In merito ad una discussione mai nata

In merito ad una discussione mai nata

L’assemblea popolare Resistere al Transumanesimo di Bergamo ha deciso di uscire dal Coordinamento lombardo Oltre il Green Pass.

Il nostro percorso all’interno del Coordinamento lombardo è stato piuttosto breve. Il tempo di partecipare alla realizzazione della manifestazione nazionale del 26 novembre a Milano, dove espressamente ci è stato chiesto di portare alcuni dei nostri temi, considerando il lavoro di lunga data da noi portato avanti su questioni come transumanesimo, digitale, attacco al vivente perpetrato con l’ingegneria genetica…

Sul palco della manifestazione, nel nostro breve e unico intervento, abbiamo ribadito i nostri contenuti, precedentemente condivisi con tutto il coordinamento, insistendo contro i sieri genetici a mRNA e contro qualsiasi regolamentazione e libertà di scelta per quello che è un attacco ai corpi. Sullo stesso palco invece l’aspetto della libertà di scelta è stato toccato in altri momenti. Per qualcuno, forse, se ci ha fatto caso, era solo una contraddizione, per noi invece era un qualcosa di più importante e rimandava a determinate analisi di fondo con cui si costruisce un percorso di lotta.

Dalla nostra entrata nel coordinamento lombardo siamo stati immediatamente consapevoli delle differenze date da diversi percorsi e storie personali dei singoli gruppi. Banalmente, si dice di solito, le differenze sono una grande ricchezza, cosa più che giusta, ma concretamente però serve una grande volontà e un pensare molto libero per riuscire a stare insieme.

Dopo la manifestazione anche noi veniamo a conoscenza, a pezzetti, perché non siamo dentro chat, telegram e messaggistica virtuale varia, che era in corso un’opera di screditamento da parte di alcuni gruppi vicini ad aree marginali di estrema destra milanese, di un membro del coordinamento piuttosto in vista considerando anche i suoi tre interventi alla manifestazione, dove, in uno di questi, veniva criticata anche la Smart City e la digitalizzazione.

La puntualità di un simile attacco, due giorni dopo la manifestazione del 26 novembre, con precise insinuazioni, è evidentemente da contestualizzare politicamente come tentativo di screditare l’importante lavoro fatto fin ora dal Coordinamento, la grande partecipazione alla manifestazione e anche l’importante lavoro locale su Milano portato avanti dal gruppo Miracolo a Milano.

Il momento di difficoltà, a nostro avviso diremmo piuttosto blando, come era immaginabile ha invece assorbito completamente l’attenzione e l’impegno del coordinamento proiettato a dover rispondere mettendo in campo tutto il bagaglio retorico e soprattutto ideologico che speravamo messo da parte con i tempi che corrono.

Uno degli elementi presenti nell’attacco era costituito dal fatto che Alessio Gasperini è un componente del consiglio di amministrazione della società Digital Magics di Milano, incubatore e acceleratore di startup focalizzate su Internet delle cose, Intelligenza Artificiale, 5G e Smart City, tutte tematiche affrontate e fortemente criticate in piazza anche da lui stesso nella manifestazione del 26 novembre a Milano.

Se da una parte il momento necessitava di solidarizzare con Alessio Gasperini e il gruppo Miracolo a Milano di cui fa parte per gli attacchi da lui subiti, d’altra parte serviva anche far chiarezza riguardo al suo ruolo all’interno di una società dal nostro punto di vista indifendibile.
L’opposizione al mondo digitale è uno degli elementi per cui i nostri rispettivi percorsi si sono incrociati e tale opposizione costituiva uno dei punti caratterizzanti la manifestazione a Milano a cui avevano aderito anche le reti nazionali contro la 5G.

Evidentemente in tanti si sarebbero aspettati che il video realizzato dallo stesso Alessio Gasperini per chiarire la sua posizione avrebbe risolto tutto. Per noi invece le cose le ha complicate, perché l’abilità grafica del montaggio ha inquadrato una presa di posizione collettiva del coordinamento lombardo senza che prima vi fossero stati momenti di confronto in presenza, vero luogo dove dovrebbero passare decisioni realmente condivise. E, tra l’altro, rimarchiamo le nostre distanze dal “modello Olivetti” considerato come buono e inclusivo, ma invece vicino alle modalità e finalità delle varie fondazioni filantropiche di sempre e, semplicemente, se non avesse avuto lo sgambetto made in USA adesso avremo magari una compagnia forse più statale con le stesse caratteristiche di Meta, quelle caratteristiche che tanto piacciono alla Zuboff che ci avrebbe portato ad un tracciamento sanitario con direzione statale.

A quel punto è stato chiaro come noi, così come altri gruppi, abbiamo avanzato critiche che hanno messo in luce profonde problematicità che hanno evidentemente mosso qualcosa, in quello che si chiama coordinamento lombardo, ma che non ha le caratteristiche di un coordinamento essendo sbilanciato verso un gruppo, Miracolo Milano e una persona, Alessio Gasperini.

“O solidarietà o fuori” è stato detto, ma in un normale coordinamento ci sarebbe stata una discussione, non tanto sulla solidarietà e la fiducia che è stata da tutti espressa, anche da noi, ma sulle modalità della risposta collettiva e sulle problematicità che poteva portare al coordinamento la visibilità di una persona con tali contraddizioni politiche, ma su tutto questo una discussione non era nemmeno considerata immaginabile.

Noi a questo punto non ci stiamo più, il nostro entrare nel coordinamento aveva lo scopo di condividere tematiche ritenute prioritarie, analisi, riflessioni, percorsi in un modo che è proprio di un coordinamento e quindi di gruppi che già hanno un determinato proprio percorso e che si confrontano e che costruiscono insieme dei pezzi di cammino senza generare e rafforzare dinamiche da accentramento e leaderismo.

Abbiamo visto modalità decisionali e di relazione, le solite ci verrebbe da dire, già viste in tante situazioni, non per forza scorrette, ma che di fatto confermano e alimentano la scorrettezza. Per noi non abituati alle chat, ai messaggini e ai calcoli da ragioniere il momento assembleare in presenza è tutto, ma abbiamo scoperto con stupore che questo momento veniva non solo marginalizzato nei momenti cruciali e decisionali dalle chat, ma veniva anche svuotato di memoria e reso riscrivibile alla mercé delle emotività. Oltre al problema delle chat altro problema quello delle votazioni considerando che noi invece abbiamo sempre criticato la vittoria della maggioranza come soluzione alle diatribe. Piuttosto pensiamo che arrivare ad una decisione passando per una discussione e un confronto sia il modo migliore, grazie alla possibilità data ad ognuno di esporre veramente le proprie analisi e i propri pensieri. Magari non si sarebbe arrivati ad un accordo, ma il passaggio per arrivare a un disaccordo avrebbe arricchito tutti. Oggi, invece, si preferisce contare i numeri e attirare possibili consensi, magari di gruppi che non si sono mai visti, ma che fanno apparentemente grande, quantitativamente, un coordinamento. Il tutto generando, consapevolmente da parte di alcuni e inconsapevolmente da parte di altri, tristi dinamiche per creare rotture con quei gruppi non allineati al pensiero unico e portatori di percorsi e contenuti che avrebbero potuto mettere in discussione i leaderismi presenti.

Non è sicuramente a cuor leggero che prendiamo questa decisione, davamo molta importanza a far parte del coordinamento, ma è l’unica che riteniamo che abbia un senso.

Purtroppo vediamo ancora la forte debolezza dei contesti nati dalle lotte contro il Green Pass e anche una forte ingenuità nel cadere tra le mani dei politicanti di professione o di personaggi figli di questi tempi irriflessivi, dove non ha più importanza cosa dici, ma come lo dici, dove si vuole combattere le ideologie, ma ci si muove nel pantano ideologico, dove si critica la figura del leader, ma se ne costruiscono continuamente di nuove, tutto a discapito del pensiero critico e del vero agire libero.

Assemblea popolare Resistere al Transumanesimo
20 gennaio, Bergamo

Documento in pdf:

Pandemie e guerra biologica: la Scilla e Cariddi della quarta rivoluzione industriale

Pandemie e guerra biologica: la Scilla e Cariddi della quarta rivoluzione industriale

La distanza geografica tra Wuhan e l’Ucraina orientale e il lasso di tempo tra il marzo 2020, quando è stata dichiarata la pandemia, e il febbraio 2022, quando è iniziata l’invasione russa, possono sembrare lunghi, ma il nostro mondo è diventato pericolosamente fluido. Relazioni e confluenze che normalmente resterebbero inafferrabili assumono un peso particolare e si proiettano al centro, svuotando di contenuto le ingenue certezze e le rassicuranti “verità” del recente passato. In effetti, quanti di noi erano consapevoli due anni fa che la guerra biologica – o peggio, la guerra biologica non dichiarata e invisibile – è una minaccia assolutamente reale? L’analogia più vicina era quella della guerra nucleare, ma non c’è da preoccuparsi! Le bombe atomiche sono una “vecchia storia”, della Guerra Fredda e del secolo scorso. Ma c’è una domanda: la macchina da guerra è bloccata nella tecnologia dello scenario apocalittico e gli appaltatori della sventura sono rimasti inattivi per tre decenni?

