28 – 29 – 30 Luglio 2023 TRE GIORNATE CONTRO LE TECNO-SCIENZE

Quinto incontro internazionale:
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829 – 30 Luglio 2023
TRE GIORNATE CONTRO LE TECNO-SCIENZE
presso Altradimora, strada Caranzano 72, Alessandria (AL), Italia

A breve seguirà il programma delle giornate

Nella scorsa edizione di queste tre giornate ci siamo soffermati sulla Grande Trasformazione in corso, su tutti i suoi principali aspetti dove questa è radicale: a volte lenta e impercettibile ai più, altre volte imposta in nome dell’urgenza di un’ennesima dichiarata emergenza che sia sanitaria o climatica. In tutto questo vi è un comune denominatore che fa da motore verso questi nuovi tumultuosi cambiamenti, che non sono fatti per aggiungersi alla realtà presente, ma per disintegrarla e polverizzare la memoria del passato. Questo denominatore è la Guerra, non da intendere solo come conflitto tra due paesi o tra più forze e poteri come assistiamo attualmente. Piuttosto Guerra come nuovo paradigma dove d’ora in poi ci toccherà vivere. Siamo completamenti immersi in una Guerra, rivolta contro i nostri corpi ridotti a cavie da manipolare geneticamente, contro la vita responsabile di avere una nascita e una morte, contro la procreazione che deve diventare artificiale, contro la natura come principale testimonianza di cos’è la vita fuori dall’artificializzazione del laboratorio, con i suoi lenti ritmi scanditi anche dai suoi tratti biologici, contro il senso stesso di essere umano, reso mera appendice scomponibile e rimontabile continuamente in mille universi fluidi. E, ovviamente, non poteva mancare la Guerra contro i portatori di pensiero critico trasformati da antagonisti al sistema a folli, a cui si frappone non più solo la mera propaganda, ma un processo inedito di annientamento del pensiero stesso. Chi era contro i sieri genetici voleva far morire le persone, chi non crede alla narrazione ufficiale sul cambiamento climatico è nemico del pianeta, chi non vuole la Guerra è nemico della pace, chi si oppone ai Biolaboratori rifiuta la “sicurezza sanitaria” e chi è contro il pacchetto gender transumano nega i nuovi “diritti”.
Le emergenze hanno un loro universo di senso che le accomuna, non prevedono critica e hanno precisi paladini che le sostengono parlando algoritmicamente di salute, ambiente, pace, diritti, procreazione, umanità… Una salute che passerà da sieri genici a mRNA, terapie geniche e nanomedicina, un ambiente che verrà salvato da tecniche di geoingegneria, nuovi OGM e carne sintetica, una pace che passerà attraverso non solo le armi atomiche, ma anche da quelle biologiche, una procreazione eugenetica che diventerà la nuova normalità. Un’umanità che non sarà più tale.
Ovviamente non manca la costruzione dei nuovi antagonisti verdi neomaltusiani nati in un clima di emergenza e necessari per mantenerlo tale e per legittimare la Grande Trasformazione tecnoscientifica, transumana e digitale che corre con la rete 5G.
La nuova neolingua ci porta altrove e le vecchie parole ricomposte non hanno più il significato originario nella realtà. In questo nuovo universo che corre veloce e che si va delineando non si vedono posizionamenti stabili di resistenza, piuttosto dei rotolamenti confusi, adattati alla corsa dell’emergenza stessa. Lo stesso significato di Libertà ancora una volta è svuotato di senso e ci ritroviamo a parlare di libertà di scelta per i sieri genici o, più recentemente, alla libertà di difendere la propria privacy magari sul modello delle nuove società di “Intelligenza Artificiale etica” di Elon Musk.
In queste tre giornate parleremo di questo nuovo paradigma di Guerra che tutto sovrasta e delle possibilità per resistervi a partire, come sempre, da lotte che partono realmente dal basso. Abbiamo visto troppi specialisti del dissenso in questi ultimi anni confondere e allontanarci dalla costruzione di vere progettualità e di percorsi di resistenza fatti per durare e crescere, troppi tecno-critici che nell’universo bionanotecnologico non hanno trovato così sconforto, ma nuove possibilità da investire nella galassia alternativa.
Tornare ad incontrarci resta punto fermo fondamentale. Dove digitale, telegram, social, whatsapp corrono veloci ribadiamo l’importanza del fermarsi, della necessità dell’ascolto, della complicità ritrovata, delle parole complesse, della bellezza e della gioia di trovarsi da persone libere, senza alcun calcolo politico da mantenere, ma unicamente per accrescere i nostri strumenti per comprendere il presente e scoprire l’impegno e il coraggio per iniziare una lotta, quella che non si può mai delegare a nessuno.

Resistenze al nanomondo, Bergamo, 25 Aprile 2023

Il luogo dove si svolgerà l’incontro, Altradimora, (www.radiodelledonne.org/altradimora) è una casa con dei posti letto e la possibilità di mettere delle tende nel prato davanti casa.
Daremo colazioni, pranzi e cene per tutte le giornate con alimenti biologici, vegani e da produttori locali. Il costo per soggiornare nella struttura che prendiamo in affitto è di 10 euro al giorno, per le tre giornate sono 30 euro a persona. Per i pasti chiediamo un offerta minima di 10 euro.
Aiutaci ad organizzare l’incontro al meglio, diffondendo il più possibile questa presentazione e il programma. Per partecipare sarà necessaria, con anticipo, la prenotazione.
Lo spazio sarà libero da wi-fi e chiederemo di spegnere i telefoni durante i dibattiti per tutelare le persone elletrosensibili (e tutti noi).

Qui il programma del precedente incontro:
https://www.resistenzealnanomondo.org/necrotecnologie/biotecnologie/programma-tre-giornate-contro-le-tecno-scienze-2/

Per informazioni, prenotazioni e contatti:
www.resistenzealnanomondo.org, info@resistenzealnanomondo.org
www.facebook.com/3giornatecontroletecnoscienze/ (in fase di aggiornamento)

NESSUNA E NESSUNO NASCE IN UN CORPO SBAGLIATO – Denunciamo le conseguenze irreversibili dei bloccanti della pubertà

Ieri 23 Marzo davanti all’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze per un volantinaggio contro la medicalizzazione dei bambini e bambine con i bloccanti della pubertà.
Qui puoi leggere il volantino distribuito e un commento sui supporters degli specialisti del Careggi.

Da varie parti d’Italia è arrivato un gruppetto di anarco-queer, transfemministe/i. Lo scopo era contestare l’iniziativa supportando l’operato degli specialisti del Careggi. Ovviamente nel far questo, come ormai è quasi da tradizione, hanno superato gli stessi specialisti esperti in transumanesimo che a Careggi hanno come obiettivo i corpi dei bambini e delle bambine. Come già abbiamo visto nei mesi scorsi con i sieri genetici in nome di qualche presunta libertà si fanno passare le peggiori nefandezze sui corpi tutti. Questi contestatori adesso possono contare anche sulla neo eletta Schlein che è stata prodotta nei soliti laboratori di ingegneria sociale apposta per universalizzare il pacchetto gender transumano: utero in affitto, procreazione medicalmente assistita, “identità di genere”, “autocertificazione di genere”…


NESSUNA E NESSUNO NASCE IN UN CORPO SBAGLIATO
Denunciamo le conseguenze irreversibili dei bloccanti della pubertà

L’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi a Firenze è uno dei principali centri specializzati nell’ambito della «diagnosi e terapia dell’incongruenza di genere» anche per i trattamenti in età adolescenziale, nel corso del 2020 ha preso in carico 40 adolescenti.

L’endocrinologa Alessandra D. Fisher che lavora in questo ambito presso il Careggi in un servizio su Fan Page ha affermato che «i bloccanti sono completamente reversibili, in qualsiasi momento l’adolescente lo desideri può interrompere e la pubertà riprende fisiologicamente in accordo al genere assegnato alla nascita».

Ma la verità è un’altra.

Innanzitutto la creazione della bambina, del bambino e dell’adolescente “transgender” è un rapimento dell’infanzia, una mercificazione, un annullamento e una distruzione dei loro corpi e della loro interiorità. Questo fenomeno in esplosione è una mistificazione e riscrittura della realtà e un indottrinamento ideologico.

L’inizio del trattamento farmacologico con i bloccanti della pubertà e successivamente degli ormoni del sesso opposto, così detti ormoni incrociati, costituisce una vera e propria sperimentazione su bambine/i e ragazze/i e una loro medicalizzazione. Vorrebbero premere un pulsante di pausa, ma questo non è possibile e le conseguenze sono irreversibili.

Questi trattamenti di fatto sono delle sterilizzazioni. Non è un caso l’aumento delle richieste di crioconservazione degli ovuli e dello sperma prima di intraprendere il percorso di transizione, chi vorrà diventare in futuro genitore potrà farlo solo ricorrendo ai centri di riproduzione artificiale.

Gli ormoni sessuali rilasciati in pubertà sono necessari allo sviluppo delle ossa e del cervello. Un effetto ormai accertato come irreversibile è proprio la demineralizzazione ossea che porta a una crescita ridotta in altezza e forza ossea. Numerose le possibili patologie nell’età adulta come obesità, diabete, problemi cardiovascolari e problemi psicologici.
Anche qualora la bambina o il bambino sospendesse il trattamento – per quando riguarda i bloccanti la somministrazione è prepuberale, si tratta quindi di bambini/e tra i 9 e i 12 anni – i problemi alle ossa e l’osteopenia precocissima sarebbero irreversibili, così come gli altri effetti, dalle problematiche legate alla fertilità a quelle per lo sviluppo del sistema nervoso.

I bloccanti sono il primo passo della transizione. Quasi mai il trattamento viene interrotto, nel 98% dei casi dai bloccanti si passa agli ormoni del sesso opposto: un avvio alla transizione con interventi medici e chirurgici irreversibili.

Anche il Karolinska Institute di Stoccolma davanti all’evidenza ha dovuto ammettere di aver esposto bambine e bambini al rischio di «gravi lesioni» e di aver «danneggiato irreversibilmente degli adolescenti» dopo la somministrazione di bloccanti e ormoni. «Leo aveva solo undici anni quando iniziò il trattamento medico. A poco più di quattro anni dall’inizio del trattamento si è scoperto che soffriva di osteoporosi e alterazioni vertebrali, aveva smesso di crescere», leggiamo in un’autodenuncia dell’ospedale svedese.

Dopo Svezia, Finlandia ed Inghilterra, anche la Norvegia frena il “modello affermativo di genere” affermando la rischiosità e l’irreversibilità di questo approccio: «interventi rischiosi e irreversibili forniti ai giovani le cui identità si stanno ancora formando». Mettendo in luce il rapido aumento della diagnosi di “disforia di genere” e «diverse tendenze preoccupanti: il rapido aumento della disforia di genere negli adolescenti (soprattutto femmine), l’elevato carico di malattie mentali (75%) e un’elevata prevalenza di condizioni neurocognitive (ADHD/autismo, Tourette) nei giovani colpiti».
Anche la Società Psicoanalitica Italiana prende posizione e lancia un grido di allarme: l’uso di bloccanti della pubertà è un trattamento sperimentale, causa gravi effetti collaterali e il disagio che i bambini e adolescenti avvertono nella fase di sviluppo scompare se non vengono medicalizzati.

Alla retorica usata per giustificare la somministrazione dei bloccanti della pubertà per permettere di “dare tempo” rispondiamo che è l’esatto contrario: sono proprio i bloccanti a impedire la fisiologica maturazione, lo sviluppo sessuale e una più chiara comprensione di sé. Il processo di pubertà viene silenziato.

In aumento i casi di detransizione, soprattutto ragazze. Ascoltiamo le loro testimonianze, tragiche, di ragazze macellate chirurgicamente e rese sterili che, di fatto, anche interrompendo l’assunzione di ormoni non possono più tornare indietro.
L’ “identità di genere” riconferma e rafforza gli stessi stereotipi di genere. Una bambina, un bambino e un adolescente che non rientrano nelle caratteristiche e nei comportamenti socialmente accettati che dovrebbero avere in base al loro sesso di nascita, vengono spinti a considerarsi come “nati in un corpo sbagliato” e non come una persona che semplicemente non rientra negli stereotipi.

Associazioni come LGB Alliance e Lesbian United definiscono la terapia farmacologica sui minori come una pratica omolesbofobica considerando che la grande parte di queste bambine e bambini si scoprirebbero poi lesbiche ed omosessuali.
Disturbi alimentari, autismo, depressione, disagi adolescenziali, difficoltà con il proprio corpo in evoluzione o omosessualità, lesbismo e comportamenti che non rientrano negli stereotipi, tutto questo non viene più preso in considerazione e viene trasformato in quella che viene definita “disforia di genere”.

Guardiamo quello che accade negli altri paesi.
In America sono forti le proteste dei genitori: «Questi bambini non sono vostri» urla una madre americana rompendo il silenzio e la censura denunciando l’indottrinamento a cui sono sottoposti bambine e bambini, dai 5 ai 13 anni, delle scuole elementari e medie americane e canadesi a cui viene insegnato che il sesso non esiste, che possono scegliere se essere maschio o femmina, che hanno un’ “identità di genere” più significativa del sesso biologico.

In Spagna la Ley Trans ha esteso l’ “autocertificazione di genere” ai minori di 12 anni.
Per i minori tra i 14 e i 16 anni se i genitori negano il consenso il minore viene affidato a un tutore e sarà un tribunale a decide per il percorso di transizione. Di fatto, questo nega la possibilità dei genitori di opporsi: il bambino e la bambina vengono strappati dalla potestà genitoriale da un sistema tecno-medico che entrerà con forza nella loro vita.
La trans-industria glitterata è ora all’assalto di bambine, bambini e adolescenti. Forti le pressioni nei social e in ogni ambito. Le nuove generazioni sono il banco di prova per il nuovo ordine mondiale, per questo è così centrale strappare i figli dalle famiglie, per consegnarli ai tecnici in camice bianco che li plasmeranno secondo i nuovi dettami transumani e che decideranno quale sarà il loro “miglior interesse”.

Le cliniche dell’ “identità di genere” e il grande biomercato delle identità vendono illusioni sintetiche aprendo allo smontaggio dei corpi verso un essere umano neutro reso sterile pronto per i laboratori della riproduzione artificiale.

Chiediamoci come mai le rivendicazioni delle organizzazioni LGBTQ+ sono sostenute e finanziate dal mondo della finanza e dal comparto bionanotecnologico e farmaceutico, da quell’élite di potere transumanista. La decostruzione della nostra umanità nelle sue radici sessuate è un tassello in un più ampio processo verso la costruzione di un essere umano neutro, vuoto, plasmabile, indifferenziato, frammentato, sradicato, senza identità, senza spirito, senza valori, senza memoria, senza radici, senza legami familiari e comunitari.

Il corpo neutro apre alla normalizzazione dell’alterazione della biologia umana, apre alla modificazione genetica dei corpi. Resistere al transumanesimo parte anche da qui.

Contro l’ideologia gender e il pacchetto transumano che prevede “identità di genere”, “autocertificazione di genere”, utero in affitto, procreazione medicalmente assistita.

I corpi sono inviolabili, non sono dei laboratori viventi nelle mani dei tecnocrati transumanisti ed eugenisti. Giù le mani da bambine e bambini.

Keira Bell – ragazza che ha detransizionato e che ha portato in giudizio il “Servizio per lo sviluppo dell’identità di genere” della Fondazione Tavistock and Portman
«Non voglio che altri giovani disperati, confusi e soli come lo ero io, vengano spinti a credere che la transizione sia l’unica risposta a tutte le loro domande. Ero una ragazza infelice che aveva bisogno di aiuto, e mi hanno trattata come una cavia».

Luka Hein – ragazza che ha detransizionato
«[…] Questa non è la soluzione. Distruggere il mio corpo, la mia vita. Non so come sarà il mio futuro. E non so qual’è il mio posto nel mondo. Non c’è posto per me. È a causa di ciò che mi è stato fatto, di ciò che ho fatto a me stessa. Non sarò mai un vero maschio e a questo punto non posso neanche tornare indietro. E vi diranno: “non succede, nessuno pratica masectomie alle adolescenti, è tutto a posto, è reversibile, puoi tornare indietro, puoi fare tutto questo”. E se non puoi? Si chiama danno irreversibile per una ragione. Ora sono qui, a vent’anni, a chiedermi se sarò mai in grado di avere figli, e a sperare, a pregare di non essermi danneggiata irreversibilmente da quel punto di vista».


Firenze 23 Marzo, 2023
Resistenze al nanomondo, www.resistenzealnanomondo.org
FINAARGIT, www.finaargit.org

Verso il controllo totale delle nostre menti

Stentrode: il primo dispositivo interfaccia cervello-computer impiantato nell’essere umano

Risale ormai all’Estate dell’anno scorso la notizia che la FDA (Food Drugs Administration), agenzia americana che si occupa tra le varie cose della sicurezza di farmaci e alimenti, ha approvato l’avvio dei test clinici per il primo impianto cerebrale ad alta tecnologia sull’essere umano in persone affette da paralisi. Il dispositivo interfaccia cervello-computer si chiama Stentrode ed è stato progettato e sviluppato da Synchron, sturtup di punta nel settore delle neurotecnologie.

Per questo progetto i finanziamenti iniziali sono stati forniti dalla US Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) e dal Dipartimento della Difesa (DoD). A seguire anche il National Institutes of Health (NIH), Gates con Gates Frontier e Bezoz con Expeditions hanno elargito le somme necessarie per la messa a punto di una nuova tecnologia di interfaccia endovascolare cervello-computer.

Synchron ha battuto sul tempo Neuralink per la prima approvazione della FDA proprio grazie al suo dispositivo che può essere impiantato senza intervento chirurgico, ma con una procedura poco invasiva: questo non viene impiantato direttamente nel cervello, ma viene connesso a quest’ultimo tramite i vasi sanguigni.

Questa prima autorizzazione, come avviene sempre in questi casi, farà non solo da apripista ad altre autorizzazioni, ma incentiverà ricerca e sviluppo in questa direzione, permettendo anche di cambiare l’intero corso di un settore. Anche il più noto Musk con Neuralink sta aspettando l’autorizzazione per testare il suo dispositivo, al momento i suoi scienziati si devono accontentare di seviziare con terribili esperimenti di vivisezione numerosi primati, scuola necessaria per passare agli umani e poter in questo modo giustificare qualsiasi pratica altrimenti ingiustificabile.

