita) … Aveva scritto nel suo saggio: “un meccanismo esiste per modificare catastroficamente il clima della Terra. Il rilascio di energia termica, forse attraverso esplosioni nucleari lungo la base di uno strato di ghiaccio, potrebbe avviare uno scorrimento verso l’esterno della coltre di ghiaccio che sarebbe poi sostenuta dall’energia gravitazionale…

E siamo ancora negli anni Sessanta, una fase storica che ha portato a una moltitudine di progetti in Oriente e in Occidente.

Nel 1960 nacque un gruppo in sede NATO – il Karman Group – con il compito di  studiare le possibilità di ‘guerre ambientali’ come potenziale arma; alla guida del gruppo fu messo von Karman e più tardi Edward Teller. L’arma da studiare era una guerra condotta provocando intenzionalmente disastri ambientali, trasformando la natura in una vera arma capace di generare eventi catastrofici, di devastare l’agricoltura e le infrastrutture, di sciogliere i ghiacci per affogare città portuali avversarie, di deviare correnti marine e correnti atmosferiche, inoltre facendo esplodere ordigni nucleari finalizzati a provocare tempeste radioattive e incendi  su enormi spazi abitati. Tutto questo e altro ancora era scienza militare durante la Guerra Fredda.

Il Vietnam fu un grande campo di sperimentazione di guerra ambientale  

Furono le rivelazioni dei Pentagon Paper’ a far conoscere al grande pubblico ( ma molti non lo sanno lo stesso) la dimensione della guerra ambientale e delle manipolazioni meteorologiche come strumento durante la guerra nel Vietnam e diede senza dubbio  l’input principale alla ‘Convenzione Internazionale ENMOD del 1977′ sul divieto di utilizzo di tecniche di modificazione ambientale per fini militari e altri ‘scopi ostili’. La Convenzione vieta ‘l’induzione artificiale di terremoti e tsunami, la modifica artificiale del tempo, del clima, di correnti oceaniche, dello strato di ozono e della ionosfera’.

Se hanno vietato queste operazioni, devono esserci stati degli episodi specifici. Di certo non emetteranno divieti per fatti inesistenti, no?

Con i vincoli della Convenzione ENMOD, diventò indispensabile connotare tali progetti e operazioni con nomi ed argomentazioni di fantasia. In ambito militare, il camuffamento è pratica ordinaria, fa parte del gioco, e quindi si fa di routine.

Il professor Marvin Herndon ha scritto pochi giorni fa una lettera aperta alla Corte penale internazionale in cui il documento Enmod svolge un ruolo di rilievo e scrive:

Nel 1978 l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha supervisionato la creazione della Convenzione sulla proibizione dell’uso militare o di altri usi ostili delle tecniche di modificazione ambientale (ENMOD), un trattato internazionale volutamente vago e ingannevole che è servito come cavallo di Troia per fornire una base “legale” per le successive attività di geoingegneria a livello mondiale (come descritto nel presente documento). Sin dalla creazione del Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) nel 1972, l’ONU e alcune delle sue altre agenzie, tra cui l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), si sono formalmente impegnate per l’integrità dell’ambiente planetario.

La lettera di Marvin Herndon  trovate tradotta sul sito.

Due parole sulla

NASCITA DELL’ AMBIENTALISMO

Il professore di storia dell’Oregon State University, Jacob Darwin Hamblin, ha individuato nelle sue ricerche gli inizi dell’ambientalismo come nuovo stratagemma di dominio, che si è manifestato all’inizio degli anni Settanta.

Hamblin, autore del libro “ARMING THE NATURE”, espone l’evoluzione di un concetto che vede nella strumentalizzazione dei fattori ambientali l’arma principale per raggiungere posizioni di supremazia.

Le tesi esposte da Hamblin nel suo libro sono frutto di intense ricerche e spingono l’immaginazione del lettore, nutrendola con dati impressionanti dal passato, verso “un futuro in cui gli scienziati cercano di aiutare i governi a causare, non a prevenire o attenuare, catastrofi naturali”.

E’ stato il mondo militare a coniare il termine “guerra ambientale” negli anni ‘60 ed a far entrare il concetto in molti progetti. Parallelamente si sviluppò in forma esplicita l’ambientalismo. Hamblin traccia connessioni tra questi due filoni e sostiene che gran parte del pensiero ambientalista moderno abbia radici nell’elaborato di scienziati e strateghi militari durante i giorni bui della guerra fredda.

Alcuni personaggi rappresentano particolarmente bene gli intrecci o i doppi coinvolgimenti:

Un esempio è Jay Forrestedel MIT, che modellava sistemi di difesa per l’esercito degli Stati Uniti prima di costruire il modello di analisi del “Giorno del giudizio” (Doomsday) che sta alla base di un libro-pilastro del Club of Rome del 1972, “I limiti dello sviluppo” (The limits to growth) .Aurelio Peccei

Nel 1972, il fondatore del Club di Roma  aveva pubblicato il suo libro I limiti della crescita”, un libro che era stato commissionato dal Club di Roma e che aveva un approccio malthusiano alla sovrappopolazione. Il libro avrebbe messo in discussione la sostenibilità della crescita economica globale. Peccei era stato invitato da Schwab a fare il discorso principale al World Economic Forum del 1973, Forum nato nel 1971 e cresciuto in dimensioni, scala e potere in pochissimo tempo.

Il Forum è praticamente nato a partire da un corso ad Harvard finanziato dalla CIA e guidato da Henry Kissinger, al quale ha partecipato anche Klaus Schwab, uno studente di dottorato che è stato selezionato per il grande progetto del WEF.

E’ l’ora di Creare il nuovo paradigma

Alla fine degli anni Sessanta e all’inizio degli anni Settanta, i circoli internazionali – nei quali il nome di David Rockefeller spicca da decenni (e Kissinger viene da lì) – hanno lanciato una serie impressionante di organizzazioni d’élite e think tank.

Tra queste, il Club di Roma, il 1001: A Nature Trust, legato al World Wildlife Fund (WWF), anche la Conferenza della Giornata della Terra delle Nazioni Unite di Stoccolma, lo studio del MIT Limits to Growth e la Commissione Trilaterale di David Rockefeller.

Nel 1972 fu celebrato il primo EARTH DAY  coordinato da Maurice StrongE fu perfino  battezzato Father of Earth. Maurice Strong ha contribuito fortemente a mobilitare il mondo sull’ambientalismo.

 Il movimento ambientale globale ha assunto la sua forma in tre tappe. La Conferenza di Stoccolma del 1972, la creazione del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) subito dopo e la Conferenza di Rio del 1992. Tutte e tre sono state organizzate e gestite da Maurice Strong.

Il legame tra Maurice Strong e Rockefeller è fondamentale.

Rockefeller ha sempre preferito un ruolo nell’ombra, in particolare John Rockefeller.

Rockefeller ha sponsorizzato anche il Club of Rome.

Nel suo rapporto del 1974, Mankind at the Turning Point, il Club di Roma ha sostenuto che:

La crescente interdipendenza tra nazioni e regioni deve tradursi in una diminuzione dell’indipendenza. Le nazioni non possono essere interdipendenti senza che ciascuna di esse rinunci a una parte della propria indipendenza, o almeno ne riconosca i limiti. È giunto il momento di elaborare un piano generale per una crescita organica e sostenibile e per uno sviluppo mondiale basato sull’allocazione globale di tutte le risorse finite e su un nuovo sistema economico globale. [v] Questa è stata la prima formulazione dell’Agenda 21 delle Nazioni Unite, dell’Agenda2030 e del Grande Reset di Davos del 2020.

David Rockefeller e Maurice Strong

L’organizzatore di gran lunga più influente dell’agenda di Rockefeller sulla “crescita zero” nei primi anni ’70 fu quindi l’amico di lunga data di David Rockefeller, Maurice Strong.

 Maurice Strong è stato uno dei primi propagatori della teoria secondo la quale le emissioni di CO2 prodotte dall’uomo, dai veicoli di trasporto, dalle centrali a carbone e dall’agricoltura, causano un drammatico e crescente aumento della temperatura globale che minaccia “il pianeta”, il cosiddetto riscaldamento globale. Maurice Strong ha lanciato l’ordine mondiale dell’ambiente. La sua fama delluomo che salvò la Terra parte soprattutto nel 1992.

Nel 1992 Al Gore e Maurice Strong a Rio de Janeiro, la COP1

 Nel giugno del 1992, egli presiedeva a Rio de Janeiro la delegazione americana alla Conferenza Mondiale per l’Ambiente, cui hanno partecipato 7.892 delegazioni venute da tutto il mondo, con un illimitato sostegno finanziario da parte di fondazioni come Carnegie, Kettering, Rockefeller, Rothschild (Edmond) e altre che, insieme a queste ultime o senza di esse, vengono mantenute dalle sei principali organizzazioni americane “non governative”, specializzate nella “difesa dell’Ambiente”, come Sierra Club, Friends of Earth, National Wildlife Federation e così via.

UN MONDO ESCLUSO AI VERTICI CLIMATICI AMBIENTALI

Mentre in passato sono stati diffusi molti documenti sugli sforzi per modificare le condizioni ambientali, dopo l’ENMOD è calato il silenzio. Nessuna meraviglia, quindi, che nemmeno il COP abbia prestato attenzione. Ciononostante, la ricerca e la sperimentazione sono proseguite.

Nel 1997 è stato pubblicato l’ormai noto documento OWNING THE WEATHER. Nello stesso anno veniamo a conoscenza della proposta di Edward Teller di un metodo economico per manipolare il clima terrestre, che fino ad oggi è stato rigorosamente ignorato dai vertici.   In questo arco di tempo viene costruito l’impianto HAARP (High Frequency Active Auroral Research Program) in Alaska, seguito dalla costruzione di numerose installazioni analoghe – Riscaldatori Ionosferici  in tutto il mondo.

HAARP – Un sistema di armamenti con effetti devastanti sul clima

Il 5 febbraio 1998 la sottocommissione “Sicurezza e disarmo” del Parlamento europeo tenne un’audizione in cui si parlò anche di HAARP.

Leggiamo: 

Benché invitati, i rappresentanti della NATO e degli USA preferirono non partecipare. La commissione deplora che gli USA non abbiano inviato nessuno all’audizione e non abbiano approfittato dell’occasione per commentare il materiale presentato.