Due punti di ciò che la pandemia ha evidenziato ci interessano ai fini del presente documento. Il primo è che la morbilità ha espropriato la condizione umana naturale e i nostri corpi sono diventati il campo di battaglia della quarta rivoluzione industriale, con il dominio tecnologico di un campo o di un altro. Non esiste più la salute, ma solo la morbilità, in misura maggiore o minore, a seconda del tipo di minaccia per la salute in un determinato momento e dell’incapacità di reagire fisicamente ad essa. Il nostro corpo non ci appartiene più, l’apparato biotecnologico ha già iniziato il suo rapido processo di colonizzazione.

Per il secondo punto dobbiamo tornare indietro a prima della dichiarazione della pandemia, quando la Sars-Cov-2 era ancora un “affare cinese”. Le prime reazioni del mondo occidentale alla notizia di un nuovo virus e di un’epidemia senza precedenti che ha colpito la Cina sono state di derisione, finto sgomento e razzismo implicito o addirittura reazioni palesemente anticinesi. La Cina ha perso il controllo, aprendo forni crematori e imponendo condizioni di controllo orwelliane; queste erano le tappe fino a quando il virus non è sbarcato a Milano. Ma ciò che seguì dimostrò che queste reazioni nascondevano un’ansia generalizzata, ma anche un invidia da parte dell’Occidente che non poteva nemmeno avvicinarsi all’esempio cinese. Mentre l’Occidente calcolava che sarebbe stata un’altra “tragedia umanitaria” a colpire la periferia e il terzo mondo e si cuciva addosso un costume da salvatore pianificando “interventi umanitari”, la Cina dispiegava il suo arsenale e dimostrava le sue tecnologie, la sua organizzazione, le sue capacità e la sua efficacia. Ora che l’Occidente ha adottato la dottrina della “guerra contro il coronavirus”, dovrebbe essere in grado di realizzare in tempi brevissimi ciò per cui la Cina si è preparata tecnologicamente e socialmente per anni. Questo spiega anche, in parte, le misure draconiane dei primi tempi della pandemia, quando un Paese occidentale dopo l’altro ha iniziato a indulgere in una pletora di crudeltà.

Ma la pandemia e lo stato di emergenza non potevano nascondere un fatto innegabile. La ristrutturazione biotecnologica può essere avvenuta a velocità sostenuta, ma non ha trascinato tutti nello stesso modo uniforme; alcuni sono rimasti indietro e stanno cercando di recuperare il terreno perduto. In condizioni di acuta competizione intercapitalistica, che sta assumendo sempre più il carattere di una guerra mondiale, la prova pratica che un campo è stato scalzato, e un campo, quello della ristrutturazione bioinformatica è la chiave che può aprire le porte dell’inferno. Perché il campo che sta perdendo terreno non esiterà a ricorrere ai mezzi più perniciosi, e l’esempio della pandemia può esercitare un fascino nauseante per il tipo di mezzi che possono essere messi in atto.

Le armi biologiche non sono nuove, hanno una storia sistematica fin dalla prima guerra mondiale, ma la ristrutturazione biotecnologica ha cambiato completamente il contesto in cui possono essere utilizzate. Il paradigma non è più quello delle trincee soffocate dal gas mostarda o della diffusione incontrollata della peste, ma quello dell’ingegneria genetica e biologica. Se in passato l’uso di armi biologiche comportava il rischio di conseguenze incontrollate che avrebbero colpito ugualmente l’aggressore, oggi, grazie alle biotecnologie, questo rischio si è ridotto. Per l’ambito che progetta e sviluppa tali armi, gli agenti patogeni progettati, ci sono due vantaggi. In primo luogo, agiscono in modo invisibile e silenzioso, all’insaputa del nemico e senza il rumore della guerra convenzionale. In secondo luogo, agiscono in modo mirato e incrementale, riducendo il rischio di contraccolpi e consentendo una pianificazione a lungo termine.

Ma qual’è oggi il campo che si vede tagliato fuori in un campo dopo l’altro e che si affretta a recuperare il terreno perduto e a garantire la continuazione della sua egemonia storica?

La prima segnalazione nel cyberspazio occidentale di laboratori statunitensi per la guerra biologica in Ucraina è stata fatta il primo giorno dell’invasione russa, il 24 febbraio, da @ClandestineNot. Inutile dire che il suo account Twitter, in condizioni di controllo e censura asfissianti, è durato solo un giorno prima di scomparire, fortunatamente non prima che un numero sufficiente di persone avesse il tempo di salvare fotograficamente il post.

“Credo di aver trovato qualcosa sull’Ucraina. Zelensky ha detto che i russi stanno colpendo “installazioni militari”. Quanto è ampio questo termine? Vedo che si ipotizza che possa includere i laboratori biologici statunitensi. All’inizio pensavo che non ci fosse modo di farlo. Poi ho iniziato a cercare…”.

Il thread di @ClandestineNot continuava a citare una serie di fatti e si chiudeva con due mappe su cui erano segnati i laboratori in concomitanza con gli attacchi russi. La coincidenza era più che plausibile. “Ecco la sovrapposizione tra gli attacchi missilistici segnalati e l’ubicazione dei laboratori biologici… Sembra certo che Putin stia prendendo di mira città e località con laboratori biologici statunitensi. Sta cercando al 100% potenziali armi biologiche”.

Il primo annuncio ufficiale russo sulla questione è stato fatto l’8 marzo dal Ministero degli Affari Esteri:

Confermiamo che, durante l’operazione militare speciale in Ucraina, è stato scoperto che il regime di Kiev nascondeva tracce di un programma biologico militare finanziato dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.

Sono stati rinvenuti documenti relativi all’eradicazione d’emergenza di agenti patogeni altamente pericolosi come la peste, l’antrace, la febbre dei conigli, il colera e altre malattie mortali, effettuata il 24 febbraio dai dipendenti di un impianto ucraino di bioprocessamento. Questi documenti includono una direttiva del Ministero della Salute ucraino sull’eliminazione urgente delle scorte immagazzinate di agenti patogeni estremamente pericolosi, inviata a tutti gli impianti di bioprocessamento…

A questo punto, possiamo concludere che i componenti delle armi biologiche venivano sviluppati nei laboratori ucraini nelle immediate vicinanze del territorio russo. L’eliminazione urgente dei microrganismi patogeni estremamente pericolosi, avvenuta il 24 febbraio, è stata ordinata per evitare che l’Ucraina e gli Stati Uniti rivelassero una violazione dell’articolo I della Convenzione sulle armi biologiche e tossiche (BTWC). Queste informazioni dimostrano che le accuse che abbiamo ripetutamente fatto, nel contesto della BTWC, sull’attività biologica militare degli Stati Uniti e dei loro alleati nello spazio post-sovietico erano giustificate.

L’opinione pubblica occidentale ha già avuto due anni di umile conformismo ai dettami della “guerra contro il coronavirus” e di incapacità di mettere in discussione la linea ufficiale, ma anche il recente allineamento alla grottesca dottrina del “lato destro della storia”. Quindi alla domanda sui laboratori di guerra biologica in Ucraina era facile rispondere: campagna di disinformazione, teoria del complotto, cospirazione russa. Con un pubblico di questo tipo, gli Stati Uniti pensavano di poterla fare franca con annunci di grande impatto e di nuovo di livello. Il 9 marzo Jan Psaki, portavoce della Casa Bianca, ha scritto sul suo account Twitter ufficiale:

Abbiamo notato le false affermazioni della Russia su presunti laboratori statunitensi di armi biologiche e sullo sviluppo di armi chimiche in Ucraina. Anche i funzionari cinesi hanno fatto eco a queste teorie cospirative. È scandaloso. È il tipo di operazione di disinformazione che abbiamo visto ripetutamente da parte dei russi negli ultimi anni in Ucraina e in altri Paesi e che è stata sfatata, ed è un esempio del tipo di falsi pretesti che avevamo avvertito che i russi avrebbero inventato.

