Video del Convegno I figli della macchina

Silvia Guerini
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Renate Klein
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Il regno del mercato totale – Intervista a Dany-Robert Dufour

Il regno del mercato totale
Intervista a Dany-Robert Dufour da La Décroissance

Ritenete che il sesso sia una realtà biologica e che non si possa cambiare il proprio corpo a piacimento? Allora siete sicuramente dei reazionari e rischiate di essere banditi dal campo dei progressisti. Costoro, perfetti utili-idioti del capitale, non hanno capito che la richiesta che il mercato e la tecnologia, chiamate a soddisfare ogni desiderio individuale, si assumano una responsabilità sempre maggiore, fa il gioco di un «capitalismo libidinale», sempre più radicale.

È questo il messaggio del filosofo Dany-Robert Dufour nel suo nuovo libro “Le Phénomene trans” (Il fenomeno trans) – Editore Le Cherche Midi – 2023.

La Décroissance: ciò che lei nel suo libro nomina «il fenomeno trans» per lei non è altro che «una delle ulteriori opzioni nel catalogo liberale». Da vent’anni a questa parte, noi mandiamo alle stampe la rivista “La Décroissance” per ricordare che non può esserci una crescita infinita. L’ideologia trans è frutto della stessa matrice dell’ideologia della crescita: il regno dell’illimitato in tutti i settori?

Dany-Robert Dufour: sì, transessualismo (o transumanesimo) e crescita infinita fanno parte della stessa lotta. Infatti, queste ideologie ignorano il limite. Esse sono vittime della hybris, la dismisura. Eppure, lo sappiamo, di questo rischio eravamo stati avvertiti sin dall’inizio della nostra civilizzazione: i greci dicevano che colui che è vittima della hybris e infrange il limite va incontro alla nemesi, il castigo. Il castigo della crescita infinita sono gli squilibri ambientali che minacciano la vita sulla terra. Quanto ai castighi che si abbattono sull’attivismo trans, possiamo menzionare gli squilibri psichici, giuridici e sociali che scaturiscono dall’affermazione grottesca per cui un uomo può essere una donna (o viceversa).

La D.: Lo psicanalista Jean-Pierre Winter osserva che «tutto funziona come se la fantasia fosse la fonte della legge». Infatti, al di là dei singoli casi individuali, non è la società nel suo complesso che ondeggia nel regno della fantasia?

D.-R. D.: Sì, nel nostro caso, si tratta di una fantasia di onnipotenza. Infatti, gli attivisti trans affermano che si può scegliere il proprio sesso – quando nella realtà è impossibile. Tuttavia, questa scelta è oggi avallata dalla legge. Siamo passati nel giro di qualche anno dall’idea che un individuo potesse esibire dei tratti sociali dell’altro sesso (ciò è sempre esistito in ogni tempo) all’affermazione che esso potesse assumere l’altro sesso. Un grosso sbaglio. Infatti, non è per il semplice fatto che appaio come una persona dell’altro sesso che sono dell’altro sesso. A meno di sostituire l’apparenza all’essere. In questo caso, ci si ritrova nel pieno di una fantasia, una parola di origine greca che condivide la stessa radice di “fantasma”.

La D.: Questa rivista festeggia l’uscita del nostro duecentesimo numero, ma questa festa ha un retrogusto amaro poiché abbiamo l’impressione di assistere ad una disgregazione continua della situazione. Bisogna prendere la situazione per quello che è per non correre, anche noi, il rischio di vivere cullandoci nelle nostre fantasie?

D.-R. D.: Sì, con tutta evidenza assistiamo ad un peggioramento della situazione. È per questo che occorre rimanere vigili. Ne va della nostra integrità intellettuale che consiste proprio a non cadere nel regno della fantasia. Un po’ di latino, questa volta, per dire come «vigile» derivi da «vigilare», «vegliare», da cui la parola «vigilante», la vedetta, incaricata di osservare dall’alto il profilo dell’orizzonte e di fare dei segnali. È il nostro compito: scrutare e analizzare tutto ciò che ci viene incontro – anche se nulla garantisce che saremo ascoltati.

La D.: Allo stesso modo dell’ex Femen Marguerite Stern, richiamando la realtà, ossia al fatto che essere una donna è una realtà biologica, lei è stato invitato soprattutto dai media di destra, e allo stesso tempo messo da parte da quelli di sinistra. Come sfuggire a questa trappola?

D.-R. D.: Le ricordo che per molto tempo non sono stato invitato né dai media di sinistra (che mi consideravano un neo-reazionario) né da quelli di destra (che mi consideravano un rivoluzionario). Non sono solo in questa situazione. Con la stampa del mio ultimo libro “Le Phénomene trans” (Il fenomeno trans) le cose sono un po’ cambiate.

Infatti, la stampa di destra ha visto nel mio saggio un buono strumento per stuzzicare la sinistra. Ho accettato di rispondere agli inviti, ma mi sono imposto di non dissimulare le mie posizioni, in particolare mettendo in evidenza le responsabilità del Mercato nelle derive trans attuali. Il quotidiano Le Figaro ha colto nel segno perché ha pubblicato, nell’edizione di sabato 8 aprile scorso, la lunga intervista che mi ha fatto intitolandola: «La sinistra contro il movimento trans». Del resto, se questo la può rassicurare, il libro ha ricevuto una buona recensione anche nel giornale «L’Humanité».

A dire il vero, ci ritroviamo in una confusione tale che la stampa di sinistra difende, salvo rare eccezioni, un neoliberalismo culturale, ciò a cui si oppone la stampa di destra, che tuttavia difende allo stesso tempo un liberalismo economico. Jean-Claude Michéa ha descritto con precisione questa ripartizione dei compiti. In sintesi, viviamo tempi molto confusi: gli uomini sono donne e la sinistra è di destra… Certo, se la stampa autenticamente critica (come la vostra) fosse più sviluppata, non dovrei guardarmi intorno. Ma siccome questa stampa non ha, per definizione, i mezzi della stampa per così dire “ufficiale”, mi sembrava una buona strategia usufruire della stampa di destra per denunciare il neoliberalismo culturale della sinistra. Non sarebbe così se la sinistra facesse il suo mestiere. In realtà siamo lontani dall’obiettivo. Essa non ha capito che con il neoliberalismo e il regno del Mercato Totale (che giunge fino all’intimità) siamo passati, già da trent’anni, dal vecchio capitalismo patriarcale ad un nuovo capitalismo libidinale. Insomma, la sinistra non ha fatto il mestiere di vedetta di cui accennavo sopra per avvertire le persone assennate riguardo a ciò che stava per arrivare. Peggio ancora: questa sinistra si è fatta rifilare il suo attuale “software woke” dal neoliberismo culturale americano (i GAFAM della Silicon Valley, insieme a Hollywood, alla Disney e a Netflix…) senza nemmeno accorgersene!

La D.: Alcune parole come la «mascolinità tossica» o ancora «l’androcene» sono apparse in questi ultimi anni, additando il maschio come la causa primaria di tutte le crisi. Tuttavia, la funzione del padre, oggi così vituperata, è di separare il bambino dalla madre. Questa colpevolizzazione dell’uomo nella sua virilità, squalificandolo dal ruolo di figura di riferimento per i ragazzi di oggi, non è a sua volta una causa principale del «fenomeno trans» e un imperativo del capitalismo liberale?

D.-R. D.: Esatto. Lacan ha sottolineato, durante le sue giornate di studio sulle psicosi dell’età infantile, negli anni intorno al 1968, che il declino della funzione paterna avrebbe portato all’avvento degli «eterni bambini». L’eterno bambino è la persona bloccata in un’infanzia prolungata. Una creatura senza il senso del limite, abbandonata a se stessa, che in apparenza sembra gioire di un’onnipotenza, la quale, in realtà, la devasta. Una manna dal cielo per il Mercato che promette la soddisfazione delle pulsioni a questi eterni bambini, sempre bisognosi, grazie al consumo di prodotti della società di massa, di fantasticherie su misura offerte dall’industria culturale.

Attualmente, la cultura “woke”, proveniente dagli Stati Uniti, non ha fatto altro che aggravare la situazione. Il “woke” è in effetti quel nuovo eterno bambino che si caratterizza dal fatto di qualificarsi con uno status di vittima del «vecchio uomo bianco occidentale» (chiara raffigurazione del Padre). Uno status dopotutto confortevole poiché consiste in una volontà di onnipotenza con le fattezze di una legittima richiesta di risarcimento senza fine e di soddisfazione di ogni richiesta. «Sono vittima (del Padre), perciò tutto mi è dovuto». In tal modo questi rappresentanti della cultura “woke” si presentano con sembianze contraddittorie: se da un lato predicano la tolleranza compassionevole che si addice allo status di vittima, dall’altro non esitano a «cancellare» violentemente tutto ciò che si oppone alle loro idee; si occupano di politica, ma operano attraverso la modalità vittimistica della minoranza (sessuale, etnica… ) che fa leva sulla propria sofferenza per imporre le visioni morali proprie di tale minoranza; investono sulla cultura, ma lo fanno provocando un separatismo culturale – un Bianco non potrà mai criticare l’opera di un Nero, un attore etero non potrà mai interpretare il ruolo di un omosessuale, una donna non deve leggere il romanzo di un uomo; il passato dovrà essere rivisto e corretto in funzione dei loro valori «morali»…  Il risultato finale sono campagne di virtù che chiedono una revisione completa delle leggi e del linguaggio comune per poter includere i loro infiniti elenchi di «diritti particolari». Queste campagne fanno largo uso sulle reti cosiddette sociali che riuniscono, secondo la dinamica del mimetismo, coloro che esibiscono lo stesso tratto caratteristico: «sono vegano», «sono trans», «sono nero», «sono omosessuale», «sono donna», etc. Il grande sconfitto è l’universalismo (repubblicano) che pose dei valori comuni per i quali valeva la pena battersi come, ad esempio «libertà, uguaglianza, fraternità». E il grande vincitore, è la ghettizzazione democratica, con l’apparizione di gruppi identitari, ognuno dei quali accampato sulla propria pretesa di superiorità morale, in guerra permanente contro gli altri.