Il CEO di Synchron ha dichiarato: “Il nostro obiettivo è quello di essere in grado di ricevere dati da tutte le aree del cervello per un ripristino, trattamento e mappatura delle attività elettriche del cervello”. La mappatura del cervello ci rimanda al Human Brain Project (Brain Research Through Advancing Innovative Neurotechnologies) – il corrispettivo del Progetto Genoma umano – un progetto di ricerca avviato nel 2013 con l’obbiettivo di creare una simulazione informatica del completo funzionamento del cervello umano. Questo progetto è stato reso possibile dal finanziamento di un miliardo di euro stanziato dalla Commissione Europea nel quadro del programma “Tecnologie Future ed Emergenti” (FET- Future and Emerging Technologies) che insieme a questo aveva finanziato anche il Progetto Graphene.

Human Brain Project a seguire ha visto finanziamenti da parte dell’Istituto Nazionale per la Salute (NHI), dell’Agenzia dell’esercito americano per i progetti avanzati di ricerca (DARPA) e tra i soggetti spicca anche l’Università Rockefeller impegnata in un team di ricerca.

L’interconnessione tra i progetti Cervello Umano e Grafene sarà sempre più evidente, sono anni che è in avvio questa convergenza, adesso siamo a quel punto. Il Grafene è un nanomateriale fondamentale per lo sviluppo dell’elettronica su scala nano e micro e può essere usato come superconduttore, assorbitore di onde elettromagnetiche, trasmettitore e ricevitore di segnali proprio per le sue particolari proprietà dal punto di vista fisico, termodinamico, elettronico e magnetico. Sono stati sviluppati nuovi impianti cerebrali a base di grafene, interfacce cervello-computer di nuova generazione, Andrea C. Ferrari, responsabile scientifico e tecnologico della Graphene Flagship, afferma: “La Graphene Flagship ha riconosciuto presto il potenziale del grafene e dei materiali stratificati per applicazioni biologiche. Questo notevole lavoro ci avvicina alle applicazioni in questo settore, con un nuovo strumento abilitato dalle proprietà uniche del grafene”.

Quando i ricercatori affermeranno di aver mappato l’intero cervello umano questo non significherà che avranno raggiunto una sua completa comprensione, ma significherà che lo avranno semplificato, impoverito e ridotto a livello di una macchina. Come per quanto riguarda la riprogettazione del vivente attraverso la biologia sintetica renderanno la mente umana funzionale agli imperativi del paradigma laboratorio.

Sulla pagina internet della startup Synchron si legge: “I vasi sanguigni forniscono accesso a tutte le regioni del cervello e su larga scala, senza aver bisogno di procedere chirurgicamente. Il nostro primo obiettivo è la corteccia motoria per il trattamento della paralisi, che rappresenta una necessità impellente per milioni di persone in tutto il mondo e un’opportunità di mercato di 20 miliardi di dollari”. Non nascondono i profitti che trarranno dall’apertura di questo nuovo bioneuromercato, ma il fine non è semplicemente ottenere dei nuovi profitti e il trattamento di determinate patologie sarà il pretesto e il trampolino di lancio per universalizzare i loro dispositivi a persone sane e quindi al mondo intero, o almeno dove la propaganda sarà riuscita a far passare la necessità di simili impianti. Per le persone affette da disabilità o determinate patologie verrà prima instillata e poi venduta l’illusione di una possibile terapia che per le persone sane diventerà la possibilità di quello che verrà considerato come un miglioramento. Non sarà un miglioramento, ma un continuo adattamento in una società biomedicalizzata, perché non vi sarà mai fine, ottenuto un trattamento renderanno fondamentale anche il successivo.

Esplicite le parole di Musk per capire dove vogliono arrivare: “La visione a lungo termine è creare dispositivi sufficientemente sicuri e potenti da essere desiderati da individui sani”. Il primo passo sarà l’applicazione per persone affette da determinate patologie per poi estendersi a tutti in un processo che non verrà imposto, ma che vedrà la creazione del desiderio di voler un dispositivo sotto pelle e di voler implementarsi.

Pensiamo ai farmaci psicotropi che vengono prescritti per il trattamento di così dette “patologie” come la depressione o l’iperattività che possono essere usati da persone sane come “accrescimento” delle proprie “performance”, “meglio che in buona salute” riprendendo uno degli infelici slogan della Pzifer. Questi farmaci creano la condizione per cui, una volta normalizzato il loro uso, diventano poi indispensabili per ciò che verrà ritenuto l’ottimale prestazione, in un circuito che non vedrà mai fine.

Il nostro corpo costituirà un handicap e si normalizzerà l’idea di un essere umano infinitamente incompleto e inadatto, da implementare e ottimizzare inseguendo una continua bioperfettibilità che arriverà a negare proprio quello che ci contraddistingue come umani dalle macchine e dai circuiti cibernetici. L’esistenza sarà totalmente protocollata e sottoposta ai dettami degli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale che in tempo reale analizzeranno i parametri delle funzioni biologiche dei corpi: anche la vita diventerà un bene da dover gestire e massimizzare. Anche la vita sarà sottoposta all’ossessione della calcolabilità effettiva per la previsione di ogni possibile patologia o problematicità che dovrà poi essere preventivamente affrontata con terapie geniche a mRNA o a DNA ricombinante.

Dei passaggi che un tempo avrebbero necessitato di più tempo oggi in tempi di emergenza permanente e di transizione digital-ecologica si fanno più veloci. Come ha chiaramente espresso a Davos Harari, consigliere di Klaus Schwab: “Il Covid è fondamentale perché questo è ciò che convince le persone ad accettare, a legittimare, la sorveglianza biometrica totale. Se vogliamo fermare questa epidemia, non dobbiamo solo monitorare le persone, dobbiamo monitorare ciò che sta accadendo sotto la loro pelle”.

Sono passaggi fondamentali che vanno compresi nel profondo e in ciò che trasformano qui e adesso. Sono soglie e una volta superate non si può più tornare indietro. Sono dei transiti che stanno dirottando l’umanità nel Metaverso virtuale, in un mondo sintetico e artificiale che verrà concepito come l’unica possibilità con un controllo totale degli spazi che si allargherà verso i corpi tutti. Preparandoci al peggio creiamo nuove forme di Resistenza.

Resistenze al nanomondo, 16 Febbraio 2023
www.resistenzealnanomondo.org

In merito ad una discussione mai nata

In merito ad una discussione mai nata

L’assemblea popolare Resistere al Transumanesimo di Bergamo ha deciso di uscire dal Coordinamento lombardo Oltre il Green Pass.

Il nostro percorso all’interno del Coordinamento lombardo è stato piuttosto breve. Il tempo di partecipare alla realizzazione della manifestazione nazionale del 26 novembre a Milano, dove espressamente ci è stato chiesto di portare alcuni dei nostri temi, considerando il lavoro di lunga data da noi portato avanti su questioni come transumanesimo, digitale, attacco al vivente perpetrato con l’ingegneria genetica…

Sul palco della manifestazione, nel nostro breve e unico intervento, abbiamo ribadito i nostri contenuti, precedentemente condivisi con tutto il coordinamento, insistendo contro i sieri genetici a mRNA e contro qualsiasi regolamentazione e libertà di scelta per quello che è un attacco ai corpi. Sullo stesso palco invece l’aspetto della libertà di scelta è stato toccato in altri momenti. Per qualcuno, forse, se ci ha fatto caso, era solo una contraddizione, per noi invece era un qualcosa di più importante e rimandava a determinate analisi di fondo con cui si costruisce un percorso di lotta.

Dalla nostra entrata nel coordinamento lombardo siamo stati immediatamente consapevoli delle differenze date da diversi percorsi e storie personali dei singoli gruppi. Banalmente, si dice di solito, le differenze sono una grande ricchezza, cosa più che giusta, ma concretamente però serve una grande volontà e un pensare molto libero per riuscire a stare insieme.

Dopo la manifestazione anche noi veniamo a conoscenza, a pezzetti, perché non siamo dentro chat, telegram e messaggistica virtuale varia, che era in corso un’opera di screditamento da parte di alcuni gruppi vicini ad aree marginali di estrema destra milanese, di un membro del coordinamento piuttosto in vista considerando anche i suoi tre interventi alla manifestazione, dove, in uno di questi, veniva criticata anche la Smart City e la digitalizzazione.

La puntualità di un simile attacco, due giorni dopo la manifestazione del 26 novembre, con precise insinuazioni, è evidentemente da contestualizzare politicamente come tentativo di screditare l’importante lavoro fatto fin ora dal Coordinamento, la grande partecipazione alla manifestazione e anche l’importante lavoro locale su Milano portato avanti dal gruppo Miracolo a Milano.

Il momento di difficoltà, a nostro avviso diremmo piuttosto blando, come era immaginabile ha invece assorbito completamente l’attenzione e l’impegno del coordinamento proiettato a dover rispondere mettendo in campo tutto il bagaglio retorico e soprattutto ideologico che speravamo messo da parte con i tempi che corrono.

Uno degli elementi presenti nell’attacco era costituito dal fatto che Alessio Gasperini è un componente del consiglio di amministrazione della società Digital Magics di Milano, incubatore e acceleratore di startup focalizzate su Internet delle cose, Intelligenza Artificiale, 5G e Smart City, tutte tematiche affrontate e fortemente criticate in piazza anche da lui stesso nella manifestazione del 26 novembre a Milano.

Se da una parte il momento necessitava di solidarizzare con Alessio Gasperini e il gruppo Miracolo a Milano di cui fa parte per gli attacchi da lui subiti, d’altra parte serviva anche far chiarezza riguardo al suo ruolo all’interno di una società dal nostro punto di vista indifendibile.
L’opposizione al mondo digitale è uno degli elementi per cui i nostri rispettivi percorsi si sono incrociati e tale opposizione costituiva uno dei punti caratterizzanti la manifestazione a Milano a cui avevano aderito anche le reti nazionali contro la 5G.

Evidentemente in tanti si sarebbero aspettati che il video realizzato dallo stesso Alessio Gasperini per chiarire la sua posizione avrebbe risolto tutto. Per noi invece le cose le ha complicate, perché l’abilità grafica del montaggio ha inquadrato una presa di posizione collettiva del coordinamento lombardo senza che prima vi fossero stati momenti di confronto in presenza, vero luogo dove dovrebbero passare decisioni realmente condivise. E, tra l’altro, rimarchiamo le nostre distanze dal “modello Olivetti” considerato come buono e inclusivo, ma invece vicino alle modalità e finalità delle varie fondazioni filantropiche di sempre e, semplicemente, se non avesse avuto lo sgambetto made in USA adesso avremo magari una compagnia forse più statale con le stesse caratteristiche di Meta, quelle caratteristiche che tanto piacciono alla Zuboff che ci avrebbe portato ad un tracciamento sanitario con direzione statale.

A quel punto è stato chiaro come noi, così come altri gruppi, abbiamo avanzato critiche che hanno messo in luce profonde problematicità che hanno evidentemente mosso qualcosa, in quello che si chiama coordinamento lombardo, ma che non ha le caratteristiche di un coordinamento essendo sbilanciato verso un gruppo, Miracolo Milano e una persona, Alessio Gasperini.

“O solidarietà o fuori” è stato detto, ma in un normale coordinamento ci sarebbe stata una discussione, non tanto sulla solidarietà e la fiducia che è stata da tutti espressa, anche da noi, ma sulle modalità della risposta collettiva e sulle problematicità che poteva portare al coordinamento la visibilità di una persona con tali contraddizioni politiche, ma su tutto questo una discussione non era nemmeno considerata immaginabile.

Noi a questo punto non ci stiamo più, il nostro entrare nel coordinamento aveva lo scopo di condividere tematiche ritenute prioritarie, analisi, riflessioni, percorsi in un modo che è proprio di un coordinamento e quindi di gruppi che già hanno un determinato proprio percorso e che si confrontano e che costruiscono insieme dei pezzi di cammino senza generare e rafforzare dinamiche da accentramento e leaderismo.

Abbiamo visto modalità decisionali e di relazione, le solite ci verrebbe da dire, già viste in tante situazioni, non per forza scorrette, ma che di fatto confermano e alimentano la scorrettezza. Per noi non abituati alle chat, ai messaggini e ai calcoli da ragioniere il momento assembleare in presenza è tutto, ma abbiamo scoperto con stupore che questo momento veniva non solo marginalizzato nei momenti cruciali e decisionali dalle chat, ma veniva anche svuotato di memoria e reso riscrivibile alla mercé delle emotività. Oltre al problema delle chat altro problema quello delle votazioni considerando che noi invece abbiamo sempre criticato la vittoria della maggioranza come soluzione alle diatribe. Piuttosto pensiamo che arrivare ad una decisione passando per una discussione e un confronto sia il modo migliore, grazie alla possibilità data ad ognuno di esporre veramente le proprie analisi e i propri pensieri. Magari non si sarebbe arrivati ad un accordo, ma il passaggio per arrivare a un disaccordo avrebbe arricchito tutti. Oggi, invece, si preferisce contare i numeri e attirare possibili consensi, magari di gruppi che non si sono mai visti, ma che fanno apparentemente grande, quantitativamente, un coordinamento. Il tutto generando, consapevolmente da parte di alcuni e inconsapevolmente da parte di altri, tristi dinamiche per creare rotture con quei gruppi non allineati al pensiero unico e portatori di percorsi e contenuti che avrebbero potuto mettere in discussione i leaderismi presenti.

Non è sicuramente a cuor leggero che prendiamo questa decisione, davamo molta importanza a far parte del coordinamento, ma è l’unica che riteniamo che abbia un senso.

Purtroppo vediamo ancora la forte debolezza dei contesti nati dalle lotte contro il Green Pass e anche una forte ingenuità nel cadere tra le mani dei politicanti di professione o di personaggi figli di questi tempi irriflessivi, dove non ha più importanza cosa dici, ma come lo dici, dove si vuole combattere le ideologie, ma ci si muove nel pantano ideologico, dove si critica la figura del leader, ma se ne costruiscono continuamente di nuove, tutto a discapito del pensiero critico e del vero agire libero.

Assemblea popolare Resistere al Transumanesimo
20 gennaio, Bergamo

Documento in pdf:

Riflessioni intorno al pensiero di Charbonneau – Vincent Cheynet di La Décroissance

Intervento per la presentazione del libro di Charbonneau Il giardino di babilonia, Edizioni degli animali, dell’11 Dicembre a Bergamo presso Lo Spazio di documentazione La Piralide