Per i fondamentalisti della “destra”, una risposta del genere può essere considerata sufficiente, ma una burocrazia tentacolare come quella americana ha molte teste parlanti e a volte la risposta di una di queste può minare le risposte di un’altra. Victoria “fuck the EU” Nuland non è estranea alle questioni ucraine. Attualmente è Segretario di Stato, ma nel 2013-14 è stata Sottosegretario di Stato per gli Affari Europei sotto Obama ed è stata la persona che ha organizzato (insieme all’allora ambasciatore statunitense Pyatt a Kiev) il sostegno ai fascisti ucraini, l’esproprio da parte dell’estrema destra delle proteste di piazza Maidan e tutte le conseguenze che hanno portato a una presa di potere fascista da parte di uno Stato fascista all’interno di uno Stato. È quindi per definizione un “esperto”. L’8 marzo, mentre la posizione ufficiale russa era già stata resa nota, la Nuland è stata convocata per un’audizione davanti a una commissione del Congresso. Un senatore le ha posto una domanda sulle armi chimiche o biologiche, aspettandosi apparentemente una smentita categorica da parte sua, ma la Nuland lo ha lasciato un po’ in sospeso.

Domanda: L’Ucraina possiede armi chimiche o biologiche?

Risposta: L’Ucraina dispone di strutture di ricerca biologica di cui temiamo che le forze russe possano cercare di ottenere il controllo, quindi stiamo lavorando con gli ucraini su come impedire che questi materiali di laboratorio cadano nelle mani delle forze russe se si avvicinano.

Quindi, non solo non si tratta di una “teoria del complotto” e di disinformazione smentita, ma esistono effettivamente strutture biologiche, in cui sono presenti anche “materiali” che non devono cadere nelle mani dei russi. Se si trattasse semplicemente di laboratori medico-biologici che effettuano test e ricerche di routine, qual è il motivo di preoccupazione? Per evitare che i russi scoprano l’esistenza del virus dell’influenza?

La Nuland ha risposto così perché aveva la consapevolezza elementare che era impossibile tenere segreti gli accordi che lo Stato americano aveva concluso con l’Ucraina e la Georgia a partire dagli anni Novanta. Nei giorni successivi, infatti, gli accordi (pubblici ma ignorati) di tipo coloniale che hanno permesso agli Stati Uniti di creare e gestire decine di laboratori biologici nei due Paesi vicini al confine con la Russia hanno iniziato a essere riprodotti nel cyberspazio. La giustificazione degli Stati Uniti per questi laboratori è che “gli Stati Uniti hanno avviato il programma di riduzione della minaccia biologica a partire dagli anni ’90, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, per ridurre il rischio derivante dalle armi biologiche che erano state abbandonate in vari Paesi, tra cui l’Ucraina”. Nell’ambito di questo programma, laboratori specifici hanno ricevuto finanziamenti statunitensi”; “il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti collabora con il Ministero della Salute ucraino dal 2005 per migliorare i laboratori del Paese”; “gli Stati Uniti collaborano con i Paesi contraenti per affrontare la minaccia di epidemie – naturali, intenzionali o accidentali – delle malattie infettive più pericolose”; “non vi è alcuna indicazione che questa cooperazione sia finalizzata alle armi biologiche”. Il programma statunitense fa l’opposto e di fatto mira a ridurre la minaccia di proliferazione delle armi biologiche” (tutto ciò è tratto testualmente dai media occidentali).

Per la “parte giusta” tali argomenti possono essere tranquillizzanti, ma qualcuno dalla parte sbagliata può ragionevolmente chiedersi se 40 anni dopo ci sia ancora bisogno di controllare i programmi biologici sovietici e come mai non siano stati completamente eliminati. O perché è necessario che la ricerca sul “contenimento delle minacce” da armi biologiche e da epidemie intenzionali si svolga ai confini della Russia piuttosto che nel deserto del Nevada o in qualche isola isolata del Pacifico dove gli Stati Uniti mantengono comunque delle basi. Ma l’obiezione più sostanziale nasce dal fatto che metodologicamente, tecnologicamente, praticamente, la distinzione del laboratorio tra quelli che “promuovono” le minacce biologiche e quelli che le “contengono” è vuota di contenuto. Non c’è alcuna differenza sostanziale: fanno esattamente lo stesso lavoro. Quando un laboratorio biologico studia una “minaccia”, ad esempio un virus mutato, sia che lo faccia per attuarla o per prevenirla, deve fabbricare la minaccia. Inoltre, un laboratorio di guerra biologica può svolgere due lavori allo stesso tempo: la ricerca di armi contro gli agenti patogeni da un lato e la produzione di vaccini o altre misure di contenimento contro di essi dall’altro, altrimenti il primo senza il secondo può portare a risultati suicidi. Il diagramma seguente è indicativo del processo. Prima ancora dell’inizio della produzione di massa, la distinzione tra ricerca per la prevenzione o per l’applicazione non esiste più.

La realtà proibita

Gli Stati Uniti hanno oggi circa 400 istituzioni e laboratori in tutto il mondo che portano avanti programmi segreti di ricerca biologica. Sebbene gli Stati Uniti siano tra i Paesi che hanno ratificato la Convenzione sulle armi biologiche (BTWC) del 1975, nel 2001 si sono rifiutati di firmare un allegato cruciale della Convenzione che regola i meccanismi di verifica reciproca. In pratica, questi laboratori non sono soggetti ad alcun controllo internazionale e in alcuni casi, come la Georgia e l’Ucraina, a causa di accordi draconiani, non sono nemmeno soggetti alle leggi locali – il personale statunitense opera sotto immunità diplomatica. Inoltre, in base alla legge federale statunitense “Uniting and Strengthening America by Providing Appropriate Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism Act” (il cosiddetto Patriot Act), la ricerca nel campo delle armi biologiche è consentita con il permesso del governo statunitense. Allo stesso tempo, i partecipanti a tali ricerche non sono penalmente responsabili dello sviluppo di tali armi.

Poiché tali laboratori non pubblicizzano i loro risultati, l’unico modo in passato per rivelare le aree specifiche della loro ricerca è stato attraverso gli incidenti o gli “incidenti” da loro causati. Nel 2014, in circostanze poco chiare, i dipendenti di un laboratorio biologico di Atlanta sono stati contaminati dal batterio dell’antrace. Un numero maggiore di incidenti è associato a Fort Detrick. Questo laboratorio – una base militare in realtà – è la “matrice” del programma di guerra biologica degli Stati Uniti. Le sue origini risalgono alla Seconda Guerra Mondiale, quando vi furono depositati tutti i lasciti, le ricerche e i materiali relativi alle armi biologiche del famigerato “Distaccamento 731”, l’unità militare giapponese che condusse vaste operazioni di guerra biologica in Cina. Nel 2019 sono stati registrati casi di polmonite di origine sconosciuta in due case di cura vicine a questo laboratorio e successivamente è stata segnalata un’epidemia di polmonite in tutto lo stato del Maryland. A seguito di un aumento significativo del numero di malattie respiratorie di origine inspiegabile, all’epoca fu annunciata la chiusura delle attività del laboratorio di Fort Detrick, presumibilmente a causa di errori nella gestione dei rifiuti.

I laboratori biologici statunitensi all’estero sono finanziati dalla Defense Threat Reduction Agency (DTRA) nell’ambito di un programma militare da 2,1 miliardi di dollari, il Cooperative Biological Engagement Program (CBEP), e si trovano nei Paesi dell’ex Unione Sovietica, oltre che in Georgia e Ucraina, Kazakistan e Armenia, in Medio Oriente, nel Sud-Est asiatico e in Africa. Tutti questi laboratori sono protetti da una fitta rete legale che vieta l’accesso alle autorità locali e protegge il personale da eventuali indagini e procedimenti giudiziari.

Il più grande laboratorio americano di guerra biologica all’estero è il Lugar Center in Georgia. Il Centro è stato costruito nel 2004, è diventato operativo nel 2011 ed è pienamente operativo dal 2013. Si trova a soli 17 chilometri dalla base aerea militare statunitense Vaziani, nella capitale Tbilisi. I biologi dell’US Army Medical Research Unit-Georgia (USAMRU-G) e gli appaltatori privati sono responsabili del programma militare. Il laboratorio di biosicurezza di livello 3 è accessibile solo agli americani con autorizzazione di sicurezza e gode dell’immunità diplomatica ai sensi dell’accordo di cooperazione per la difesa tra Stati Uniti e Georgia del 2002. Il personale locale non ha diritto ad essere informato dai documenti statunitensi e non può accedere alle sezioni chiuse dei laboratori. Il direttore del laboratorio è una persona appartenente ai servizi militari o di intelligence. Il trasporto di qualsiasi materiale biologico da e verso i laboratori viene effettuato senza alcuna dichiarazione e senza alcun controllo da parte delle autorità locali. Questo modello di funzionamento e di rapporti con le autorità locali, attuato per la prima volta in Georgia, è stato successivamente adottato come modello in tutti i laboratori biologici controllati dagli Stati Uniti all’estero.