La D.: In conclusione, la risposta alla nostra crisi di civiltà si risolve forse semplicemente in questo proverbio: è meglio la privazione piuttosto che il vizio?

D.-R. D.: Sì, con la precisazione che non amo molto il termine «privazione». Mi permetta un esempio per spiegare il motivo. Se io, genitore, impedisco a mio figlio di passare delle ore con dei videogiochi idioti e compulsivi, non è per privarlo di qualcosa, ma, al contrario, affinché sia capace di desiderare, affinché abbia il tempo e gli strumenti per esercitare una volontà propria. Lo stesso vale a livello di civiltà: se è vero che occorre finirla col viziare gli individui attraverso la crescita continua, è per dare loro il tempo e gli strumenti per capire in quale mondo precisamente vogliono vivere.

Tradotto dal francese
Pubblicato su La Décroissance, numero 200, luglio 2023

Pdf dell’intervista in francese:

13 Novembre all’Aja contro l’utero in affitto – Report

Lunedì 13 la manifestazione organizzata da ICASM (Coalizione internazionale per l’abolizione della maternità surrogata) davanti alla Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato (HCCH) contro la regolamentazione della “maternità surrogata” transfrontaliera ha visto la partecipazione di donne da molteplici paesi: Francia, Spagna, Italia, Romania, Gran Bretagna, Svezia, Svizzera, Canada, Giappone, Brasile.

Il gruppo di lavoro su filiazione/maternità surrogata (Parentage/Surrogacy) istituito dall’HCCH avrà il compito di redigere una convenzione per garantire la filiazione dei bambini nati da maternità surrogata, che equivarrà alla regolamentazione della “maternità surrogata” transfrontaliera.

Con la giustificazione che “gli accordi internazionali di maternità surrogata (ISA) possono spesso comportare le difficoltà riguardanti l’accertamento o il riconoscimento della filiazione legale del bambino o dei bambini nati a seguito dell’accordo” possano rendere “il bambino senza genitori” andando a negare i “diritti umani fondamentali dei bambini”. Un pieno stravolgimento della realtà, uno sguardo diretto unicamente all’interesse dei genitori committenti e non verso il reale benessere del bambino che è quello di non essere strappato a sua madre, di non essere ridotto a un oggetto di contrattazione, comprato e ordinato su misura come una merce. Presupposti che portano diretti a una regolamentazione e non a un’abolizione della “maternità surrogata”.

La convezione dovrà poi essere ratificata o meno dagli stati membri dell’Unione Europea, ma considerando anche che l’Unione Europea è diventata membro della Conferenza dell’Aja e considerando soprattutto le forti pressioni a livello internazionale per la regolamentazione della “maternità surrogata” possiamo aspettarci che questa convenzione si trasformi, come già abbiamo visto per altre questioni legate allo sviluppo delle biotecnologie in molteplici ambiti, in una direzione da seguire a livello europeo.
Il gruppo di lavoro è formato da esperti provenienti da vari ambiti, un esperto può rappresentare uno Stato ed essere portavoce della sua linea attorno alla maternità surrogata, come essere svincolato sia dal rappresentare uno Stato, sia dall’essere in sintonia con la linea portata avanti da questo. Alcuni esperti sono degli avvocati che lavorano proprio nell’ambito della maternità surrogata, possiamo quindi ben immaginare di chi saranno portatori di interesse. Una modalità nota, che ci rimanda al lavoro dei gruppi di esperti dell’EFSA (Ente europeo di sicurezza alimentare) con all’interno esperti che lavorano o hanno lavorato o sono legati con interessi alle stesse multinazionali biotecnologiche e farmaceutiche verso le quali devono poi esprimersi in merito alla nocività dei loro prodotti.

La modalità del gruppo di lavoro è poi volutamente fumosa e opaca ed è difficile districarsi nei vari passaggi che avverranno entro due anni, periodo nel quale dovranno produrre questa Convenzione.


Qui il discorso che ho tenuto alla manifestazione:

Vengo dall’Italia, ecologista radicale di Resistenze al nanomondo, da piu’ di 20 anni portiamo avanti percorsi critici allo sviluppo delle tecno-scienze e al transumanesimo con una denuncia delle loro conseguenze sulla società, sull’essere umano e sull’intero vivente.

Eravamo tra i fondatori della Coalizione contro le nocività che diede vita a una campagna di mobilitazione contro l’entrata degli OGM in Europa e in seguito a una campagna contro le nanotecnologie. Uniamo i vari processi della Grande Trasformazione dei tempi presenti per resistere alla sua avanzata desacralizzante e disumanizzante e per trasmettere un altro orizzonte di senso. Collaboriamo con reti nazionali e internazionali di donne contro l’utero in affitto e la riproduzione artificiale dell’umano e con quei pochi giornalisti liberi e indipendenti.

Inseriamo l’utero in affitto all’interno del contesto di questo sistema tecno-scientifico, che mira a normalizzare la riproduzione artificiale come il nuovo modo di venire al mondo. L’essere umano dovrà diventare un prodotto da laboratorio. Dal diritto a un figlio, che non esiste per nessuno, si passerà al diritto a un figlio selezionato e modificato geneticamente. I bambini CRISPR non sono così lontani.

Cerchiamo di costruire un dibattito critico, organizziamo conferenze, momenti di incontro, pubblichiamo e diffondiamo pensiero libero, eravamo a Milano alla Fiera del bebè con un presidio di protesta davanti a quella grande vetrina internazionale del biomercato della riproduzione.

Sono tra le fondatrici di FINAARGIT, una rete femminista internazionale contro ogni riproduzione artificiale, ideologia gender e transumanesimo che si colloca nel solco della continuità della critica portata avanti negli anni ‘80 da FINRRAGE, una rete internazionale femminista contro l’ingegneria genetica e riproduttiva che aveva ben messo in luce agli albori dello sviluppo delle tecnologie di fecondazione assistita dove queste sarebbero arrivate. Non è un caso che furono definite l’equivalente del progetto Manhattan in biologia.

Dall’Italia porto il sostegno della Rete per l’Inviolabilità del Corpo Femminile che nasce a Napoli nel 2020 per desiderio di circa un centinaio di donne che vivono in ogni parte del Paese: madri e non madri, appartenenti a ogni condizione sociale e a ogni età, religiose, agnostiche, atee, votanti per diversi partiti politici. Nel nome della Rete è già contenuto il senso e l’orizzonte della sua esistenza e della sua azione: il corpo femminile è inviolabile e l’inviolabilità del corpo femminile è il primo movimento per l’inviolabilità del corpo di tutti i viventi. Ogni riduzione a merce del corpo femminile è violenza sulle donne e anche sul mondo. Vale ovviamente anche per l’utero in affitto.

In Italia la maternità surrogata è vietata per legge. È passata alla Camera la proposta di legge “Utero in affitto reato universale” che rende punibile ricorrere alla maternità surrogata anche per i cittadini italiani che si recherebbero all’estero. Questa legge è stata sostenuta anche da associazioni femministe a livello nazionale e internazionale, perché è un importante passo verso l’abolizione universale. Si sta aspettando l’approvazione definitiva al Senato, probabilmente verrà approvata nei primi mesi del 2024, dopo di che entrerà in vigore.

Siamo per l’abolizione universale della così detta maternità surrogata, non è possibile nessuna forma di regolamentazione. Regolamentare vuol dire normalizzarla e generalizzarla. Il nostro discorso è etico e a monte, non è possibile regolamentare l’abuso, la violenza, lo sfruttamento, la mercificazione, la compra-vendita di bambini, perché è questo quello di cui si sta parlando.

Non è possibile nessuna forma di maternità altruistica o solidale, è sempre presente uno scambio di denaro, chiamato rimborso e giustificato per far fronte ai disagi della madre che dovrà portare avanti la gravidanza.

La maternità surrogata è una violenza nei confronti della donna e del bambino. I figli non devono essere strappati dalle loro madri. L’essere umano non può diventare un oggetto di un contratto, non può diventare una merce che i genitori committenti possono anche rispedire al mittente se non soddisfa determinate caratteristiche.

Ricordiamo che la madre firma un contratto ed è anche obbligata ad abortire nel caso di una doppia gravidanza. Nelle cliniche di fecondazione assistita, psicologi ed altri specialisti raccomandano alle donne di non toccarsi la pancia e di non ascoltare i movimenti del feto quando scalcia perché devono dissociarsi dal bambino che sta crescendo nel loro corpo. Una scissione da sé e dal proprio figlio: «dobbiamo prepararci psicologicamente a non provare un amore materno», confida una donna in attesa di due figli avuti con ovuli di un’altra donna presso la Biotexcom a Kiev e conclude dicendo «so che quando li vedrò non mi somiglieranno, avranno i lineamenti di due persone a me estranee e per questo non potranno mancarmi».

Nella maggioranza dei casi l’ovulo non appartiene alla donna che porta avanti la gravidanza, è comprato da un’altra donna nel grande procacciamento e biomercato di ovuli.

L’utero in affitto frammenta il processo di procreazione che diventa un’operazione tecnica e si colloca all’interno del paradigma del laboratorio che non conosce limite, in cui tutto quello che sarà tecnicamente possibile diventerà eticamente accettabile.