Non parlerò qui nello specifico del libro Il giardino di Babilonia di Bernard Charbonneau.
Il mio italiano è cosi cosi quindi vorrei essere il più semplice, diretto possibile, per parlare del cuore del suo lavoro.
Innanzitutto vorrei dire che, tra tutti i precursori della decrescita, ho un attaccamento speciale per Bernard Charbonneau.
È lui la cui sensibilità mi ritrovo di più, e prima di tutto nella sensibilità metafisica. Penso di dire che questo è vero non solo per me ma anche per Pierre Thiesset e Denis Bayon che sono nel comitato editoriale di La Décroissance.
E siamo in 4.
Sul giornale, Bernard Charbonneau è l’autore che citiamo di più.
Per approfittare di questa filiazione, sono stato molto orgoglioso quest’anno quando suo figlio, Simon Charbonneau, mi ha scritto questa frase: “Caso piuttosto raro nei riferimenti al lavoro paterno, hai perfettamente compreso il paradosso esistente tra natura e libertà che consentirebbe una vera e propria politica di decrescita.”
Perché leggiamo anche molte cose false su Bernard Charbonneau.
È normale.
Come mai ?
Perché Bernard Charbonneau è soprattutto un pensatore della dialettica.
Vale a dire: ragiona per tesi, antitesi, e sintesi.
La tentazione è sempre grande di prendere solo la parte che ci interessa, cioè quella che accredita la nostra soggettività, e di rifiutare l’altra parte.
Ad esempio, Bernard Charbonneau critica certamente aspramente la politica o lo Stato, ma mostra anche l’impasse dell’assenza della politica o dello Stato.
C’è una formula che esprime bene ciò che è al centro dell’opera di Bernard Charbonneau.
Lo cito: “Viviamo in un Universo spezzato, il che non è comodo; eppure è attraverso questa fessura che si diffonde il respiro della vita e della libertà.” È tratto dal primo libro pubblicato Bernard Charboneau: Teilhard de Chardin, profeta di un’epoca totalitaria. Questo libro è stato pubblicato nel 1963 da Denoël.
Penso che tutto il lavoro di Bernard Charbonneau sia basato su questo quadro di lettura della condizione umana.
Perché quando Bernard Charbonneau afferma che: “Viviamo in un Universo spezzato, il che non è comodo; eppure è attraverso questa fessura che si diffonde il respiro della vita e della libertà.” Pone la questione centrale della condizione umana.
Potrei anche riassumere questa domanda così: c’è “Continuum o alterità”?
Potrei anche dire “monismo o dualismo”, “differenziato” o “indifferenziato”, ecc.  Questa è la questione centrale oggi.
Lo troviamo dietro a tutti i grandi dibattiti attuali, soprattutto quelli sull’ecologia.
Senza che spesso ce ne accorgiamo, questo dibattito condiziona tutto.
Ne prendo uno per esempio, il più croccante: il sesso.
Lo dico scherzando ma anche perché l’alterità sessuale è “l’alterità delle alterità”.
Il sesso, si sa, nasce dal tagliare, dal dividere.
Discendiamo tutti da un uomo e da una donna.
L’umanità, come il regno animale, è divisa in 2: uomini e donne, maschi e femmine.
I maschi hanno cromosomi XY e le femmine hanno cromosomi XX.
Sono purtroppo obbligato a precisare che le rarissime eccezioni ed esitazioni non invalidano questa regola ma la confermano.
Tuttavia, la caratteristica del nostro tempo è mettere in discussione questa regola.
Il nostro mondo tende all’idea che non ci sarebbe alterità, separazione, “fessura” come ci ricorda Bernard Charbonneau, ma continuum.
In questa prospettiva ci sarebbe un molto maschile e un molto femminile, con in mezzo tutte le sfumature possibili.
È l’ideologia del gender.
Da un mondo duale, cioè sessuato, si passa a una visione monistica: quella del gender.
Certo, il grande paradosso del gender è quello di giustificarsi in nome della complessità e della molteplicità.
Infatti, i sostenitori del gender vogliono cancellare LA grande differenza.
Perché si va oltre il dualismo solo sprofondando nel monismo.
Poiché al di là del bene e del male, c’è solo il male.
Naturalmente, solo perché osserviamo che ha due sessi non significa che neghiamo la complessità.
Sappiamo che ci sono uomini con un lato femminile e donne con un lato maschile.
Gli psicologi ci dicono che tutti abbiamo, necessariamente, anche se in modo minuscolo, una parte bisessuale.
I sostenitori del gender ce lo ripetono più e più volte: il dualismo è binario, è semplicistico.
Sostengono di essere “non binari”.
Ma abbiamo anche due occhi o due gambe, destra e sinistra, e solo perché è semplice non significa che non esista.
Non confondiamo, come fanno loro, il dualismo, quello che può essere binario, e il pensiero manicheo, anzi.
Dico cose che potrebbero essere considerate infantili, ma siamo a un punto in cui dobbiamo tornare su questo.
In Francia, qualche anno fa, ho osato affermare in un’università che gli uomini avevano un pene e le donne una vagina.
Questa semplice enunciazione della realtà mi ha fatto chiamare reazionari, ecc.
La scorsa settimana al Sience-Po Paris, un’insegnante di danza è stata licenziata per aver definito i suoi studenti “uomini” e “donne”.
Oggi, semplicemente enunciare la realtà materiale può portare in tribunale.
Questo è il caso se spiego perché mi rifiuto di usare la parola “transessuale”.
Semplicemente perché un uomo, definito dai suoi cromosomi XY, non potrà mai diventare una donna XX, e viceversa.
Ricordare questo elemento fattuale scientifico può portare ad essere citato in giudizio per “transfobia”.
Eppure non ci sono più “transessuali” che “viventi o morti”.
Siamo morti o vivi, come siamo un uomo o una donna.
Ma ciò che vale per il sesso e il confine tra la vita e la morte, che sono intimamente legati, vale per tutte le tensioni che attraversano la nostra condizione umana.
Ancor più centrale del sesso, Bernard Charbonneau ci chiama attraverso il suo lavoro a pensare alla tensione tra natura e libertà.
Vale a dire tra le necessità, i vincoli, della realtà e le aspirazioni dello spirito. Trascurarli entrambi è un errore spirituale ma anche materiale.
Ora, cosa posso osservare come editore ormai un po’ vecchio del primo titolo di ecologia politica in Francia?
Riceviamo a La Décroissance una moltitudine di saggi sull’ecologia.
Qual è il tratto comune della maggior parte di loro?
Direi che la stragrande maggioranza del discorso contemporaneo, la maggioranza proveniente dall’università, difende una posizione che è rigorosamente opposta a quella di Bernard Charbonneau.
Riassumerei così questo discorso attuale sull’ecologia: “L’uomo, e più precisamente il maschio bianco di più di 50 anni, “cis gender”, ha peccato affermando la libertà che lo distingueva in natura, cioè che sarebbe “un animale ma non solo”. Questa affermazione sarebbe l’essenza del grande collasso planetario.”
In mezzo a tutti questi saggi che sviluppano questo credo, uno di loro, quello del ricercatore Jacques Tassin, rivela la sostanza di questo discorso, il più delle volte impensato. Cito: “Se la nostra cultura ci separa dalla Natura, il nostro corpo non ci ha mai separato da essa. Sta a noi riscoprire questo grembo vivo che, alla nostra nascita, si presenta come un prolungamento del grembo materno in cui abbiamo vissuto come feto. […] Sta a noi trovare questa matrice e far scoppiare la bolla invisibile che abbiamo plasmato crescendo, rinchiudendoci nella nostra individualità. Allora il mondo può raggiungerci da solo, come un liquido amniotico che ci immerge.”
Sarebbe quindi opportuno pentirsi per comprendere, in umiltà, che bisogna fondersi con l’indifferenziato, il Grande Tutto, la Pacha Mama, la Terra-Madre.
In questa prospettiva, è logico che il “terzo separatore”, l’uomo che separa la madre dal figlio, debba essere combattuto, con tutti i mezzi.
In termini simbolici, il Verbo, dopo essere emerso dalla materia, dovrebbe essere ri-fagocitato in essa.
Il paradosso è che questa ecologia arcaica si adatta, fa affidamento e si vanta regolarmente dei peggiori deliri tecnologichi.
Non stupisce quindi che il film di James Cameron, Avatar, sia costantemente citato come la grande storia di questa “cosmologia”, a cominciare dagli accademici.
Penso che questa griglia di analisi faccia luce su una serie di fatti di attualità a priori incomprensibili.
Bernard Charbonneau ha avvertito che c’è un pericolo ancora peggiore del crollo della società dello sviluppo, è il suo successo, la sua realizzazione.
Sarebbe il mondo dei robot, il regno della quantità.
La tecnologia ci sta portando a tutta velocità su questa strada.
La politica sanitaria Covid ha dato una grossa spinta e la tecnologia attende altre opportunità.
La Cina ci sta aprendo la strada.
L’unica via d’uscita dal trionfo totale della tecnica sarebbe allora la morte perché è meglio essere un vivente morto che un morto vivente, cioè uno zombie.
Per essere persone degne, dobbiamo prima fare di tutto affinché questa “fessura” di cui parlava Bernard Charbonneau non sia bloccata dalla tecnologia.
Questa lotta condiziona tutte le altre perché “è attraverso questa fessura che si diffonde il respiro della vita e della libertà.”

Vincent Cheynet, Bergamo, 11 dicembre 2022

Intervento di Maria Heibel – Modificazioni atmosferiche, non le emissioni di anidride carbonica, sono alla base del caos climatico

Intervento di Maria Heibel per l’iniziativa del 27 Novembre a Bergamo: COP27 COSTRUTTORI DI EMERGENZE Amministrazione del disastro e sottomissione sostenibile

MODIFICAZIONI ATMOSFERICHE, NON LE EMISSIONI DI ANIDRIDE CARBONICA, SONO ALLA BASE DEL CAOS CLIMATICO


4 DICEMBRE 2022

Ho trovato questo titolo in rete, cercando notizie sulla modificazione del tempo. Sembra che la questione stia iniziando a suscitare una certa risonanza e che ci siano delle crepe nella narrazione ufficiale e che si stiano facendo sforzi per rattopparle. Ci si scalda per poco, solo per una piccola nota sui social media. E dicono che questa affermazione sia falsa: “…gli esperti affermano che la tecnologia di modificazione meteorologica esistente non può essere utilizzata per manipolare deliberatamente il clima …“Ondate di calore, siccità, tempeste e inondazioni sono tutte causate da una varietà di condizioni diverse nell’atmosfera e sono spesso il risultato di una combinazione casuale di eventi meteorologici”, ha dichiarato Ella Gilbert, meteorologa del British Antarctic Survey, in un’e-mail del 30 novembre. “È tecnicamente estremamente difficile influenzare un sistema così grande, complesso e caotico come quello meteorologico”. Difficile non significa impossibile. Lo scienziato è cauto nelle sue affermazioni.

La relazione che segue, presentata qualche giorno fa all’ incontro COP27 COSTRUTTORI DI EMERGENZE Amministrazione del disastro e sottomissione sostenibile, sollecitata proprio dall’incontro COP27 appena concluso, intende stimolare una riflessione su questa convinzione e collegare una serie di punti che dovrebbero offrire spunti di riflessione.

La modificazione meteorologica-ambientale può essere utilizzata per manipolare deliberatamente il meteo e il clima?

In molti casi accade che le trattative rilevanti siano nascoste dietro le quinte. Nel caso di un vertice importante, le decisioni importanti possono essere prese a porte chiuse.

Probabilmente è per questo che ad ogni nuova COP sul cambiamento climatico non succede assolutamente nulla, ma si sente solo tanto rumore e tante falsità, fino alla foto di chiusura. Nelle ultime ore, l’incontro viene regolarmente salvato, questa volta con un accordo sulla gestione e la portata del nuovo damage and loss fund, il cui significato è ancora da decifrare. Il fondo verrebbe utilizzato per mitigare i danni e le perdite causate dal riscaldamento globale nei Paesi più poveri e “vulnerabili”. – vuol dire chi è colpito da eventi avversi meteorologici. E qui ci sarebbe molto da aggiungere.  Questa sorpresa finale stima i flussi finanziari annuali verso i Paesi in via di sviluppo a circa 800 milioni di dollari.

Tutti gli anni si ripete lo show.  Nulla di fatto alla COP27 per le misure di riduzione dell’inquinamento, che ovviamente si riferisce al grande “inquinatore” CO2. Da 20 anni l’inquinamento è sinonimo degli effetti dichiarati nocivi della CO2, una molecola che si sa essere essenziale per la vita su questo pianeta.

Ho seguito poco la COP, sarebbe stato interessante osservare gli eventi di contorno. Tra queste, numerose associazioni con l’energia nucleare, che costituirebbe una “fonte energetica sicura, economica e pulita”, e che presentavano una dichiarazione congiunta dell’industria nucleare mondiale, disegnando il ruolo cruciale che l’energia nucleare deve svolgere nel ridisegnare il nostro paradigma energetico e le politiche future. L’iniziativa “Nuclear for Climate” riunisce più di 150 associazioni.

Già settant’anni fa l’energia nucleare modellava molte cose, compresa la politica energetica, con interessi militari dietro a tutti gli sviluppi.

Immediatamente sorse un movimento antinucleare mondiale, con a capo Einstein e il pentito Oppenheimer (che aveva conosciuto il peccato originale), eppure il pianeta si riempì di centrali nucleari e di arsenali di armi nucleari. 

E sono esplosi reattori e migliaia di bombe nucleari.

Gli effetti di migliaia di “test” nucleari non sono stati quasi mai discussi in pubblico.

Hanno fatto quello che volevano senza chiedere il permesso alle persone coinvolte e senza sapere cosa stavano realmente facendo.

E oggi apprendiamo che l’energia nucleare è buona e salvifica, e questo mentre si parla di guerra nucleare e di sostituzione delle bombe negli arsenali con nuove bombe più efficaci. Gli Stati Uniti si preparano a utilizzare il nuovo bombardiere nucleare stealth B-21, il “velivolo più avanzato mai realizzato”. “L’aeronautica statunitense ha in programma l’acquisto di almeno 100 velivoli di questo tipo, che racchiudono il massimo dell’ingegno e dell’innovazione degli ultimi 50 anni”.

In breve, per tornare alla COP27, il grande circo egiziano si è concluso con un solo risultato positivo, secondo la valutazione di questo accordo su danni e perdite.

Danni per chi e perché? Non saranno i Paesi devastati dalle guerre, non saranno le economie distrutte dalla politica, saranno i Paesi poveri colpiti da eventi meteorologici avversi come inondazioni, siccità, tempeste, ecc. 

La massiccia manipolazione del tempo e degli eventi meteorologici è ovviamente una questione che non viene discussa e mai menzionata.

Il Progetto Manhattan fu tenuto segreto solo per pochi anni, poi tutto il mondo venne a sapere cosa era successo nella Città Proibita. Invece, negli ultimi 70 anni, un’altra area si è sviluppata quasi di nascosto, causando danni che poi sono stati attribuiti alle forze della natura. Non a caso lo chiamo ( e non solo io) “Manhattan 2”. 

Dopo la Seconda guerra mondiale, parallelamente alle innumerevoli esplosioni nucleari, chiamati test, che hanno devastato il pianeta (la gente sapeva e non sapeva) sono iniziati esperimenti militari in campo meteorologico e climatico su scala sempre maggiore.

Nella riflessione critica sul fenomeno del cambiamento climatico incentivato e sulle sue cause, tuttavia, il militarismo e la spirale di distruzione innescata dalle attività militari a tutti i livelli sono rimasti finora esclusi dalla considerazione e dalla riflessione, almeno in pubblico.

La COP28 si terrà a Dubai l’anno prossimo e, visto il risultato della Coppa in Qatar, possiamo aspettarci “grandi cose”. La distopia prenderà una dimensione nuova e avrà luogo in Arabia Saudita, e la cosa interessante è che avrà luogo in un Paese che è apertamente all’avanguardia nella manipolazione del tempo. 

Tuttavia, per tracciare alcuni sviluppi storici e aspetti che illuminano lo scenario attuale, ho colto alcuni segnali e indicazioni che ritengo significativi.

Molti degli scienziati che hanno lavorato al Progetto Manhattan originale sono stati coinvolti anche nella creazione di modifiche meteorologiche e nella ricerca atmosferica (insieme agli esperimenti nucleari), creando di fatto un nuovo tipo di Progetto Manhattan. Uomini come: Edward Teller, Ross Gunn, Donald Hornig, Vannevar Bush, Bill Nierenberg e John von Neumann sono noti per aver svolto un lavoro serio sulla modificazione del tempo e sulla ricerca atmosferica.

Disse Vannevar Bush, riferendosi alla fine della Seconda Guerra Mondiale: “Roosevelt mi ha chiamato nel suo ufficio e ha detto: “Che cosa succederà alla scienza dopo la guerra?” Ho detto, “Sta per fallire.” Disse: “Cosa faremo?” E gli ho detto: “Faremo meglio a fare qualcosa alla svelta.” 

Dopo la fine della guerra, si necessitava di nuovi nemici altrimenti certi finanziamenti sarebbero cessati.

La creazione del complesso militare/industriale/accademico fu opera di Vannevar Bush , il cui nome continua ad essere citato in ambito modificazione del tempo.https://www.youtube.com/embed/fIsPFWSYf3c?feature=oembed

Vannevar Bush è probabilmente da considerare il fondatore del cosiddetto “New Manhattan Project”.  Alla fine del 1957, come introduzione al più citato documento di modificazione del tempo, scrisse:

È assolutamente possibile, se fosse abbastanza saggio, che l’uomo potrebbe produrre effetti favorevoli, forse di enorme importanza pratica, trasformando il proprio ambiente rendendolo più salutare per i propri scopi. Questa è certamente una questione che dovrebbe essere studiata con diligenza ed energicamente esplorata. I primi passi sono chiari. Al fine di controllare le questioni meteorologiche è necessario comprenderle meglio di quanto facciamo ora. Quando le capiremo pienamente, potremo in futuro, perlomeno, prevedere il tempo atmosferico con certezza, per intervalli ragionevoli di tempo.

 Uno dei nuovi nemici iniziò ad essere il tempo meteorologico e quindi Madre Natura.  

Dopo la seconda guerra mondiale, Vannevar Bush e i suoi compari spesero il loro capitale politico recentemente accumulato disegnando un progetto globale di modificazione del tempo, un governo ombra degli Stati Uniti e un governo mondiale di controllo. Ma come anche nel caso della tramontata eugenetica, si sapeva presto a dover scegliere la terminologia giusta, per convincere-di fare le cose ‘giuste’.

ALLORA: L’atomo divenne un amico, e con esso l’energia atomica, e si scoprì la necessità di “regolare” la popolazione, e questo per motivi di sopravvivenza (sovrappopolazione).

Il controllo del tempo era principalmente finalizzato a mitigare gli eventi estremi (siccità, inondazioni, uragani, fulmini, ecc.)

Il fatto da osservare è, che c’è stato un aumento senza precedenti di catastrofi naturali da quando la natura è finita nelle mani dei manipolatori.

Vannevar Bush fu coinvolto nella creazione di grandi organizzazioni nazionali postbelliche volte a consentire la ricerca scientifica finanziata da fondi statali e privati, portando così avanti l’eredità dell’OSRD (Office of Scientific Research and Development ). Queste organizzazioni del dopoguerra sono diventate i veicoli principali per lo sviluppo dei programmi di modificazione meteo dell’America. Questi veicoli erano l’Office of Naval Research (ONR) e la successiva National Science Foundation (NSF). VEDI QUI

È molto interessante notare che questa storia e tutti i nomi rimangono sconosciuti alla maggior parte delle persone. Dove sono stati i media tradizionali in tutti questi anni? 

Uno dei nomi più importanti è  J. von Neumann che disse nel 1955:

” Gli interventi in campo atmosferico e climatico . . . si svolgeranno su una scala difficile da immaginare al momento. . . . si fonderanno con gli affari di ogni nazione con quelli di ogni altra, più profondamente di quanto farebbe la minaccia di una guerra nucleare o di qualsiasi altra guerra”. 

Pochi anni dopo queste visioni ampie prendono forma concreta.

Nel 1960, la CIA ha scritto un Memorandum con il titolo “Climate control” firmato dal Generale Charles P. Cabell. Era l’epoca della Guerra Fredda e veniva proposto lo sviluppo del controllo climatico e della meteorologia come arma di guerra, non solo per la difesa, ma per il dominio territoriale, addirittura globale.

Il documento parla di controllo di clima, acqua, cibo, sottolineando anche l’importanza dell’energia nucleare per mettere in pratica le manipolazioni atmosferiche. Ricordo che molti degli scienziati-militari impegnati nel settore della manipolazione climatica vengono dal settore nucleare, basti pensare ad Edward Teller. Erano gli anni più caldi dei test atomici, Sulle vere intenzioni di queste ‘sperimentazioni’ sappiamo molto poco. 

Dal 1945 agli anni ’70, molti sforzi sono stati fatti negli studi sulla modifica del clima (vedi qui ).  Imprenditori americani provarono a inseminare le nuvole per aumentare le precipitazioni locali, scienziati russi proponevano “favolosi progetti” di ingegneria planetaria, agenzie militari esplorarono segretamente la “guerra meteorologica e climatica”.  

Le centinaia esplosioni nucleari in quota  influenzarono il clima?  Influenzarono le condizioni meterologiche? In totale sono esplosi 2053 ordigni nucleari. Ancora oggi in molti non lo sanno. PERCHÉ NON SONO STATE INDAGATELE CONSEGUENZE SUL CLIMA? 

Con l’ espansione nello spazio, la dimensione delle possibili guerre aveva acquisito nuove dimensioni. E vari THINK TANKS hanno svolto un ruolo importante nella valutazione e nella simulazione dei passi da compiere.