Le prove ricavate dal Registro pubblico dei contratti federali degli Stati Uniti fanno luce su alcune attività militari del Centro Lugar, tra cui la ricerca su agenti biologici e malattie virali (antrace, tularemia, brucellosi, leishmaniosi, febbre emorragica del Crimea-Congo) e la raccolta di campioni biologici per esperimenti futuri. Esempio tratto dal contratto W81XWH-14-X-9999 del 2014, come pubblicato dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti:

Nel 2018, dopo un cyberattacco che ha portato al trafugamento di documenti del Lugar Center, l’ex ministro della sicurezza georgiano Igor Giorgadze ha reso pubbliche le accuse di sperimentazione umana e di decine di morti. Secondo i documenti, nel dicembre 2015, 30 persone trattate presso il centro per l’epatite C sono morte. I 24 pazienti sono morti nel giro di un giorno, mentre la ricerca segreta condotta con un farmaco sconosciuto ha causato la morte di oltre 160 persone.

“Chiedo al governo degli Stati Uniti e al Presidente Trump in persona di ordinare un’indagine. Il popolo della Georgia sarà grato se il Paese sarà liberato da questi esperimenti. Scuse formali e risarcimenti alle famiglie delle vittime degli esperimenti non potranno mai ripagare le vite perse”. Secondo Giorgadze, presso il Lugar Center sono stati condotti numerosi esperimenti con cittadini georgiani e i risultati sono stati letali. A conferma, ha presentato un elenco di 30 persone che si sono sottoposte a trattamenti per l’epatite C presso il Centro e che sono tutte morte. I dati relativi a questi casi coprivano un solo mese, dicembre 2015. “La cosa più notevole è che i documenti mostrano che del gruppo di 30, 24 sono morti tutti nello stesso giorno… I dati per il 2016 mostrano 30 morti in aprile e altri 13 in agosto. Il punto più evidente è la designazione di “indeterminato” come causa di morte in tutti i casi. Non c’è stata assolutamente alcuna indagine sulle cause di morte di queste persone”.

Un fenomeno simile è stato osservato in Ucraina, dove operano almeno 11 laboratori biologici statunitensi, la maggior parte dei quali nella regione sud-orientale del Paese. Con l’apertura di questi laboratori, l’Ucraina ha iniziato a fronteggiare l’insorgere di malattie che si pensava fossero già state sconfitte. Secondo i dati dell’OMS, nel 2018 l’Ucraina ha conquistato il primato in Europa in termini di incidenza del morbillo. Casi simili sono stati osservati anche in Georgia.

I contraenti della morte

L’Agenzia per la riduzione delle minacce alla difesa (DTRA) ha esternalizzato gran parte del lavoro nell’ambito del suo programma militare a società private, che non devono rendere conto a nessuna autorità politica e possono operare più liberamente, aggirando il quadro giuridico. Grazie all’immunità diplomatica, che copre tutto il personale di laboratorio, militare e civile, le aziende private possono svolgere lavori sotto copertura diplomatica per il governo degli Stati Uniti senza essere sotto il controllo diretto dello Stato ospitante. Nei biolaboratori del Lugar Center lavorano tre aziende private statunitensi: CH2M Hill, Battelle e Metabiota. Oltre che per il Pentagono, questi appaltatori privati conducono ricerche per la CIA e per varie altre agenzie governative.

CH2M Hill si è aggiudicata contratti per 341,5 milioni di dollari con il DTRA nell’ambito del programma di laboratori biologici del Pentagono in Georgia, Uganda, Tanzania, Iraq, Afghanistan e Sud-Est asiatico. La metà di questo importo (161,1 milioni di dollari) è assegnata al Lugar Center nell’ambito del contratto con la Georgia. Secondo CH2M Hill, l’azienda statunitense si è assicurata agenti biologici e ha impiegato ex scienziati di guerra biologica presso il Lugar Center. Si tratta di scienziati che lavorano per un’altra società statunitense coinvolta nel programma militare in Georgia, il Battelle Memorial Institute.

Battelle, in qualità di subappaltatore per 59 milioni di dollari del Lugar Center, ha una vasta esperienza nella ricerca sugli agenti biologici, avendo lavorato al programma di armi biologiche degli Stati Uniti nell’ambito di 11 precedenti contratti con l’esercito americano (1952-1966). L’azienda privata svolge lavori per i laboratori biologici del DTRA in Afghanistan, Armenia, Georgia, Uganda, Tanzania, Iraq, Afghanistan, Tanzania e Vietnam. Battelle conduce attività di ricerca, sviluppo, test e valutazione utilizzando sia sostanze chimiche altamente tossiche che agenti biologici altamente patogeni per un’ampia gamma di agenzie governative statunitensi. Ha stipulato contratti federali per un totale di circa 2 miliardi di dollari e si è classificata al 23° posto nell’elenco dei 100 principali appaltatori governativi statunitensi.

Nell’ultimo decennio Battelle ha gestito un laboratorio biologico top-secret (National Biodefense Analysis and Countermeasures Center – NBACC) a Fort Detrick, nel Maryland, in base a un contratto con il Dipartimento della Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti (DHS). L’azienda si è aggiudicata un contratto federale da 344,4 milioni di dollari (2006 – 2016) e un altro da 17,3 milioni di dollari (2015 -2026) da parte del DHS.

Tra gli esperimenti sotto copertura condotti da Battelle presso l’NBACC vi sono (a) la valutazione della tecnologia per la diffusione di agenti in polvere e (b) la valutazione del rischio posto dalle tossine aerosolizzate e la valutazione dell’infettività del B Pseudomallei (melioidosi) in funzione delle particelle aerosol nei primati. La melioidosi ha il potenziale di svilupparsi come arma biologica ed è quindi classificata come agente bioterroristico di Categoria B. Il B Pseudomallei è stato studiato in passato dagli Stati Uniti come potenziale arma biologica.

Oltre agli esperimenti militari presso il Lugar Center, la Battelle ha già prodotto agenti bioterroristici presso il laboratorio di biosicurezza top-secret NBACC di livello 4 di Fort Detrick, negli Stati Uniti. Una presentazione del NBACC elenca 16 priorità di ricerca per il laboratorio. Questi includono la caratterizzazione di agenti patogeni classici, emergenti e geneticamente modificati per il loro potenziale come minacce biologiche; la valutazione di malattie non tradizionali, nuove e non endemiche causate da potenziali agenti di minacce biologiche; l’espansione della capacità di analisi degli aerosol per i primati non umani.

La società statunitense Metabiota Inc. si è aggiudicata 18,4 milioni di dollari in contratti federali nell’ambito del programma DTRA del Pentagono in Georgia e Ucraina per servizi di consulenza scientifica e tecnica. I servizi di Metabiota comprendono la ricerca sul campo delle minacce biologiche globali, la scoperta di agenti patogeni, la risposta alle epidemie e gli studi clinici. Metabiota è stata incaricata dal Pentagono di eseguire lavori per la DTRA prima e durante la crisi dell’Ebola in Africa occidentale e ha ricevuto 3,1 milioni di dollari (2012-2015) per il lavoro in Sierra Leone, uno dei Paesi all’epicentro dell’epidemia di Ebola.

Un rapporto del 17 luglio 2014 redatto dal Consorzio per la febbre emorragica virale ha accusato Metabiota di non aver rispettato l’accordo esistente sulle modalità di comunicazione dei risultati dei test e di aver scavalcato gli scienziati della Sierra Leone che vi lavoravano. Il rapporto sollevava anche la possibilità che Metabiota facesse crescere le cellule del sangue in laboratorio, cosa che secondo il rapporto era pericolosa, e che sbagliasse la diagnosi dei pazienti sani.