Abbiamo selezione dei gameti, fecondazione in vitro e selezione dell’embrione con la diagnosi pre-impianto. L’eugenetica non è una deriva funesta, ma è sempre stata la direzione e il motore delle ricerche nel campo delle tecniche di fecondazione assistita, messe a punto per selezionare prima gli animali e poi gli umani con determinate caratteristiche.

Il miglior interesse del bambino e i presunti diritti sono la chiave per regolamentare l’utero in affitto, ma il miglior interesse del bambino è quello di stare con la madre e la madre è colei dalla quale si nasce. Il presunto diritto a un figlio va a scapito del bambino che è anche esposto al rischio altamente significativo di sviluppare svariate patologie anche oncologiche derivanti da tutte le tecniche di fecondazione assistita.

Come per quanto riguarda tutti gli sviluppi tecno-scientifici negli ambiti più controversi che riguardano i nostri corpi e la nostra salute il primo passaggio per sdoganarli e creare accettazione sociale sarà sempre un caso raro che aprirà alla loro generalizzazione.

La nascita, così come anche i nostri corpi sessuati, sono l’ultimo approdo del transumanesimo, in gioco è una profonda trasformazione ontologica dell’essere umano.

I corpi e il vivente devono rimanere indisponibili, non è possibile nessuna forma di contrattazione.

Contro ogni riproduzione artificiale dell’umano.

Silvia Guerini

Il biolaboratorio mondo – Costantino Ragusa

“L’ingegneria genetica è una tecnologia tanto radicale quanto quella nucleare, non solo perché entrambe affrontano gli elementi costitutivi “estremi”della materia e della vita, disintegrando ciò che era ritenuto fino ad allora “insecabile”(l’atomo o la cellula), ma anche perché nell’uno e nell’altro caso non si tratta più di vere e proprie prove, dato che non c’è più l’insularità del campo di sperimentazione, e che il laboratorio diviene suscettibile di avere la stessa estensione del globo”.
Enciclopédie des nuisances

Recentemente in Italia, seppur ancora in contesti molto marginali, si è iniziato a discutere dei pericoli legati alle ricerche di ingegneria genetica e più in generale alle ricerche con agenti biologici, soprattutto dopo le recenti mobilitazioni a Pesaro contro l’apertura di un Istituto Zooprofilattico con classificazione di pericolosità biologica di livello 3.

Per forza di cose per comprendere quello che sta effettivamente avvenendo bisogna fare un passo indietro, anche abbastanza lungo, ma fondamentale per non sbagliare pensando che sia stato il clima di emergenza degli ultimi anni ad aver portato questi nuovi Biolaboratori, quando al contrario sono invece sempre i laboratori a creare le emergenze.

Intanto, per cominciare, le ricerche condotte in questi nuovi Biolaboratori non rappresentano certo una novità, sia per l’Italia, ma ancora di più per tanti altri paesi per il mondo.

Sono decenni che, segretamente, poi ufficialmente e poi di nuovo segretamente, vengono effettuate ricerche ed esperimenti senza sosta in questa direzione, ogni paese con le proprie caratteristiche e i propri diritti umani e animali da tenere in considerazione. Senza girarci tanto intorno, queste ricerche “civili” sono sempre state collegate con applicazioni militari, anche se erroneamente negli anni sono state notevolmente trascurate sia dal movimento ecologista sia da quello pacifista, almeno finché le tragiche vicende della guerra tra Iran e Iraq non le hanno riportate tristemente alla ribalta, mettendo in evidenza la dualità della ricerca scientifica. Eppure certe produzioni chimiche e biotecnologiche rappresentano a tutti gli effetti delle armi di sterminio di massa che vanno a integrare gli arsenali atomici.

Storicamente abbiamo episodi precisi che tracciano un nuovo modo di fare la guerra, con una cura sempre più micidiale nello strumento di morte usato. Nonostante la conferenza dell’Aja del 1899 vietasse l’uso di gas tossici, il comando tedesco fece riversare sulle truppe francesi il 22 Aprile del 1915 ad Ypres 168 tonnellate di cloro. Questa grande nube di cloro che si produsse grazie al vento favorevole sorprese e soffocò 15 000 francesi, uccidendone 5000. A sovrintendere l’attacco dal punto di vista scientifico c’era Fritz Haber, un chimico al quale nel 1918 fu conferito il premio Nobel per il suo fondamentale lavoro sulla sintesi dell’ammoniaca da idrogeno e azoto. Chissà se questo scienziato, a cui se ne aggiungeranno tanti nel tempo, anche lui abbia avuto incubi distopici come più volte ha raccontato Jennifer Douden, premio Nobel per aver ideato il CRISPR/Cas9.

Questi episodi da sempre impregnano la logica più segreta della guerra portando questa ad una incessante e febbrile corsa alla ricerca verso l’offesa e verso la difesa. La corsa all’arma chimica, una volta iniziata, divenne difficilmente arrestabile. La ricerca in ambito militare si impegnò nella produzione di nuovi aggressivi chimici, di munizioni adatte alla loro diffusione e di mezzi adeguati di protezione, che come vedremo con le biotecnologie darà il via ad una spirale senza fine, puntando tutto sulla formula vaccino come antidoto universale.

Verso la fine del 1915 il fosgene salì di importanza come prodotto industriale e sostituì il cloro per la sua maggiore maneggevolezza e soprattutto per la sua forte tossicità. Venne immediatamente adoperato nei campi di battaglia con l’utilizzo di ben 150.000 tonnellate che andarono a riempire speciali munizionamenti, responsabili dell’80% di morti da arma chimica.

Anche l’Italia conosce un impiego significativo di aggressivi chimici, come quello effettuato dagli austriaci nel 1916, un anno dopo quello di Ypres, tra San Michele e San Martino del Carso, dove una densa nube di cloro e fosgene liberata da 3000 bombole da 50kg penetrò nelle trincee cogliendo buona parte delle truppe nel sonno. Questo disastro fu sicuramente un successo dal punto di vista scientifico e militare perché ben 8000 soldati furono neutralizzati e la metà di questi persero la vita.

Nel 1917 venne per la prima volta utilizzata dai tedeschi l’iprite o gas mostarda (solfuro di etile biclorurato) e l’iniziativa fu ben presto imitata da tutti gli altri belligeranti, che puntarono su ricerche sempre più micidiali di prodotti di morte, con risultati tra l’altro sempre effimeri, visto che ogni progresso raggiunto da una parte veniva presto superato dall’altra, spingendo gli scienziati a darsi da fare nei laboratori per trovare nuove formule sempre più tossiche e assassine.

A tutto questo, almeno formalmente, si cercò di porre rimedio nel 1925, con la Conferenza di Ginevra che bandì l’uso dei gas asfissianti. Il protocollo – da cui gli Stati Uniti successivamente si sfilarono – fu sottoscritto da 32 paesi, ma l’assunzione di questo impegno non impedì all’Italia prima della seconda guerra mondiale di usare il suo gas mostarda contro gli etiopici.

Ovviamente le formalità dei protocolli non hanno fermato le ricerche seppur apparentemente confinate tra le mura dei laboratori. Ben presto si è arrivati ai primi gas neurotossici, scoperti nel 1936 da un chimico della Farben Industrie in Germania, mentre lavorava su nuovi erbicidi. Successivamente quella che sembrava una scoperta occasionale portò ad uno sviluppo di nuovi agenti tossici, che vennero prodotti a livello industriale e presero i nomi tristemente noti di Tabun, Sarin e Soman – tutte sostanze letali e in grado di agire in pochissimi minuti. Nonostante la Germania nazista avesse prodotto fino al 1945 17.000 tonnellate solo di Tabun questo non venne utilizzato, probabilmente per timore della risposta avversaria che poteva essere uguale o ben peggiore, considerato che i laboratori nel mondo erano tutti in piena attività a creare antidoti e quindi a sua volta nuove armi.

Il vero slancio a queste ricerche è stato dato dopo la guerra, in particolare dall’allora Unione Sovietica e dalla Gran Bretagna. Ma nessuno si è tirato indietro e qualche anno dopo il secondo conflitto mondiale scienziati svedesi e americani potevano annunciare con giubilo ai propri rispettivi governi che grazie alla sintesi di nuovi straordinari prodotti, i gas V, una nuova era di pace si stava aprendo. Nel frattempo, il colosso farmaceutico Merck gestiva i suoi affari con i prodotti farmaceutici e al contempo il programma di armi biologiche del Pentagono. I ricercatori della Merck si vantavano di poter produrre agenti di guerra biologica senza grandi spese e senza bisogno di particolare logistica. Ma soprattutto veniva ricordato il grande vantaggio dato dalle armi biologiche: queste potevano essere prodotte sotto le sembianze di una legittima ricerca medica.

La maggior parte degli storici fa risalire l’avvento del moderno “programma di biosicurezza” con gli attacchi all’antrace nel 2001, realizzati tra l’altro da scienziati interni al sistema biotecnologico di punta della ricerca. Ma già anni prima alcuni pianificatori del complesso militare-industriale e medico stavano già contestualizzando la biosicurezza come potente strategia volta a sfruttare potenziali pandemie o atti di bioterrorismo per fomentare un’enorme crescita di finanziamenti, e come strumento per compiere la metamorfosi non solo dell’America, ma del mondo intero. Dopo quegli attacchi all’antrace, “vaccini” divenne improvvisamente un eufemismo per armi biologiche, nonché un’ancora di salvezza per un’industria delle armi biologiche in alto mare.