HAARP, il programma di ricerca sulle radiazioni ad alta frequenza (High Frequency Active Auroral Research Project) è condotto congiuntamente dall’aeronautica militare e dalla marina militare americane e dall’Istituto di geofisica dell’Università dell’Alaska di Fairbanks. Progetti analoghi vengono condotti addirittura in Norvegia, probabilmente in Antartide, ma anche nell’ex Unione Sovietica. HAARP è un progetto di ricerca in cui, attraverso impianti basati a terra e una serie di antenne, ciascuna alimentata da un proprio trasmettitore, si riscaldano con potenti onde radio parti della ionosfera. L’energia così generata riscalda talune parti della ionosfera provocando buchi e lenti artificiali….A partire dagli anni ’50 gli Stati Uniti hanno effettuato esplosioni di materiale nucleare nelle fasce di Van Allen(25) per sondare gli effetti delle esplosioni atomiche ad un’altezza così elevata sulle trasmissioni radio e le operazioni radar in virtù dell’intenso impulso elettromagnetico scatenato dalle deflagrazioni. Esse crearono nuove fasce di radiazione magnetica comprendenti quasi tutta la terra. Gli elettroni correvano lungo linee di campo magnetiche creando un’aurora boreale artificiale sopra il Polo Nord. Con questi test militari si rischia seriamente di danneggiare per molto tempo la fascia di Van Allen. Il campo magnetico terrestre può essere distrutto in vaste aree impedendo le comunicazioni via radio. Secondo scienziati americani ci vorranno probabilmente molte centinaia di anni prima che la fascia di Van Allen si stabilizzi nella sua posizione normale. Il sistema HAARP può provocare mutamenti delle costanti meteorologiche. Esso può anche influenzare tutto l’ecosistema, soprattutto nella sensibile area antartica…VEDI QUI 

Tutto questo è diventato complottismo, a dispetto di numerose figure di alto livello nel settore e dei documenti ufficiali, e gli attaccanti non tengono nemmeno in considerazione le migliaia di test nucleari e le loro conseguenze.

L’atmosfera superiore è stata sistematicamente studiata e sottoposta a manipolazione nel corso di oltre 60 anni.

Nel 2011, Rosalie Bertell si è rivolta alle Nazioni Unite con una lettera. Bertell è stata membro di commissioni governative, ha lavorato per tutta la vita con le Nazioni Unite e ha un curriculum impressionante.

Questa lettera basterebbe a illustrare l’essenza di ciò che dovrebbe essere presentato a un organismo che si occupa di caos climatico. La lettera, a cui non è mai stata data risposta, è disponibile sul sito.

COME È POSSIBILE IGNORARE QUESTA REALTÀ IN UN DIBATTITO SUL CLIMA IN CUI CI SI CONCENTRA SUL CAOS METEOROLOGICO E CLIMATICO E SI PROGETTANO MISURE PER ” SALVARSI”, CHE NON FANNO ALTRO CHE PEGGIORARE LA SALUTE DEL CLIMA E DEL PIANETA?

E COME È POSSIBILE CHE SI STIANO “PRENDENDO IN CONSIDERAZIONE” MISURE CHE VEDIAMO GIÀ APPLICATE DA ANNI?

Ci sarebbe molto altro da illustrare ed evidenziare. MA MI FERMO QUI.

Maria Heibel

L’inevitabile assedio dell’essere umano è pronto da tempo. Dalla presa dei corpi alla presa dello spirito. Leggendo Ernest Jünger.

L’inevitabile assedio dell’essere umano è pronto da tempo.
Dalla presa dei corpi alla presa dello spirito.
Leggendo Ernest Jünger.

«L’orbe terrestre è coperto dalle macerie di immagini in frantumi. Noi assistiamo a un declino paragonabile soltanto alle catastrofi geologiche»1.

Nel 2016, nella presentazione di Resistenze al nanomondo, scrivevamo:

«L’ingegneria genetica va di pari passo con l’ingegneria sociale, dove il vivente viene snaturato della sua stessa essenza e dove questo “uomo nuovo” deve essere il miglior custode della gabbia».

Le tecnoscienze sono già da tempo penetrate nel vivente e nella materia producendo modificazioni a livello genetico e atomico, giungendo al tentativo di ricostruire la vita in laboratorio attraverso biologia sintetica e Intelligenza Artificiale. Gli ultimi arrivati sono gli Xenobot: cellule staminali di rana composte dai ricercatori seguendo le indicazioni degli algoritmi. Una vita non vita: non creata dai ricercatori – la vita non si crea in laboratorio – ma da loro assemblata secondo i calcoli dell’Intelligenza Artificiale.

Adesso, i tecnocrati eugenisti e transumanisti, dopo aver modificato geneticamente i corpi degli altri animali e aver reso possibile l’idea della modificazione genetica dell’umano, dopo aver innestato circuiti elettronici negli altri animali e aver reso possibile l’idea di innestarli nell’umano, dopo aver costruito attorno all’umano un’architettura sociale tecnica e una rete algoritmica, si apprestano a realizzare definitivamente un loro obiettivo di sempre: la completa estirpazione del senso di identità, la lacerazione e la soggiogazione dello spirito più profondo dell’essere umano, verso la cancellazione del senso stesso di umanità.

Dall’ingegneria genetica e dall’ingegneria sociale arriviamo a un’ingegneria dell’anima: un’anima scalfita, lacerata, violata porta unicamente a un essere umano che non è più tale. Illuminante in tal senso il discorso di Iosif Stalin a casa di Maxim Gorky pronunciato il 26 ottobre del 1932: «La produzione di anime è più importante di quella dei carri armati. […] Spetta agli ingegneri di anime forgiare il nuovo uomo sovietico»2.

Jünger aveva già intuito quel processo che dalla presa dei corpi sarebbe arrivato alla presa dello spirito per il definitivo assedio dell’essere umano: «L’inevitabile assedio dell’essere umano è pronto da tempo, e a disporlo sono teorie che tendono a una spiegazione logica e completa del mondo, e avanzano di pari passo con il progredire della tecnica»3. E osservando uno scarabeo spagnolo ricorda che: «Tutto ciò che è estimabile e valutabile vive dell’inestimabile, così come tutto ciò che è visibile vive dell’oscurità, ogni misura vive dell’incommensurabile, ogni sentiero vive della foresta selvaggia, e di silenzio ogni parola»4.

Mondo macchina, mondo laboratorio, transumanesimo, ingegnerizzazione di ogni dimensione del vivente: tutto ciò che da sempre abbiamo combattuto, che sottendono la medesima ideologia e il medesimo paradigma di pensiero a cui si può contrapporre solo un’opposta visione di mondo.

Due opposte visioni di mondo, di vivente, di natura, di essere umano si scontrano e in questo scontro non è possibile dialogo, compromesso, confusione, dubbio, indecisione. Ed è necessaria una scelta di campo. Ci sono dei nodi attorno cui non è possibile discussione, così come non è possibile discutere in merito alla possibilità della vivisezione animale e umana o alla possibilità di modificare geneticamente un essere vivente. Esistono degli a priori: a prescindere dalle conseguenze, a priori ci opponiamo a queste pratiche, a prescindere ci opponiamo alla visione di mondo che queste pratiche portano e comportano.

Jünger intuisce il paradigma del laboratorio che prevede di imbrigliare la vita e di ridurla al regno del quantificabile: «nell’impulso museico si dimostra l’elemento morto implicito alla nostra scienza, e cioè a sistemare nell’ambito dell’immobile e dell’invulnerabile ciò che è vivo, e forse anche di formare un enorme catalogo materiale, penosamente ordinato, che dia fedele specchio alla nostra vita»5.

Le Api di vetro, romanzo di fine anni ‘50, è una lucida anticipazione dei tempi moderni. Il protagonista è uno degli ultimi testimoni di un’epoca ormai passata, un mondo antico con altri significati che stava scomparendo. Il mondo nuovo è popolato da congegni meccanici, con una robotizzazione e una automazione dell’esistenza stessa, un’artificializzazione del vivente e il delirio transumano di correggere, riprogettare e ottimizzare la natura: «Non era l’azzurro del cielo, non era l’azzurro del mare, non era l’azzurro delle pietre: era un azzurro sintetico, escogitato in luoghi molto lontani da un maestro che voleva superare la natura»6.

Le api robot che con violenza meccanica predano tutto il nettare dei fiori sono il simbolo dello sviluppo tecnoscientifico che non lascia possibilità di scampo per l’umano e la natura.

«Il colpo fu assestato da molto tempo, e dove lo si ritiene un progresso della scienza, fosse pure sulla luna, esiste una lesione. La perfezione umana e il perfezionamento tecnico non sono conciliabili. Se vogliamo l’una, bisogna sacrificare l’altra; a questo punto le strade si separano. Chi di questo è convinto, sa quel che fa in un senso o nell’altro. Il perfezionamento mira al calcolabile, e il perfetto all’incalcolabile. Intorno a meccanismi perfetti irraggia perciò uno splendore orrido, ma anche affascinante. Provocano lo sgomento, ma anche un orgoglio titanico, che soltanto la catastrofe e non il discernimento può piegare. Lo sgomento, ma anche l’entusiasmo che suscita in noi lo spettacolo di perfetti meccanismi, sono il contrario esatto della soddisfazione con cui ci rasserena lo spettacolo di un’opera d’arte perfetta. Intuiamo la minaccia alla nostra integrità, alla nostra simmetria. Che braccia e gambe vengano messe in pericolo, non è ancora il peggio»7.

Da sempre mettiamo in guardia dai falsi oppositori. Oggi, più che mai, è essenziale riconoscere i falsi critici o chi, con una critica parziale è di fatto funzionale al grande resettaggio in corso. E non è possibile critica alcuna all’esistente macchina transumana e transnatura se ci si colloca nel suo stesso orizzonte di senso e di valori. Una fascinazione per le tecnoscienze e per le modificazioni dei corpi può solo riaffermare quel paradigma di laboratorio da cui è prodotta.

«I pensatori del nulla constatano una sfilza di demolizioni di tutto ciò che è umano e se ne rallegrano»8, spianano la strada all’invasione tecnoscientifica e «annunciano con gioia l’avvento dell’uomo in frantumi, di un essere vuoto e superficiale la cui esistenza frivola e meccanica è vista come l’espressione stessa della creatività e della libertà»9.

Da tempo notiamo che alcune chiavi di lettura non sono in grado di comprendere le trasformazioni in corso, le loro conseguenze e le mete che transumanisti ed eugenisti vogliono raggiungere. La lente interpretativa che si focalizza su un maggiore controllo da parte degli apparati statali risulta quanto mai riduttiva, non solo nella comprensione del ruolo dello Stato, subordinato ai poteri delle Big Tech e dei padroni universali, ma anche incapace di cogliere il piano della gestione e programmazione algoritmica dell’esistenza e il piano dell’artificializzazione di ogni dimensione del vivente. La lente interpretativa materialista che si focalizza sui dati, sui calcoli, sulle previsioni risulta non solo riduttiva, ma incapace di cogliere un più ampio piano di assoggettamento e le sue conseguenze che non si possono ridurre a un mero calcolo e a un piano prettamente materiale.

Ai loro calcoli non si possono contrapporre altri calcoli – nel medesimo regno della quantità – in un’ottimistica previsione in cui non ce la faranno mai a realizzare i loro progetti. In tutto questo sfugge quello che, nel mentre, irrimediabilmente si trasforma, che irrimediabilmente si perde.

Con queste lenti di interpretazione sfugge l’attacco ai corpi tutti, alla loro dimensione di indisponibilità e inviolabilità, sfugge l’attacco alla dimensione del sacro e al senso stesso di umanità, allo spirito più profondo di quello che significa restare umani.