Metabiota è anche l’azienda in cui è coinvolto Hunter Biden, figlio del presidente degli Stati Uniti. Nel 2009 Christopher Heinz, figlio dell’ex vicepresidente John Kerry, ha fondato con Hunter Biden la società Rosemont Seneca Partners, che fungeva da intermediario tra le aziende e il governo degli Stati Uniti e aveva ottenuto decine di milioni di dollari di finanziamenti per conto di Metabiota. Lo stesso Biden era un azionista di Metabiota, il cui consiglio di amministrazione comprendeva persone di Rosemont. Oltre a Metabiota, Biden è stato coinvolto anche nella società energetica ucraina Burisma, di cui era membro del consiglio di amministrazione. Non viene specificato di che tipo di “ricerca” si tratterebbe, condotta congiuntamente da un’azienda biotecnologica e da un’azienda del gas. Ma sembra che Metabiota e Biden avessero ambizioni maggiori. Secondo un’e-mail inviata dal vicepresidente di Metabiota a Biden: “Come promesso, ho preparato il promemoria che fornisce una panoramica di Metabiota, del nostro coinvolgimento in Ucraina e di come possiamo potenzialmente sfruttare il nostro team, le nostre reti e le nostre idee per affermare l’indipendenza culturale ed economica dell’Ucraina dalla Russia e la sua continua integrazione nella società occidentale”.

Insetti killer

L’armamento degli insetti e la guerra biologica che li utilizza per trasmettere malattie è uno dei campi in cui il complesso militare statunitense ha investito. Il Pentagono avrebbe condotto test sugli insetti in Georgia e in Russia. Nel 2014 il Centro Lugar è stato dotato di una struttura per insetti e ha iniziato un progetto intitolato “Raising Awareness about Barcoding of Sand Flies in Georgia and Caucasus”. (Sandflies è il nome comune utilizzato nella letteratura internazionale per una grande famiglia di insetti estremamente dannosi simili alle zanzare. In Grecia, il rappresentante più comune di questa specie è il moscerino. Nella nostra area geografica questi insetti sono responsabili della trasmissione della pericolosissima malattia Kala-Azar o leishmaniosi viscerale). Il progetto ha riguardato un’area geografica più ampia della regione georgiano-caucasica. Nel 2014-2015 sono state raccolte mosche della specie Phlebotomine nell’ambito di un altro progetto “Sorveglianza delle malattie febbrili acute” e tutte le mosche della sabbia (femmine) sono state testate per determinare il loro tasso di infettività. In un terzo progetto, che prevedeva anche la raccolta di mosche della sabbia, sono state studiate le caratteristiche delle loro ghiandole salivari.

Come risultato diretto di queste indagini, la Georgia è stata infestata da questi insetti pungenti dal 2015 in ogni mese dell’anno, questo non era mai stato il comportamento tipico di queste specie in Georgia. Questi insetti pungenti vivono in ambienti chiusi, soprattutto negli scarichi domestici e normalmente la stagione dell’insetto flebotomo in Georgia è estremamente breve – da giugno a settembre. Gli abitanti della zona lamentano di essere punti da questi insetti/mosche durante tutto l’anno. Sono anche molto resistenti al freddo e possono sopravvivere anche a temperature sotto lo zero in montagna. Dal lancio del progetto del Pentagono nel 2014, mosche simili a quelle della Georgia sono apparse nel vicino Daghestan (Russia) e, secondo i residenti locali, mordono e causano eruzioni cutanee.

Le mosche della famiglia delle Flebotomine trasportano nella loro saliva pericolosi parassiti, che trasmettono pungendo l’uomo. La malattia portata da queste mosche è di grande interesse per il Pentagono. Nel 2003, durante l’invasione statunitense dell’Iraq, i soldati americani sono stati gravemente punti da mosche della sabbia e hanno contratto la leishmaniosi. La malattia è endemica in Iraq e Afghanistan e, se la forma acuta non viene trattata, può essere fatale.

Un rapporto dell’esercito americano del 1967 intitolato “Arthropods of medical importance in Asia and the European USSR” elenca tutti gli insetti locali, la loro distribuzione e le malattie che portano. Il documento elenca anche le mosche pungenti che vivono nelle fogne. Il loro habitat naturale, tuttavia, sono le Filippine, non la Georgia o la Russia.

Nell’ambito del progetto DTRA “Virus e altri arbovirus in Georgia” nel 2014 è stata rilevata per la prima volta la zanzara tropicale Aedes Albopictus, insolita per questa regione, ed è stata confermata l’esistenza della zanzara Aedes Aegypti dopo sei decenni nella Georgia occidentale. Queste zanzare tropicali Aedes Albopictus, mai viste prima in Georgia, sono state rilevate anche nella vicina Russia (Krasnodar) e in Turchia, secondo i dati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. La loro diffusione è insolita per questa parte del mondo. Le zanzare Aedes Aegupti si sono diffuse solo in Georgia, Russia meridionale e Turchia settentrionale. Sono stati individuati per la prima volta nel 2014, dopo l’avvio del programma del Pentagono presso il Lugar Center.

Attacco all’antrace

Nel 2007 la Georgia ha posto fine alla politica di vaccinazione annuale obbligatoria degli animali contro l’antrace. Di conseguenza, il tasso di morbilità della malattia ha raggiunto un picco nel 2013. Nello stesso anno, la NATO ha avviato la sperimentazione di un vaccino contro l’antrace umano presso il Lugar Center in Georgia.

L’antrace è uno degli agenti biologici che sono stati ampiamente studiati dall’esercito americano e fino agli anni ’50 l’Università dell’Iowa produceva in laboratorio e vendeva sul mercato internazionale il ceppo di Ames. Nonostante il Pentagono affermi che il suo programma è solo difensivo, ci sono prove del contrario. Nel 2016, presso il Lugar Center, gli scienziati statunitensi hanno condotto una ricerca sulla “sequenza del genoma del ceppo vaccinale sovietico/russo Bacillus anthracis 55-VNIIVViM”, finanziata dal Cooperative Biological Engagement Program della DTRA a Tbilisi e gestita da Metabiota (l’appaltatore statunitense del programma del Pentagono in Georgia).

Nel 2017, la DTRA ha finanziato un altro studio (dieci sequenze di genomi di isolati di Bacillus anthracis provenienti da uomini e animali della Georgia), condotto dall’USAMRU-G presso il Lugar Center.

Febbre

La febbre emorragica del Congo e della Crimea (CCHF) è causata dall’infezione di un virus trasmesso dalle zecche. La malattia è stata individuata e identificata per la prima volta in Crimea nel 1944 e le è stato dato il nome di febbre emorragica di Crimea. In seguito, nel 1969, è stata identificata come la causa della malattia in Congo, da cui deriva il nome attuale della malattia. Nel 2014, 34 persone (tra cui un bambino di 4 anni) sono state infettate dalla CCHF in Georgia. Tre di loro sono morti. Nello stesso anno, i biologi del Pentagono hanno studiato il virus in Georgia nell’ambito del progetto “Epidemiologia delle malattie febbrili causate dalla dengue e da altri arbovirus in Georgia”. Il progetto prevedeva l’analisi dei pazienti con sintomi di febbre e la raccolta di zecche, in quanto possibili portatori di CCHV, per le analisi di laboratorio.

La causa dell’epidemia di CCHF in Georgia è ancora sconosciuta. Secondo il rapporto del servizio veterinario locale, solo una zecca di tutte le specie raccolte nei villaggi infetti è risultata positiva alla malattia. Nonostante le autorità locali abbiano affermato che il virus è stato trasmesso all’uomo dagli animali, anche tutti i campioni di sangue degli animali sono risultati negativi. L’assenza di zecche e animali infetti è inspiegabile visto il forte aumento dei casi umani di CCHF nel 2014, il che suggerisce che l’epidemia non sia naturale e che il virus sia stato trasmesso deliberatamente.

Nel 2016, sono state raccolte altre 21.590 zecche per creare un database di DNA per studi futuri presso il Centro Lugar, nell’ambito del progetto del Pentagono “Valutazione della sieroprevalenza e della diversità genetica del virus della febbre emorragica del Crimea-Congo (CCHFV) e dei chantavirus in Georgia”.

Da dicembre 2017 sono stati segnalati 237 casi di febbre emorragica di Crimea-Congo (CCHF) anche in tutto l’Afghanistan, 41 dei quali sono stati fatali. Secondo il Ministero della Sanità afghano, la maggior parte dei casi è stata registrata nella capitale Kabul, dove sono stati segnalati 71 casi con 13 decessi, e nella provincia di Herat, vicino al confine con l’Iran (67 casi).

L’Afghanistan è uno dei 25 Paesi al mondo con laboratori biologici del Pentagono sul proprio territorio. Il lavoro in Afghanistan fa parte del programma di difesa biologica degli Stati Uniti – Cooperative Biological Engagement Program (CBEP), finanziato dal DTRA. Anche gli appaltatori del DTRA che lavorano presso il Lugar Center, CH2M Hill e Battelle, sono incaricati del programma in Afghanistan. CH2M Hill si è aggiudicata un contratto da 10,4 milioni di dollari (2013-2017). I contractor del Pentagono in Afghanistan e in Georgia sono gli stessi, così come le malattie che si diffondono tra la popolazione locale in entrambi i Paesi.