Sembra che in quegli anni alcuni si siano chiesti: 

E’ meglio la Guerra o la pace,

Esiste un documento al riguardo, di carattere alquanto inquietante, risalente agli anni Sessanta. Si chiama

Rapporto Iron Mountain 

Il Rapporto Iron Mountain è un testo pubblicato nel 1967, il cui titolo completo è “Rapporto da Iron Mountain sulla possibilità e desiderabilità della pace” (“Report from Iron Mountain on possibility and desiderability of peace”) . Il libro è stato curato da un giornalista indipendente, Leonard Lewin, che ha scritto la prefazione in cui spiega che il testo è un documento governativo ultra-segreto i cui presupposti risalgono alla presidenza Kennedy. Lewin ci ha raccontato che, nel 1965, fu costituito un Gruppo di studio speciale a cui l’esecutivo statunitense commissionò un’indagine per capire se la pace mondiale fosse davvero possibile e se fosse utile. Il Gruppo, composto da studiosi e ricercatori di alto livello accademico, dopo mesi di lavoro consegnò al governo il Rapporto che fu chiamato Iron Mountain dal nome del luogo, un rifugio antiaereo segreto nei pressi di New York, dove si erano riuniti gli scienziati.

Le conclusioni cui il Gruppo pervenne sono agghiaccianti: per la stessa sopravvivenza delle forme statali, per la loro conservazione e rafforzamento, per l’economia mondiale, la pace non è desiderabile ed è, al contrario, necessaria una situazione di conflitto costantein mancanza del quale è necessario ricorrere ad una serie di surrogati della guerra. La guerra è “la principale delle forme strutturanti della società”; essa “rappresenta nella macchina dell’economia una specie di volano (motore) che, con la sua inerzia, controbilancia i progressi della produzione”; essa garantisce il potere politico, ogni potere politico, poiché l’autorità di base di uno stato sui cittadini risiede nel suo potere militare”. Dunque, che cosa fare? Come rispondere alle masse che, istintivamente, anelano alla pace? Il Gruppo additò varie risoluzioni: ad esempio, si può imporre un’economia di guerra ma con altri fini. Un altro espediente è di formidabile attualità: inventare “nemici sostitutivi”, creare cioè un avversario che non esiste, ma dal quale si dichiara di doversi difendere.

Scrive il G.S.S.(Gruppo di Studio Speciale) : “Le minacce fittizie dovrebbero non solo apparire vere, ma essere credute tali con incrollabile convinzione e tale convincimento dovrebbe essere rafforzato dal sacrificio di esistenze umane in numero non insignificante”... Oltre a proporre la carta del terrorismo di stato attribuito, però, a fantomatiche organizzazioni fondamentaliste musulmane, il documento individua altri due strumenti per diffondere paura ed angoscia tra le popolazioni: la minaccia di un’invasione aliena e l’inquinamento deliberato dell’ambiente. La contaminazione degli ecosistemi con sostanze rilasciate nella biosfera, nell’ambito di un’operazione ad hoc, è la punta di diamante del documento non solo perché causa inquietudine nelle persone, ma anche poiché esplica la diabolica volontà di distruggere il pianetaFONTE

Che il Rapporto sia un invenzione o meno, la veridicità del documento è discussa, questo testo sembra una mappa stradale e il paesaggio disegnato è già diventato molto realistico per noi.

I propositi per il futuro espressi negli anni Sessanta sono diventati sempre più espliciti.

Questa affermazione ormai diffusa è di Lyndon B. Johnson, che già nel 1962, poco prima di diventare Presidente degli Stati Uniti, riassumeva in poche parole molte cose: «Dallo spazio riusciremo a controllare il clima sulla terra, a provocare alluvioni e carestie, a invertire la circolazione negli oceani e far crescere il livello dei mari, a cambiare la rotta della corrente del Golfo e rendere gelidi i climi temperati».

Si tratta quindi della volontà di devastazione deliberata attraverso il controllo di eventi geofisici.

Gordon MacDonald

Sempre negli anni sessanta fu Gordon MacDonald ad illustrare possibili sviluppi climatici planetari che potrebbero essere innescati dall’uomo. Lo Stratega geopolitico e geofisico Gordon MacDonald, membro dell’Organo di Consulenza Presidenziale, tracciò possibili scenari futuri nel suo saggio ‘Come devastare l’ambiente” ( dal libro ‘ Unless Peace Comes’ del 1968), scaricabile in rete e tradotto da Nogeoingegneria. 

MacDonald ha incluso nel suo abbozzo di strumenti futuri di manipolazione ambientale, l’uso distruttivo delle onde dell’oceano (tsunami),  la fusione o destabilizzazione delle calotte polari (manipolazioni, spostamenti, fusione di enormi superfici di ghiaccio), uragani controllati, la riduzione intenzionale dell’ozono, il raffreddamento e il riscaldamento del pianeta  (raffreddare introducendo materiali nell’alta atmosfera capaci di assorbire i raggi in entrata o riscaldare trattenendo il calore in uscita) … Aveva scritto nel suo saggio: “un meccanismo esiste per modificare catastroficamente il clima della Terra. Il rilascio di energia termica, forse attraverso esplosioni nucleari lungo la base di uno strato di ghiaccio, potrebbe avviare uno scorrimento verso l’esterno della coltre di ghiaccio che sarebbe poi sostenuta dall’energia gravitazionale…

E siamo ancora negli anni Sessanta, una fase storica che ha portato a una moltitudine di progetti in Oriente e in Occidente.

Nel 1960 nacque un gruppo in sede NATO – il Karman Group – con il compito di  studiare le possibilità di ‘guerre ambientali’ come potenziale arma; alla guida del gruppo fu messo von Karman e più tardi Edward Teller. L’arma da studiare era una guerra condotta provocando intenzionalmente disastri ambientali, trasformando la natura in una vera arma capace di generare eventi catastrofici, di devastare l’agricoltura e le infrastrutture, di sciogliere i ghiacci per affogare città portuali avversarie, di deviare correnti marine e correnti atmosferiche, inoltre facendo esplodere ordigni nucleari finalizzati a provocare tempeste radioattive e incendi  su enormi spazi abitati. Tutto questo e altro ancora era scienza militare durante la Guerra Fredda.

Il Vietnam fu un grande campo di sperimentazione di guerra ambientale  

Furono le rivelazioni dei Pentagon Paper’ a far conoscere al grande pubblico ( ma molti non lo sanno lo stesso) la dimensione della guerra ambientale e delle manipolazioni meteorologiche come strumento durante la guerra nel Vietnam e diede senza dubbio  l’input principale alla ‘Convenzione Internazionale ENMOD del 1977′ sul divieto di utilizzo di tecniche di modificazione ambientale per fini militari e altri ‘scopi ostili’. La Convenzione vieta ‘l’induzione artificiale di terremoti e tsunami, la modifica artificiale del tempo, del clima, di correnti oceaniche, dello strato di ozono e della ionosfera’.

Se hanno vietato queste operazioni, devono esserci stati degli episodi specifici. Di certo non emetteranno divieti per fatti inesistenti, no?

Con i vincoli della Convenzione ENMOD, diventò indispensabile connotare tali progetti e operazioni con nomi ed argomentazioni di fantasia. In ambito militare, il camuffamento è pratica ordinaria, fa parte del gioco, e quindi si fa di routine.

Il professor Marvin Herndon ha scritto pochi giorni fa una lettera aperta alla Corte penale internazionale in cui il documento Enmod svolge un ruolo di rilievo e scrive:

Nel 1978 l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha supervisionato la creazione della Convenzione sulla proibizione dell’uso militare o di altri usi ostili delle tecniche di modificazione ambientale (ENMOD), un trattato internazionale volutamente vago e ingannevole che è servito come cavallo di Troia per fornire una base “legale” per le successive attività di geoingegneria a livello mondiale (come descritto nel presente documento). Sin dalla creazione del Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) nel 1972, l’ONU e alcune delle sue altre agenzie, tra cui l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), si sono formalmente impegnate per l’integrità dell’ambiente planetario.

La lettera di Marvin Herndon  trovate tradotta sul sito.

Due parole sulla

NASCITA DELL’ AMBIENTALISMO

Il professore di storia dell’Oregon State University, Jacob Darwin Hamblin, ha individuato nelle sue ricerche gli inizi dell’ambientalismo come nuovo stratagemma di dominio, che si è manifestato all’inizio degli anni Settanta.

Hamblin, autore del libro “ARMING THE NATURE”, espone l’evoluzione di un concetto che vede nella strumentalizzazione dei fattori ambientali l’arma principale per raggiungere posizioni di supremazia.

Le tesi esposte da Hamblin nel suo libro sono frutto di intense ricerche e spingono l’immaginazione del lettore, nutrendola con dati impressionanti dal passato, verso “un futuro in cui gli scienziati cercano di aiutare i governi a causare, non a prevenire o attenuare, catastrofi naturali”.

E’ stato il mondo militare a coniare il termine “guerra ambientale” negli anni ‘60 ed a far entrare il concetto in molti progetti. Parallelamente si sviluppò in forma esplicita l’ambientalismo. Hamblin traccia connessioni tra questi due filoni e sostiene che gran parte del pensiero ambientalista moderno abbia radici nell’elaborato di scienziati e strateghi militari durante i giorni bui della guerra fredda.

Alcuni personaggi rappresentano particolarmente bene gli intrecci o i doppi coinvolgimenti:

Un esempio è Jay Forrestedel MIT, che modellava sistemi di difesa per l’esercito degli Stati Uniti prima di costruire il modello di analisi del “Giorno del giudizio” (Doomsday) che sta alla base di un libro-pilastro del Club of Rome del 1972, “I limiti dello sviluppo” (The limits to growth) .Aurelio Peccei

Nel 1972, il fondatore del Club di Roma  aveva pubblicato il suo libro I limiti della crescita”, un libro che era stato commissionato dal Club di Roma e che aveva un approccio malthusiano alla sovrappopolazione. Il libro avrebbe messo in discussione la sostenibilità della crescita economica globale. Peccei era stato invitato da Schwab a fare il discorso principale al World Economic Forum del 1973, Forum nato nel 1971 e cresciuto in dimensioni, scala e potere in pochissimo tempo.

Il Forum è praticamente nato a partire da un corso ad Harvard finanziato dalla CIA e guidato da Henry Kissinger, al quale ha partecipato anche Klaus Schwab, uno studente di dottorato che è stato selezionato per il grande progetto del WEF.

E’ l’ora di Creare il nuovo paradigma

Alla fine degli anni Sessanta e all’inizio degli anni Settanta, i circoli internazionali – nei quali il nome di David Rockefeller spicca da decenni (e Kissinger viene da lì) – hanno lanciato una serie impressionante di organizzazioni d’élite e think tank.

Tra queste, il Club di Roma, il 1001: A Nature Trust, legato al World Wildlife Fund (WWF), anche la Conferenza della Giornata della Terra delle Nazioni Unite di Stoccolma, lo studio del MIT Limits to Growth e la Commissione Trilaterale di David Rockefeller.

Nel 1972 fu celebrato il primo EARTH DAY  coordinato da Maurice StrongE fu perfino  battezzato Father of Earth. Maurice Strong ha contribuito fortemente a mobilitare il mondo sull’ambientalismo.

 Il movimento ambientale globale ha assunto la sua forma in tre tappe. La Conferenza di Stoccolma del 1972, la creazione del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) subito dopo e la Conferenza di Rio del 1992. Tutte e tre sono state organizzate e gestite da Maurice Strong.

Il legame tra Maurice Strong e Rockefeller è fondamentale.

Rockefeller ha sempre preferito un ruolo nell’ombra, in particolare John Rockefeller.

Rockefeller ha sponsorizzato anche il Club of Rome.

Nel suo rapporto del 1974, Mankind at the Turning Point, il Club di Roma ha sostenuto che:

La crescente interdipendenza tra nazioni e regioni deve tradursi in una diminuzione dell’indipendenza. Le nazioni non possono essere interdipendenti senza che ciascuna di esse rinunci a una parte della propria indipendenza, o almeno ne riconosca i limiti. È giunto il momento di elaborare un piano generale per una crescita organica e sostenibile e per uno sviluppo mondiale basato sull’allocazione globale di tutte le risorse finite e su un nuovo sistema economico globale. [v] Questa è stata la prima formulazione dell’Agenda 21 delle Nazioni Unite, dell’Agenda2030 e del Grande Reset di Davos del 2020.

David Rockefeller e Maurice Strong

L’organizzatore di gran lunga più influente dell’agenda di Rockefeller sulla “crescita zero” nei primi anni ’70 fu quindi l’amico di lunga data di David Rockefeller, Maurice Strong.

 Maurice Strong è stato uno dei primi propagatori della teoria secondo la quale le emissioni di CO2 prodotte dall’uomo, dai veicoli di trasporto, dalle centrali a carbone e dall’agricoltura, causano un drammatico e crescente aumento della temperatura globale che minaccia “il pianeta”, il cosiddetto riscaldamento globale. Maurice Strong ha lanciato l’ordine mondiale dell’ambiente. La sua fama delluomo che salvò la Terra parte soprattutto nel 1992.

Nel 1992 Al Gore e Maurice Strong a Rio de Janeiro, la COP1

 Nel giugno del 1992, egli presiedeva a Rio de Janeiro la delegazione americana alla Conferenza Mondiale per l’Ambiente, cui hanno partecipato 7.892 delegazioni venute da tutto il mondo, con un illimitato sostegno finanziario da parte di fondazioni come Carnegie, Kettering, Rockefeller, Rothschild (Edmond) e altre che, insieme a queste ultime o senza di esse, vengono mantenute dalle sei principali organizzazioni americane “non governative”, specializzate nella “difesa dell’Ambiente”, come Sierra Club, Friends of Earth, National Wildlife Federation e così via.

UN MONDO ESCLUSO AI VERTICI CLIMATICI AMBIENTALI

Mentre in passato sono stati diffusi molti documenti sugli sforzi per modificare le condizioni ambientali, dopo l’ENMOD è calato il silenzio. Nessuna meraviglia, quindi, che nemmeno il COP abbia prestato attenzione. Ciononostante, la ricerca e la sperimentazione sono proseguite.

Nel 1997 è stato pubblicato l’ormai noto documento OWNING THE WEATHER. Nello stesso anno veniamo a conoscenza della proposta di Edward Teller di un metodo economico per manipolare il clima terrestre, che fino ad oggi è stato rigorosamente ignorato dai vertici.   In questo arco di tempo viene costruito l’impianto HAARP (High Frequency Active Auroral Research Program) in Alaska, seguito dalla costruzione di numerose installazioni analoghe – Riscaldatori Ionosferici  in tutto il mondo.

HAARP – Un sistema di armamenti con effetti devastanti sul clima

Il 5 febbraio 1998 la sottocommissione “Sicurezza e disarmo” del Parlamento europeo tenne un’audizione in cui si parlò anche di HAARP.

Leggiamo: 

Benché invitati, i rappresentanti della NATO e degli USA preferirono non partecipare. La commissione deplora che gli USA non abbiano inviato nessuno all’audizione e non abbiano approfittato dell’occasione per commentare il materiale presentato.

HAARP, il programma di ricerca sulle radiazioni ad alta frequenza (High Frequency Active Auroral Research Project) è condotto congiuntamente dall’aeronautica militare e dalla marina militare americane e dall’Istituto di geofisica dell’Università dell’Alaska di Fairbanks. Progetti analoghi vengono condotti addirittura in Norvegia, probabilmente in Antartide, ma anche nell’ex Unione Sovietica. HAARP è un progetto di ricerca in cui, attraverso impianti basati a terra e una serie di antenne, ciascuna alimentata da un proprio trasmettitore, si riscaldano con potenti onde radio parti della ionosfera. L’energia così generata riscalda talune parti della ionosfera provocando buchi e lenti artificiali….A partire dagli anni ’50 gli Stati Uniti hanno effettuato esplosioni di materiale nucleare nelle fasce di Van Allen(25) per sondare gli effetti delle esplosioni atomiche ad un’altezza così elevata sulle trasmissioni radio e le operazioni radar in virtù dell’intenso impulso elettromagnetico scatenato dalle deflagrazioni. Esse crearono nuove fasce di radiazione magnetica comprendenti quasi tutta la terra. Gli elettroni correvano lungo linee di campo magnetiche creando un’aurora boreale artificiale sopra il Polo Nord. Con questi test militari si rischia seriamente di danneggiare per molto tempo la fascia di Van Allen. Il campo magnetico terrestre può essere distrutto in vaste aree impedendo le comunicazioni via radio. Secondo scienziati americani ci vorranno probabilmente molte centinaia di anni prima che la fascia di Van Allen si stabilizzi nella sua posizione normale. Il sistema HAARP può provocare mutamenti delle costanti meteorologiche. Esso può anche influenzare tutto l’ecosistema, soprattutto nella sensibile area antartica…VEDI QUI 

Tutto questo è diventato complottismo, a dispetto di numerose figure di alto livello nel settore e dei documenti ufficiali, e gli attaccanti non tengono nemmeno in considerazione le migliaia di test nucleari e le loro conseguenze.

L’atmosfera superiore è stata sistematicamente studiata e sottoposta a manipolazione nel corso di oltre 60 anni.

Nel 2011, Rosalie Bertell si è rivolta alle Nazioni Unite con una lettera. Bertell è stata membro di commissioni governative, ha lavorato per tutta la vita con le Nazioni Unite e ha un curriculum impressionante.

Questa lettera basterebbe a illustrare l’essenza di ciò che dovrebbe essere presentato a un organismo che si occupa di caos climatico. La lettera, a cui non è mai stata data risposta, è disponibile sul sito.

COME È POSSIBILE IGNORARE QUESTA REALTÀ IN UN DIBATTITO SUL CLIMA IN CUI CI SI CONCENTRA SUL CAOS METEOROLOGICO E CLIMATICO E SI PROGETTANO MISURE PER ” SALVARSI”, CHE NON FANNO ALTRO CHE PEGGIORARE LA SALUTE DEL CLIMA E DEL PIANETA?

E COME È POSSIBILE CHE SI STIANO “PRENDENDO IN CONSIDERAZIONE” MISURE CHE VEDIAMO GIÀ APPLICATE DA ANNI?

Ci sarebbe molto altro da illustrare ed evidenziare. MA MI FERMO QUI.

Maria Heibel

Lützerath (Germania) – Sabotaggio a una miniera di carbone di RWE

Tratto da de.indymedia, 22 ottobre 2022

Nella notte tra il 18 e il 19 ottobre, noi, diversi piccoli gruppi di Lützerath, abbiamo dato fuoco a tre pompe della miniera a cielo aperto di Garzweiler 2, nei dintorni del paese.