Con sacro intendo quella dimensione del vivente, dei suoi tempi, dei suoi equilibri non totalmente decifrabile, controllabile e imbrigliabile nella razionalità prima meccanicistica e poi algoritmica. Un senso diverso dalla presunzione dello sguardo razionale e tecnico sul mondo che mira a piegare a sé, a proprio uso e consumo, ogni manifestazione del vivente.

La linea da tracciare netta deve essere etica, per quanto riguarda le Scienze della vita non è possibile applicare il criterio dell’utile. Innanzitutto bisognerebbe chiedersi Utile a chi? E con che prezzo per la Terra, gli altri animali e per altre popolazioni? Ma, in ogni caso, il ragionamento da fare è: se anche fosse utile, a priori, ci opponiamo a tale pratica senza una discussione, perché non è possibile una discussione. L’affermare che in una società diversa spetterà alla comunità decidere se utilizzare ad esempio l’ingegneria genetica non per il profitto, ma per il bene dell’umanità, presuppone – oltre a un’estrema ingenuità o a una fascinazione per le tecnoscienze che trasuda di transumanesimo – che si possa discutere in merito a ciò che riteniamo indiscutibile. Si potrebbe mai discutere sulla possibilità di aprire il cranio a un macaco? Anche se fosse utile per l’umano, noi ci poniamo comunque fuori da questo criterio di utilità e affermiamo con forza che siamo contro tale pratica di tortura per motivi prettamente etici. Inoltre non si comprende un punto centrale: la nostra visione di mondo non può essere essenzialmente altra rispetto a quella che sottende il mondo delle tecnoscienze e del transumanesimo.

Un tempo dicevamo che qualsiasi individuo, posto spalle al muro come un animale braccato, avrebbe reagito tirando fuori le unghie. Ma, come scrive Jünger, «La condizione dell’animale domestico si porta dietro quella della bestia da macello»10.

Da tempo, la vita è ridotta non solo a mera sopravvivenza, ma a una non vita, a un simulacro di esistenza. Nell’ordine cibernetico la continua e spasmodica automisurazione di sé rende la vita mera funzione perennemente monitorata dagli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale. La vita entra così in un altro orizzonte, in un altro ordine di senso, di significato, di temporalità. Intrappolata nelle previsioni algoritmiche in tempo reale si sgancia dal passato, da una continuità storica, da «un’ereditarietà e tradizione»11, le stesse, seguendo il pensiero del filosofo coreano Byung-Chul Han, in grado di reggere la vita e renderla autentica. Il significato di una tradizione non è nella sua espressione specifica, ma nel suo contenuto oltre la superficie che si ricollega ad altre tradizioni e a significati altri, una sotterranea radice comune che, nelle differenze, accomuna tutte le comunità.

L’essere umano, ridotto a spettro, può solo vagare tra le rovine, le macerie e i deserti. Come evoca Zarathustra: «il deserto cresce, guai a colui che in sé cela deserti»12, ripreso da Jünger, che a sua volta ci mette in guardia: «guai a chi non porta con sé, anche solo in un’unica cellula, quel tanto di sostanza originaria che assicura continuamente nuova fertilità»13.

Oggi assistiamo a una desertificazione del pensiero e a un deserto della stessa critica: una società di mere opinioni che rimangono sulla superficie senza la volontà, e senza la capacità, di addentrarsi in una profonda comprensione. In ambito critico le riflessioni parziali e cieche scivolano senza la forza di radicarsi e di permanere, senza riuscire a porre un freno all’avanzata del mondo macchina.

Siamo di fronte all’ultimo uomo.

Un essere umano che ha paura della vita, dei suoi imprevisti e di quello che può sfuggire dai calcoli degli algoritmi, che cerca solo ciò che sarà concepito come benessere e sicurezza, cullato dal comfort. Un tale siffatto essere umano non si potrà più assumere nessun rischio, nessuno sforzo, nessun impegno duraturo. A cosa serve sforzarsi se la via da seguire la indicano gli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale?

Un essere umano immerso e attraversato da una cultura della morte e della cancellazione. Un essere poroso, che assorbirà in sé l’odio per la vita in ogni sua manifestazione, ma innalzerà la salute tecnomedicalizzata a nuovo paradigma, con un’ossessione per la morte e un’isteria della sopravvivenza in una società di non morti. E nella preoccupazione rivolta unicamente alla sopravvivenza l’individuo diventa come il virus, questa creatura non morta che si limita a sopravvivere senza vivere.

Un individuo che, come ogni fluido, può assumere qualsiasi forma che gli si vorrà far assumere. Non è un caso che il fluido rappresenti l’antitesi della densità, di ciò che dura, che permane, che non muta, che resiste e che fornisce appiglio.

L’essere umano, fluido che scivola e al contempo superficie levigata su cui tutto scivola, non è in grado di afferrare e trattenere più nulla. Senza punti fermi, senza appigli e senza quei valori a cui ritornare e da contrapporre al mondo macchina.

Promessa, fedeltà, vincolo, legame oggi sono parole vuote quando in realtà «essere liberi non significa essere privi di legami e di vincoli. Non è l’assenza di legami e di radici a rendere liberi, ma la presenza di legami»14.

Viviamo il tempo della desacralizzazione dell’esistenza. La cancellazione del sacro, del suo spazio e della sua dimensione inviolabile rende il vivente, nella sua totalità, disponibile. La sinistra progressista ha sostituito la sacralità del vivente con la dignità della persona, che comporta il dare valore non al vivente in sé, bensì a ciò che viene di volta in volta determinato dal paradigma tecnoscientifico ed eugenista. Una desacralizzazione del vivente che trasuda di transumanesimo in cui l’umanità e l’intero vivente devono essere continuamente riconfigurati: il fine del transumanesimo è un fine che si sposta sempre più in là, un immaginario che porta l’umano a concepirsi come un organismo eternamente incompleto.

Altri animali vengono imprigionati, torturati, vivisezionati, ingegnerizzati, riprodotti in serie per essere uccisi in un sistema industriale di morte. Giunti a questo punto di degradazione morale e di insensibilità verso un altro vivente, cosa potrà arrestare la trasposizione di questo stesso processo dagli altri animali non umani agli animali umani? Si predano corpi vivi definiti morti15, si acquistano bambine e bambini, si commerciano gameti, si utilizzano feti umani, si sperimenta su embrioni, si creano embrioni chimera. A questo punto perché i corpi dovrebbero essere ancora considerati un valore in sé? E perché il vivente, in ogni sua dimensione, espressione, manifestazione e fase di sviluppo dovrebbe essere considerata un valore in sé?

«E ditemi se resta ancora qualche tortura, per questo vecchio corpo senz’anima, morto fra i morti»16.

Il senso di sacralità fonda un legame tra il sé e la comunità, tra sé e il mondo.

«I riti sono processi dell’incarnazione […] vengono iscritti nel corpo, incorporati, cioè interiorizzati mediante il corpo. Così i riti creano una conoscenza e una memoria incarnate, un’identità incarnata, un legame incarnato»17. Ogni comunità ha una dimensione corporea e una dimensione spirituale, e tesse un legame corporeo e spirituale con il luogo in cui vive. Attraverso i riti la comunità si riconosce e riconosce il proprio posto nel mondo oltre al momento contingente.

I riti concorrono a radicare e a far perdurare un’esistenza singola in un tempo, in un territorio, in una comunità. Creano lo spirito di una comunità radicata. Creano un legame oltre alla contingenza, un riconoscimento di ciò che permane oltre il nostro tempo. Creano un ritmo comune in rapporto alle cose, al tempo, al mondo naturale, agli altri esseri viventi, permettono una risonanza.

Il silenzio che accompagna i riti fonda una «comunità senza comunicazione»18, a differenza dei tempi di oggi contraddistinti da una «comunicazione senza comunità»19. Oggi il silenzio è assordante e vuoto, il silenzio di una comunità tradizionale è denso di significati e di risonanze.

I riti corrispondono a una diversa esperienza del tempo e aprono a un diverso sentire del tempo: un tempo ciclico con i suoi riti di passaggio e di chiusura. Un ritmo che si compone di periodi e cicli, ciascuno con un significato. Un tempo ciclico, un eterno ritorno, una «danza circolare del mondo»20 di «terra e cielo, divini e mortali»21, con un «accordo silenzioso delle stagioni»22 e la loro «risonanza che perdura»23, un «andirivieni»24 che genera una durata, che permette un poter trattenere le cose perché anch’esse trattengono i «riferimenti duraturi del mondo»25. Nulla svanisce, nulla si frammenta. Non era possibile una dissociazione dalla realtà, non era possibile perdere sé stessi nel mondo: la propria identità era ancorata al mondo denso di significati.

In una non vita l’umano è oggi attorniato da non cose in un tempo che non è più un tempo, un tempo vuoto da riempire compulsivamente, un tempo leggero come la non vita. Solo la densità del tempo con i suoi legami è in grado di reggere il peso dell’esistenza.

Si dovrebbe sentire il peso delle conseguenze del mondo macchina, come una costante, che è sempre li, come un crampo allo stomaco, che produce la giusta angoscia, la giusta rabbia. Per sentire sempre, davanti agli occhi e dentro la carne, la via da percorrere per contrastare questo esistente con lucidità e determinazione.

Un’esistenza in grado di resistere deve essere ancorata, radicata, durevole, definita. Caratteristiche che non trovano significato e corrispondenze nei tempi di oggi caratterizzati dalla fluidità, in cui tutto è scorrevole, effimero, momentaneo, instabile, indefinito e nebuloso. L’ordine cibernetico che non ammette perturbazioni è la società del positivo in cui ogni cosa deve essere livellata, senza spigoli e senza scosse. Tutto è esposto, trasparente, pornografico; tutto è compulsivamente consumato ed istantaneo; tutto è scomposto, volatile, rarefatto e inconsistente.

L’universo tecnologico è un unico orizzonte di senso in cui l’unica verità è quella tecnica: «È un universo fatto di assurdità lanciato a piena velocità verso nuove assurdità»26. L’ossessione del cambiamento continuo in cui nulla è fatto per durare, la spinta a fare sempre più velocemente, la standardizzazione e universalizzazione attraverso gli sviluppi tecnici al fine di controllare, gestire, indirizzare e modellare ogni cosa: questi paradigmi descritti da Jacques Ellul non sono dei prodotti delle rivoluzioni industriali, ma sono il motore operante della tecnicizzazione totale della società e dell’essere umano.

La scienza moderna e la tecnicizzazione hanno portato al disincanto del mondo, a un mondo e a un essere umano disincantato e in ultima istanza disumanizzato. Reincantare l’umano significa restituirgli la dimensione del pensiero, della consapevolezza di quello che si sta perdendo e di quello che si trasformerà irrimediabilmente. E come ci insegna Simone Weil: «Il passato distrutto non torna mai più. La distruzione del passato è forse il delitto supremo. Ai nostri giorni, la conservazione di quel poco che resta dovrebbe diventare come un’idea fissa»27.