Fabbrica di armi biologiche

Le forze armate statunitensi producono e testano agenti biologici in una struttura militare speciale situata a Dugway Proving Ground (West Desert Test Center, Utah), come evidenziato in un rapporto del 2012 dell’esercito statunitense. L’impianto è supervisionato dal Comando militare di prova e valutazione.

La Life Sciences Division (LSD) di Dugway Proving Ground è incaricata della produzione di agenti biologici. Secondo il rapporto dell’esercito, gli scienziati di questa sezione producono e testano agenti biologici aerosolizzati presso il Lothar Saloman Life Sciences Test Facility (LSTF).

La Divisione Scienze della Vita è composta da un ramo di tecnologia dell’aerosol e da un ramo di microbiologia. Il ramo Tecnologia degli aerosol aerosolizza agenti biologici e simulanti. Il ramo della microbiologia produce tossine, batteri, virus e organismi che vengono utilizzati nei test in camera e sul campo.

I laboratori di fermentazione dell’Impianto Pilota per le Scienze della Vita coltivano i batteri in fermentatori che vanno da un piccolo sistema da 2 litri a un grande sistema da 1500 litri. Questi volumi non corrispondono in alcun modo alle esigenze di un “laboratorio di ricerca”, ma alla normale produzione. I fermentatori sono specificamente adattati ai requisiti del microrganismo da coltivare – pH, temperatura, luce, pressione e concentrazioni di nutrienti che danno al microrganismo tassi di crescita ottimali.

Nello stesso impianto, le forze armate statunitensi producono, possiedono e testano aerosol della tossina più letale del mondo, la neurotossina botulinica. Nel 2014, il Dipartimento della Difesa ha acquistato 100 mg di tossina botulinica da Metabiologics per testarlo a Dugway Proving Ground. Gli esperimenti risalgono al 2007, quando una quantità indeterminata di tossina è stata consegnata al Dipartimento della Difesa dalla stessa azienda, la Metabiologics.

Insetti geneticamente modificati – Virus geneticamente modificati

Il Pentagono ha investito almeno 65 milioni di dollari nell’editing genico. La nota DARPA ha incaricato 7 gruppi di ricerca di sviluppare strumenti per modificare il genoma di insetti, roditori e batteri nell’ambito del programma Safe Gene, utilizzando la tecnologia CRISPR-Cas9.

Nell’ambito di un altro programma militare, Insect Allies, gli insetti geneticamente modificati vengono ingegnerizzati per trasferire i geni modificati alle piante. Il programma della DARPA, del valore di 10,3 milioni di dollari, prevede sia l’editing genico degli insetti che dei virus che essi trasmettono. L'”ingegneria della preferenza di nicchia ecologica” è un terzo programma militare in corso per modificare il genoma degli insetti. L’obiettivo dichiarato del Pentagono è quello di ingegnerizzare gli organismi geneticamente modificati in modo che possano resistere a determinate temperature, cambiare il loro habitat e le loro fonti di cibo.

Dal 2008 al 2014, gli Stati Uniti hanno investito circa 820 milioni di dollari nella ricerca sulla biologia sintetica, con la difesa come fattore principale. La maggior parte dei programmi di biologia sintetica dell’esercito sono riservati, compresi alcuni studi riservati del gruppo segreto JASON, che ha un ruolo di consulenza per le forze armate statunitensi. JASON è un gruppo scientifico indipendente che fornisce consulenza al governo statunitense in materia di scienza e tecnologia della difesa. Fondata nel 1960, la maggior parte dei rapporti di JASON sono classificati. A fini amministrativi, i progetti di JASON sono gestiti dalla MITRE Corporation, che ha contratti con il Dipartimento della Difesa, la CIA e l’FBI. Dal 2014, MITRE ha stipulato contratti con il Dipartimento della Difesa per circa 27,4 milioni di dollari.

Sebbene i rapporti JASON siano riservati, un altro studio dell’Aeronautica militare statunitense, intitolato “Biotechnology: genetically modified pathogens” (Biotecnologia: agenti patogeni geneticamente modificati), fa luce su ciò che il team segreto JASON ha ricercato: cinque gruppi di agenti patogeni geneticamente modificati che possono essere utilizzati come armi biologiche. Si tratta di armi biologiche binarie (una combinazione letale di due virus), malattie da scambio di ospite (virus animali che “saltano” all’uomo, come il virus Ebola), virus stealth e malattie ingegnerizzate. Le malattie progettate possono essere ingegnerizzate per colpire un gruppo etnico specifico, il che significa che possono essere usate come armi biologiche etniche.

L’arma biologica etnica (arma biogenetica) è in linea di principio uno strumento teorico di guerra che mira a danneggiare principalmente individui di specifiche etnie o genotipi. Anche se ufficialmente la ricerca e lo sviluppo di armi biologiche etniche non è mai stata confermata pubblicamente, i documenti mostrano che gli Stati Uniti stanno raccogliendo materiale biologico da gruppi etnici specifici – russi e cinesi.

L’aeronautica militare statunitense sta raccogliendo speciali campioni russi di RNA e tessuto articolare, sollevando il timore di Mosca di un programma segreto di armi biologiche statunitensi. Oltre ai russi, gli Stati Uniti stanno raccogliendo in Cina materiale biologico da persone sani e da persone malate di cancro. Il National Cancer Institute ha raccolto campioni biologici da 300 persone delle città di Linxian, Zhengzhou e Chengdu in Cina. Un altro progetto federale, intitolato “Serum Metabolic Biomarker Discovery Study” per il carcinoma esofageo a cellule squamose in Cina, prevede l’analisi di 349 campioni di siero raccolti da pazienti cinesi.

Il materiale biologico cinese, tra cui saliva e tessuti tumorali, è stato raccolto nell’ambito di una serie di programmi federali. Tra questi, la genotipizzazione di campioni di DNA di casi di linfoma e di individui sani; frammenti di tessuto di pazienti affetti da cancro al seno; campioni di saliva di 50 famiglie con 3 o più casi di cancro esofageo; genotipizzazione di campioni di DNA provenienti da un ospedale oncologico di Pechino; genotipi di 3000 casi di cancro gastrico e 3000 individui sani di Pechino.

La connessione ucraina

Il DTRA ha finanziato 11 impianti di biotrattamento in Ucraina, molti dei quali situati vicino al confine con la Russia. L’Ucraina non controlla i laboratori biologici militari sul suo territorio. In base all’accordo del 2005 tra il Dipartimento della Difesa statunitense e il Ministero della Salute ucraino, al governo ucraino è vietato divulgare informazioni sensibili sul programma statunitense e l’Ucraina è tenuta a trasferire agenti patogeni pericolosi al Dipartimento della Difesa statunitense per la ricerca biologica. Il Pentagono ha accesso ad alcuni segreti di Stato ucraini in relazione ai programmi previsti dall’accordo.

Tra gli accordi bilaterali tra Stati Uniti e Ucraina c’è la creazione del Centro per la scienza e la tecnologia in Ucraina (STCU), un’organizzazione internazionale finanziata principalmente dal governo statunitense e coperta dallo status diplomatico. L’STCU sostiene formalmente progetti di scienziati precedentemente coinvolti nel programma sovietico di armi biologiche. Negli ultimi 20 anni, la STCU ha investito oltre 285 milioni di dollari per finanziare e gestire circa 1.850 progetti di scienziati che in passato hanno lavorato allo sviluppo di armi di distruzione di massa.

Uno dei laboratori del Pentagono si trova a Kharkiv, dove nel gennaio 2016 almeno 20 soldati ucraini sono morti a causa del virus influenzale in soli due giorni, mentre altri 200 sono stati ricoverati in ospedale. Il governo ucraino si è rifiutato di fare qualsiasi riferimento ai soldati ucraini morti a Kharkiv. Da marzo 2016, in Ucraina sono stati segnalati 364 decessi; l’81,3% è stato causato dall’influenza suina (H1N1), lo stesso ceppo che ha causato la pandemia globale nel 2009.

Allo stesso tempo, un’infezione altamente sospetta di epatite A si è diffusa rapidamente in pochi mesi nel sud-est dell’Ucraina, dove si trova la maggior parte dei laboratori biologici del Pentagono. Da gennaio 2018 37 persone sono state ricoverate per epatite A nella città ucraina di Mykolaiv. La polizia locale ha avviato un’indagine per “infezione da virus dell’immunodeficienza umana e altre malattie incurabili”. Tre anni fa più di 100 persone nella stessa città sono state infettate dal colera. Entrambe le malattie si sarebbero diffuse attraverso l’acqua potabile contaminata.