Le pompe fanno parte dell’infrastruttura di sfruttamento a cielo aperto per la quale il paese di Lützerath deve essere distrutto. Nel corso dei due anni passati, Lützerath è diventato un luogo centrale della resistenza in Germania contro la distruzione e lo sfruttamento della natura e dei nostri mezzi di sussistenza. Il tentativo di sgombero del paese è imminente. Ma Lützerath non è il solo paese minacciato dallo sfruttamento a cielo aperto.

Lunedì 14 ottobre, RWE [sfruttatore di questa gigantesca miniera di lignite] ha cominciato a sradicare gli alberi e a demolire le case d’Immerath. Immerath si trova a vista d’occhio, a qualche minuto da Lützerath. Tutte/i le/gli abitanti del paese sono stati sgomberati da RWE e ampie parti dell’abitato sono già state distrutte.

Attraverso la nostra azione, noi rispondiamo alle mosse senza scrupoli di RWE. Opponiamo un segno di protesta e di disobbedienza contro i rapporti capitalistici di dominio. Non ci lasciamo addormentare dalle false promesse di politicanti e partiti.

Secondo il motto «azioni invece che parole», dobbiamo prendere in mano la protezione dell’ambiente e del clima. Ecco perché è necessario sabotare le infrastrutture fossili e renderle inoffensive.

Invitiamo a fare lo stesso e ad agire in prima persona contro lo Stato e il capitale. Intervenite contro lo status quo, perturbate il normale svolgimento delle operazioni. Restate disobbedienti, siate grani di sabbia negli ingranaggi!

Siamo coscienti che questa forma di azione può portare a una repressione pesante. Ma accettiamo il rischio, poiché non abbiamo perso la speranza e difenderemo la vita.

Attacchiamo direttamente gli/le approfittatori/trici del cambiamento climatico!

Chi semina vento raccoglie tempesta.

E affinché non partiate da zero, ecco delle istruzioni su come incendiare delle pompe

Contesto delle pompe:

Diverse migliaia di stazioni di pompaggio si trovano attorno alle miniere a cielo aperto nel bacino renano di legnite. Queste pompano le acque sotterranee affinché l’acqua non si accumuli nelle miniere. Siccome le miniere a cielo aperto sono profonde diverse centinaia di metri, anche le pompe agiscono a tale profondità. Ne risulta quella che si chiama palude a imbuto. Si tratta di una zona nella quale la falda freatica è abbassata in modo duraturo, il che provoca un grande caos nel ciclo dell’acqua. Questa zona si estende al di là della Renania, fino ai Paesi Bassi. Di conseguenza, le foreste, come per esempio la foresta di Hambach, a lungo andare si seccano. Le pompe provocano quindi un ecocidio che si estende ben al di là delle superficie e degli ecosistemi drenati. Altre sordide informazioni sono contenute in questo articolo:
https://www.bund-nrw.de/themen/braunkohle/hintergruende-und-publikationen/braunkohle-und-umwelt/braunkohle-und-wasser/

Il lato morboso della medicina

Il lato morboso della medicina

L’obiettivo di questo evento è quello di sollevare domande in una direzione di messa in discussione di ciò che conosciamo come medicina moderna formale, sia in termini di discorso che di pratiche. Come assemblea di Game Over abbiamo ripetutamente criticato la presunta obiettività del discorso scientifico. Oggi, più che mai, questa critica è diventata una condizione necessaria per il movimento antagonista. È molto importante per noi, nonostante l’ambiente soffocante della censura e dei riflessi sociali che allevano l’indottrinamento delle matrici, che questa discussione continui. Questo perché, avendo sistematicamente cercato di parlare della violenta ristrutturazione capitalista che stiamo vivendo da due anni, ci scontriamo sempre con lo stesso muro. L’infallibilità della scienza. Sul progresso della medicina. All’indiscutibile onestà dei numeri. Quindi discutiamo di questo argomento qui sopra e speriamo di sollevare più domande che risposte.

Una medicina tra le tante.

La medicina non è sempre stata quella che conosciamo oggi. In tutto il mondo e in diversi periodi storici, sono stati sviluppati diversi sistemi medici/terapeutici con diversi strumenti e metodi di trattamento. Ognuno di questi sistemi aveva un pilastro ideologico e uno pratico. Per pilastro ideologico intendiamo una visione dell’uomo, della società, della vita e della malattia. Sulla base di questa visione, sono stati formati anche i modi di trattamento, il suo pilastro pratico.

Ognuno di questi sistemi aveva anche diverse malattie da affrontare, che si intrecciavano con la cultura e l’ambiente di ogni società. La nutrizione, l’acqua, l’aria, combinate con le caratteristiche socio-politiche erano e sono i fattori più critici per quanto riguarda la salute di una popolazione.

La relazione di ogni sistema medico con i poteri e le gerarchie delle società in cui si è sviluppato era ed è unica. I maghi, gli sciamani e i guaritori dell’antichità occupavano posizioni di rilievo nelle comunità. Anche i medici moderni hanno posizioni di rilievo che hanno stabilito insieme all’istituzione del grande ospedale. La medicina occidentale moderna ha proclamato fin dall’inizio la sua distanza dalla religione e dalla politica, cosa che ora sembra non avere motivo di fare, dato che la dimensione religioso-politica del suo potere è stata data per scontata e accettata. È ormai difficile mettere in discussione un sistema che gestisce con presunta certezza non solo la vita ma anche la nostra stessa morte.

Ogni sistema medico/trattamento aveva un tasso di efficacia e un tasso di fallimento. Un nuovo sistema di trattamenti potrebbe apparire per curare un insieme di malattie, una visione che è stata messa in discussione molte volte, ma allo stesso tempo è apparso un nuovo campo di malattie, che ovviamente non poteva trattare. Lo stesso accade oggi. Le moderne epidemie che affliggono le popolazioni e che non sono comprese o curate dalla moderna medicina ufficiale non riguardano solo i virus ma molto di più malattie come le malattie cardiache, l’obesità, l’ipertensione, il cancro, l’artrite, l’autoimmunità e i cosiddetti disturbi mentali, una definizione che naturalmente necessita di molte domande.

È importante aggiungere qui che non ci sono prove che dimostrino che ogni sistema medico successivo cura sempre più malattie, cioè che contiene tutto il potenziale terapeutico del precedente. In linea con le teorie scientifiche prevalenti nel corso dei secoli, dovremmo piuttosto intenderli come insiemi che si intersecano piuttosto che come un insieme più grande (il nuovo) che ne contiene uno più piccolo (il vecchio). Ci sono campi di malattia in cui entrambi i sistemi sono efficaci e campi in cui solo ciascuno è efficace. La prova di questo è la coesistenza di molti sistemi di trattamento che hanno radici culturali e storiche diverse e un’azione complementare ancora oggi.

C’è un’altra mitologia che attribuisce l’aumento della vita media all’evoluzione e all’efficacia dei metodi medici. È una mitologia che è stata faticosamente costruita negli ultimi due secoli per consolidare l’autorità medica e il prestigio di coloro che la praticano. È importante capire che sono i cambiamenti nelle condizioni di vita dell’uomo occidentale moderno che hanno portato all’aumento della vita media – e non certo della vita massima. Questo è stato attribuito molto più a eventi come la riduzione della mortalità infantile attraverso l’uso di semplici metodi di sterilizzazione, acqua pulita, sistemi fognari sviluppati e migliori condizioni abitative che a trattamenti di successo della medicina. E naturalmente stiamo parlando di società del primo mondo, poiché in parti del mondo dove tutto questo non è stato risolto, la gente continua a soffrire di malattie che non sono un problema nelle società occidentali.

I punti di cui sopra sono degni di molte discussioni di per sé. Li riassumiamo facendo il primo passo, cioè mettendo la medicina moderna e l’ideologia che l’accompagna nel contesto di rilevanza che merita, storicamente e socialmente.

Il secondo passo, che cercheremo di fare in seguito, è capire che il sistema medico dato non è solo relativo alla società che lo produce, ma è anche inadeguato e spesso responsabile della produzione di nuove malattie e del peggioramento della condizione dei pazienti.

Il terzo passo/parte è comprendere il meccanismo che costituisce il sistema esistente, gli interessi politici, sociali ed economici che lo guidano e lo modellano, la posizione di potere che ha acquisito e le ideologie che sostengono questa posizione.

La medicina moderna come fattore di morbilità.

Non è un po’ esagerato dire che la medicina produce complessivamente più malattie di quante ne curi? Non siamo certamente i primi, non siamo certamente gli unici. Esiste un’ampia letteratura sull’argomento, più o meno specializzata, quindi non entreremo nei dettagli. Per esempio, Ivan Ilic, nel 1975, cercò di mettere in una sequenza comprensibile a una persona non qualificata le ragioni di questa conclusione, scrivendo “Medical Nemesis”, un libro ben studiato da cui questo evento ha preso in prestito diversi esempi.

Attraverso le contraddizioni in ciò che la medicina moderna dichiara di se stessa e ciò che le sue pratiche e i suoi registri statistici dimostrano, emergono alcune osservazioni che consideriamo importanti e che dimostrano la sua estesa morbilità, iatrogenesi clinica, sociale e culturale, come Illich l’ha chiamata e distinta per descrivere i campi in cui si estende in ampiezza e profondità.

Ma prima di parlare della morbilità, cominciamo da come la medicina definisce la malattia. La malattia non è sempre stata un’entità separata che poteva essere registrata e classificata indipendentemente dal soggetto che la portava. La malattia – la deviazione dal “normale” registrata per mezzo di esami – e la malattia – il disagio soggettivo e personale dei sintomi fisici e mentali – erano parte integrante del soggetto. La malattia ha acquisito un’esistenza indipendente attraverso l’istituzione del grande ospedale nel XVIII secolo. Lì, elencando, confrontando e registrando sistematicamente i sintomi dei vari pazienti che affollavano i primi ospedali, i medici dell’epoca definirono la lista delle aberrazioni più diffuse che furono chiamate malattie.

Questo è particolarmente importante perché la diagnosi del medico si è scollegata dall’esperienza clinica e dall’intuizione del paziente – e naturalmente da qualsiasi relazione tra l’esaminatore e l’esaminato – e ha cominciato ad essere definita, gradualmente sempre di più, secondo gli standard “normali” dell’epoca, che la medicina aveva e ha ancora il controllo. Ridefinendo costantemente il concetto di normale, secondo la condizione storica e le ideologie prevalenti di cui essi stessi fanno parte come soggetti della società, medici e ricercatori di tutti i tipi, attraverso gli anni, sono stati in grado di creare ed eliminare malattie e pazienti a piacimento.

Gli esempi sono molti e ben noti: La definizione dell’educazione come fattore di malattia per le donne del XIX secolo, il cui cervello, secondo gli studi medici ufficiali, era fatto per curare e non per avere molte esperienze e una vita sociale. La definizione dell’omosessualità come malattia, che è stata rimossa dal CDC dell’OMS alla fine degli anni 70. La moderna incriminazione e lo scrutinio del virus sessualmente trasmesso HPV nelle giovani donne con la scusa di collegarlo a casi di cancro, al fine di promuovere il vaccino Gardasil.

Inoltre, la pratica di salire e scendere i valori normali degli esami del sangue è nota per creare tendenze di malattia nel corso delle stagioni, come gruppi di persone senza sintomi sono improvvisamente definiti come malati, sulla base di nuovi indicatori. E non dimentichiamo che il nuovo campo che viene a definire ora e in futuro ciò che è normale e ad indicare nuovi probabili pazienti non è altro che i geni. Un capitolo enorme che abbiamo già discusso in passato come assemblea di Game Over, ma c’è ancora una grande mancanza di critica. Una mancanza resa ancora più evidente dall’imbarazzo e dal silenzio di fronte al recente cambiamento della legislazione sugli interventi genetici tramite i vaccini mrna.

Per quanto riguarda il trattamento, è anche noto, ma non chiaramente dichiarato, che in troppi casi la medicina, invece di curare, mantiene malattie e problemi in termini di dipendenza. Non contribuisce ad essere autonomamente sani, ma in gran parte a vivere legati a qualche farmaco. Secondo il CDC, negli Stati Uniti, tra il 2015-2018, l’85% della popolazione ha usato regolarmente da 1 a 3 farmaci da prescrizione, soprattutto antidolorifici, antidepressivi, antiepilettici, ormoni tiroidei e farmaci per la pressione e il diabete. Tutte queste malattie sono note per essere non trattabili dalla medicina moderna formale, solo regolate chimicamente. Il più delle volte, questi trattamenti correggono temporaneamente un valore, causando un malfunzionamento in qualche altra parte del corpo, per il quale si raccomanda un nuovo farmaco, e così via.

E così arriviamo ad un altro punto importante. L’incapacità di trattare la fonte del problema. Il farmaco corregge chimicamente la deviazione dell’indice da ciò che si definisce normale, ma non cura la causa della disfunzione, per cui la salute del paziente non viene ripristinata. Questo trattamento, di copertura temporanea dei sintomi, ha come principale indicatore di salute la produttività, cioè come andare al lavoro, prendersi cura della famiglia, ecc. In altre parole, come svolgere i nostri ruoli capitalisticamente utili e non come ripristinare il rapporto disturbato tra l’individuo e il suo ambiente, che – secondo molti punti di vista – porta al disturbo della sua salute.

Un altro fatto che viene sistematicamente nascosto è che i medici non hanno una conoscenza approfondita di una gran parte dei metodi e dei protocolli che applicano, con il risultato che molto spesso i metodi stessi portano più problemi, creano nuove malattie e persino morti. Esempi di errori medici e cattive pratiche, di cause per manipolazioni terapeutiche sbagliate, di casi in cui i farmaci sono stati sistematicamente prescritti nonostante i forti effetti collaterali si trovano in molti casi e non possono essere menzionati qui a lungo. Le più conosciute sono le infezioni ospedaliere da microbi “superuomini” come risultato delle pratiche ospedaliere e della sovramedicazione, ma anche gli effetti negativi dei trattamenti farmacologici e delle pratiche mediche aggressive per il corpo umano come le chemioterapie, i cortisonici, i vaccini sperimentali, ecc.

È ormai risaputo che la medicina non è stata ritenuta responsabile dei trattamenti o delle diagnosi sbagliate che ha fatto, se non forse dopo molti anni e senza i costi corrispondenti, mentre, al contrario, gli errori medici sono presentati come una normalità, come una parte inevitabile dell’evoluzione e del progresso della scienza. Secondo un articolo di Rachel Giesch, pubblicato dalla rivista canadese The Walrus nell’aprile 2012, si stima che il 7,5% dei canadesi ricoverati in ospedale ogni anno subisce un “evento avverso” e 24.000 di loro muoiono a causa di un errore medico.

Naturalmente, le infezioni contratte in ospedale non esisterebbero senza il grande ospedale. La medicina moderna è organizzata su larga scala in modo tale da favorire lo sviluppo di queste e molte altre malattie. Questa modalità di organizzazione è stata criticata da medici e pazienti, ma purtroppo i problemi hanno assunto proporzioni tali che sembra impossibile fornire soluzioni efficaci, se si suppone che queste possano essere trovate tra soggetti con interessi spesso contrastanti. Certamente, però, la risposta delle case farmaceutiche e degli Stati sembra andare verso una versione peggiore, abolendo gradualmente gli ospedali esistenti e diffondendo la logica della sperimentazione e del controllo costante per tutta la vita dei soggetti. Trasformando così la società stessa in un grande ospedale.

Attraverso il processo di costante espropriazione, alienazione e mediazione, che si traduce nella dipendenza assoluta di cui sopra, i soggetti diventano incapaci di gestire questioni molto semplici relative alla loro salute, con il risultato che la loro salute e il loro rapporto con il loro corpo a livello di vita quotidiana si deteriora costantemente. Secondo Ilic, “negli anni 70-80, nei paesi più poveri, molti più bambini sono morti di colera o diarrea perché non sono stati idratati in tempo con una soluzione semplice che sarebbero stati costretti a deglutire: l’assistenza era incentrata su una sofisticata idratazione endovenosa in un ospedale lontano”.

Medicina come capitalismo

La moderna medicina occidentale, come la conosciamo oggi, si è sviluppata in parallelo al capitalismo. E per farlo ha dovuto distruggere le conoscenze esistenti, rubare e reinterpretare altre conoscenze, e allo stesso tempo creare all’interno dei suoi stadi di sviluppo una formale educazione medica universitaria borghese. Qualunque conoscenza dei metodi terapeutici e qualunque concetto di salute si fosse formato nel corso dei secoli è stato espropriato dal capitalismo che, dopo aver distrutto i pezzi che gli erano inutili, ha mediato le relazioni preesistenti in modo tale che non potevano più sopravvivere senza di esso.

Naturalmente, poiché la medicina formale si è evoluta insieme alle fasi di sviluppo del capitalismo, capiamo come l’autorità e le procedure mediche siano state diverse per le donne guaritrici nella loro persecuzione e uccisione da parte della borghesia emergente, diverse per la classe operaia nell’Inghilterra del 1840 con i suoi comitati sanitari, e diverse per i malati mentali negli ospedali psichiatrici del XX secolo. Ora quello che vediamo nella moderna medicina occidentale è il risultato di questo lungo processo di rubare e distruggere conoscenze e relazioni e imporne di nuove sul modello del paradigma capitalista.

Come abbiamo detto, non possiamo guardare nulla al di fuori del contesto storico in cui si trova. Allo stesso modo, non possiamo non vedere la medicina occidentale contemporanea come un luogo in cui vengono investiti enormi capitali, che devono avere dei profitti corrispondenti. Profitti che appaiono sulle nostre vite e relazioni. La moderna medicina occidentale è quindi parte del moderno capitalismo, completamente intrecciata con esso, e come tale deve essere considerata.

I flussi di denaro, per esempio, che vengono investiti nel settore medico sono una condizione molto tipica, poiché promuovono in gran parte ricerche specifiche che producono i rispettivi risultati desiderati per i quali sono stati finanziati, e questo è un segreto comune negli ambienti scientifici da decenni. Questo modella molto il carattere della moderna medicina occidentale ufficiale. Dal precedente ciclo del capitale farmaceutico che aveva molta chimica e molte pillole, al nuovo paradigma farmaceutico/genetico che stiamo vivendo da un anno e mezzo in termini assoluti e dal finanziamento dei militari in tutto il mondo per la ricerca dentro e fuori le università all’esternalizzazione diretta dei farmaci alle loro controparti di ricerca, l’unica cosa certa è che quanto più si forma un capitalismo sanitario, la “salute” di esso è la nostra malattia e la nostra dipendenza da esso.