Da quel momento tutto l’apparato militare del Pentagono con tutti i suoi pianificatori – come il ben noto DARPA che in Italia finanziava gli esperimenti sulle zanzare OGM a Crisanti – cominciò a far confluire fiumi di denaro e a far pressione con le sue lobby verso gli esperimenti sul “guadagno di funzione”. La ricerca “a duplice uso” era ormai pienamente lanciata.

Nel tempo tutti i vari possibili “incidenti” non sono da considerarsi come eventi casuali, ma sono insiti nella logica perversa che sta dietro la ricerca scientifica, al profitto e a precise ideologie scientiste che sostengono questi processi qualsiasi siano le possibili conseguenze, quando queste vengono ipotizzate. Se si sovrappone una cartina geografica dove sono presenti i laboratori chimici e di biotecnologia con livelli sicurezza 3,4 (almeno quelli noti) con una cartina degli incidenti degli ultimi anni, si vedrà come la geografia della morte non menta e faccia coincidere i centri di ricerca con i territori colpiti.

In questi settori parlare di incidenti è puro eufemismo. Ad esempio, la base navale Namru3 di livello 3 trasferitasi nel 2020 dall’Egitto a Sigonella in Sicilia dopo oltre 80 anni di attività non si porta dietro bei ricordi, considerato le cause legali aperte dallo Stato Egiziano che accusa i militari americani di aver fatto esperimenti incontrollati e di aver utilizzato la popolazione come cavia. Significativo è quello che pensano di fare qui in Italia se proprio ad inaugurare la stagione dei Biolaboratori sia stato proprio un centro con una simile storia.

Se nella diffusione delle bombe atomiche, di cui sappiamo avere anche in Italia un bel campionario, si è giustamente insistito molto sulla mistificazione insita nella distinzione tra bombe e reattori nucleari per produrre energia elettrica, dal momento che sempre il processo di produzione da vita al plutonio, elemento esplosivo base per realizzare ordigni atomici. Lo stesso processo lo si può ritrovare nelle armi chimiche batteriologiche, come ci hanno ricordato in modo drammatico le vicende di Bophal, ma era già emerso anche in casa nostra con Seveso e Avenza. Nel giornale l’Unità del 20 Dicembre 1984 si esprimevano dubbi che il gas sprigionato dalla Union Carbide “non fosse di metile, ma il ben più pericoloso fosgene, probabilmente destinato ad uso militare”. E se Assochimica si era affrettata a dichiarare che in Italia non vi erano produzioni di Isocianato di metile, dimenticava non solo che nel Dicembre del 1984 vi era stata una perdita di fosgene dall’impianto della Montedison di Brindisi, ma anche che il fosgene veniva prodotto alla Montedison di Porto Marghera e che l’Isocianato di metile era regolarmente in circolazione commerciale. Questo evidenzia come la “guerra sporca” da molto tempo è in fase di lavorazione, potremmo dire anzi, per maggiore chiarezza, che è parte integrante dei processi di armamento militare, dove gli obiettivi sono sempre gli stessi: avere armi sempre più efficaci dai bassi costi economici e dagli alti costi in vite umane.

Restando ancora nella chimica industriale il comparto militare con i suoi aggressivi nervini ha sempre preso dai cicli di produzione dei pesticidi, ben di poco si differenziano e solo negli stadi finali delle reazioni chimiche, prestandosi a semplici e rapide riconversioni degli uni negli altri e rendendo assai dubbia qualsiasi forma di controllo.

Parallelamente agli studi sull’arma chimica presero avvio quelli sull’arma biologica, si potrebbe dire che i gas nervini sono figli dei pesticidi come la guerra batteriologica è figlia della biotecnologia.

L’idea di usare armi biologiche risale all’esperienza di infezioni e di epidemie che hanno rappresentato un serio problema militare nel corso delle passate guerre. Con lo sviluppo della microbiologia, l’acquisizione di nuove conoscenze sulla fisiologia batterica e virale e la possibilità di effettuare colture di microrganismi su vasta scala, l’idea di usare la malattia come arma è diventata possibile.

Già fin dal 1936 la Germania aveva intrapreso importanti ricerche in questa direzione, nel 1940 installò un centro di ricerca a Porton, il Canada fondò in quegli anni il suo centro a Suffield e tra il 1930 e il 1940 il Giappone aveva dedicato importantissimi indirizzi di ricerca e sperimentazione verso la guerra biologica. Nel 1942 gli Stati Uniti costituirono il Servizio per la ricerca sulla guerra biologica, aprendo l’anno successivo quello che sarebbe diventato il centro più tristemente famoso della biologia bellica, Fort Detrick. Un rapporto stilato durante la seconda guerra mondiale descrive la ricerca sulle armi biologiche degli Stati Uniti come superiore di quella dei nazisti.

Dopo la seconda guerra mondiale le grandi potenze USA e URSS diffusero informazioni circa i miglioramenti apportati alle armi chimiche e biologiche, ma la “trasparenza” durò poco, successivamente tornarono a nascondere le proprie ricerche. Questo avvenne soprattutto dopo che l’opinione pubblica cominciò ad interessarsi di queste questioni, in particolare riportando precise denunce da parte della Russia nei confronti degli Stati Uniti accusati quest’ultimi non solo di effettuare esperimenti di guerra biologica, ma avvalendosi dei migliori scienziati nazisti e giapponesi, ben presto ricollocati a servire altri criminali che evidentemente come i nazisti consideravano gli esperimenti effettuati su esseri umani nei lager come un’occasione irripetibile per trarre il maggior vantaggio ovviamente ai fini della scienza.

Nel 1955 una rivista di Tokio il “Bungei Shunju ” riportò la testimonianza oculare di atroci esperimenti fatti dai giapponesi nel corso della seconda guerra mondiale, dove si calcola che morirono tra le 1500 e le 2000 persone trasformate in cavie, ma l’informazione più significativa fu che tutto quel personale scientifico e altamente preparato fu trasferito negli Stati Uniti. Tutto quel prezioso personale venne quindi riadattato per i laboratori del vincitore che non solo voleva fare altrettanto, ma farlo meglio. Quel prezioso sapere scientifico quindi non solo non andava disperso, ma andava salvaguardato e, come si è visto negli anni successivi, incrementato per preparare nuove e più ricombinanti armi biologiche.

Questi pezzi storici, dove evidentemente la vita umana valeva meno di zero se equiparata agli “interessi superiori” della scienza e oggi delle tecno scienze, sono utili per ricordare ai critici di oggi quando ancora una volta abbiamo visto calpestare la dignità e la vita stessa degli esseri umani con il Programma Covid che forse non era da augurare nuove Norimberga per i nuovi assassini in camice bianco e mimetica. Il potere è pronto a sacrificare qualcosa, ma soprattutto è pronto a salvaguardarsi e gli scienziati nazisti e non di ogni risma e credo hanno continuato a fare il loro lavoro indisturbati negli anni successivi non come cosa straordinaria e marginale, ma sempre nei settori di punta della ricerca in grado di cambiare il corso di una guerra. Quella stessa ricerca che oggi facendo tesoro di quella eredità ha potuto attuare tecnologie di ingegneria genetica su milioni di persone con un controllo zootecnico di massa.

Ben lontani dall’abbandonare l’utilizzo di armi biologiche anche durante la guerra di Corea, gli Stati Uniti vennero accusati di aver sganciato bombe batteriologiche nel territorio nord coreano, accuse poi confermate da ricerche specifiche effettuate sul campo. L’interesse per gli agenti biologici da parte degli Stati e soprattutto dei loro apparati militari ha molteplici spiegazioni, ma le ragioni vanno da ricercarsi soprattutto nella loro ampia possibilità di intervento e modalità di sviluppo. Tanti singoli agenti per uno spettro enorme di situazioni legate alla biologia umana, ma più in generale alla vita in generale. A seconda del microrganismo usato, alcuni vettori biologici possono interessare il sistema respiratorio, altri le mucose dell’occhio e del naso, altri ancora vengono assorbiti attraverso il cibo o qualsiasi sostanza contaminata. E non bisogna dimenticare che prima delle armi atomiche sganciate sul Giappone, la ricerca militare statunitense aveva valutato interventi massicci di armi batteriologiche per distruggere l’economia del paese.

L’impiego di microrganismi a scopo di arma biologica ha il vantaggio per i suoi produttori che questi hanno un’enorme facilità di riproduzione, rendendo semplice ed estremamente economica la realizzazione di una catena di infezioni partendo da un singolo individuo infetto. La diffusione del morbo sarà ancora più efficace se il contagio si diffonde per via aerea durante il periodo di incubazione della malattia, quando essa, non essendosi ancora presentata nella sua forma conclamata, non è né riconoscibile, né curabile. Alcuni batteri e virus inoltre presentano un’elevata resistenza nei confronti di condizioni ambientali avverse, soprattutto quelli che hanno la possibilità di formare spore che possono mantenersi infettive anche per alcuni anni.

Già negli anni ‘60 su riviste militari si poteva leggere come queste armi si prestassero ad essere “modulate” opportunamente e intercambiate o miscelate tra loro per ottenere il massimo rendimento.

Il generale delle forze armate americane Rotschild, che a metà degli anni ‘50 fu incaricato di dirigere le ricerche inerenti al programma di guerra chimico biologica, scriveva in Tomorrow Weapons che le armi biologiche potevano essere un ottimo deterrente per la Cina che, avendo una situazione geografica particolare con correnti d’aria che la battono in tutte le direzioni, avrebbe dovuto sentirsi disincentivata dall’iniziare una guerra, considerando che ciascuna di queste correnti avrebbe potuto essere infettata da germi.