Nell’estate del 2017, 60 persone affette da epatite A sono state ricoverate nell’ospedale della città di Zaporizhzhya, ma la causa dell’epidemia è ancora sconosciuta.

Nella regione di Odessa, 19 bambini di un orfanotrofio sono stati trattati per l’epatite A nel giugno 2017.

Nel novembre 2017, sono stati segnalati 29 casi di epatite A a Kharkiv. Il virus è stato isolato in acqua potabile contaminata. Uno dei laboratori biologici del Pentagono si trova a Kharkiv, che un anno fa è stata accusata dell’epidemia di influenza mortale che ha causato la morte di 364 ucraini.

Nel 2011 l’Ucraina è stata colpita da un’epidemia di colera. Secondo quanto riferito, 33 pazienti sono stati ricoverati in gravi condizioni. Una seconda epidemia ha colpito il Paese nel 2014, quando più di 800 persone in tutta l’Ucraina hanno contratto la malattia. Nel 2015 sono stati registrati almeno 100 nuovi casi nella sola città di Mykolaiv. Una nuova variante altamente infettiva dell’agente del colera Vibrio cholera, con un’elevata somiglianza genetica con i ceppi segnalati in Ucraina, ha colpito Mosca nel 2014.

Il Southern Research Institute, uno degli appaltatori statunitensi che lavorano ai laboratori biologici in Ucraina, ha programmi per il colera, l’influenza e il virus zika, tutti agenti patogeni di importanza militare per il Pentagono.

Oltre al Southern Research Institute, altre due società private americane gestiscono laboratori biologici militari in Ucraina, la Black & Veatch e la Metabiota. Black & Veatch si è aggiudicata contratti per 198,7 milioni di dollari dal DTRA per la costruzione e la gestione di laboratori biologici in Ucraina (nell’ambito di due contratti quinquennali nel 2008 e nel 2012), oltre che in Germania, Azerbaigian, Camerun, Tailandia, Etiopia, Vietnam e Armenia.

Metabiota si è aggiudicata un contratto federale da 18,4 milioni di dollari nell’ambito del programma in Georgia e Ucraina. Questa società statunitense è stata anche incaricata di eseguire lavori per il DTRA prima e durante la crisi di Ebola in Africa occidentale e ha ricevuto 3,1 milioni di dollari (2012-2015) per il lavoro in Sierra Leone.

Il Southern Research Institute è il principale subappaltatore del progetto DTRA in Ucraina dal 2008. In passato, l’azienda è stata anche un appaltatore principale del Pentagono nell’ambito del programma di armi biologiche degli Stati Uniti per la ricerca e lo sviluppo di agenti biologici nell’ambito di 16 contratti tra il 1951 e il 1962.

Progetto GG-21 + Progetto UP-8: tutti i decessi di volontari saranno segnalati immediatamente

Tra i progetti più recenti lanciati dal Pentagono nelle ex repubbliche sovietiche della Georgia e dell’Ucraina vi sono il Progetto GG-21 e il Progetto UP-8. Il primo riguarda la Georgia, ha una durata di 5 anni con una possibile estensione fino a 3 anni, e si intitola “Arthropod-borne and zoonotic infections among military personnel in Georgia”. Secondo la descrizione del progetto, verranno prelevati campioni di sangue da 1.000 reclute militari al momento dell’esame fisico per la registrazione militare presso l’ospedale militare georgiano di Gori. I campioni saranno analizzati per la ricerca di anticorpi contro quattordici agenti patogeni: bacillus anthracis, brucella, virus CCHF, coxiella burnetii, francisella tularensis, hantavirus, rickettsia, virus TBE, bartonella, borrelia, ehlrichia, leptospira, salmonella typhi, WNV.

Secondo il contratto del progetto, la quantità di sangue da prelevare è di 10 ml. I campioni sono conservati a tempo indeterminato presso il Lugar Center o le strutture militari dell’USAMRU-G, e i campioni isolati possono essere inviati al quartier generale del Walter Reed Army Institute of Research negli Stati Uniti per futuri studi di ricerca. Il WRAIR è la più grande struttura di ricerca biomedica gestita dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. I risultati degli esami del sangue non saranno comunicati ai partecipanti allo studio.

Un tale processo, in circostanze normali, non può causare la morte. (A meno che le condizioni non siano normali o il processo sia diverso da quello mostrato). Tuttavia, secondo il rapporto del progetto, “tutti i decessi dei volontari saranno segnalati immediatamente (di solito entro 48 ore dalla notifica dello sperimentatore)” all’ospedale militare della Georgia e al WRAIR. I campioni di sangue dei soldati saranno conservati e ulteriormente analizzati presso il Lugar Center.

I documenti disponibili pubblicamente nel registro dei contratti federali degli Stati Uniti mostrano che l’USAMRU-G sta espandendo le sue attività ad altri alleati degli Stati Uniti nella regione e sta “creando infrastrutture di spedizione” in Bulgaria, Romania, Polonia e Lettonia, oltre che in Georgia e Ucraina. Il prossimo progetto dell’USAMRU-G, che prevedeva test biologici sui soldati, doveva iniziare a marzo di quest’anno presso l’ospedale militare bulgaro di Sofia.

Il DTRA ha finanziato un progetto simile che coinvolge i soldati in Ucraina con il nome in codice UP-8: “La diffusione del virus della febbre emorragica di Crimea-Congo (CCHF) e dei chantavirus in Ucraina e la possibile necessità di una diagnosi differenziale nei pazienti con sospetta leptospirosi”. Il progetto è iniziato nel 2017 ed è stato ripetutamente esteso fino al 2020, secondo i documenti interni.

Secondo la descrizione del progetto, verranno raccolti campioni di sangue da 4.400 soldati sani a Lviv, Charkiv, Odessa e Kiev. 4.000 di questi campioni saranno analizzati per verificare la presenza di anticorpi contro i chantavirus e 400 di essi per verificare la presenza di anticorpi contro il virus della febbre emorragica della Crimea-Congo (CCHF). I risultati delle analisi del sangue non saranno comunicati ai partecipanti allo studio.

Non ci sono informazioni su quali altre procedure saranno attuate, tranne che “gli incidenti gravi, compresi i decessi, devono essere segnalati entro 24 ore”. Tutti i decessi di soggetti dello studio che si sospetta o si sa essere collegati alle procedure di ricerca devono essere segnalati ai comitati di bioetica negli Stati Uniti e in Ucraina”. Aumenta la preoccupazione per i potenziali decessi dovuti a un singolo “prelievo di sangue”.

Un segnale di pericolo dal passato

Impensabile non significa impossibile. L’esperienza degli ultimi anni dovrebbe avercelo insegnato, quando la situazione di emergenza ha smesso di essere l’eccezione ed è diventata la regola. E sarebbe un’ingenuità suicida per ognuno di noi “rassicurarsi” dietro l’aspettativa di aver consumato più della nostra parte di miseria nella storia. La sorpresa per come le cose che viviamo siano “ancora” possibili nel XXI secolo non è una difesa per nulla. Nemmeno lo stupore di fronte alle armi biologiche e a come sia possibile che alcune milizie stiano attualmente lavorando a piani sullo spettro della guerra biologica fermerà qualcosa.

Le prove dimostrano che almeno una “superpotenza” non ha smesso di ricercare e sviluppare armi biologiche negli ultimi decenni e ha intensificato i suoi sforzi negli ultimi anni. Nell’arena della competizione intracapitalistica, il solo sospetto che gli agenti patogeni vengano armati e possano essere già stati utilizzati sarebbe sufficiente a scatenare una corsa agli armamenti biologici. Non si tratta più solo di sospetti, quindi è del tutto plausibile che non siano solo gli Stati Uniti ad aver investito nelle capacità belliche delle biotecnologie.

Il solo pensiero di un nemico invisibile, potenzialmente in grado di sopraffare intere popolazioni senza possibilità di reazione, potrebbe essere paralizzante e portare facilmente a una volontaria sottomissione ai dettami delle autorità, come è accaduto con la pandemia. Ma questo atteggiamento, di paralisi-arrendevolezza, non è mai stato la misura della storia.