Una visione spirituale dell’esistenza portava ad avere un senso diverso di questa, a valutare diversamente gli eventi, a dare importanza a ciò che per i più è senza valore e a ignorare ciò che per i più è considerato importante. Il cambio di prospettiva porta a un cambiamento esistenziale di fronte alla stessa esistenza.

Il mondo moderno è una società senza dolore, ma il dolore regge l’esistenza.

«Il dolore regge la felicità. […] Ogni intensità è dolorosa. La passione unisce il dolore e la felicità. […] Se il dolore viene soffocato, ecco che la felicità si appiattisce riducendosi a un apatico torpore. La felicità resta inaccessibile a chi non è aperto al dolore»28.

«Il dolore viene respinto ai margini per fare spazio a un benessere mediocre»29.

Il dolore, la sofferenza, la malattia, la morte non possono far parte dell’ordine cibernetico, rappresentano dei disturbi. I calcoli degli algoritmi producono un’anestesia verso i nostri corpi e verso la stessa realtà: una cancellazione della sensibilità, della coscienza e del dolore. Il dolore deve rientrare in un paradigma medico, deve essere medicalizzato ed estirpato.

L’anestesia del dolore corre parallela alla perdita di significato del sacrificarsi per un’idea, per un mondo altro, per una lotta, anche se disperata, anche se senza scampo, con quel coraggio che contraddistingue un vivere ostinatamente contro.

Il dolore cede il passo alla paura, a un particolare modo di avere paura che contraddistingue l’uomo moderno. L’essere umano è sempre più impaurito: «La grande solitudine dell’individuo è uno dei segni che contraddistinguono il nostro tempo. Egli è circondato, anzi, assediato dalla paura»30 ci insegna Jünger.

La storia delle società potrebbe essere anche la storia delle paure che la caratterizzano e su come l’umano si rapporta ad esse, ma soprattutto di come il potere produce e gestisce la Paura, cosa alquanto diversa dalle paure che da sempre contraddistinguono l’umano. Le paure oggi non vengono comprese, ascoltate, attraversate, trasformate, affrontate, vengono medicalizzate e psichiatrizzate. La Paura diventa fobia. E il potere crea ed alimenta una Paura irrazionale che viene continuamente alimentata dall’essere posti in uno stato di perenne confusione.

In tempi lontani si aveva paura degli animali selvatici, delle forze naturali o delle punizioni degli dei. La paura, il dolore, la malattia, la morte erano parte organica del mondo. Una visione spirituale della vita collocava l’individuo in una dimensione che gli permetteva di comprendere e accettare il dolore e la morte come parte essenziale per il ciclo della vita. L’individuo sentiva di far parte integrante di un destino più ampio, quello della sua famiglia, della sua comunità e della natura stessa in un eterno ciclo di vita-morte.

La morte medicalizzata è estromessa dai cicli della natura di cui un tempo l’essere umano ne aveva quotidiana esperienza: il ciclo seme-pianta-vita si collegava al ciclo della vita e della morte. I cicli delle stagioni erano come i cicli della vita, oggi invecchiare è segno di debolezza e malattia nel delirio transumano di voler rimanere eternamente giovani e di poter decidere chi voler diventare.

In assenza di un destino collettivo la morte diventa intollerabile e l’essere umano muore solo.

Non si è più padroni della propria vita, ma nemmeno della propria morte. Un tempo l’essere umano presiedeva alla sua morte, accompagnato dai suoi cari e dalla comunità, oggi si muore soli in un’asettica stanza di ospedale e il morente, intubato e monitorizzato, è espropriato della sua morte. Una morte che è nelle mani dei tecnici.

Oggi non si muore, si perisce intempestivamente: «se la vita è privata di ogni forma di compiutezza di senso, finisce in modo intempestivo»31.

In un mondo completamente materialista la paura più forte è quella della morte e più la vita è mera sopravvivenza più si ha paura della morte. Con estrema lucidità Jünger aveva intuito che «Nessuno è più facile da terrorizzare di chi crede che tutto sia finito quando il suo fugace fenomeno si spegne. I nuovi schiavisti se ne sono accorti, e questo spiega l’importanza per loro delle teorie materialistiche…»32 e mette al centro il timore che attanaglia l’umano: «In questo vortice, la questione fondamentale è se sia possibile liberare l’uomo dal timore. Obbiettivo di gran lunga più importante che rifornirlo di armi o provvederlo di medicinali. Forza e salute sono prerogativa degli impavidi. Il timore invece, stringe d’assedio anche – anzi soprattutto – chi è armato fino ai denti»33.

Una vita autentica è quella vita che non fugge dalla morte e, aggiungo, che non fugge davanti alla storia, che non fugge davanti alla perdita di libertà. Vivere senza sapere quanto tempo rimane con la possibilità di perdere tutto è una dimensione che si apre alla consapevolezza della morte e della perdita, è un vivere in modo autentico. Sono necessari donne e uomini che sappiano poter perdere tutto, ma solo in pochi portano avanti una lotta che è la loro stessa vita e che non concepiscono altro modo di vivere se non quello di lottare.

Per la completa realizzazione dei progetti transumanisti un’obbedienza a parole non è sufficiente: l’individuo deve crederci e deve desiderarla. «Il mondo storico in cui ci troviamo ricorda una nave che muove velocemente mostrando ora il lato del comfort, ora quello del terrore»34. L’obbedienza oggi deve diventare corporale e biomolecolare. L’individuo deve essere disposto a barattare il proprio corpo per un’illusione di libertà in una progressiva e inesorabile perdita del significato stesso di libertà.

All’orizzonte nuove ricombinazioni e mutazioni genetiche: le prossime generazioni Crisp saranno selezionate e modificate prima di nascere e poi inoculate con inserti a DNA ricombinante e a mRNA e sottoposte a terapie geniche nel corso dell’intera vita. L’affinarsi del paradigma di ingegneria genetica con terapie geniche a livello preventivo rende l’umano potenzialmente malato ancora prima del manifestarsi della malattia. Un umano rinchiuso nei parametri algoritmici che stabiliranno la probabilità di predisposizione genetica a una patologia.

Le prossime generazioni Crispr rappresentano una denaturazione dell’umano. La denaturazione chimica è un processo che consiste nell’aggiunta di piccole quantità di sostanze chimiche – i denaturanti – a un prodotto che porta a una sua alterazione o perdita di una o più delle sue proprietà. Cellule e corpi terranno memoria della mutagenesi e dell’artificiosità, una memoria incarnata che precederà il simbolico, una memoria incarnata che permeerà lo spirito. L’umano modificato dal suo interno sarà un umano denaturato.

«L’uomo si trova al centro di una grande macchina ideata per distruggerlo»35, «Ribellarsi. Questo sarebbe il primo passo per uscire da un mondo di sorveglianza e controllo statistico»36.

Per Jünger il Ribelle è individuo d’azione, azione libera e indipendente, è il singolo, l’individuo concreto che agisce nel concreto: «il Ribelle è deciso ad opporre resistenza, il suo intento è dare battaglia, sia pure disperata». «Per sapere cosa sia giusto non gli servono né teorie né leggi, ma attinge alle fonti della moralità non ancora disperse nei canoni delle istituzioni, supponendo che qualcosa di incorrotto viva ancora in lui. Il Ribelle ha bisogno di un’integrità personale che attinga alle profonde sorgenti della libertà umana, del rispetto di sé e della tradizione»37.

È necessario ritornare a concepire l’essere umano come inviolabile e indisponibile, un fondamento da cui si genera la propria identità e, nel riconoscersi, la comunanza tra spiriti liberi. «Abbiamo già visto che la grande esperienza della foresta è l’incontro con il proprio Sé, con il proprio nucleo invulnerabile […]. Questo incontro, che aiuta in modo così potente sia a tornare in salute che a bandire la paura, è anche della massima importanza in senso morale. Ci conduce a quello strato che sta alla base di tutta la vita sociale e che è stato comune a tutti fin dalle origini». «È effettivamente importante che chi pretende di compiere ardue imprese abbia un’idea precisa di sé. […] L’uomo […] deve fare i conti con la propria essenza immodificabile, sovratemporale, che s’incarna e si trasforma nel corso della storia»38.

«Ciascuno deve sapere quale peso intende dare alla libertà – se attribuire più valore al modo di essere o alla pura sopravvivenza. Il vero problema è piuttosto che una grande maggioranza non vuole la libertà, anzi ne ha paura. Bisogna essere liberi per volerlo diventare»39. E per Jünger «La libertà nuova è quella antica, assoluta […] è una libertà decisa alla lotta»40.

«La resistenza richiede un grande sacrificio, il che spiega perché la maggioranza preferisce accettare la coercizione. Eppure la storia genuina può essere fatta solo dal libero; la storia è l’impronta che la persona libera dà al destino»41.

«La resistenza del Ribelle è assoluta, non conosce neutralità, né remissione, né reclusione in fortezza. Il Ribelle non si aspetta che il nemico accetti i suoi ragionamenti né, tanto meno, che si comporti secondo le regole di cavalleria. Oltretutto egli sa che, per quanto lo riguarda, la pena di morte non verrà sospesa». «Compito del Ribelle è definire una misura di libertà che sia valida per un’epoca futura a dispetto del Leviatano. Di quell’avversario non può aver ragione con semplici argomentazioni concettuali». «Questo tipo di uomo entrerà nella scena storica anche senza volerlo, perché vi sono forme di tirannide che non lasciano scelta»42.

«Al Ribelle non è permessa l’indifferenza. Il passaggio al bosco induce decisioni più gravi». «Per quel che riguarda il luogo il bosco è dappertutto: in zone disabitate e nelle città, […], nel deserto, il bosco è nella macchia. Ma il bosco è soprattutto nelle retrovie del nemico stesso. […] Il Ribelle non dispone di grandi mezzi di combattimento, ma sa mettere a segno un colpo audace per distruggere armi che valgono milioni: ne conosce le debolezze tattiche, i punti di minore resistenza, l’infiammabilità»43.

Nel passaggio al bosco «c’è un incontro dell’uomo con se stesso nella sua sostanza indivisa e indistruttibile. Questo incontro scaccia la paura della morte. […] Vincere la paura della morte è subito vincere ogni altro terrore, perché tutti hanno senso solo in relazione a questo problema fondamentale. Il passaggio nel bosco è, quindi, soprattutto un passaggio attraverso la morte. Il sentiero conduce sull’orlo della morte stessa, anzi, se necessario, lo attraversa»44.

«Sulla strada di Mory avevo già sentito la mano della morte, ma questa volta essa stringeva più forte e più decisa. Mentre crollavo pesantemente sul fondo della trincea, ebbi la certezza di essere definitivamente perduto. Eppure, cosa strana, quel momento è stato uno dei rarissimi nei quali possa dire di essere stato davvero felice. Compresi in quell’attimo, come alla luce di un lampo, tutta la mia vita nella sua più intima essenza»45.