Al tempo veniva considerato come un grande problema per le armi biologiche l’aspetto meteorologico, per l’ovvia ragione di sbagliare il colpo o di vederselo restituire con i propri agenti biologici. Oggi, grazie alle manipolazioni del clima e alla possibilità che hanno i militari di intervenire sui processi atmosferici, questi problemi non sussistono più, anzi, potremmo dire che questi sono ancora più micidiali e invitanti per un uso sistematico e selettivo.

Tra i requisiti delle armi biologiche bisogna ricordare che la difesa da queste non è per niente agevole, proprio perché spesso è complessa l’identificazione dell’agente responsabile e quindi di un antidoto adeguato. Quando esplose la fabbrica chimica di Bhopal i morti furono tantissimi anche perché la multinazionale non dette indicazioni precise sulle effettive sostanze prodotte nell’impianto, rendendo le possibili cure meri tentativi frutto di ipotesi. Ancora una volta un “incidente” permetteva di vedere in vivo e su vasta scala, sui corpi della poverissima popolazione indiana, gli effetti della guerra chimica.

Le biotecnologie al servizio della guerra cambiano completamente la situazione e per guerra non è da intendersi solo quella scatenata da un paese ad un altro, ma anche quella che la tecno-scienza sferra quotidianamente sui corpi. Della frontiera di cui non si parla mai è quella tra il laboratorio e il resto del mondo: la ragione è molto semplice, non esiste più. Nella vasta estensione di un ambiente artificiale che ormai ci circonda è in corso una grande sperimentazione volta a estirpare ciò che rimane di imprevedibile e incontrollabile non con scosse violente e traumi, ma con continue manipolazioni, volte a stravolgere la natura e tutto ciò che può rappresentare spontaneità e autonomia.

Anche con la dichiarata pandemia da Sars-Cov 2 l’attesa è stata lunga prima di intervenire, ma poi si è intervenuto in modo sbagliato, sapendo di sbagliare, apparentemente senza un senso logico. La biotecnologia attuale permette di intervenire sulla vita nascondendo anche il proprio operato, la formula dell’artifizio tecnologico è in mano esclusivamente ai suoi creatori e sviluppatori che potrebbero essere stati così originali o spregiudicati per le tecniche utilizzate da aver realizzato una novità. Come spesso accade nella ricerca scientifica, un risultato arrivato per caso mentre si cercava altro. Successivamente vengono date formule, nomi e si prepara la catalogazione, ma non si lavora su qualcosa di concreto, si imbriglia qualcosa che non si conosce nelle varie ricombinazioni e conseguenze ultime, soprattutto se il campo di intervento è la moderna biotecnologia. Nonostante questo vediamo classificare laboratori BSL1, 2, 3, 4, ecc… dando all’esterno un’impressione di sicurezza, non tanto della struttura, ma dei suoi emissari in camice bianco: il messaggio è sempre lo stesso, che costoro sanno in ogni caso quel che fanno, sia nello scoprire qualcosa di nuovo andando a frugare fin nei processi più intimi della vita, sia nel rimediare ad un disastro figlio della biotecnologia stessa.

La logica della preparazione della guerra biologica segue esattamente quella della cosiddetta guerra tradizionale, dove in campo viene messo un armamentario più “normale”, dove l’immaginario già tante volte si è posato e ha fantasticato. Se la ricerca militare è una continua innovazione tecnologica e strategica – per essere sempre più avanti verso nemici veri, immaginari o possibilmente futuri – sullo stesso piano viaggia quella ricerca militare interessata alla biologia degli organismi viventi che costantemente scandaglia l’innovazione degli sviluppi della biotecnologia per progredire. Così abbiamo da un lato più di mezzo mondo nel pieno di una dichiarata pandemia da Sars-Cov2 in cui si elogiano i vaccini come prodotti salvifici necessari per evitare una catastrofe sanitaria con numeri incalcolabili di morti, e dall’altro lato il Pentagono che definisce i vaccini come armi biologiche e di distruzione di massa. La spirale in questo senso non ha mai fine perché si lavorano nei laboratori con gli agenti più patogeni al mondo, non contenti della loro tossicità si producono ceppi ancora più virulenti, ufficialmente per proteggere gli stessi militari sul campo in teatri di guerra da minacce che vengono create costantemente e in continuo crescendo e aggiornamento. Così quello che resta alla fine è un intero sistema di armi biologiche, un organismo potenzialmente infetto, un siero genico contro di esso e il suo sistema di diffusione.

Le nuove tecnologie di ingegneria genetica contemplano una versatile forma di armamenti che possono essere usati per un’ampia varietà di scopi militari, dal terrorismo alle operazioni contro insurrezionali fino a guerre su larga scala per distruggere intere popolazioni.

Le buone intenzioni sbandierate dai governi nel tentativo di camuffare le possibilità dell’apparato farmacologico e biotecnologico fanno acqua da tutte le parti. A differenza delle tecnologie nucleari, l’ingegneria genetica può essere prodotta e sviluppata a buon mercato, richiedendo meno infrastrutture e abilità scientifiche e apre la possibilità a vasti impieghi, rendendo impossibile distinguo tra quello che può essere difesa o attacco. In tutto questo un ruolo fondamentale l’avranno quelli che sono chiamati vaccini, avendo forme di produzione molto vicine a quelle delle armi biologiche. Come abbiamo già visto con la chimica e i pesticidi, il passaggio è breve a fare altro da quanto dichiarato e possiamo essere certi che quell’ultimo tratto non solo è stato fatto, ma lo si vuole anche ufficializzare e normalizzare nell’indistinto della nuova neolingua e perdita di senso, facendo della tecnologia genetica una nuova arma del futuro da usare anche contro i popoli come abbiamo visto nella dichiarata pandemia.

Abbiamo intorno una pletora di gran scienziati, opinionisti, politici, ambientalisti, intellettuali di ogni sorta che si interrogano sul prossimo futuro, su dove potrà andare la scienza e se potrà mai superare delle soglie critiche. Lo stesso avveniva subito dopo la scissione dell’atomo che ci ha regalato le bombe atomiche. Adesso siamo in piena era biotecnologica, dove la legislazione europea ha autorizzato che gli esseri umani possono essere OGM con le terapie geniche prima di approvare gli OGM in agricoltura, rendendoci quindi di fatto una sottospecie sperimentale della zootecnia agricola.

Il lento ma inesorabile proliferare di nuovi biolaboratori (BSL3) anche in Italia ha sicuramente implicazioni molto diverse tra loro. Se da una parte è fuori di dubbio che questi centri si apprestano a fare da luoghi di stoccaggio e ricerca dopo la chiusura di tanti laboratori della stessa natura prima in Egitto con il Manru3 e adesso con quelli ucraini sotto la supervisione americana, quello che si vuole far passare è una nuova convivenza.

Gli ultimi anni hanno visto il nome di Wuhan associato al suo laboratorio (BSL4), sede di misteriosi e sicuramente pericolosi esperimenti, con informazioni concesse neanche troppo velatamente dai media occidentali. La vetrinizzazione della scienza ha portato a una ricerca biotecnologica che non è stata per niente sommersa o marginalizzata – pensando alle ricombinazioni pandemiche e ai nuovi sieri a mRNA che facevano notizia tra entusiasmi e pentimenti come quello di Robert Malone – e si è presentato il nuovo paradigma che parte proprio dalla biotecnologia, dal CRISPR/Cas9 e dalle tecnologie mRNA. Il messaggio è molto chiaro o forse è talmente chiaro che non è compreso dai più: queste saranno le nuove basi di partenza legate alle cosiddette Scienze della vita. Non è un caso che in Italia nei laboratori di Trieste e in quello che si vuole costruire a Pesaro si parla espressamente di ricerca sulle biotecnologie e sui vaccini. Questi centri puntano su una ricerca d’emergenza, diventata ovviamente la normalità, perché quello che si crea e che si mette a punto per una guerra non torna mai indietro, soprattutto quando nel suo cammino questa ricerca va a toccare nel profondo gli organismi viventi. Nella sua propaganda divulgativa la scienza continua ancora a parlare di ricerca sul cancro, malattie rare, malattie genetiche, ma tutto è sempre subordinato al nuovo paradigma che parte dalla biotecnologia e si applicherà con presunte terapie vaccinali che ormai sappiamo bene non hanno niente a che fare con quelle stesse malattie. Parlare di vaccino rimanda a qualcosa che previene, che immunizza da qualche malattia, magari grave e mortale anche se ormai ci siamo abituati pure a quella farsa del vaccino influenzale pensato per gli anziani, fascia di persone che sappiamo stare molto a cuore ai neo malthusiani.

Quello che si vuole far passare e far introiettare prima nel linguaggio comune, e poi come senso generale, è un nuovo modo di affrontare qualsiasi questione legata alla salute. Un nuovo ed unico paradigma darà la traccia al modo con cui si sta a questo mondo, ovviamente anche in sintonia con la nuova era verde e ambientalista. Una costante opera preventiva di ricerca che deve andare oltre a quelle che possono essere le minacce presenti, perché il nuovo paradigma guarda in avanti, con il particolare non da poco di stravolgere però il presente. Così la biotecnologia con le ricerche di guadagno di funzione aggrava agenti poco patogeni e banali virus rendendoli terribili e catastrofici; la geoingegneria si prepara all’emergenza climatica intervenendo sul clima per modificarlo; la biologia sintetica si appresta alle minacce ambientali e alla scarsità di cibo sviluppando alimenti artificiali sostenibili nei confronti degli altri animali tanto da far cantare la prossima liberazione animale agli animalisti. Questo è ovviamente solo l’inizio di quello che si prospetta all’orizzonte nel breve tratto. Faremo l’abitudine ai biolaboratori e si vuole che siano guardati con timore, ma allo stesso tempo con spirito di riconoscimento, perché l’emergenza è sempre dietro l’angolo. La particolarità delle ricerche ivi condotte è che queste non sono neutrali, ma sono pienamente in assetto con la grande Trasformazione, pensare che ci sia o ci possa essere un possibile argine o appiglio al loro procedere è semplicemente ridicolo o tragico. La ricerca è già tutta in quella direzione, il resto poco per volta viene marginalizzato fino a farlo sparire del tutto. Il modo è molto semplice, i grandi capitali messi a disposizione dagli organismi internazionali, dalla finanza e dai grandi filantropi sono disponibili unicamente per determinate direzioni e sappiamo che i tecno-scienziati sono avidi di finanziamenti, possibilità di pubblicare e magari potere decisionale e politico nelle varie accademie e istituzioni.