Estendendo il concetto di iatrogenesi, come menzionato prima, e cercando di vederlo nel presente, lo comprendiamo come un modello della nostra continua dipendenza dalla medicina formale moderna. E come qualcosa che ora coinvolge, al di là del vecchio paradigma medico-chimico, le moderne tecnologie mediche – che coinvolgono in gran parte tecnologie di ingegneria genetica – combinate con l’informatica e soprattutto i database (big data). Stiamo assistendo a un processo di accumulo primitivo perpetuo che è direttamente collegato all’appropriazione indebita quotidiana dei nostri dati sanitari e di come si intrecciano con gli altri dati delle reti sociali e delle applicazioni che usiamo ogni giorno e che sono obbligatoriamente a disposizione di stati/poliziotti/capi ed esperti. Questo è ciò che riconosciamo come la direzione della ristrutturazione del capitalismo, entrando nella quarta rivoluzione industriale. In altre parole possiamo vederlo come l’estensione della redditività capitalista universalmente, nei nostri corpi, con il veicolo della medicina e nel trasformare questo in un campo di redditività continua e perpetua. Un processo di sottomissione a un continuo aggiornamento biologico (che ovviamente avrà bisogno di certificati per provarlo) che non ha alcuna preoccupazione per la salute dietro, ma un chiaro tentativo di controllare, disciplinare ed estendere la redditività molto più in profondità nei confini dei nostri corpi e delle nostre vite.

Medicina come politica

La medicina nel capitalismo è stata fin dalla sua nascita uno strumento di legittimazione del potere e dell’esercizio della politica. Dai comitati di salute pubblica nell’Inghilterra del 1800 e i corrispondenti studi statistici sulla vita della classe operaia, ai controlli biometrici dopo l’11 settembre, l’attuazione brutale del totalitarismo moderno “per la salute”, e gli attuali comitati di esperti, con le loro misure “sanitarie”, esclusioni e quarantene. Possiamo vedere che la medicina è, tra l’altro, un potente strumento di politica, che registra, esamina il “problema” precedentemente definito e impone la sua soluzione.

Le relazioni sociali devono rendere conto al potere politico, nei termini e con gli strumenti dati dalla medicina. Questo governo in termini medici per decreto ha portato ad una mediazione capitalista di tutto lo spettro della nostra riproduzione sociale, in modo tale che non può esistere al di fuori di essa.

Qui vediamo di nuovo i Big Data, come una continua e dinamica organizzazione e controllo, non di corpi, ma di relazioni sociali questa volta. Gli stati moderni, che cercano di trovare e stabilire modi per estendere il loro controllo e potere universalmente in tutti i modi in cui viviamo.

E questo non solo per ragioni che hanno a che fare con le loro rivalità reciproche, ma anche con la ristrutturazione che sta accelerando in una crisi capitalista sempre più intensa. Se prendiamo coscienza di questo, potremo anche vedere il ruolo centrale che la medicina e i suoi specialisti hanno assunto in questo processo.

Un ruolo che legittima chiaramente le autorità politiche, per bocca di specialisti, a fare tutto quello che vogliono negli ultimi due anni. La moderna medicina ufficiale occidentale non solo ha fornito la base politica per l’introduzione della quarantena e di tutte queste misure di limitazione delle libertà che sono state imposte dall’oggi al domani, ma – cosa più importante – ha anche posto le basi per la formazione della “nuova normalità” dopo la quarantena.

Intendiamo questo processo come una relazione duale che coinvolge la redditività all’interno del capitalismo, ma anche la politica. La politica (o meglio gli stati, in quanto rappresentanti collettivi del capitale e dei padroni) si occupa della redditività del capitale, parlando specificamente del capitale medico-farmaceutico, e questo rispettivamente si occupa di essere il veicolo per la ristrutturazione del capitalismo che, come abbiamo detto prima, ha bisogno della sua estensione nei nostri corpi e relazioni per non solo la redditività, ma anche una trasformazione in un modello totalitario di governo.

Epilogo

Sperimentando nel nostro tempo la completa dipendenza dal sistema medico, una dipendenza costruita sul furto e la distruzione di qualsiasi metodo diverso di trattamento, è fondamentale cercare di recuperare un pezzo dello spazio perduto demistificando la narrazione dominante della medicina ufficiale sulla salute, la malattia, il trattamento e la prevenzione. Essere in grado di discernere i difetti e le inadeguatezze di questo sistema piuttosto che chiudere un occhio per paura o per mancanza di soluzioni diverse. Riuscire a reificare questi concetti con contenuti molto più vicini alle vite che vogliamo vivere e alle relazioni che scegliamo di costruire, e riuscire a capire e rifiutare un linguaggio scientifico che insiste a oggettivarci per affermare il suo potere su di noi.

Dopo quello che è successo dal marzo 2020, e vedendo che c’è un vuoto molto grande di critica di tutto ciò che è stato imposto a tutti noi in questo tempo in occasione di un virus, abbiamo voluto fare questo contributo, non per convincere, ma più per riflettere e dare se possibile alcuni strumenti metodologici, contro la piaga emotiva e intellettuale che incontriamo ogni giorno dai nostri lavori alla nostra socialità. Ma soprattutto per riflettere contro la fiducia con cui parla la medicina ufficiale moderna, e coloro che sottoscrivono questa narrazione dominante, in cui dobbiamo tacere.

Quando si parla di medicina, si cerca di parlare di un metodo, di una condizione (una circostanza storica) e di certi processi nel tentativo di decostruirli, di capirli e di vedere cosa sta succedendo.

Quindi è importante che possiamo allontanarci dalle discussioni sulla carica virale e riportare la questione a quando pensiamo di essere sani e quando pensiamo di non esserlo. A come vogliamo essere trattati e a come non lo vogliamo e che il trattamento deve avere la nostra conoscenza e il nostro consenso e non imposizioni ed esclusioni. Questo, non solo per avere gli strumenti per rivendicare questo dal basso, ma anche per avvicinarci a ciò che la guarigione e la malattia significavano prima che fosse alienata come concetto dalla medicina ufficiale del capitalismo, e per poter resistere collettivamente alla paura che ci impone il silenzio e l’isolamento.

In conclusione, crediamo che sia molto importante avere posizioni e contenuti propri su questi temi, altrimenti seguiremo ciò che lo Stato ci dice ogni volta attraverso i suoi media e i suoi esperti, senza riuscire a capire perché una cosa del genere possa essere intesa a svalutare, controllare e distruggere le nostre vite e relazioni. Solo attraverso un processo di critica e messa in discussione saremo in grado di vedere anche la condizione attuale del quid (o qualsiasi quid possa venire dagli esperti del futuro (immediato)) dalla nostra prospettiva, con i nostri strumenti, con comprensione reciproca e non cannibalismo.

Game Over, https://www.gameoversite.net/
Atene, Novembre 2021

Pubblicato in L’Urlo della Terra, num.10, Luglio 2022

Dialogo tra Resistenze al nanomondo e Paul Cudenec

  1. Resistenze al nanomondo: Se ci puoi scrivere qual’è la tua storia, il tuo percorso, quando hai iniziato a sviluppare una critica agli sviluppi tecno-scientifici e quali sono stati i pensatori da cui hai tratto insegnamento.

Paul Cudenec: Non credo di poter separare la mia critica agli sviluppi tecno-scientifici dal resto delle mie opinioni e analisi. Sono un anarchico da 30 anni ormai, ma anche prima di allora, nella mia gioventù, sentivo una forte avversione istintiva per la società dei consumi high-tech. Da un lato era associata a tutto ciò che non mi piaceva – il grande business, lo stato, i militari, l’autorità e il controllo in generale. Dall’altro lato era in contrasto con tutto ciò che più apprezzavo – la natura, la libertà, la comunità, un senso di continuità storica e culturale. L’arrivo delle telecamere a circuito chiuso in Inghilterra è stato un momento di risveglio per me. All’epoca lavoravo come giornalista in un giornale locale in una delle prime città in cui erano state installate le telecamere e, dato che sapevo per certo che lì c’era pochissimo crimine, mi fu chiaro che questo progetto non aveva niente a che fare con la lotta al crimine, come si diceva, ma era il lancio di qualcosa di molto più sinistro. Ho scritto una canzone punk su questo a metà degli anni ’90 (che ho messo online l’anno scorso), mettendo in guardia contro “le telecamere che rubano la nostra libertà” e i tecno-tifosi che stavano per scansionare il nostro DNA, mettere microchip nei nostri cervelli e trasformarci in robot. Con il gruppo anarchico locale, che in seguito ho contribuito a creare, eravamo soliti tenere proteste annuali contro le telecamere, segnando l’anniversario della loro installazione come “il compleanno del Grande Fratello”. Come avrete capito da quanto sopra, George Orwell è stato, senza sorpresa, un’influenza su di me. La storia dei luddisti è stata un’altra ispirazione (tramite Kirkpatrick Sale tra gli altri), insieme a pubblicazioni anarchiche come Green Anarchist, SchNEWS, Do or Die, Anarchy: A Journal of Desire Armed e varie pubblicazioni EF! Ho letto anche Against the Megamachine di David Watson, Against His-story di Fredy Perlman, Against Leviathan, il Manifesto di Unabomber più molto di John Zerzan e Derrick Jensen. Più recentemente sono stato influenzato dalla lettura di autori come Miguel Amorós, Jacques Ellul, Theodore Roszak, Charlene Spretnak, Renaud Garcia… Ma intrecciate a questo filo della mia autoformazione sono state altre ispirazioni. Il mistico della natura inglese Richard Jefferies è stato molto importante per me, così come René Guénon, che univa la sua metafisica a una forte critica della modernità. Ho anche letto altrove di sufismo, taoismo, mitologia comparata, folklore inglese, filosofia indiana, idealismo tedesco, romanticismo ebraico anticapitalista, psicologia junghiana… Ciò che mi interessa, soprattutto, sono le connessioni tra questi racconti e tradizioni, o piuttosto, forse, il nuovo spazio che si apre alla nostra riflessione quando li consideriamo insieme, nello stesso contesto concettuale.

2. Resistenze al nanomondo: Il Great Reset è un tema che hai affrontato molto nei tuoi testi, potremmo dire fin dall’inizio dei lavori di Davos sull’ultima dichiarata emergenza. Sappiamo ormai che questa élite in gran parte non nasconde neanche più le sue intenzioni e i suoi progetti. Già da prima della dichiarata pandemia è stato sempre evidente come contesti di emergenza, veri o presunti, accidentali o creati ad hoc, rappresentino sempre un’ottima occasione per il sistema tecno scientifico per consolidarsi e dare significato alla propria permanenza.
Le sciagure ambientali come Fukuschima per la sinistra e tanti pensatori ambientalisti rappresentano delle contraddizioni che porteranno alla fine i nodi al pettine. La storia passata e soprattutto recente ci insegna invece che la Grande trasformazione (Great Reset) si nutre proprio di questi disastri, come un alimento non può farne a meno e farà quindi di tutto per far si che ve ne siano sempre di nuovi, non solo considerandoli come un continuo business, ma anche come universo di senso da cui trarre ispirazione: da questo punto di vista la dichiarata pandemia dovrebbe aver insegnato molto. Questo ovviamente vale anche per le turbolenze economiche, spesso causate dai disastri ambientali stessi, che rappresentano un’ottima occasione per cambiamenti radicali portati avanti con l’aiuto delle tecno scienze. Come hai scritto tu, questo porterà a far abbracciare innovazioni tecnologiche specifiche nella sfera pubblica e privata in modo che le generazioni future possano soddisfare le nuove necessità che il Grande Reset richiederà alimentando nuovi mercati – ma non solo – che ruotano verso innovazioni digitali, strategie elettroniche, telelavoro, intelligenza artificiale, robotica, nanotecnologie, internet delle cose e internet dei corpi accentrando il potere nelle mani degli stakeholder capitalisti con il pretesto benevolo di reinventare il capitalismo attraverso mezzi più equi e più ecologici. Come stanno avvenendo e come si evolveranno questi processi, pensando alle parole di Schwab che tu citi secondo cui certe tecnologie non saranno solo relegate al mondo fisico, ma diventeranno estensioni di noi stessi? Ma soprattutto in quella che tu chiami la seconda fase del Grande Reset con la guerra come nuova emergenza?

Paul Cudenec: Devo dire subito che non sono stato personalmente l’autore di quest’ultimo articolo, anche se apprezzo molto e faccio eco al contenuto! Una delle cose che mi ha colpito di più della narrazione di Schwab è il modo in cui ha collocato il cosiddetto Grande Reset nel contesto di una serie di tappe storiche. Cita l’11 settembre, spiegando come questo momento di shock abbia permesso al sistema di normalizzare tutti i tipi di misure di “sicurezza” invasive e restrittive che altrimenti non sarebbero state accettate dal pubblico, come il body-scanning negli aeroporti e la necessità di fare “check-in” e “check-out” negli edifici. In effetti, la “Guerra al Terrore” è stata, per me, un preludio alla “Nuova Normalità” del periodo di Covid. I continui annunci registrati nelle stazioni ferroviarie che ricordavano alla gente la “minaccia” del terrorismo, l’atmosfera di sospetto e sfiducia (“Se lo sospetti, denuncialo!”) erano già utilizzati per creare l’atmosfera di uno stato di emergenza permanente, in cui era inappropriato insistere troppo sulla propria privacy o libertà personale. Questo era combinato, almeno nel Regno Unito, con un culto delle forze armate (d’ora in poi ribattezzate “eroi”) che personalmente ho trovato intollerabile!

Prima della Guerra al Terrore, naturalmente, c’è stata la Guerra Fredda, che ha anche incoraggiato un atteggiamento militarista, la paura degli stranieri, e così via. La seconda guerra mondiale, anch’essa citata da Schwab, fu un altro evento che cambiò la società, spazzando via gran parte dei precedenti modi di vivere europei a favore di una versione “modernizzata” americana (in Occidente) o sovietica. Lo stesso vale per la prima guerra mondiale, che so ha messo fine, per esempio, a molte delle usanze popolari che avevano sempre animato la cultura inglese. Non erano più considerate appropriate nella New Normal del dopoguerra.

Suppongo che la maggior parte delle persone immaginino che questi eventi non siano altro che il gioco della storia e che i conseguenti cambiamenti della società siano il risultato necessario del loro impatto, parte dello stesso processo evolutivo, se volete. Ma io la vedo diversamente. Molte persone sono ora consapevoli che la “pandemia” non era niente del genere, ma una massiccia operazione psicologica utilizzata per portare avanti l’agenda presentata da Schwab come il Grande Reset. Lavorando a ritroso, e tenendo presente la vasta letteratura sull’11 settembre e altri attacchi “terroristici” (compresa l’analisi del situazionista Gianfranco Sanguinetti), possiamo vedere che la Guerra al Terrore era un fenomeno simile. Ovviamente, ha giustificato le guerre imperialiste in Afghanistan, Iraq, Siria e così via, ma ha anche permesso la securitizzazione della nostra società di cui Schwab si vanta – ed è stato evidentemente progettato per fare proprio questo. Lo stesso vale per il “terrorismo” dell’epoca della guerra fredda (il lavoro di Daniele Ganser su Gladio è particolarmente utile in questo caso). Anche le due guerre mondiali sono state deliberatamente usate in questo modo?

Possiamo vedere un modello preciso qui. Si verificano eventi scioccanti e omicidi che servono, simultaneamente, diversi aspetti della stessa agenda: la spesa statale massiccia viene incanalata in tasche private (sia il commercio di armi che Big Pharma), con i risultanti debiti pubblici che aumentano ulteriormente l’influenza delle istituzioni bancarie internazionali; la paura viene usata per instillare un’obbedienza sconsiderata all’autorità; i costumi e le strutture sociali precedenti vengono spazzati via; nuovi sistemi di controllo vengono introdotti di fronte a questa “emergenza”.

In questo contesto, non è difficile capire come l’attuale situazione di “guerra” possa essere stata deliberatamente istigata per accelerare questo processo, come solo l’ultima di una lunga serie di tappe (e ho citato solo le più evidenti sopra). La gente non vuole che il suo cibo sia razionato o prodotto in laboratorio, che le sue spese siano controllate dalle autorità bancarie centrali, che i suoi movimenti siano tracciati e le sue attività monitorate, ma può accettare tutto questo in un contesto di “emergenza”.

Tutto questo riguarda puramente il potere e il controllo. La tecnica impiegata dal sistema per raggiungere questo obiettivo è solo uno strumento, o un’arma. Ecco perché non è mai “neutrale” come alcuni amano sostenere: esiste solo per aumentare il dominio di chi la possiede, a spese di tutti gli altri, come i luddisti capirono fin troppo bene 200 anni fa!

3. Resistenze al nanomondo: Il subentrare della nuova emergenza internazionale legata alla guerra con le sue ovvie conseguenze energetiche sembra aver per un attimo sostituito dall’attenzione generale la dichiarata pandemia con i suoi strascichi nefasti che da anni ormai ci tocca subire.
Significativo che la propaganda di guerra di queste settimane riporti in pieno modalità e linguaggi che erano serviti a paralizzare i più su un terreno sanitario. È evidente, se continuano a seguire questo solco, che l’esperimento di ingegneria sociale è riuscito e si apprestano alle sue successive evoluzioni, dove il camice bianco è continuamente interscambiabile con la tuta mimetica.
Questo apparentemente ammorbidimento delle restrizioni in quasi tutti i paesi europei fuorché l’Italia sembra lasciare sperare che si stia andando nella direzione di un’uscita dalla dichiarata emergenza sanitaria e dal suo strumento simbolo per eccellenza: il lasciapassare sanitario (Green Pass). Eppure, le buone intenzioni, le retoriche e le descrizioni che vengono fatte non coincidono minimamente con la realtà presente. Dove, nel grande resettaggio globale, è ormai evidente che sono state già prese precise direzioni di natura trasnazionale e ai singoli Stati, soprattutto quando sono colonie statunitensi come l’Italia, non resta che applicarle.
Quello che temiamo è l’allentamento dell’attenzione e quindi della lotta verso questi nuovi sviluppi ed evoluzioni che non rappresentano alcun miglioramento della situazione, ma piuttosto un suo irreversibile consolidamento. Ma il vero problema più grande è che sfugga il fare chiarezza e, di conseguenza, che sfumi la possibilità di comprendere ciò che è stato impiantato nella società: un’idea concreta di società digital-cibernetica con individui impauriti pronti a qualsiasi richiamo a rinnovare i sieri genici dentro al proprio corpo o qualsiasi altro prodotto farmaceutico o meno che venga ritenuto necessario, confermando di fatto la nuova normalità in un paradigma di ingegneria genetica a mRNA.
Più volte nel tuo sito internet ti sei occupato delle lotte a livello internazionale contro la nuova normalità biomedicale, ritieni siano state sufficienti e siano state all’altezza della minaccia non che verrà, ma che ci sta già travolgendo? Potresti partire dalla tua esperienza personale, ma anche da altri paesi che negli ultimi anni hanno realizzato mobilitazioni importanti e come in Canada dove ci sono state le ultime lotte dei trasportatori? In queste proteste anche molti gruppi anarchici non erano dalla parte giusta della barricata, qual’è il motivo secondo te?
Dove l’aspetto quantitativo della protesta è stato raggiunto, si può dire la stessa cosa riguardo ai contenuti, dove in genere si è preferito immediate rivendicazioni ben digeribili ai più invece che toccare i veri nodi dietro al Green Pass? Parlare di cattiva gestione dell’emergenza pandemica non sposta forse il piano su parzialità recuperabili immediatamente dal potere stesso e del tutto inefficaci dal punto di vista dell’obbiettivo qualitativo della lotta?
Potresti fare delle considerazioni su tutto questo?