Ciò che dà senso alla vita è il saperla perdere, il saperla sacrificare, senza il timore di sottrarsi a ciò che la storia ci pone davanti. Andare incontro al rischio della morte – o della perdita della libertà – dà valore alla vita e a ciò per cui si combatte. Sottrarsi, scansarsi, mettersi di fianco, stare perennemente ai margini – per paura di perdere la vita, la libertà o, più mediocremente, i propri comfort e la propria misera quotidianità – non è vivere, ma sopravvivere. Per vivere bisogna saper morire. Una vita autentica non fugge dinanzi alla morte e mantiene salda dentro di sé quell’angoscia indispensabile alla lotta.

«L’essere umano è ridotto al punto che da lui si pretendono le pezze d’appoggio destinate a mandarlo in rovina»46. Jünger anticipa così quello che è stato strutturato in questo periodo di emergenza pandemica dichiarata: «Non è casuale la funzione che da qualche tempo la maschera ricomincia ad avere nella vita quotidiana. Essa appare in molteplici sembianze, nei luoghi in cui fa irruzione lo specifico carattere di lavoro: può essere la maschera antigas, con la quale si tenta di equipaggiare intere popolazioni, o la maschera a casco per gli sport e le alte velocità, come quella dei motociclisti e degli automobilisti, oppure la maschera protettiva per il lavoro in ambienti minacciati da radiazioni, esplosioni o diffusione di narcotici. È da supporre che alla maschera saranno assegnati ancora altri e diversi compiti, oggi intuibili – per esempio, nell’ambito di un’evoluzione in cui la fotografia acquisti il ruolo di un’arma offensiva applicata in politica». «In tutte le epoche ci saranno poteri che cercheranno di imporgli una maschera», ma «da tempo immemorabile, si ripete anche lo spettacolo dell’uomo che si toglie la maschera, e la felicità che ne segue è un riflesso della luce della libertà»47.

Abbiamo visto il ruolo della maschera nel rendere l’individuo anonimo e omologato, nel creare la paura dell’altro per poter meglio isolarlo dagli altri. In questo contesto di paura irrazionale e confusione generalizzata le uniche informazioni di propaganda sono contraddittorie e confuse, cosicché anche se emergeranno delle verità, non ci sarà più un individuo in grado di coglierle e di agire di conseguenza. Uno scenario di costruzione di una crisi per fare in modo che le soluzioni a questa crisi siano volute dalle stesse persone e che siano percepite come un bene per l’umanità.

Attuali anche queste sue parole: «Siamo proprio certi che il mondo delle assicurazioni, delle vaccinazioni, dell’igiene scrupolosa, della vita media più lunga sia un vantaggio? […] Quando la nave affonda cola a picco anche la sua farmacia. Ma in simili frangenti contano di più altre cose, per esempio la capacità di sopravvivere diverse ore nell’acqua ghiacciata. L’equipaggio vaccinato e rivaccinato, depurato dai microbi, aduso alle medicine e di età media avanzata ha minori probabilità di sopravvivere di un equipaggio che non sa nulla di questo»48.

Jünger si chiede: «Come reagisce l’essere umano in mezzo a una catastrofe? È in grado di rendersi conto che la storia lo sta ponendo davanti all’abisso? È in grado di percepire il pericolo?»49 e ci indica una strada: «Le catastrofi provano fino a quale profondità uomini e popoli sono radicati nel terreno originario. È importante che almeno un fascio di radici attinga ancora direttamente a quel terreno – poiché è da questo terreno che dipendono la salute e le sue prospettive di sopravvivenza». «Ma se il pericolo aumenta, la salvezza sarà cercata più in profondità, presso le Madri, al cui contatto si sprigiona l’energia primigenia che le semplici forze del tempo non sono in grado di arginare»50. Il legame originario con la Madre – tutte e tutti siamo figlie e figli – porta al principio che deve reggere e guidare ogni comunità: il principio femminile di colei che in potenza può generare, un sapere ancestrale che deriva dai corpi delle donne.
«Nel ribelle sopravvivono tracce di un sapere che ha radici più profonde dei luoghi comuni dell’epoca presente»51. «Ciascuna delle nostre azioni contiene in sé stessa un seme a noi sconosciuto»52.

«L’anarchico nella sua forma pura è colui che riesce a risalire con la memoria a estreme lontananze: a tempi preistorici, anteriori anche al mito. Egli crede che in quel tempo l’uomo abbia realizzato la sua determinazione autentica. Egli vede questa possibilità anche per l’esistenza attuale dell’uomo, e ne trae le sue conseguenze. In tal senso l’anarchico è il conservatore originario, il radicale, colui che ricerca alle radici la salvezza e i mali della società»53.

Senza punti di riferimento saldi tutto diventa confuso e tutto crolla, si è travolti dagli eventi e dalla non comprensione delle attuali trasformazioni. Si è sempre indietro e si è solo in grado di reagire con affanno e sfiancamento ancora prima di un inizio. Un agire che è solo una mera reazione.

Abbiamo sempre affermato «siamo in un passaggio epocale»: per le biotecnologie, la biologia sintetica, la clonazione, le nanotecnologie, la riproduzione artificiale. Erano tutti passaggi epocali, irreversibili, totali e pervasivi. Quello che stiamo vivendo oggi è uno degli ultimi passaggi per trasformare l’essere umano e il vivente tutto in quel mondo artificiale, cibernetico e ingegnerizzato che verrà ridefinito e così percepito come naturale e come l’unico mondo possibile e immaginabile. Uno degli ultimi passaggi per chiudere il cerchio, per distruggere ciò che rende l’umano tale e non macchina, per la completa e definitiva dissoluzione dello spirito dell’umano e dello spirito del mondo.

«Che sia un pezzo di materiale sul campo di battaglia o un ingranaggio nella macchina dell’economia di guerra, l’età moderna ha l’abitudine di ridurre l’essere umano a un oggetto funzionale. Tutto ciò che è “non essenziale” – tutto ciò che ci rende umani – viene allegramente scartato»54.

Non abbiamo più tempo. È questo lo spirito con cui affrontare l’esistente: non c’è più tempo. Ed è così che va sentito in ogni passaggio ed evoluzione degli sviluppi tecnoscientifici. Poi, certamente, arriveranno presto altri passaggi epocali: la rete 6G per il concretizzarsi dell’Internet dei corpi comunicanti in cui l’umano microchippato e irrorato di grafene diventerà un server dell’Internet of NanoThings, l’avvio del Metaverso, i primi hamburger sintetici, l’estensione su larga scala delle terapie geniche a mRNA, della tecnologia Crispr/Cas 9 e della nanomedicina, i primi impianti neurali per persone sane, l’editing genetico della linea germinale (modificazione genetica ereditaria del genoma umano), l’utero artificiale per i nati prematuri… In un testo che scrissi nel 2006, Il futuro è già qui, anche se non ha l’aspetto di una mostruosa chimera, in merito a terapie geniche, clonazione, analisi genetiche prenatali, procreazione, prospettive eugenetiche già si prospettava quello che si sarebbe concretizzato. Al tempo, chi non voleva comprendere la centralità degli sviluppi delle tecnoscienze e chi non voleva opporsi alla loro avanzata, respingeva queste analisi come futuristiche, apocalittiche, distopiche. Oggi tutto è evidente. Non ci sono più scuse. Non possiamo più attendere chi non vuole capire, chi porta avanti progetti marginali, chi non avanza una critica totale e netta contro ogni aspetto e contro ogni tassello posto a fondamento del progetto transumanista.

«Ciò che facciamo sarà necessariamente minuscolo, invisibile, derisorio forse, ma se ci rifiutiamo di contemplare di farlo, è meglio entrare subito nella tomba o avere il coraggio di riconoscere che siamo passati dall’altra parte»55.

Il fiume è in piena, per arrestare l’acqua prima che ci travolga bisogna trovare un argine saldo, quella linea di resistenza per coloro che non devono sempre iniziare da capo, senza memoria, ma che proseguono un percorso affinando lo sguardo per vedere le direzioni e le diramazioni del Potere, comprendendo nel profondo le trasformazioni che ne derivano. Una linea di resistenza per coloro i quali, malgrado tutto, rimarranno in piedi senza farsi travolgere dagli eventi.

È in arrivo la tempesta, che si alzino gli spiriti liberi per combattere senza attese, senza calcoli, senza giustificazioni.

«A che cosa si riduce ormai l’esame della condizione dell’uomo, se non all’enumerazione, stoica o atterrita, delle sue perdite? […]

Spezzati gli specchi, poteva l’uomo non rimanere privo di volto? Non serve ricordare fino a che punto una folla moderna atterrisca per la totale cancellazione, nel numero, del volto umano e di quelle pure, laceranti figure che i volti umani sanno talvolta comporre»56.


Silvia Guerini, Marzo 2022, Bergamo
da L’Urlo della Terra, numero 10, luglio 2022

1E. Jünger, L’Operaio, Guanda, 2000.

2F. Westerman, Ingegneri di anime, Iperborea, 2020.

3E. Jünger, Trattato del ribelle, Adelphi, 1990.

4E. Jünger, Lo scarabeo spagnolo in Il contemplatore solitario, Guanda, 2021.

5E. Jünger, Sulle scogliere di marmo, Mondadori, 1945.

6E. Jünger, Le api di vetro, Guanda, 2020.

7Ivi

8M. Amorós, ¿Dónde Estamos?, Algunas consideraciones sobre el tema de la técnica y la manera de combatir su dominio, Varias editorial, 2011

9Ivi

10E. Jünger, Trattato del ribelle, Adelphi, 1990 (prima edizione in lingua 1951).

11B. Han, Le non cose. Come abbiamo smesso di vivere il reale, Einaudi, 2022.

12F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Adelphi, 1976.

13E. Jünger, Trattato del ribelle, Adelphi, 1990 (prima edizione in lingua 1951).

14B. Han, Il profumo del tempo. L’arte di indugiare sulle cose, Vita e pensiero, 2017.

15Per approfondimenti: Lega Nazionale Contro La Predazione Di Organi e la Morte a Cuore Battente, www.antipredazione.org

16C. Baudelaire, I fiori del male, Edoardo Sonzogno Editore, 1893.

17B. Han, La scomparsa dei riti. Una topologia del presente, Nottetempo, 2021.

18B. Han, La scomparsa dei riti. Una topologia del presente, Nottetempo, 2021.

19Ivi

20M. Heidegger, Saggi e discorsi, cit. in B. Han, La scomparsa dei riti. Una topologia del presente, Nottetempo, 2021.

21Ivi

22M. Heidegger, Il sentiero di campagna, cit in B. Han, Il profumo del tempo. L’arte di indugiare sulle cose, Vita e pensiero, 2017.

23B. Han, Il profumo del tempo. L’arte di indugiare sulle cose, Vita e pensiero, 2017.

24M. Heidegger, Il sentiero di campagna, cit in B. Han, Il profumo del tempo. L’arte di indugiare sulle cose, Vita e pensiero, 2017.

25B. Han, Il profumo del tempo. L’arte di indugiare sulle cose, Vita e pensiero, 2017.