Quello che ci resta da fare è non far realizzare questi centri dove vengono proposti, ma questo non è assolutamente sufficiente, è necessario comprendere che la logica che vuole normalizzare quei particolari centri è la stessa che da tempo ci ha costretto ad un’esistenza in un biolaboratorio. Questa consapevolezza potrà farci comprendere il programma in corso e da questo trarne le giuste considerazioni su come organizzarsi e intervenire. Perché è ormai evidente che pestilenze, carestie e diffusione di nuove forme di malattie in tutto il mondo prima sconosciute potrebbero trasformarsi nell’atto finale del copione preparato dai vari potentati transnazionali e dei loro accoliti per questo secolo della biotecnologia.

Costantino Ragusa- Resistenze al nanomondo (www.resistenzealnanomondo.org),
Giugno 2023, Bergamo
Pubblicato nel giornale L’Urlo della Terra, n.°11, Luglio 2023

La realtà ostaggio da smontaggi e ricostruzioni artificiali – Silvia Guerini

Le teorie post-moderne proseguono l’opera di decostruzione della realtà rendendola ostaggio del discorso, ma oggi siamo ben oltre questo processo di decostruzione e risignificazione della realtà: sono l’esistenza stessa della realtà e della verità ad essere sotto attacco, assediate da costruzioni sintetiche e artificiali che senza il bisogno di imporsi diventano l’unico orizzonte di senso possibile e immaginabile. Una realtà de-fatticizzata trasformata in un processo rimodellabile a piacimento. Una realtà proteiforme, fluida, instabile, volatile, effimera e istantanea: le caratteristiche del presente cibernetico e transumano. Nulla che dia solidità e appiglio, nulla in grado di reggere questi tempi di disgregazione e cancellazione, nulla su cui soffermarsi, nulla che possa trattenere. Tutto scivola e viene inghiottito nell’universo-Macchina.
Hanna Arendt descrive la verità come la “terra sulla quale stiamo e il cielo che si stende sopra di noi”1, verità che possiede la solidità dell’essere. Una solidità che oggi svanisce. La verità oggettiva si sgretola, si scompone in molteplici forme e le sensazioni soggettive prendono il posto delle realtà oggettive. La verità, da questione ontologica, diventa mero sentire soggettivo infinitamente scomponibile e ricomponibile dai riprogettatori dell’umanità sintetica.

In assenza di tensione per la verità la società si può reggere solo sulla menzogna, come insegna Simone Weil. La verità è fondamento esistenziale dell’umano, la sua disintegrazione corre parallela con la disgregazione della società.

Dall’assedio ai corpi e al vivente nei suoi più intimi processi arriviamo all’assedio della stessa realtà. La grande battaglia oggi è per l’esistenza stessa della realtà. Il punto di non ritorno è più vicino che mai, ma quando ci arriveremo molti non ne saranno consapevoli. Ciò che dai più è stato accettato oggi sarà la condizione necessaria di quello che sarà accettato domani.

I manipolatori della realtà agiscono su tutte le dimensioni, da come bisogna nascere all’interno delle cliniche di riproduzione artificiale, a come bisogna vivere in una bionanomedicalizzazione preventiva che corre con la rete 5G – terapie geniche anche se in salute, costante accompagnamento algoritmico in tempo reale ed emergenze continue – a come e quando si deve morire, con la “dolce morte” di Stato2.
Delle non-vite pronte a essere rinchiuse per i prossimi confinamenti climatici nel dorato recinto della “città green e inclusiva dei 15 minuti”, pronte a ricevere i segnali di allerta in tempo reale3 sullo smartphone e a seguire i precetti del “cittadino virtuoso”.

Delle non-vite amministrate in mano a Tecnici e, all’occorrenza, a Tribunali. Tecnici e Tribunali che leveranno la potestà genitoriale a quei genitori che si opporranno alle prossime inoculazioni, che si opporranno alla penetrazione dell’ideologia gender nelle scuole e al contagio sociale della trans-identificazione. E considerando le spinte per l’eutanasia anche per gli adolescenti, i genitori non potranno più nemmeno difendere i figli dalla morte di Stato.

Tecnici e Tribunali che dimostreranno, a tutti i costi, come la famiglia di origine sia inadeguata e inadatta per prendersi cura dei figli. Il legame biologico non deve aver più nessuna importanza e deve essere scardinato anche l’ultimo vincolo che lega i figli con i genitori, distruggendo quei legami unici non cedibili e non mercificabili. Il laboratorio degli orrori di Bibbiano insegna.

“Amministratori di sostegno” anche per gli anziani dimenticati, in una società che non ha più posto per la vecchiaia, che mira a cancellare gli anziani stessi per quello che rappresentano: la memoria, il passato. Ma “il passato distrutto non torna mai più. La distruzione del passato è forse il delitto supremo. Ai nostri giorni, la conservazione di quel poco che resta dovrebbe diventare come un’idea fissa”4, ci ricorda ancora Simone Weil. Riconoscere la vita è riconoscere anche la morte perché la vita che nega la morte nega anche se stessa: “I morti riportano infatti alla memoria il trapasso, che va rimosso, e per questa ragione vengono trattati come rifiuti da smaltire alla svelta. Ma la vita che schiva la morte come fosse sporcizia è destinata a soffocare nelle sue stesse deiezioni”5. Il presente che non conosce futuro, ma solo un presente ottimizzato, è il presente della modernità in cui nulla viene tramandato e in cui nulla è radicato.

Una comunità è tale se è fondata dalle relazioni e dai legami tra gli appartenenti alla stessa comunità, e tra queste abbiamo anche i legami familiari e la prima relazione, quando si viene al mondo, tra la madre e il figlio o la figlia. Una comunità è tale se è fondata dai riti, dalle tradizioni, dalla memoria, dal radicamento nel territorio e da un comune orizzonte di senso sul passato, sul presente e sul futuro. Seguendo il pensiero del filosofo Han: “Essere liberi non significa essere privi di legami e di vincoli. Non è l’assenza di legami e di radici a rendere liberi, ma la presenza di legami”6.Il legame tra sé e la comunità, tra sé e il mondo si regge anche su un senso, un significato e un sentimento di sacralità. Oggi stiamo assistendo alla lacerazione e cancellazione proprio di tutto ciò che può fondare e rendere tale una comunità.

“Altrimenti non so più da dove vengo. Da chi, da cosa dipendo, senza smettere di appartenermi. Altrimenti non ho più consistenza, nient’altro che plastilina, una non-persona mimetica che come tutte le altre, serve a tutto. Nient’altro che un automa afasico, un ingranaggio della Madre Macchina”7, come scrivono Pièces et main d’ouvre.

Assistiamo a una scarnificazione della realtà che non fa rimanere nemmeno l’osso, nemmeno quel nucleo inaccessibile e inafferrabile dalle contraffazioni del presente. Viviamo in tempi voraci.

Molteplici cortocircuiti mentali fanno rientrare tutto in un paradigma tecno-medicale preventivo con terapie per tutti e per ogni situazione. I dispositivi impiantabili diventeranno una modalità di prevenzione grazie al costante monitoraggio di quelle che verranno considerate condizioni di salute all’interno di parametri e di calcoli algoritmici predeterminati. Le tecniche di fecondazione assistita diventano una terapia, anche se non curano l’infertilità e anche se non sono mai state messe a punto con questo scopo, ma per progettare esseri umani con determinate caratteristiche. La crioconservazione di gameti diventa una pratica preventiva per far fronte a un’eventuale infertilità, che date le condizioni di inquinamento ambientale sarà sempre più in aumento. I sieri genici a mRNA o a DNA ricombinante diventano una terapia preventiva per ogni patologia, cancro incluso.

I nuovi piani vaccinali nazionali ed europei congiuntamente alla partnership tra OMS e la Fondazione Rockfeller per una “preparazione globale alle pandemie nell’era del cambiamento climatico” ci inonderanno di fiale.

Prevenzione equivale ad affidare la propria esistenza sempre di più agli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale, a prepararsi per le cliniche di riproduzione artificiale, a selezionare l’embrione, a sottoporsi a sieri genici. Presto prevenzione significherà modificare geneticamente con il CRISPR/Cas 9 l’essere umano prima della sua nascita. L’essere umano dovrà diventare un prodotto da laboratorio. Le tecniche di fecondazione assistita preparano alla totale dissociazione tra sessualità e procreazione e alla radicale trasformazione della nascita che, con l’utero artificiale, non equivarrà più a venire al mondo dal ventre materno, ma ad essere estratti da un supporto tecnico.

“Se dovessi fare una previsione direi che i miei nipoti verranno da embrioni selezionati e modificati geneticamente, e per l’umanità non cambierà niente. Sarà come vaccinarsi.”: significativa affermazione di Dan MacArthur, direttore del Center for Population Genomics.

Con la tecnologia CRISPR/Cas 9 ed a mRNA si compie la transizione della medicina verso la genetica preventiva: si compie il processo attraverso il quale si penetrano i corpi, modificandoli e preparando l’essere umano a ulteriori modificazioni genetiche.