Paul Cuden: La mia esperienza personale è stata in Francia, dove vivo ormai da diversi anni. Nei primi giorni di Covid c’è stata poca reazione critica qui, soprattutto rispetto all’Inghilterra, dove le grandi proteste sono iniziate rapidamente a Londra e lo scetticismo sulla natura della “pandemia” sembrava un po’ più comune. Le cose cambiarono veramente nel luglio 2021, quando fu introdotto il “pass sanitaire”: un numero massiccio di persone scese in strada e non smise di farlo. Ho percepito un vero cambiamento nell’atmosfera politica, nel senso che le persone avevano rotto il tabù che impediva loro di sfidare la narrazione di Covid e, improvvisamente, esprimevano la loro opposizione non solo al pass, ma all’agenda del Grande Reset che c’era dietro. Prevedibilmente, la presenza di alcuni nazionalisti in queste proteste ha fatto sì che fossero presentate dai media come interamente di “destra”, ma questo non era chiaramente il caso: hanno rotto le solite classificazioni. Per molti versi questo nuovo movimento era un’evoluzione della rivolta dei Gilets Jaunes e la loro presenza nelle sue file era notevole. Ma, a causa della portata senza precedenti dell’attacco alle libertà umane di base che il lasciapassare comportava, ha attirato molte persone che non avevano precedentemente sentito il bisogno di essere coinvolte nella protesta politica. Anche se i critici hanno ritenuto che questo significasse che i manifestanti erano troppo disparati politicamente per rappresentare un vero “movimento”, non sono del tutto d’accordo. Ho visto a livello molto locale, con un gruppo locale anti-pass con cui sono coinvolto, come un certo consenso, una certa visione condivisa, si sia evoluta nel corso dei mesi e non sia stata interrotta dagli eventi in Ucraina. Recentemente ho presentato il mio ultimo libro, The Withway, a un gruppo di compagni di campagna qui e loro erano in gran parte in sintonia con la mia prospettiva, sia per quanto riguarda i pericoli della tecnica, la necessità di un decentramento radicale, l’importanza dell’aiuto reciproco, la nostra appartenenza al luogo e alla natura o, infatti, la necessità di una dimensione spirituale alla nostra lotta. Non ricordo di aver mai trovato così tanti spiriti affini in un gruppo “anarchico” ufficiale al 100%.

È difficile per me sapere se questo è generalmente vero in Francia o in altri paesi. Hai ragione a suggerire che il gran numero di persone coinvolte nelle proteste per la libertà non implica necessariamente una qualità di analisi o di comprensione. Ma quello che ho sentito nelle interviste da Ottawa, per esempio, mi suggerisce che c’è, come minimo, il potenziale per costruire un movimento di resistenza coerente. Il fatto stesso che questo movimento si definisca in termini di libertà, e che abbia identificato il principale nemico di questa libertà come le forze unite del grande business, delle istituzioni internazionali e dei singoli stati – una tecnocrazia globale – mi sembra incoraggiante. Non penso che sia una completa coincidenza che l’invasione dell’Ucraina sia avvenuta proprio quando questo movimento stava prendendo identità e slancio. Non credo nemmeno che la guerra frantumi decisamente quel consenso: nei circoli dissidenti ha già preso forma un’analisi condivisa della situazione che va oltre la dicotomia Stati Uniti/Russia/Cina.

Il fallimento degli anarchici nel loro insieme di opporsi al colpo di stato tecnocratico è stato per me fonte di grande delusione dal marzo 2020 e ho scritto ampiamente (forse troppo ampiamente!) su questo. Posso vedere due ragioni principali per questo tragico stato di cose. In primo luogo, c’è stato un declino a lungo termine nella comprensione del pensiero anarchico tra coloro che presumibilmente sottoscrivono la filosofia. Questo probabilmente non è del tutto nuovo, dato che Gustav Landauer si lamentava della stessa cosa più di 100 anni fa, ma è certamente peggiorato! L’influenza del postmodernismo e il culto dell’intersezionalità hanno creato una sorta di culto dell’artificio che rifiuta ferocemente ogni “essenzialismo” o la nozione di qualità umane innate e ha così voltato le spalle alla cruciale intuizione anarchica che non abbiamo bisogno di un’autorità dall’alto verso il basso perché siamo innatamente capaci di organizzarci dal basso. Senza le basi dell’autentico pensiero anarchico, questi anarchici zombie svuotati sono stati facilmente portati nelle posizioni assurde di sostenere il controllo fascista dello stato e la medicazione sulla base della difesa del “bene comune” come definito dai nostri governanti. Ma questa debolezza ideologica di fondo deve essere vista nel contesto della seconda ragione che voglio menzionare, che è che c’è stata chiaramente una deliberata acquisizione e manipolazione delle strutture anarchiche per impedire loro di sfidare il nuovo ordine.

4. Resistenze al nanomondo: Hai svolto un gran lavoro di approfondimento sull’impatto1 delle agende dei padroni universali sui contesti apparentemente portatrici di una critica a questo sistema, svelando una pseudo sovversione che in realtà è portatrice e promotrice delle stesse istanze di questo sistema tecno-scientifico e transumanista. Scrivi di Exinction Rebellion2 e anche di Black Lives Matter UK che è stato sostenuto da Edge Found. Ci puoi dire qualcosa di più?
Ricordiamo che gli Edge Found sono dei fondi di investimento speculativi che investono non a caso anche nella causa LGBTQ+ dove la Fondazione Rockefeller ha co-presieduto il comitato di programma di Edge ed è anche presente nel consiglio di amministrazione di Edge Funders dove troviamo un rappresentante dell’Open Society Initiative for Europe di George Soros. Questi e altri soggetti non sono semplicemente tra gli uomini più ricchi del pianeta, imprenditori, dirigenti di multinazionali biomediche e biotecnologiche: con gli investimenti delle loro società, le loro opere filantropiche e i loro progetti di ricerca sono in grado di dirigere l’agenda delle politiche mondiali su temi cruciali come la salute o l’ambiente per esempio. Dovremmo porci quindi delle domande se nella loro agenda troviamo investimenti a determinate aree di sinistra, ambientaliste e arcobaleno. Domande sui loro fini e sull’integrità e reale critica di queste aree e su come sono in realtà funzionali al grande resettaggio in corso.
Cosa pensi su questo?

Paul Cudenec: Sappiamo che il Grande Reset è una transizione che è stata pianificata per anni, probabilmente decenni. Come parte della loro pianificazione, quelli dietro di essa avrebbero inevitabilmente guardato alle potenziali fonti di opposizione ad essa e gli anarchici, molto coinvolti nelle proteste anti-globalizzazione più di 20 anni fa, si sarebbero ovviamente distinti. Girare il pensiero anarchico in modo che non minacciasse più, ma di fatto rafforzasse, l’agenda dei tecnocrati sarebbe stata quindi una mossa sensata da parte loro.

Da tempo sentivo, intuitivamente, che c’era qualcosa di malsano nella direzione che il movimento anarchico stava prendendo, ma forse supponevo che questo parlasse semplicemente delle mie differenze con gli atteggiamenti prevalenti. È stato solo con il momento Covid che sono stato costretto ad affrontare veramente questo problema e ad esplorare cosa c’era dietro.

Uno sviluppo significativo negli ultimi 15 anni circa è stato l’emergere di un movimento “antifascista”, la cui identità e i cui presupposti ideologici sembrano aver ampiamente spostato quelli del movimento anarchico da cui è nato. Nel Regno Unito, questo è stato spinto dall’emergere della English Defence League, un movimento di strada anti-musulmano molto pubblicizzato e considerato da molti come deliberatamente prodotto dal sistema. Sospetto che questo sia stato un altro esempio della strategia di contro-insurrezione “bande e contro-bande” molto favorita dallo stato britannico (come esplorato dal ricercatore Larry O’Hara, tra gli altri). In risposta a questa minaccia fisicamente reale – l’EDL inizialmente ha attratto un gran numero di sostenitori bianchi della classe operaia – gli anarchici si sono sentiti obbligati a reagire. Io stesso ho preso parte all’attività antifascista locale. Ma, con il senno di poi, il culto dell’antifa ha effettivamente allontanato gli anarchici dall’organizzazione diretta contro il nostro vero nemico stato/corporativo per concentrarsi invece su gruppi di individui che, mentre agivano effettivamente come proxy del sistema, non erano il vero problema. L’enfasi sulla lotta di strada, l’autodifesa e la spavalderia posticcia ha anche depoliticizzato l’ambiente anarchico in una misura spaventosa, con un gruppo, i Berkshire Anti Fascists, che dichiaravano persino con orgoglio di essere, esattamente come quelli a cui sostenevano di opporsi, “più interessati all’azione che alla filosofia politica”! Successivamente, lo stesso atteggiamento iper-aggressivo coltivato verso gli oppositori di estrema destra è stato diretto contro i “nemici” appena scoperti, come le “terf” (femministe che sfidano il dogma transgender) e, successivamente, tutti quei teorici della cospirazione “di destra” e gli “anti-vaxxers” che osano mettere in discussione la narrazione ufficiale di Covid. Questo mi sembra molto simile alla creazione deliberata da parte del sistema di una milizia di strada con cui attaccare i suoi oppositori sotto la falsa bandiera dell’antifascismo. Il linguaggio violento usato contro i dissidenti di Covid da molti anarchici “ufficiali” si è persino esteso (in Germania, Australia e Canada, per esempio) a specifiche mobilitazioni antifa contro le proteste per la libertà. Fortunatamente queste sono state piccole e inefficaci.

Sono stato in grado di fornire la prova di una connessione tra gruppi di sinistra/anarchici e il mondo corporativo a cui teoricamente si oppongono, attraverso le mie indagini su Guerrilla Foundation e Edge Fund. Ero già a conoscenza dell’esistenza di “finanziamenti” per le attività anarchiche e anticapitaliste, ma ero stato indotto dai compagni a credere che questi provenissero da simpatizzanti anarchici che per caso avevano ereditato grandi somme di denaro che volevano usare per una buona causa. La realtà, infatti, è che queste organizzazioni di finanziamento sono strettamente legate al mondo dell’impact investing e a coloro che promuovono la transizione del Grande Reset: la loro politica di identità intersezionale, la loro “sostenibilità” e “inclusività”, sono strettamente legate all’agenda ESG degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, di cui il principale promotore ufficiale è il World Economic Forum.

Lei chiede specificamente di Extinction Rebellion (conosciuta come XR) e Black Lives Matter. Il caso XR ha rappresentato per me un momento spartiacque nel 2019. Inizialmente ero stato contento dell’emergere di quello che sembrava essere un movimento ambientale radicale, dopo anni di scarsa attività, e sapevo attraverso le connessioni personali che in XR erano coinvolti attivisti genuini. Tuttavia, l’organizzazione si è data la zappa sui piedi lanciando e pubblicizzando un gruppo “XR Business”, attraverso il quale i suoi finanziatori aziendali si sono resi visibili. Molti di questi si sono rivelati essere dell’industria dell’impatto che è così centrale per la nuova economia basata sui dati prevista dal Grande Reset. L’auto-esposizione di XR è stata, guardando indietro, la nostra prima indicazione di ciò che sarebbe seguito nel 2020.

Rising Up, il gruppo dietro XR, è stato infatti finanziato da Edge Fund, insieme a Black Lives Matter. Il fatto che entrambi questi gruppi attraggano senza dubbio sostenitori genuini che pensano sinceramente di fare la cosa giusta, non intacca la realtà della loro totale immersione nella truffa dell’intersezionalità. Un rappresentante di Black Lives Matter UK ha elogiato Edge Fund per aver abbracciato “le questioni dei diritti dei lavoratori del sesso, degli alloggi, del cambiamento climatico, dei diritti LGBTQIA+, della salute mentale, del recupero dalle dipendenze e della giustizia razziale”. Questi sono tutti temi cari ai piani degli investitori d’impatto, che formano la base della loro mercificazione dei nostri problemi e svantaggi e la loro speculazione sul nostro “successo” o “fallimento” nell’affrontarli, come tracciati e valutati attraverso la sorveglianza online permanente nel loro panopticon digitale. È interessante notare che, alla luce dei miei commenti precedenti, anche i gruppi antifascisti sono stati finanziati dai capitalisti d’impatto di Edge Fund…

Quando gli “anarchici” condannano i compagni come “teorici della cospirazione” per aver esposto il sostegno delle grandi imprese al movimento “giustizia climatica”, quando attaccano qualsiasi sfida al culto transgender dell’industria biotecnologica, o qualsiasi messa in discussione dei prodotti sperimentali dell’industria farmaceutica, allora l’agenda aziendale è difficile da ignorare. Sono abbastanza d’accordo che stiamo parlando qui di “una pseudo-sovversione che è in realtà portatrice e promotrice delle esigenze stesse di questo sistema tecno-scientifico e transumanista”.

5. Resistenze al nanomondo: In un tuo testo fai riferimento a queste parole di Gustav Landauer: “Non c’è bisogno di temere la mancanza di rivoluzionari: in realtà nascono da una sorta di generazione spontanea, cioè quando arriva la rivoluzione”3.
Quello che ci chiediamo è come sarà possibile mettere in atto una critica e una lotta all’esistente che vadano fino alle sue fondamenta se non ci sono adeguati strumenti per comprendere cosa ad esempio rappresentano questi sieri genici e, nel complesso, per comprendere le attuali trasformazioni?
I contesti che da sempre hanno considerato marginale o che hanno addirittura deriso una priorità di lotta verso le tecno-scienze adesso si trovano a non avere questi strumenti. Ma anche alcuni contesti che si stavano opponendo all’avanzata della Quarta Rivoluzione Industriale si sono trovati impreparati mettendo in atto di fatto una scissione con la realtà che stavano contestando non opponendosi con adeguata determinazione e forza a questi sieri genici e al più ampio progetto transumanista in cui vanno collocati questi e altri fondamentali passaggi. Eppure pensavamo che, quando i tecnocrati eugenisti e transumanisti dagli altri animali sarebbero arrivati a penetrare e modificare anche i nostri corpi, ci sarebbe stata una forte opposizione. Ma, ripensandoci, anche la notizia delle due bambine modificate geneticamente in Cina era stata accolta come questione marginale, forse perché partiva dalla Cina e non si è voluto vedere che l’Occidente pieno di bioetica fasulla non stava aspettando altro, non per fare uguale, ma per fare meglio.
Perché secondo te si è arrivati a questa situazione?

Paul Cudenec: Sì, è molto frustrante vedere come le persone tendono, di volta in volta e in vari contesti, a fermarsi ad un certo punto e a rifiutare di portare avanti la loro analisi. Non è una questione di essere in grado di educarli, dato che l’informazione è disponibile – semplicemente si rifiutano di riconoscerne l’esistenza! Questo sembra essere tipico della “sinistra”, in generale: ci sono certi tabù ideologici o sociali profondamente radicati che non possono mai essere infranti senza il rischio, forse, di far esplodere il senso di identità personale dell’individuo, che è stato costruito su un certo insieme di presupposti sociali. Il problema, per me, è che troppi non si sono veramente liberati dal pensiero del sistema. Il fatto che adottino posizioni che sembrano sfidare il sistema aiuta solo a renderli ciechi al fatto che rimangono intrappolati all’interno del suo quadro generale della realtà. Come ha scritto Guy Debord nei Commentaires sur la société du spectacle: “L’individuo che è stato segnato più profondamente da questo pensiero spettacolare impoverito che da qualsiasi altro aspetto della sua esperienza si mette al servizio dell’ordine stabilito fin dall’inizio, anche se soggettivamente può aver avuto l’intenzione opposta. Seguirà essenzialmente il linguaggio dello spettacolo, perché è l’unico che gli è familiare, quello in cui ha imparato a parlare. Senza dubbio vorrebbe essere considerato un nemico della sua retorica; ma ne userà la sintassi”.

Nelle nostre società, siamo stati tutti sottoposti a una vita di condizionamenti, a partire dalle nostre famiglie (dove gli altri ci hanno trasmesso i risultati dei loro condizionamenti!) e continuando attraverso la scuola, i media, la lettura – cresciamo e ci definiamo usando i termini e i presupposti che ci sono stati insegnati. Uscire da questo condizionamento non è facile, ma è essenziale se vogliamo essere in grado di pensare dall’interno di noi stessi piuttosto che dalla società esterna, e trovare dentro di noi l’intuizione collettiva naturale che ci è nascosta dalla nostra educazione sociale artificiale. Normalmente raggiungeremmo questo attraverso una successione di fasi – io stesso sono stato molto consapevole di questo processo nel corso degli anni, che ha comportato un distacco di strato dopo strato dell’illusione in cui avevo vissuto. Più sei “istruito” – più hai costruito il tuo senso della realtà sulla versione falsa servita dallo spettacolo – allora più lavoro devi fare per disimparare tutta la falsità accumulata, il che forse spiega perché le persone con idee politiche molto strutturate rimangono incapaci di afferrare certe verità che sembrano ovvie agli altri. Penso che questo sia forse parte di ciò a cui Landauer mirava con la citazione che hai citato. Le persone che pensano di essere rivoluzionarie, che hanno sognato a lungo di essere rivoluzionarie, non sono necessariamente le persone che effettivamente passeranno all’azione quando arriverà il momento! Il loro pensiero è troppo rigido, le loro aspettative troppo precise. Hanno, in effetti, aggiunto ulteriori strati al loro condizionamento – strati “rivoluzionari”! – che li immobilizzano quando il momento del potenziale rivoluzionario arriva in una forma diversa da quella che avrebbero immaginato o preferito. Il lato positivo del punto di Landauer è che la frantumazione delle certezze da parte di una situazione rivoluzionaria rompe i condizionamenti e le inibizioni delle persone precedentemente non rivoluzionarie, spingendole a cogliere il momento e a prendere parte alla rivolta. In momenti potenti come questo, l’inconscio collettivo travolge i soliti tabù sociali e si impossessa degli individui che sono aperti alla sua influenza, che sono guidati principalmente dal loro cuore, potremmo dire, e non sono trattenuti da un intelletto timoroso e ossificato. Penso che possiamo vedere questo fenomeno manifestarsi nelle varie proteste per la libertà, compresa la rivolta dei camionisti canadesi, anche se tutto questo ovviamente non equivale (ancora!) a una rivoluzione.