26J. Ellul, Le bluff technologique, Pluriel, 2012.

27S. Weill, La prima radice. Preludio ad una dichiarazione dei doveri verso l’essere umano, SE, 1990.

28B. Han, La società senza dolore, Einaudi, 2021.

29E. Jünger, Sul dolore, in Foglie e Pietre, Adelphi, 1997.

30E. Jünger, Trattato del ribelle, Adelphi, 1990 (prima edizione in lingua 1951).

31B. Han, Il profumo del tempo. L’arte di indugiare sulle cose, Vita e pensiero, 2017.

32E. Jünger, Trattato del ribelle, Adelphi, 1990 (prima edizione in lingua 1951).

33Ivi

34Ivi

35E. Jünger, Trattato del ribelle, Adelphi, 1990 (prima edizione in lingua 1951).

36Ivi

37Ivi

38Ivi

39Ivi

40Ivi

41Ivi

42 Ivi

43 E. Jünger, Trattato del ribelle, Adelphi, 1990 (prima edizione in lingua 1951).

44Ivi

45E. Jünger, Nelle tempeste d’acciaio, Guanda, 2007.

46E. Jünger, Trattato del ribelle, Adelphi, 1990 (prima edizione in lingua 1951).

47Ivi

48E. Jünger, Trattato del ribelle, Adelphi, 1990 (prima edizione in lingua 1951).

49Ivi

50Ivi

51Ivi

52E. Jünger, Sulle scogliere di marmo, Mondadori, 1945.

53E. Jünger, Lo stato mondiale. Organismo e organizzazione, Guanda, 1998.

54E. Jünger

55Maurice Blanchot

56Cristina Campo, Il flauto e il tappeto in Gli imperdonabili, Adelphi, 1987.

Dalle mutazioni alla “riprogrammazione”: il progresso dell’ingegneria genetica

Dalle mutazioni alla “riprogrammazione”: il progresso dell’ingegneria genetica

Può essere che le mutazioni avvengano in tutti i tipi di organismi in modo casuale dall’inizio del tempo. Ma le mutazioni ingegnerizzate, il fiore all’occhiello della biotecnologia negli ultimi decenni, hanno rapidamente ottenuto una pessima fama. I movimenti radicali negli Stati Uniti e in Europa hanno chiesto che tutte le ricerche di questo tipo siano fermate fino a quando il rilascio di organismi geneticamente modificati (mutati) nell’ambiente naturale verrà vietato. Non senza motivo. L’ingegneria genetica interferisce con la struttura delle cellule per creare organismi la cui evoluzione è sconosciuta e, in ogni caso, imprevedibile. Mutazione progettata significa manipolazione genetica progettata – ma anche il più saggio tra i genetisti non metterebbe la mano sul fuoco che non si tratti di un nuovo Frankenstein.

Il primo (micro)organismo geneticamente mutato fu introdotto nel 1987, ed era il batterio p. syringae, che si mise subito al lavoro: fu rilasciato nelle coltivazioni di fragole e patate negli Stati Uniti, con il compito di impedire alle piante di congelare durante l’inverno. Allo stesso tempo, sono iniziati gli esperimenti sulle piante geneticamente modificate, a partire dal tabacco, per rendere le piante di tabacco “resistenti” ai pesticidi chimici spinti dall’industria agrochimica.

Nonostante l’opposizione (più pronunciata in Europa), a partire dagli anni ’90 la coltivazione industriale di piante geneticamente modificate come materia prima per l’industria alimentare ha cominciato a prendere piede, soprattutto negli Stati Uniti. Mais, riso, soia, patate, pomodori e grano geneticamente modificato coprono già milioni di acri, quasi il 16% della superficie coltivata negli USA. Per le aziende di specie geneticamente modificate (che sono diventate un oligopolio dell’agricoltura industriale e, in misura simile, dell’allevamento industriale) i profitti sono ovvi e pazzeschi. Per la specie umana sono incerte, poiché non si sa (di fatto, non si riconosce) quali sono (e saranno in futuro) le conseguenze. In pratica, il capitalismo non ha problemi: crea le crisi e poi appare come la “soluzione”…

Un modo comune di intervento/mutazione genetica è la rimozione di un gene (una parte della sequenza del dna) o l’interferenza diretta con la sequenza. Un altro modo comune è l’introduzione di dna artificiale, “sintetico”, nelle cellule genetiche originali di un organismo (nel caso dei mammiferi superiori questo intervento può essere fatto in una cellula uovo/sperma nell’inseminazione artificiale). I retrovirus sono utilizzati per eseguire questa invasione/aggiunta genetica. È in linea di principio al retrovirus che viene aggiunta la sequenza extra di DNA. Il virus è posto vicino alle cellule bersaglio, e impianta il nuovo DNA nel loro nucleo…

La collaborazione tra virus e genetisti risale a qualche decennio fa – non quello che ci si aspetta di imparare dai media di massa e anti-sociali. Né ci si aspetterebbe di conoscere in questo modo una “rivoluzione biotecnologica”, una “scoperta” fatta per caso da un genetista canadese nel 2010. Derek Rossi ha scoperto un modo per “riprogrammare” le molecole che portano le informazioni genetiche per lo sviluppo delle cellule, comprese quelle umane – e, di conseguenza, “riprogrammare” le loro funzioni.

Queste molecole sono chiamate acido ribonucleico messaggero (messenger ribonucleic acid/mRNA). La capacità di “riscrivere” le istruzioni che portano allo scopo di mutare qualsiasi tipo di cellula vivente all’interno di un organismo (per modificarne la funzione) ha cambiato il corso della biotecnologia in Occidente – e anche questo non si impara guardando uno schermo. Secondo Rossi: “La cosa veramente grandiosa di questa scoperta era che ora potevamo fare mRNA e metterlo nelle cellule, e quindi forzare il loro mRNA a produrre qualsiasi proteina che volevamo”.

“Mutazione”, che era/è il nome dell’intervento direttamente sul dna, un intervento che aveva causato tante polemiche e mentre avanzava nelle sue applicazioni commerciali incontrava ancora ostacoli e serie obiezioni, ha acquisito un “fratello”: la modifica genetica via mRNA, che non “tocca” il dna, e può essere chiamata “riprogrammazione”. In un’epoca di rappresentazioni digitali universali dove l’idea astratta di “programmare” (macchine) è diventata familiare al punto da essere amichevole, la “riprogrammazione” potrebbe essere una buona copertura per far avanzare la ricerca e diffondere le applicazioni delle mutazioni senza provocare gravi opposizioni…

Così grande era la scoperta, così grande il colpo, e così ampia la strada aperta ai genetisti, che Rossi ha formato una società nel 2014, con il finanziamento di (tra gli altri) uno dei tanti fondi di private equity (di origine sconosciuta) che fioriscono nel mondo capitalista occidentale, Flagship Pioneering.1 Questa società si chiama Moderna…

I militari in “prima linea”…

Non si sa cosa Rossi sapesse e non sapesse nel 2014 da anni di ricerche precedenti del braccio tecnologico dell’esercito americano in campi simili al suo. Se c’è un meccanismo che può essere pubblicizzato come “protettore della salute umana” è la DARPA statunitense. La risposta alla domanda quali sono gli interessi generali dell’esercito americano in questo campo della salute e delle malattie è ovvia: la guerra biologica.

Nel 2006 la DARPA ha annunciato un programma di “previsione di salute e malattia” (PHD). Un anno dopo, nell’ottobre 2007, la nota rivista Wired ha commentato:2

“La maggior parte di noi prima starnutisce, tossisce, ha il raffreddore – e poi va da un medico per prendere qualcosa per l’influenza. Il dipartimento di scienze pazze del Pentagono vuole fare il contrario: monitorare costantemente la salute dei militari in modo che la malattia possa essere individuata prima del primo starnuto. È come avere un medico con uno stetoscopio infilato in gola. e una sfera di cristallo nelle sue mani”.

Il progetto di previsione della salute e delle malattie generalizzerà i metodi per identificare se una persona svilupperà una malattia trasmissibile prima che compaiano i sintomi. Mentre i metodi attuali fanno la diagnosi e formulano il trattamento dopo che una persona va dal suo medico, il programma PHD vuole cambiare il modello rilevando i cambiamenti nello stato di base della salute umana attraverso la sorveglianza continua. L’obiettivo è quello di raggiungere il 100% di prontezza del soldato attraverso l’identificazione, l’intervento e il trattamento della malattia prima della comparsa dei sintomi.

DARPA non dice come raggiungerà questo obiettivo – dice solo che ciò richiederà “come minimo metodologie analitiche innovative potenziate da modalità diagnostiche tradizionali e non tradizionali”. Ma questa agenzia sa che tipo di malattie è interessata a rilevare.

È principalmente interessata alle infezioni virali, patogeni delle vie respiratorie superiori che hanno il potenziale di ridurre la prontezza di combattimento dei soldati durante una guerra, e che possono occasionalmente portare a cancellazioni di missioni e alta morbilità nelle caserme. Gli agenti patogeni presi di mira sono i virus dell’influenza, i virus parainfluenzali, i virus parainfluenzali, gli adenovirus, il virus respiratorio sinciziale e altri simili.

Quindi, dato che i militari non possono aspettare, l’agenzia vuole una diagnosi rapida. “L’obiettivo finale di DARPA è quello di creare le innovazioni tecnologiche necessarie per creare un sistema portatile, capace di combattere sul campo di battaglia, altamente accurato, che possa fare un grande volume di test (100 o più) in poco tempo (entro 3 ore) a basso costo.

Si potrebbe considerare questo orientamento “innocente”. Dopo tutto, anche per i militari, si tratta di salute! Ma non lo è. La “diagnosi precoce” in un ambiente militare/guerresco non richiede un’astratta “sorveglianza sanitaria continua”, il tipo di rapporti regolari su come si sente ogni marine. Richiede invece un qualche tipo di “segnalazione” continua da parte dell’organizzazione a un qualche tipo di “centro di test e certificazione” – se possibile automaticamente. Inoltre, anche la diagnosi più precoce è di utilità limitata se non ci può essere una cura rapida. Ovviamente accelerando la diagnosi prima dei sintomi, i ricercatori militari americani vorrebbero prevenire la diffusione di un virus nelle caserme. Ma a seconda della velocità e della frequenza dei controlli/segnalazioni, il male potrebbe diffondersi prima di essere notato e contenuto. Il che significava questo fin dall’inizio: la sorveglianza, la diagnosi e il trattamento avrebbero dovuto tendere verso un unico meccanismo d’azione, quello che avrebbe garantito la massima “efficienza” nel minimo tempo… In altre parole, soddisfare le specifiche militari richiedeva fin dall’inizio – almeno a lungo termine – tecnologie per integrare tutti questi processi. Non più una squadra medica che corre di qua e di là, in condizioni “da campo”, per diagnosticare e curare, ma un’automazione meccanica integrata. Corpi che “emettono” la loro condizione, e sono “riparati” a distanza…

Nel 2010 DARPA, in collaborazione con i ricercatori della Duke University finanziati da DARPA, ha presentato un metodo di analisi genetica del sangue che potrebbe rilevare se qualcuno era stato infettato dai virus/target prima di mostrare i sintomi. Ma una tale analisi dovrebbe ancora essere fatta in un laboratorio; non, come dicevamo, all’interno del corpo stesso

Nel 2014, l’anno in cui Rossi stava costruendo Moderna per sfruttare la sua scoperta dell’mRNA e la mutazione delle cellule, DARPA ha annunciato la creazione del “Biological Technologies Office” (BTO). L’auto-presentazione del dipartimento ha dichiarato esplicitamente:

“L’Office of Biological Technologies sviluppa capacità che riuniscono le caratteristiche uniche della biologia – modifica, replicazione, sintesi – e le applica per rivoluzionare il modo in cui gli Stati Uniti proteggono il loro territorio, e preparano e proteggono soldati, marinai, piloti e marines. BTO aiuta il Dipartimento della Difesa ad espandere le capacità tecnologiche nel rilevare nuove minacce e proteggere la prontezza dell’esercito americano, applicando interventi fisiologici per ripristinare i vantaggi operativi, sostenendo le prestazioni dei warfighter e concentrandosi sulla biotecnologia operativa per il successo operativo”.