La stessa narrazione la troviamo anche riguardo la Terra, malata, che sarà “curata” con la biologia sintetica e la geoingegneria, attraverso pseudo soluzioni tecniche che sono parte integrante del problema e che produrranno solo altri disastri che si sommeranno e si incrementeranno tra loro.

“E forse la peggior catastrofe sarebbe l’assenza di catastrofe: una conquista senza intralci ad opera del sistema tecno-scientifico che proverebbe l’eccellenza dei suoi tecnici. Ma proprio considerando che le catastrofi devono diventare la norma, il sistema produrrà le stesse catastrofi per una perenne gestione di uno stato d’emergenze”8.

Il paradigma a mRNA si estende e arrivano anche i pesticidi a mRNA che saranno sperimentati in campo aperto a livello europeo, sdoganati in un continuo cortocircuito di pensiero come sostitutivi a quelli chimici e quindi come “sostenibili”. Dopo la chimica arriva la biologia sintetica, la nanotecnologia e l’ingegneria genetica, in ogni ambito e applicazione.

I pesticidi a mRNA interferente9, detti anche pesticidi genetici, utilizzano il meccanismo dei sieri a mRNA utilizzati per la Sars-Cov2 e verranno irrorati sulle colture, distribuiti tramite batteri, virus e funghi o incorporati in piante geneticamente modificate.

Dai campi ai corpi – dicevamo al tempo delle mobilitazioni contro gli OGM – e dai corpi si ritorna nei campi: ora il paradigma genetico si fa sistema normalizzandosi e diventando atmosfera quotidiana in cui si è immersi senza nemmeno rendersene conto.

L’essere umano e l’intero vivente diventano così mera materia da monitorare, amministrare, pianificare, selezionare, manipolare, riprogrammare, ingegnerizzare, sintetizzare. E materia da ottimizzare, implementare – “migliorare” dicono i tecno-scienziati. Anche la pioggia, “migliorata” con particelle nanotecnologiche di grafene, anche le piante modificate geneticamente per resistere ai cambiamenti climatici. Perché adesso tutto deve rientrare anche nella nuova narrazione emergenziale climatica, e per le prossime carestie alimentari sono già pronte farine di insetti e carne sintetica. L’esistenza stessa si fa sintetica.

In arrivo, a livello europeo, la Legge per il “Ripristino della natura”. Ormai i livelli di inquinamento e degradazione ambientale sono tali che non resta altro che riprogettare la stessa natura e, di conseguenza, anche l’essere umano. Curioso che la natura non esista quando si tratta di sesso, procreazione, piante e animali non OGM, ma poi ritorni, questa volta dal laboratorio e non può che ritornare sintetica. Così si interverrà sul vivente che dovrà essere continuamente adattato e riprogettato. Il “ripristino della natura” sarà un’ulteriore rivendicazione dei gruppi ambientalisti prodotti e alimentati da Davos per portare avanti una precisa ideologia contro la vita, l’umanità, la natura e, ovviamente, mai contro il sistema tecno-scientifico.

Anche l’umano dovrà funzionare al meglio, come una macchina, al massimo dell’efficienza e della prestazione. La specificità dei tempi di oggi è che questo avrà anche una dimensione di auto-ottimizzazione e auto-sfruttamento volontaria, desiderata e rivendicata, senza padrone, per questo non conoscerà limiti.
La cancellazione delle identità culturali dei popoli è un altro tassello di un più ampio processo. Cancellare riti e tradizioni significa rendere un popolo vuoto e fragile, e il vuoto di significato e il vuoto d’identità sono la condizione perfetta per qualsiasi manipolazione. Una distruzione di diversità per un’omologazione che seguirà i dettami dei “plasmatori di uomini”.
“Non c’è niente da mettere in comune se non si ha più nulla di proprio. Se non ci sono più persone di qui o di altri luoghi, ma nient’altro che passeggeri uniformi e intercambiabili”10.
Si tratta di tasselli che vanno uniti tra loro, non siamo di fronte a una cultura della morte, ma a una cultura della cancellazione: è in atto una demolizione totale delle precedenti forme di esistenza: la procreazione – la nascita, il sesso biologico, l’educazione, le relazioni, la famiglia, la morte – dove l’imperativo è riprogettare l’umanità in chiave cibernetica, artificiale e sintetica. Significativo che i nuovi OGM approvati recemente in Italia vengano sviluppati attraverso le cosiddette Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA)11, che rientrano nello stesso paradigma e nello stesso procedere delle Tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). La vita in vitro.

Durante il Word Economic Forum (WEF) di Davos di quest’anno i tecnocrati si sono domandati se l’umanità è “pronta alla trasparenza cerebrale” (“Ready for Brain Transparency?”) riaffermando con forza che “l’unica via d’uscita dalle nostre crisi esistenziali, dal riscaldamento globale, dai rischi posti dalle armi nucleari, da nuovi agenti patogeni e bioingegnerizzati e dall’intelligenza artificiale sia fonderci con la tecnologia”. Gli stessi si sono anche chiesti se avremo ancora figli umani entro la fine del secolo.
Le nuove generazioni nate in vitro non avranno memoria della dimensione della nascita e della procreazione sessuale e del fatto che si nasce da una madre e da un padre. Un’obsolescenza programmata.

La dimensione della procreazione, le nostre radici sessuate, l’umanità e la stessa realtà sono l’ultima frontiera del transumanesimo. Dall’embrione-prodotto al corpo-neutro, al corpo-riprogettabile, al corpo-piattaforma, al corpo-nodo di una rete. Tecno-corpi in una tecno-vita ingegnerizzata, riprogettata in laboratorio e perennemente interconnessa nella grande rete dell’Internet delle cose e dei corpi comunicanti.

La riproduzione artificiale dell’umano è interconnessa con lo sviluppo e la diffusione dei sieri genici a mRNA e con l’aumento dei percorsi di transizione che causano infertilità, così per chi vorrà procreare si apriranno le porte delle cliniche. Le terapie geniche e le tecniche di fecondazione assistita produrranno anomalie genetiche, per farvi fronte verrà offerta ancora la selezione embrionale, così non ci sarà fine alle ulteriori anomalie genetiche prodotte da un ambiente sempre più tossico e compromesso dalle stesse tecniche di ingegneria genetica.

Sterilità è il nuovo paradigma. Sterilità fisica, mentale, spirituale. Esseri umani resi sterili nella capacità di procreare, nella capacità di pensare, nella possibilità di comprendere il reale e, in ultima istanza, nella possibilità di difendersi e di resistere. L’umanità dovrà nascere, vivere e morire in ambiente sterile.

L’ideologia gender, le cliniche dell’“identità di genere” con tutto l’apparato farmaceutico, tecno-medico e bionanotecnologico e una propaganda messa in piedi ad hoc vendono illusioni sintetiche aprendo allo smontaggio dei corpi verso un essere umano neutro reso sterile, pronto per i laboratori di riproduzione artificiale e ingegneria genetica. Come lucidamente scrive Jennifer Bilek: “Evocare identità sessuali sintetiche mediche e venderle alle generazioni successive, contemporaneamente con la loro sterilizzazione, e inserirle in un movimento per i diritti umani di persone attratte dallo stesso sesso, quando tutti avranno bisogno della tecnologia di riproduzione assistita, non è un caso. È il genio politico cucito al gigantesco apparato di marketing dell’industria tecno-medica. […] Queste famiglie moderne stanno aprendo la strada a una colonizzazione totale della riproduzione umana, motivo per cui l’attuale modello di famiglia viene attaccato insieme al sesso riproduttivo. La prole tecnologica della LGBT Inc. che emergerà da questi esperimenti non sarà radicata in un insieme di geni parentali, ma in una fabbrica di geni e corpi coinvolti nella loro gestazione. […] Ma ora è amplificata da una frenesia tecnologica sposata con un corporativismo sfrenato e con il potere di quella che è diventata la LGBT Inc, una forza che si manifesta con la corporativizzazione dell’attrazione sessuale e dei feticci”.12

Possiamo capire quanto sia un tassello fondamentale l’ideologia gender, che deve arrivare a resettare e rimodellare le menti dei bambini e dei ragazzi. Deve essere reciso ogni legame con il mondo reale e naturale. Tutto deve essere artificiale, sintetico e virtuale. La dissociazione con il corpo sessuato apre alla dissociazione e cancellazione della verità e alla cancellazione dei corpi. Stiamo andando verso una completa dissociazione dalla dimensione della procreazione, dalla vita, dalla morte, dal corpo sessuato, dalla realtà. Dissociazione anche da se stessi e dal mondo naturale di cui si è parte. Una comunità dissociata da se stessa e anestetizzata come potrà ancora dirsi umana?

Libertà di scelta, desiderio, diritto, progresso, inclusione – ecco il mantra progressista arcobaleno.

In nome dei diritti e della libertà con i bloccanti della pubertà si sterilizzano adolescenti, si strappa a una madre suo figlio per darlo a dei genitori committenti, si crea un bambino che sarà un bricolage genetico con il DNA di tre genitori. In nome dei diritti e della libertà si sosterranno i peggiori orrori.

Siamo giunti a dover combattere solo per affermare che gli uomini sono uomini e che le donne sono donne e che adolescenti, bambini, bambine vanno lasciati in pace dall’indottrinamento gender che li spinge alla trans-identificazione e vanno strappati dai tentacoli biotecnologici della trans-industria. A combattere per affermare che i nuovi “vaccini” e anche i “nuovi OGM” sono tecnologie di ingegneria genetica. A combattere per la verità. Se non c’è verità, se tutto diventa relativo e opinabile, non può esserci nemmeno libertà.