6. Resistenze al nanomondo: Ultimamente hai scritto: «Ma perché questa rivolta abbia successo, è necessario liberare un ulteriore elemento dal labirinto di menzogne in cui anch’esso è stato a lungo imprigionato.
Questo elemento è il nostro senso del sacro, la nostra connessione con il Tutto, il nostro spirito.
La cultura dominante ha lavorato duramente per soffocare questa dimensione, non solo negando la sua esistenza attraverso la sua moderna mentalità materialista unidimensionale, ma ingabbiandola all’interno delle strutture rigide e senza vita e dei dogmi della religione al servizio del potere e dirottandola in culti o pseudo-spiritualità superficiali che predicano la passività e non rappresentano una minaccia per il suo dominio»4.
Questo tuo rimando alla dimensione del sacro ci fa chiedere come può essere possibile una rivoluzione, collegandoci alla domanda precedente, se non si hanno da contrapporre altri valori a quelli dominanti, se non si ha da contrapporre una visione di mondo essenzialmente altra da quella transumanista e materialista.
In un mondo completamente materialista la paura più forte è quella della morte, paura sulla quale si è retta parte della propaganda attorno alla narrazione su questa pandemia dichiarata. Ed è stata significativa la rimozione dei morti, nell’impossibilità di seppellirli e nell’ultimo saluto negato durante il primo periodo di confinamento in cui era vietato lo svolgersi dei funerali e il poter andare dai propri cari ricoverati.
Ernst Jünger, che hai anche tu ripreso in un altro tuo testo5, aveva messo in luce che «Nessuno è più facile da terrorizzare di chi crede che tutto sia finito quando il suo fugace fenomeno si spegne. I nuovi schiavisti se ne sono accorti, e questo spiega l’importanza per loro delle teorie materialistiche…».
La cancellazione dei riti porta alla disgregazione di una comunità che si regge anche su una dimensione del sacro. E, in ultima istanza, la desacralizzazione dell’esistenza e la cancellazione del sacro rende il vivente disponibile alla predazione e manipolazione tecnoscientifica, riprendendo queste tue parole: «Il sacro non è “lassù” e non abbiamo bisogno di sedicenti intermediari per entrare in contatto con esso. È dentro ogni essere vivente»6.
La cancellazione della dimensione del sacro ha ripercussioni anche sulle analisi critiche che, se prendono in considerazione solo il piano economico, rinchiudendosi nei meri dati, diventano incapaci di cogliere un più ampio piano di orizzonte di senso e di assoggettamento con le sue conseguenze che vanno oltre al piano prettamente materiale. Lo scopo non può essere ridotto al mero profitto, ma è proprio la realizzazione di una precisa visione di mondo transumanista. Da anni scriviamo che il problema non sta solo se l’esperimento raggiunge il risultato prefissato – e con le tecno-scienze il mondo intero e gli stessi corpi sono diventati dei laboratori viventi – ma nel percorso per raggiungere quel risultato: in questo percorso viene resa possibile l’idea di poter manipolare e artificializzare il vivente e nel mentre qualcosa si trasforma e si perde in maniera irreversibile. Siamo arrivati alla presa dello spirito per la chiusura del cerchio del totale dominio e per la totale trasformazione antropologica e ontologica dell’umanità.
Cosa pensi di questo?

Paul Cudenec: Infatti. Molto ben detto. E come dici tu, questa è la continuazione della domanda precedente. La rimozione della falsità, che stavo descrivendo, inizia a livello sociale o politico, ma progressivamente si avvicina al nucleo stesso del nostro essere. L’ultimo strato di illusione da scrostare è quello della nostra individualità che è la radice della nostra esistenza. Questa scoperta, che è la base di ogni autentica spiritualità, può rafforzare la nostra resistenza in due modi. In primo luogo, come dice Jünger, elimina la paura della morte individuale che limita tanto il nostro coraggio di agire. In secondo luogo, ridefinisce tutta la nostra visione di chi siamo e di quale sia lo scopo della nostra vita. Direi che il semplice vivere – essere vivi ed essere coscienti di essere vivi – è una parte di questo scopo, poiché è solo attraverso le sue parti costitutive che l’organismo universale complessivo può sperimentare la propria esistenza fisica. In altre epoche della storia umana, solo questo poteva essere visto come il senso della vita. Ma ognuno di noi ha anche lo scopo di agire per conto di quell’insieme, di permettere a noi stessi di servire da veicolo per l’organismo universale di cui siamo solo una parte (sebbene dotata della soggettività cosciente necessaria per la nostra vita pratica quotidiana). Lo scopo della vera spiritualità, come sottolinea Sri Aurobindo, non è semplicemente diventare consapevoli di questa appartenenza cosmica, o withness come la definisco nel mio ultimo libro, ma permettere che guidi le nostre azioni ad ogni livello. Paradossalmente, dobbiamo trovare una grande forza individuale per intraprendere questo processo di superamento dell’individualità. E, di nuovo paradossalmente, una volta che ci siamo spogliati del nostro ego per diventare avatar del tutto cosmico, diventiamo individui molto potenti.

Sono d’accordo che non riusciremo mai a rovesciare il sistema di morte che ci schiavizza se rimaniamo sul piano puramente politico e non fondiamo la nostra resistenza su questa trasformazione spirituale potenziante: è l’unica arma che possediamo che ci può permettere di affrontare l’immenso potere fisico del sistema. Ma ci aspetta un compito difficile, quello di incorporare questa dimensione spirituale nella nostra lotta politica, perché le ideologie radicali generalmente non solo trascurano questo elemento, ma lo rifiutano attivamente, costruendo addirittura le loro prospettive fondamentali su una base che esclude definitivamente questa possibile dimensione. Le loro “teorie materialiste”, per usare le parole di Jünger, sono inoltre solo uno dei mezzi con cui il potere organizzato ha cercato di impedire l’emergere di un’opposizione risvegliata spiritualmente, che sa che potrebbe minacciare il suo controllo. Incoraggia il dogma religioso che definisce la divinità come un’autorità ultima piuttosto che la nostra identità ultima, insieme a discipline spirituali degenerate che promuovono il disimpegno dal mondo come obiettivo finale dell’auto-realizzazione, tentando così di allontanare anche le persone di mentalità spirituale da una forma autentica e potenziante di metafisica.

Per quanto riguarda i valori che sosteniamo, questi scaturiscono dal punto di vista della nostra coscienza metafisica. Vediamo chiaramente l’unità dell’esistenza, i modelli e l’ordine che formano la struttura della materia, della natura, del corpo umano e della mente umana, delle nostre culture, del nostro pensiero, del nostro sogno. Tutti i tentativi di ridurre la vita, di dominarla, inquinarla o controllarla, si rivelano come gli abomini che sono. Come avatar coscienti del tutto organico, sappiamo intuitivamente, senza esitazione, che il nostro compito è quello di allontanare queste minacce tossiche in ogni modo possibile, al massimo delle nostre capacità. In un’epoca di pericolo, non può esserci altro significato per il nostro vivere che questo.

7. Resistenze al nanomondo: «Da una parte c’è il sistema neoliberista, radicato nell’élite politica locale e nazionale, che è sempre felice di sacrificare la terra a beneficio della crescita, dello sviluppo, del profitto. Dall’altro lato c’è un altro modo di pensare, un modo di pensare contadino, un modo di pensare molto più antico che paradossalmente oggi è spesso rappresentato dalle generazioni più giovani»7.
Questi anni di dichiarata emergenza sanitaria per le élite trasnazionali al potere e per gli stati chiamati poi ad eseguire i programmi sono stati delle vere e proprie scuole per verificare nel vivo le fasi della loro “distruzione creativa” usando le parole di Mario Draghi. Questo, pensiamo, avrebbe dovuto esserlo anche per chi vuole sovvertire il mondo macchina, in quanto gli ultimi anni hanno delineato anche con chiarezza la degradazione a cui è giunto l’essere umano. Una cosa evidente, almeno qui in Italia, è stata come l’insofferenza verso quello che sta avvenendo sia derivata non da persone giovani, ma quasi sempre da adulti. La percezione che noi abbiamo è che il potere sapeva che ad ostacolarlo ci sarebbe stata soltanto questa piccola parte di popolazione, destinata a scomparire, se pensiamo agli anziani in molti casi ancora isolati nelle RSA: una memoria che non deve lasciare traccia. Le nuove generazioni di giovani invece, immerse nel virtuale, che in molti casi non hanno memoria di come poteva essere una relazione non mediata dal virtuale, sono già pronte per il Metaverso. Intendiamoci, anche i giovani hanno e continuano a soffrire tantissimo per il clima emergenziale pandemico, ma questo non si trasforma in rabbia e rivolta, ci pensano le frotte di psichiatri scolastici a convogliare altrove questi sentimenti, magari precocizzando il corredo degli psicofarmaci. Cosa ne pensi di questi aspetti, partendo da quello che scrivi tu e di cui abbiamo citato alcune righe e pensi sarà ancora possibile una memoria viva e reale di cosa significhi libertà, natura ed essere umano in questa erosione di senso?

Paul Cudenec: Il passaggio che citi è tratto da un articolo che ho scritto nel 2015 sull’ondata di resistenza anti-industriale in Francia, in ZAD come quelle di Notre-Dame-des-Landes e Sivens. Queste lotte coinvolgevano molto i giovani che reclamavano, in forma contestabile, i valori contadini dei loro nonni o bisnonni. È vero che questo movimento è meno visibile oggi: Ho il sospetto che sia stato in gran parte assorbito dai Gilets Jaunes e dal movimento per la giustizia climatica che, in Francia, ha un’ala radicale non corporativa.

Purtroppo è vero che, nel complesso, i giovani sembrano attualmente meno aperti a mettere in discussione la tecnica nel suo complesso, senza dubbio perché la loro intera comprensione della realtà è stata costruita su un’esperienza di internet, telefoni cellulari, giochi e così via. Ma resto ostinatamente convinto che questo potrebbe cambiare molto rapidamente! Perché? Perché questa dipendenza dai giocattoli e dagli strumenti del sistema tecnocratico è solo superficiale; occupa solo il loro cervello e non il loro cuore. Ci sarà necessariamente una reazione contro la tecno-tirania che si è rivelata così chiaramente dal 2020 e questo si manifesterà necessariamente nella generazione più giovane. Penso in particolare alla generazione che non ha ancora raggiunto la maggiore età, la cui visione del mondo non è ancora stata interamente plasmata. Avranno sperimentato l’incubo newnormalista direttamente, nelle loro scuole e nelle loro case, e avranno anche sentito e assorbito le opinioni critiche degli adulti intorno a loro: i semi sono già stati piantati. Molti di questi giovani cercheranno anche ora di dare un senso a ciò che vedono accadere intorno a loro, cercando informazioni rilevanti, scambiando opinioni con i loro coetanei. Insieme a questo ci sarà il senso del giusto e dell’etico, l’amore per la giustizia e la libertà che è innato nella specie umana e che riaffiorerà sempre, in forme superficialmente diverse, nello spirito di ogni nuova generazione. Penso che il Grande Reset potrebbe essere la scintilla per una potente rinascita di questo spirito di vita tra milioni e milioni di giovani. E la loro energia giovanile e il loro idealismo significheranno che questo non apparirà solo sotto forma di critiche teoriche, ma come una vibrante e epocale rivolta della vita reale contro la tecnocrazia e in difesa della natura e della vita e della libertà umana.

8. Resistenze al nanomondo: «Il guscio della sinistra, una stantia crosta ideologica fabbricata per limitare la ribellione piuttosto che per rafforzarla, si sta spaccando»8.
«Questi ‘sinistra’ fraudolenti e spregevoli hanno commesso crimini eclatanti e tradito l’umanità. […] Da un lato, la sinistra rivoluzionaria deve definirsi, separarsi dalla ‘sinistra’ corrotta e porsi come una forza rivoluzionaria più forte con il popolo in tutti i campi di lotta contro la tirannia e l’oppressione.
D’altra parte, al di là del paradigma sinistra-destra, se vogliamo sconfiggere l’agenda globale di schiavitù e genocidio, dobbiamo unirci sulla base della nostra comune umanità. Tutto ciò che di arbitrario ci divide non è più rilevante.
L’esposizione della falsità della falsa “opposizione” di sinistra ci offre un’opportunità senza precedenti per reimmaginare la nostra resistenza da zero. […] La nostra resistenza sarà completamente contro questo sistema e tutto il suo pensiero e le sue infrastrutture»9.
Riteniamo questi tuoi pensieri molto importanti per aiutare ad uscire dal laghetto artificiale – non parliamo di stagno visto lo splendido ambiente biodiverso che questo rappresenta – in cui è sprofondato il pensiero critico e quindi anche la resistenza ai tempi presenti.
Sembra di parlare con retorica rivendicando un’unione sulla nostra comune umanità, ma oggi ad essere in gioco è proprio la nostra stessa umanità. E nell’universo fluido che si va creando sovvertire il potere avrà lo stesso significato di adesso? Ti andrebbe di approfondire tutte queste questioni, magari anche con le tue ultime riflessioni?

Paul Cudenec: Penso che ciò che è cambiato dal 2020 è la chiarezza con cui possiamo vedere la vera identità della sinistra. Questa realizzazione mi ha lasciato, come molti altri immagino, in una strana posizione. Sono ancora motivato da principi che sono generalmente considerati di sinistra, ma mi sento completamente alienato dalla sinistra come è attualmente costituita. Improvvisamente mi sembra strano che io abbia mai potuto considerarmi dalla stessa “parte” generale di persone che credono sia nel potere dello stato (anche uno stato mondiale!) che nel dominio della tecnica avanzata sotto la bandiera del cosiddetto Progresso. Queste persone non sono miei alleati ma miei nemici, come loro stessi hanno chiarito attraverso i feroci attacchi e le calunnie su coloro che condividono la mia posizione sul golpe di Covid. Guardando indietro nella storia, mi chiedo se questo non sia sempre stato il caso – possiamo vedere inquietanti paralleli tra il finanziamento capitalista dei bolscevichi, per esempio, e il finanziamento odierno delle organizzazioni “radicali” da parte più o meno delle stesse entità finanziarie. Questi dettagli completano molto bene tutte le critiche ideologiche che faccio da tempo alla sinistra e a certi anarchici, lasciandomi l’impressione generale che sia necessaria una rottura completa. Ovviamente, non si tratta di lasciare la sinistra per unirsi alla destra, perché è proprio questo inquadramento e limitazione della possibilità politica che bisogna sfuggire. Le stesse questioni che rivelano l’incompatibilità del nostro pensiero con quello della sinistra generale ci indicano anche i pilastri su cui possiamo costruire quella che deve essere una nuova forza storica di resistenza: il rifiuto del potere e della Technik. Questo progetto di decentralizzazione, deindustrializzazione, riconnessione e riumanizzazione si baserà sui modi naturali di essere e di pensare derisi come “reazionari” dai nostri oppositori vitafobici. Per permettere a questo nuovo movimento di realizzare il suo vero, vasto, potenziale, dovremo abbandonare il vocabolario politico esistente, che è sovraccarico di confusione e non è una lingua in cui possiamo esprimerci nel modo necessario. Il nostro terreno dovrà anche essere molto più ampio e profondo dell’attuale discorso politico, comprendendo tutte le forme attraverso le quali l’anima umana trova la propria espressione (poesia, arte, musica, danza, rituale, mito, narrazione…) e includerà regni molto al di là della comprensione attuale di ciò che la “politica” è e potrebbe mai essere. Dovrà essere immaginativa, spirituale, olistica, gioiosa, triste, umoristica, arrabbiata, provocatoria e, soprattutto, visionaria: vivendo e agendo nel presente, troverà le sue radici nel passato e fisserà il suo sguardo sul futuro.

Marzo 2022
Paul Cudenec: www.winteroak.org.uk
www.network23.org/paulcudenec/
Resistenze al nanomondo:
www.resistenzealnanomondo.org

Pubblicata in L’Urlo della Terra, numero 10, luglio 2020

1Controlling the left: the impact edgenda, 2021, https://winteroak.org.uk/2021/02/10/controlling-the-left-the-impact-edgenda/

2Rebellion extinction a capitalism scam to hijack our resistance, 2019, https://winteroak.org.uk/2019/04/23/rebellion-extinction-a-capitalist-scam-to-hijack-our-resistance/

3The healthyones, the fighters, 2021, https://winteroak.org.uk/2021/05/28/the-healthy-ones-the-fighters/

4Unleashin the spirit of life, 2021, https://winteroak.org.uk/2021/06/17/unleashing-the-spirit-of-life/

5R is for Resistance, in Yhe Acorn, n.69, 2021, https://winteroak.org.uk/2021/11/22/the-acorn-69/#3

6Unleashin the spirit of life, 2021, https://winteroak.org.uk/2021/06/17/unleashing-the-spirit-of-life/

7The French resistance will prevail, 2021, https://winteroak.org.uk/2021/08/29/the-french-resistance-will-prevail/

8Resistence: rupture and rebirth, 2022, https://winteroak.org.uk/2022/02/21/resistance-rupture-and-rebirth/

9Resistence: rupture and rebirth, 2022, https://winteroak.org.uk/2022/02/21/resistance-rupture-and-rebirth/