È sicuramente un termine gergale. Quindi dobbiamo sottolineare quanto segue, che nel 2014 sono obiettivi biotecnologici dichiarati, obiettivi di ingegneria genetica per l’esercito americano:

Α) La “protezione del territorio”. DARPA estende i suoi obiettivi a tutti i soggetti, implicando almeno la “guerra biologica”.

B) “Interventi fisiologici”. Questo può significare niente meno che interventi biologici sui membri dell’esercito americano.

C) “Sostenere le prestazioni dei guerrieri”. Si può facilmente ipotizzare il potenziamento genetico e biotecnologico dei corpi umani (certamente in ambito militare).

D) Il “focus sulla biotecnologia operativa per il successo operativo”. Cos’altro potrebbe includere questa “biotecnologia operativa” se non armi biologiche?

Dato che DARPA per sua natura non annuncia i suoi programmi di ricerca se non quelli che impressionano o quelli che si assicurano ulteriori finanziamenti, è interessante notare l’annuncio, sempre nel 2014, di un sottoprogramma intitolato “Nanopiattaforme su organismi viventi” (“In Vivo Nanoplatforms” / IVN). Il project manager non lascia spazio a fraintendimenti su ciò che si tratta:

“Il programma In Vivo Nanoplatforms supporta la prontezza militare attraverso lo sviluppo di tecnologie di sensori e terapie che possono essere installate in organismi viventi per garantire la salute e le prestazioni ottimali di ogni singolo guerriero…. Il progetto ha due filoni complementari.

IVN Diagnostics (IVN:Dx) intende sviluppare una piattaforma generica in vivo [cioè in organismi viventi] che fornirà una sorveglianza fisiologica continua del guerriero. In particolare, IVN:Dx sta studiando tecnologie che includeranno nanopiattaforme impiantabili fatte di materiali biocompatibili e non tossici; localizzazione in vivo di piccole e grandi molecole di interesse biologico; rilevamento di composizioni complesse quando si trovano in concentrazioni rilevanti per le conseguenze cliniche; e gestione esterna delle nanopiattaforme senza l’uso di elettronica impiantata per comunicare [ndr: con loro].

IVN Therapeutics (IVN:Tx) è alla ricerca di nanopiattaforme miniaturizzate per trattare rapidamente le malattie nei guerrieri. Questo progetto mira a terapie che aumentino la sicurezza e riducano le dosi necessarie per l’efficacia clinica [ndr: dei farmaci]; ridurre gli effetti collaterali; ridurre l’immunogenicità; aumentare l’efficacia assicurando il targeting di tessuti e/o cellule specifiche; aumentare la biodisponibilità… Se si dimostrano efficaci, queste piattaforme permetteranno la prevenzione e il trattamento delle malattie che preoccupano i militari, come le infezioni da organismi multi-farmaco resistenti”.

Qui nel 2014 il braccio tecnologico dell’esercito americano ha potuto annunciare la possibilità tecnica di “impiantare” (nel corpo) singoli meccanismi (“nanopiattaforme”) per la diagnosi e il trattamento – alla scala di (questo è sicuramente il punto) cellule. Una pubblicazione puramente economica (il business insider) stava già festeggiando in anticipo: questo progetto militare avanzato (insieme ad altri 19) cambierà la vostra vita…

Nel 2014, quando Moderna si preparava ad andare avanti per migliorare e commercializzare l’mRNA e DARPA si preparava a “cambiare le nostre vite”, mancava la cosa fondamentale: l’opportunità (e la sua corretta gestione). “l’ultimo vagabondo americano” ha scritto nel suo blog il 4 maggio 2020:3

“Dalla sua creazione, il programma IVN di DARPA è riuscito a farsi finanziare [dal governo degli Stati Uniti] e ha prodotto ‘idrogel morbidi e flessibili che possono essere inoculati appena sotto la pelle per fare sorveglianza sanitaria, che si sincronizzano con un’applicazione mobile per trasferire istantaneamente i dati sanitari’, un prodotto realizzato dall’azienda Profusa, finanziato da DARPA e dal National Institute of Health (NIH). Profusa, che ha successivamente ricevuto milioni da DARPA negli ultimi anni, sostiene che le informazioni raccolte dal suo biosensore iniettabile possono essere ‘condivise in modo sicuro’ e accessibili a ‘individui, medici e coloro che sono coinvolti nella salute pubblica’. Così, l’attuale spinta per un ‘sistema di tracciamento dei contatti’ nazionale basato sui dati sanitari privati dei cittadini è probabile che espanda questa condivisione di dati, abbinandosi molto bene con l’obiettivo dichiarato da tempo da DARPA di creare un database nazionale online per la diagnostica preventiva.

Profusa è anche sostenuto da Google, che è stato pesantemente coinvolto in queste iniziative di sorveglianza di massa chiamate ‘contact tracing’, e ha l’ex leader della maggioranza del Senato William Frist 4nel suo consiglio di amministrazione… Lo scorso marzo (del 2020) Profusa è stato ri-finanziato da DARPA per vedere se i suoi biosensori iniettabili possono prevedere future pandemie, compresa la prevista ‘seconda ondata’ di covid-19, e identificare quelli infettati fino a 3 settimane prima che mostrino i sintomi. Profusa si aspetta di ottenere l’approvazione della FDA per i suoi biosensori da utilizzare per questo scopo all’inizio del prossimo anno, circa lo stesso tempo in cui un vaccino per il coronavirus dovrebbe essere disponibile”.

Incontri.

Chi altro sarebbe interessato a finanziare la ricerca di Moderna per commercializzare la scoperta dell’mRNA di Rossi? Avete indovinato: DARPA. Nell’ottobre 2013, il braccio tecnologico dell’esercito americano ha dato a Rossi 25 milioni di dollari per far progredire la sua tecnologia di produzione di RNA sintetico. Un rappresentante ha spiegato: “Stiamo finanziando lo sviluppo di tecnologie chiave che possono essere distribuite rapidamente e in modo sicuro per dare alla popolazione degli Stati Uniti una protezione quasi istantanea contro le epidemie di malattie infettive e le armi biologiche progettate.

L’incontro tra DARPA e Moderna era inevitabile. Così come era (e rimane) inevitabile che quando sono necessarie spiegazioni (per qualsiasi ricerca militare biotech) entri in gioco la “protezione della popolazione”.

Nel 2015, la ricerca della DARPA sui vaccini anticorpi sintetici e sul materiale genetico sintetico è stata ampliata, poiché 45 milioni di dollari sono stati assegnati a una società di ricerca sul vaccino del DNA, la Inovio Pharmaceuticals. Allo stesso tempo, tutta questa ricerca (e le corrispondenti promesse entusiastiche e i rapporti dei media) ha cominciato a essere servita con parole scelte. Il corpo umano (cominciarono a pubblicizzare) sarebbe diventato un bio-reattore.

Seguirono i fallimenti. I vaccini a DNA e RNA finanziati da DARPA e le loro rispettive aziende, vale a dire Moderna, Inovio e la tedesca CureVac non sono riusciti a ottenere l’approvazione per i loro prodotti perché essi (i “prodotti”) non hanno indotto l’immunità negli esperimenti umani. Moderna, per esempio, ha cercato e fallito di creare un vaccino contro il virus Zika…

Perché falliamo? I genetisti si sono chiesti. Le ragioni potrebbero essere molte. Ne hanno preferito uno considerato tecnologicamente gestibile: perché il materiale genetico sintetico (RNA e/o DNA) non arriva dove deve andare correttamente. Cosa dobbiamo fare? Guidare noi stessi. Come? Per mezzo delle nanoparticelle… I tecnologi della DARPA avevano già esperienza sul campo!

Un tale lancio tecnologico è diventato ancora più attraente. Dal 2016 il finanziatore di Moderna (e di Inovio) è diventato il medico più potente del mondo. Bill Gates. Almeno 100 milioni di dollari sono stati investiti nella ricerca di Moderna. Tutto sembrava andare bene, tranne due problemi. In primo luogo, queste tecnologie di mutazione delle cellule umane non erano mai state testate, non avevano un valore medico provato, e d’altra parte, la miriade di cose potrebbe essere portata contro. In secondo luogo, non c’era stata nessuna emergenza sanitaria tale che queste conquiste dell’ingegneria genetica potessero essere considerate la “salvezza” – da testare, finalmente, con l’obbligatorietà.

E poi è “apparso” il covid-19: la tempesta perfetta!!!

È a prima vista inconcepibile supporre che tali progressi tecnologici (abbiamo presentato solo una minima parte delle ricerche pertinenti della DARPA e dei suoi “partner” commerciali) potessero rimanere a lungo nei cassetti, mentre i genetisti che sono pagati per farli si limitano a pregare per la salute e la longevità delle popolazioni. La costruzione della bomba atomica potrebbe rimanere un progetto teorico; o potrebbe essere costruita ed esposta nei musei senza essere utilizzata?

Eppure è il buon senso, per lo più, che è stato avvelenato – aiutato da grandi dosi di ignoranza. Da un lato, i mostri, che non capiscono né vogliono capire come “funziona” il capitalismo, sosterrebbero certamente che il covid-19 è un virus fabbricato – scatenato per “ridurre la popolazione umana” (!!!!). D’altra parte, i “soldati della guerra al nemico invisibile”, profondamente timorosi e disciplinati, denuncerebbero qualsiasi operazione capitalista come un prodotto della “cospirazione”.