L’unica verità possibile sarà quella algoritmica che decreterà il “buon andamento” di ogni cosa.

Come profetizzò Gilbert Keith Chesterton: “La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto”13.

L’utile, l’efficiente, l’ottimizzabile, il potenziabile contraddistinguono l’imperativo tecnico e l’orizzonte transumanista. Il paradigma del laboratorio non conosce etica, solo pretesti etici con cui costruire giustificazioni per far avanzare i suoi progetti. La sofferenza e la malattia, quelle vere, non quelle che appartengono alle costruzioni sintetiche e ai piagnistei vittimistici, diventano merce di scambio, per ricostruire un’umanità senz’anima.

Da un coacervo di insoddisfazioni, frustrazioni, capricci, desideri e bisogni indotti non potrà mai nascere una spinta per rivoltarsi contro lo stato di cose presenti, ma solo per pensare a sé stessi con un agire rinchiuso in una dimensione personale e una protesta che fa della testimonianza individuale il proprio centro. Il personale ha così fagocitato il piano politico e sociale.
Se poi aggiungiamo la totale assenza di limiti, la disintegrazione dei valori e la fascinazione per le tecno-scienze quello che ne uscirà sarà solo un aborto di un progetto di trasformazione della società e di opposizione all’avanzata del sistema perché si collocherà perfettamente al suo interno.
Il pantano ideologico confonde e disorienta, al massimo può far crescere una critica edulcorata che rimane sulla superficie senza mai andare all’origine, senza mai addentrarsi e scavare in profondità, senza mai avere una visione d’insieme. Ma sarà una critica che avrà vita breve, cambiando direzione in base a dove soffierà il vento senza la forza di reggere la tempesta, e il vento di questi tempi è un vento direzionato. Una critica che può andare bene ai più, senza essere scomoda e pungente, non arriverà mai a mettere in discussione i presupposti e le fondamenta su cui si regge questo sistema tecno-scientifico. Un’aridità della critica che porta a un’aridità di percorsi che si arenano ancora prima di partire. Un’aridità che arriva a trasformarsi in un’aridità e ristrettezza di pensiero, di senso, di sentimento, di orizzonte. Una critica che si sofferma solo sul piano del profitto di coloro che invece mirano a riorganizzare l’umanità e il mondo come una grande riserva seguendo una precisa ideologia transumanista ed eugenetica per un’“organizzazione cosciente e sistematica”14 della direzione della stessa evoluzione, che interpreti i tempi presenti e le attuali trasformazioni con categorie stantie e polverose, utilizzando ancora concetti come borghesia-proletariato e che si soffermi su “destra” e “sinistra” non potrà cogliere un più profondo piano di assoggettamento e la reale posta in gioco oggi: l’umanità. Invece delle analisi che ricordano i bilanci aziendali e il pantano ideologico preferiamo una palude ghiacciata, “su cui si avanza con maggior sicurezza e rapidità”15. Visioni radicalmente diverse in cui la congiuntura sarà di fatto sempre solo di superficie.

Dobbiamo prepararci a tempi duri. Dobbiamo quindi avere ben in mente quel confine inviolabile e non negoziabile, ciò che non sarà mai eticamente accettabile. Oggi la linea va tracciata tra chi vorrà Restare umano e tra chi sosterrà l’avanzata del transumano.

Non copriamo di glassa le potenzialità di quello che possono mettere in campo, non offriamo illusioni e non vendiamo né scorciatoie nel supermercato delle opinioni, né scappatoie dall’uscita di servizio. La strada può essere soltanto lunga e faticosa, con la profonda comprensione che due opposte visioni di mondo, di vivente, di natura, di essere umano si stanno scontrando. In questo scontro è in gioco tutto e non è possibile dialogo, compromesso, confusione, dubbio, indecisione. Ci sono dei nodi attorno cui non è possibile alcuna discussione, così come non è possibile discutere in merito alla possibilità di modificare geneticamente un essere vivente.

Dobbiamo essere disposti a combattere anche una battaglia persa per mantenere il senso dell’umanità libera dal mondo-macchina, per trasmettere a chi verrà un senso altro del vivere. Sotto le macerie arderanno fuochi che continueranno, come anche noi stiamo già facendo, un percorso di resistenza.

Lo sradicamento è profondo, senza il passato e senza il presente ci stanno cancellando il futuro che non avrà più nessuna solida base su cui fondarsi. “Noi vivi, i guardiani, siamo i figli di Padre Passato e di Madre Memoria; non i prodotti del futuro e della macchina. […] Sopravvivendo nei resti, senza dubbio dobbiamo salvare i resti”16.

Oggi essere rivoluzionari è essere conservatori di quei valori sostanziali, dell’umanità nelle sue basi biologiche, spirituali e comunitarie, di un vivente libero fuori dai loro laboratori. Dal momento che il mondo intero da tempo è diventato un immenso laboratorio a cielo aperto e anche i corpi sono deilaboratori viventi la necessità di resistere e di lottare dovrebbe essere evidenza che nasce dalla totale discrepanza tra l’assoluta avversione alla vita che caratterizza quello che stanno mettendo in campo e la vita stessa.

Richard Dawkins nel suo libro “L’orologiaio cieco”, nel 1986 con queste parole ben rappresenta l’ideologia che sottende l’avanzata del mondo-macchina: “Se vuoi capire la vita, non pensare a una carne che pulsa e vibra; pensa alla tecnologia dell’informazione… ciò che sta al centro di ogni essere vivente non è un ‘fuoco’ interiore, non il respiro caldo, non il ‘fuoco’ scintilla di vita”.
Ed è proprio questa ideologia che riduce la vita al regno della quantità e della calcolabilità, al macchinico, a un qualcosa di rimodellabile e riproducibile che ha assogettato l’umano e l’intero vivente. Dalla calcolabilità della razionalità prima meccanicistica e poi algoritmica alla riorganizzazione del mondo fino alla sua più profonda manipolazione con la presunzione di voler penetrare l’irriducibile e l’inaccessibile. Una presunzione che non è un mero delirio di onnipotenza, ma che diventa un operato sul mondo, che riscrive lo stesso mondo, un disegno che si concretizza e che sta accelerando vorticosamente.
Ma saremo sempre un “uomo di carne che deve essere integrato in questo meccanismo di ferro”17, per usare le parole di Charbonneau. E alcune e alcuni di noi non si arrenderannomai, costi quel che costi.

Alla forza delle Madri: “Una simile verità mi si chiarì per la prima volta durante la guerra civile: anche le rivoluzioni non costituiscono un pericolo per l’ordine costituito, finché non vi partecipano le madri. […] Quando le donne si lasciano dietro le spalle la paura della morte, le cose avvengono e si compiono con la violenza di una fiumana alluvionale”18.

Silvia Guerini, Luglio 2023, pubblicato in L’Urlo della Terra, numero 11


Note:

1 Hanna Arendt, Verità e politica, Bollati e Boringhieri, 1995.

2 Silvia Guerini, La morte in mano allo stato, in L’Urlo della Terra n°10, Luglio 2022,

3 Vedi l’inizio della sperimentazione di ingegneria sociale IT-Alert.

4 Simone Weil, La prima radice. Preludio ad una dichiarazione dei doveri verso l’essere umano, SE, 1990.

5 Byung-chul Han, Perché oggi non è possibile una rivoluzione, Nottetempo, 2022.

6 Byung-chul Han, Il profumo del tempo. L’arte di indugiare sulle cose, Vita e pensiero, 2017.

7 Pièces et main d’ouvre, Cosa resta da salvare. La vita tra i resti, Nautilus, 2021.

8 Jaime Semprun, René Riesel, Catastrofismo, Amministrazione del disastro e sottomissione sostenibile, Ortica Editrice, 2020.

9 Oggi l’utilizzo sperimentale è permesso in Germania, Francia, Spagna e Slovenia, in particolare su colza e patate. Fuori dall’Europa se ne fa uso massiccio in Cina, USA e Canada.

10 Pièces et main d’ouvre, op.cit.

11 Costantino Ragusa, Il nuovo ORDINE GENETICO MONDIALE passa anche dalla terra. In arrivo i “nuovi” OGM, in L’Urlo della Terra n.°10, Luglio 2022, www.resistenzealnanomondo.org/necrotecnologie/il-nuovo-ordine-genetico-mondiale-passa-anche-dalla-terra-in-arrivo-i-nuovi-ogm/

12 Jennifer Bilek, Is humanity ready for LGBTQ+ tech babies and the full erasure of women from reproduction?, in Jennifer’s Newsletter https://jbilek.substack.com/p/is-humanity-ready-for-lgbtq-tech, consultato il 27/06/2023; Jennifer Bilek, Is humanity ready for LGBTQ+ tech babies and the full erasure of women from reproduction?, in Human Event., 6/11/2023 https://humanevents.com/2023/06/11/jennifer-bilek-is-humanity-ready-for-lgbtq-tech-babies-and-the-full-erasure-of-women-from-reproduction, consultato il 27/06/2023

13 Gilbert Keith Chesterton, Eretici, Lindau, Torino, 2010.

14Resistenze al nanomondo, Perchè la rivoluzione è verde, in L’Urlo della Terra, n.°10, Luglio 2022, https://www.resistenzealnanomondo.org/necrotecnologie/perche-la-transizione-e-verde/

15 Ernst Jünger, Prossimi titani, ultima intervista in Av. Vv. Ernst Jünger, L’Anarca dal cuore avventuroso, Aga editrice, 2021.

16 Pièces et main d’ouvre. op.cit.

17 Bernard Charbonneau, Il sistema e il caos, Arianna editrice, 2009.

18 Ernst Jünger, Il cuore avventuroso, Guanda, 2001.