Ancora. La rivoluzione biotecnologica nella “gestione delle malattie/salute” non ha bisogno di un virus fabbricato per svolgersi! Può sfruttare uno qualsiasi delle migliaia di virus esistenti! Ci ha provato con il virus dell'”influenza aviaria”, ci ha riprovato con il virus dell'”influenza suina”. Hanno fallito e poi fallito ancora, gli esperti nel terrore, nella costruzione di “emergenze” per un uso specifico, ma la ragione non era che quei virus erano “naturali”, per cui ne serviva uno artificiale. Mancavano alcuni elementi: né nel 2005 né nel 2010 era possibile imprigionare centinaia di milioni di occupanti del pianeta nelle loro case ma allo stesso tempo “comunicare”, “lavorare”, “allenarsi”, “divertirsi”. Nel 2020 questo era tecnicamente e socialmente fattibile. E così fu.

D’altra parte, le operazioni capitalistiche e gli sviluppi tecnologici sono, per la maggior parte, così accessibili a chiunque (a chi interessa…) che la tesi di Debord che “non ci sono più segreti strategici del sistema” è un vero e proprio truismo. È una prova di bassa intelligenza per chiunque considerare come “nascosto” tutto ciò che non conosce; e completare la sua ignoranza considerando come “cospirazione” il suggerimento di tutto ciò che potrebbe e dovrebbe conoscere ma a cui è indifferente. Per tali menti, il più grande “teorico della cospirazione” degli ultimi due secoli è Karl Marx: ha mostrato in dettaglio come “funziona” il capitalismo, qualcosa su cui ancora oggi c’è un sacco di gente ignorante che lo considera una ricerca sofisticata…

Il fatto è questo: il punto di sviluppo della base tecnologica del capitalismo nel XXI secolo ha raggiunto un punto tale che le crisi virtuali sono assolutamente necessarie (anche) per fare i veri salti nelle applicazioni. La ristrutturazione capitalista e la quarta rivoluzione industriale non sono letteratura!

Questo punto è ben noto: si producono molte più innovazioni tecnologiche e applicazioni di quante se ne possano assorbire in modo “normale”, al ritmo del mercato e del consumo!

Nel corpo

È giusto da una prospettiva storica attribuire a DARPA la generalizzazione e la manipolazione dell’idea di “asintomatico”. La sua origine è l’HIV: chi è stato infettato può non aver avuto sintomi (e in effetti, anche dopo decenni, molte persone sieropositive non hanno mostrato alcun sintomo, cioè non si sono ammalate). Lo abbiamo sottolineato altrove:5 l’esperienza sociale e medica della sindrome da immunodeficienza acquisita ha cambiato completamente e per sempre la percezione di cosa sia la malattia. Prima dell’HIV, malattia significava sicuramente sintomi. Dopo l’HIV la malattia significava la possibilità di ammalarsi.

Il modo in cui questo rovesciamento del concetto di salute/malattia è stato assimilato dalle popolazioni è complesso. In ogni caso, per la DARPA gli “asintomatici” (cioè: potenzialmente tutti) sono diventati un’arma. Questo perché si adattava perfettamente, cioè legittimava, il suo orientamento verso la sorveglianza continua, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, dello stato di salute dei marines, marinai, piloti, ecc. degli Stati Uniti. Potremmo parlare di “igienismo militarista” – ma non è solo ideologia. E, soprattutto, non si affida ad ogni individuo l’autocontrollo della propria forma fisica. No. DARPA ha progettato – e si è dato molto da fare diversi anni fa – un centro di test continui di fitness in linea di principio per i militari. In nome della guerra.

Il monitoraggio continuo nell’era della bio-informatica cos’altro potrebbe significare se non che ad ognuno è richiesto di essere un costante “trasmettitore” di informazioni sulla sua condizione; e “ricevitore”, quando necessario, di un presunto trattamento appropriato?

Si tratta del passaggio dal regime online al regime onlife secondo la terminologia che abbiamo usato da queste pagine. Tra molti altri scritti analitici di cyborg nel giugno 2017 6 sotto il titolo “Dall’online all’onlife: ingegnerizzare tutto” abbiamo scritto:

“Zeynep Tufekci [un turco-americano] scrive tra le altre cose [nel suo articolo “Engineering the public: big data, surveillance and computational politics”]:

“L’impatto dei big data sulla sfera pubblica attraverso le politiche informatiche si diffonde attraverso dinamiche multiple e interconnesse …

In primo luogo, la crescita della mediazione digitale nelle relazioni sociali, politiche ed economiche ha portato a un aumento esponenziale del volume e del tipo di dati disponibili, a disposizione specificamente delle grandi imprese e organizzazioni che sono in grado di gestirli.

In secondo luogo, l’emergere di metodi computazionali permette di passare dall’analisi di insiemi vagamente definiti alla profilazione di individui specifici.

In terzo luogo, questa profilazione permette di porre domande sull’individuo senza porre domande all’individuo; aprendo così la strada a nuove tecniche di occultamento e opacità.

In quarto luogo, lo sviluppo delle scienze comportamentali ha portato a uno spostamento dai modelli dell’‘uomo razionale’ a modelli più accurati, elaborati e realistici del comportamento umano. Combinati con gli sviluppi in altri campi, questi nuovi modelli permettono un miglioramento attraverso le reti di ingegneria sociale.

Quinto, le reti digitali permettono a questi metodi di ingegneria sociale di essere testati sperimentalmente in tempo reale, e applicati immediatamente, aggiungendo un livello di dinamismo precedentemente sconosciuto al controllo della sfera pubblica.

Sesto, i dati, gli strumenti e le tecniche che compongono questi metodi richiedono l’accesso a dati costosi e brevettati, e ‘lavorano’ attraverso algoritmi invisibili. Sono una sorta di ‘scatola nera’, algoritmi che sono la ‘proprietà intellettuale’ di, e utilizzati da, un piccolo numero di aziende internet. In altre parole, un qualsiasi utente ordinario non è a conoscenza della loro esistenza”.

DARPA aveva i presupposti per dare alla generalizzazione dell’onlife uno scopo specifico (“la protezione della salute”…) e una metodologia specifica (“installazione di microcircuiti nel corpo”). La concezione del corpo come organismo in guerra, come “fili viventi” di singole macchine-uomo, non poteva essere limitata solo alla manipolazione di macchine digitali/elettroniche esterne, separate dal corpo umano. Il fine del processo di fusione dell’umano e dell’elettromeccanico, o più precisamente l’inizio di uno stato completamente nuovo, è indicato dai progetti di ricerca di tipo IVN. Che “salute” e non, eventualmente, altri titoli popolari di campagne del sistema (come, ad esempio, “politica pubblica”) sia diventato il vessillo proveniente da DARPA è la prova di ciò che il militarismo americano (e non solo) ha visto come la porta d’ingresso delle relazioni sociali: l’igienismo (sociale) di massa…

L'”ultimo vagabondo americano” nello stesso articolo (citato prima), nota:

“Un altro programma DARPA di lunga durata, ora supervisionato dal BTO, è noto come Living Foundries. Secondo il sito web della DARPA, il programma Living Foundries “mira a creare molecole sintetiche su richiesta versatili, scalabili e fabbricabili programmando i processi metabolici fondamentali dei sistemi biologici per produrre un gran numero di molecole complesse che altrimenti non potrebbero esistere. Attraverso Living Foundries, DARPA sta trasformando la bioingegneria sintetica in una pratica di ingegneria prevedibile che sosterrà una vasta gamma di obiettivi di sicurezza nazionale…

Qui DARPA si aspetta una pura “capacità produttiva” della confluenza vivente/ingegnerizzato alla microscala dei “processi metabolici fondamentali dei sistemi biologici”, cioè la vita – e aggiunge una spiegazione astratta e generalizzata di “sicurezza nazionale”. Ma la “salute” ha dimostrato di essere lo slogan più vantaggioso per il più feroce attacco dell’ingegneria genetica e dell’ingegneria di ogni cosa fino ad oggi. Questo perché nel mondo capitalista sviluppato, sembra che ogni altro concetto di salute si sia estinto, tranne quello promosso dai vari rami dell’industria della salute.

Questo è l'”ideale” per i fans dell’”Umano aumentato”!!!! Il post-umanesimo che, dopo essere stato annunciato qualche anno fa sembrando una fantasia futuristica di qualche spettacolo (ma anche di imprenditori del complesso bio-informatico-assicurativo) sta ora entrando massicciamente nell’agenda attraverso i vaccini mRNA.

Perché ciò che DARPA (e molti altri “istituti”, “centri di ricerca”, università, imprese, ecc.) sta cercando è ben oltre i campi di battaglia e le guerre è forse facile da capire. Come per il “lavoro di distruzione” (la guerra) così per il “lavoro di creazione”, le forme di lavoro che chiamiamo abitualmente produzione, sono le macchine a determinare la velocità, l’intensità e l’efficienza; nella misura, sempre, in cui si impongono sul lavoro vivo. Lo stesso è avvenuto negli ultimi quattro decenni per il consumo: la mediazione meccanica lo intensifica, riducendo drasticamente il ciclo di riproduzione di qualsiasi capitale.

Quindi, se diventasse tecnicamente possibile ridurre le distanze temporali e spaziali tra le macchine e la materia prima della vita (le cellule), cioè se diventasse possibile avere macchine molecolari all’interno delle cellule (il muscolo, il nervo, anche il cervello) per dirigere i processi vitali alla loro fonte, ciò sarebbe perfetto dal punto di vista capitalista!

Questo è il salto strategico che i vaccini mRNA promettono di avviare! Va da sé che mutano le cellule umane… Tuttavia, gli ideologi di Human plus l’avevano dichiarato per tempo: l’evoluzione della specie umana, che finora si è svolta in modo estremamente lento e naturale, è stata completata; d’ora in poi la continuazione dell’evoluzione sarà tecnicamente mediata!

Quindi guardate gli ultimi 10 mesi al contrario. Se non si gonfiasse al massimo la minaccia di un virus che sarebbe difficilmente distinguibile, in altre circostanze, dal solito virus influenzale; se non si fabbricasse intensamente e spietatamente la paura della morte; se non si mettesse in pratica la politica di morte del controllo violento della vita quotidiana; se non si creassero le condizioni ideologiche e istituzionali per dichiarare l’ingegneria genetica (senza, naturalmente, citare minimamente né quel nome né altri simili) come “salvatore dell’umanità”; se questa “guerra contro un nemico invisibile” non fosse, in fondo, una vera e propria guerra per il controllo dei rapporti sociali e delle soggettività, allora che ne sarebbe dell’attuale tendenza capitalista a ingegnerizzare tutto?

Ziggy Stardust
Tradotto dal greco dalla rivista Cyborg, numero 19, Atene

Pubblicato in L’Urlo della Terra, numero 10, luglio 2022


Note

1 – Flagship Pioneering è specializzata nel finanziamento di aziende biotech. I suoi “beneficiari” includono AstraZeneca, il braccio della scienza della salute di Nestle, e il braccio agri-biotech di Bayer…

2 – Darpa Goal: Phychic Doctors, 11/10/2007, Noah Shachtman.

3 – Coronavirus gives a dangerous boost to DARPA’s darkest agenda (Il Coronavirus dà una spinta pericolosa all’agenda più oscura della DARPA).

5 – Sarajevo.pdf 147a, 148a.

6 – Cyborg n. 9.