Alcuni decenni fa l’Europa era animata dal movimento contro le armi nucleari, sia per uso bellico che per uso “pacifico”. Quel movimento non aveva un avversario più facile, né le conseguenze potenziali sarebbero state minori se la terza guerra mondiale “fredda” fosse fallita. Nonostamte questo, il movimento antinucleare è riuscito nei momenti critici a porre fine ai piani nucleari e ha impedito al continente europeo di trasformarsi in una vasta piattaforma di lancio di missili nucleari. Non sappiamo se oggi avremmo il lusso di discutere e riflettere sulle conseguenze di una guerra biologica se non fosse stato per quel movimento, sostituito da una massa di persone paralizzate dalla paura. Questo è il segnale di pericolo, ma anche il chiaro monito che il passato ci invia. Altrimenti saranno gli scarafaggi a occuparsi della stesura dell’epilogo e probabilmente non saranno gentili nel criticare la nostra specie…

Hurry Tuttle
Dalla rivista greca Cyborg, numero 24, giugno 2022, Atene https://www.sarajevomag.net/cyborg/cyborg.html
Testo tradotto dal greco con traduttore automatico e rivisto

Appendice

L’epatite A ha causato un’epidemia inspiegabile nel sud-est dell’Ucraina, dove si trova la maggior parte dei laboratori biologici del Pentagono. Nel 2011, 33 persone sono state infettate dal colera in Ucraina. L’epidemia è ripresa nel 2014, quando a più di 800 ucraini è stata diagnosticata la pericolosa malattia. Nel 2015, a Nikolaev sono stati registrati più di 100 nuovi casi di infezioni da colera.

Uno dei progetti di Battelle è stato il Project Clear Vision, dal 1997 al 2000. In base a un contratto assegnato dalla CIA alla Battelle, quest’ultima ha ricostruito e testato una bomba all’antrace di epoca sovietica per verificarne le caratteristiche di proliferazione. L’obiettivo dichiarato del progetto era quello di valutare le caratteristiche di diffusione degli agenti biologici utilizzando le bombe.

0,29 dollari a morte. Un rapporto dell’esercito americano del 1981 ha confrontato due scenari – 16 attacchi simultanei a una città da parte di zanzare Aegupti infettate con la febbre gialla e un attacco con aerosol di tularemia – e ne ha valutato l’efficacia in termini di costi e vittime. Più alto è il numero di vittime, più basso è il numero di morti.

I laboratori di guerra biologica non sono l’unico collegamento tra Stati Uniti e Ucraina. Nel giugno 2021, pochi mesi prima della guerra, una squadra congiunta del Laboratorio medico della 1a area e di Fort Detrick era in Ucraina per condurre esercitazioni congiunte con l’esercito ucraino.

Secondo il sito ufficiale dell’esercito americano: “Jangwoo Lee, capo del 1° AML per la valutazione delle malattie endemiche e della guerra biologica, ha dichiarato che i soldati statunitensi hanno sostenuto la creazione di un’unità mobile di diagnosi biologica del Ministero della Difesa ucraino. L’iniziativa di formazione della Defense Threat Reduction Agency (DTRA) degli Stati Uniti si è concentrata sui test diagnostici di reazione a catena della polimerasi e sull’identificazione in loco degli agenti biologici.

Lee ha detto che le truppe statunitensi hanno tenuto lezioni di formazione, addestramento pratico ed esercitazioni sul campo con le truppe ucraine in ambienti di laboratorio e sul campo…

Il 1st Area Medical Laboratory fa parte del 20th Chemical, Biological, Radiological, Nuclear, Explosives (CBRNE) Command, l’unico quartier generale multifunzionale del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti che si occupa di tutti i rischi… Il laboratorio unico dell’Esercito degli Stati Uniti è stato spesso impiegato a sostegno delle operazioni militari, compreso lo sforzo del 2014-2015 per contenere l’epidemia di Ebola in Africa occidentale…

Secondo il comandante del 1° AML, la recente missione di addestramento ha permesso al suo comando di stringere un rapporto più forte con gli operatori sanitari ucraini. In quanto risorsa preziosa sul campo, è imperativo che la 1a AML sia pronta a lavorare con i nostri partner comuni e alleati. Formazioni come questa offrono una grande opportunità di collaborazione professionale e di costruzione di relazioni. Queste opportunità aiutano anche a sviluppare una comprensione scientifica condivisa delle capacità e di come possiamo supportarci a vicenda sul campo”.

In altre parole, l’élite americana della guerra biologica ha condotto esercitazioni congiunte con l’esercito ucraino, essenzialmente il primo addestrando il secondo, per migliorare la cooperazione tra gli alleati e trovare il modo di sostenersi a vicenda sul campo.

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ICGEB: La sovranità della scienza al di sopra di tutto

È ormai di qualche mese la notizia che il governo italiano ha conferito piena immunità e inviolabilità al Centro Internazionale per l’ingegneria genetica e la biotecnologia (ICGEB) di Trieste e al personale di ricerca in esso presente. Lo Stato italiano si è impegnato ad elargire un finanziamento annuo di 10 milioni di euro e l’utilizzo gratuito di circa 8000 metri quadrati di suolo ed edifici.
L’ICGEB  nasce nel 1983 come progetto dell’Organizzazione Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (Unido), diventando successivamente nel 1994 un’Organizzazione Internazionale autonoma che riunisce 65 Stati membri, con collaborazioni di settore come la Fondazione Bill e Melinda Gates, la New England Biolabs (attiva in ricerche in campo biotecnologico) e la Genethon, azienda leader nel campo della terapia genica. ICGEB ha svariati laboratori nel mondo ed è strettamente legato all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite di cui condivide la visione sulle prossime emergenze.
I segreti ben custoditi dell’ICGEB  evidentemente non sono il tipo di ricerche portate avanti, ma come queste effettivamente sono realizzate. Nel sito internet dell’ICGEB  si può leggere che “i programmi di ricerca comprendono progetti scientifici di base come il controllo dell’espressione genica, la replicazione del dna, la riparazione del dna e l’elaborazione dell’RNA, studi su virus umani quali HIV, HPV e rotavirus, immunologia molecolare, neurobiologia, genetica molecolare, ematologia sperimentale e terapia genica umana. I programmi di ricerca di ciascun Gruppo sono periodicamente valutati attraverso visite in loco che coinvolgono panel internazionali di scienziati con competenze specifiche nei rispettivi campi, le cui raccomandazioni sono riportate al Consiglio Scientifico ICGEB. Le attività di ricerca dei laboratori ICGBE Trieste sono supportate anche da un gran numero di sovvenzioni concesse da varie agenzie di finanziamento internazionali”.
Negli ultimi anni di dichiarata pandemia nomi come Wuhann o Forth Dick ci sono diventati noti, come si voleva che fossero noti: eccezionalità nel mondo della ricerca o “super laboratori”, laboratori classificati fino a quattro punti che ne descrivono l’altissimo livello di pericolosità. I punteggi, assegnati dai loro stessi organi di controllo,  non sono un reale metro di valutazione e anche le diciture come “super laboratorio” servono solo a confondere e a far trasferire l’attenzione sui contorni al fine di creare un susseguirsi di interrogativi che non potranno mai essere soddisfatti. Questi laboratori invece sono reali e concreti e portano avanti esperimenti utilizzando le tecniche di ingegneria genetica. Nel mondo se ne contano circa una sessantina sparsi soprattutto nei paesi del Sud del mondo. Cosa avviene precisamente al loro interno è un mistero, sappiamo però che con l’aiuto dell’ingegneria genetica si ricombinano virus,  molti di questi spariti da tempo dalla circolazione.  Senza aver paura di esagerare possiamo affermare che in nome della difesa da una possibile “Guerra biologica” se ne preparano continuamente in laboratorio, ovviamente a livello preventivo verso possibili minacce future.
 Abbiamo ormai compreso che la pace si prepara con lo stoccaggio continuo di armi atomiche in grado di distruggere più volte il pianeta e lo stesso avviene con le armi biologiche: tutti le aborrono e tutti ci lavorano, spesso in grande collaborazione con il fine unico ovviamente della pace. Basti pensare al laboratorio di Wuhan dove esisteva una fitta rete di relazioni tra Cina, Stati Uniti, Francia e altri paesi. Abbiamo visto l’esistenza di decine di questi laboratori in Ucraina sotto stretta vigilanza del pentagono, ben poco è uscito sugli esperimenti condotti, probabilmente questo avrebbe messo in imbarazzo il denunciante stesso, che avrebbe dovuto dire qualcosa sui propri di laboratori non necessariamente militari e segreti, ma anche presenti in qualche rinomata struttura universitaria.  
La rivista di settore statunitense Fierce Pharma già il 9 Dicembre 2013 scriveva: “l’azienda biotecnologica Pfizer ha firmato un contratto 7,7 milioni con Darpa”. Il Pentagono incarica Pfizer di “ripensare radicalmente lo sviluppo dei vaccini. Ciò che l’agenzia Darpa ha rivelato implica che vuole accorciare i tempi di risposta alle minacce di pandemie o di bioterrorismo eliminando molti dei passaggi attualmente necessari per conferire l’immunità”. In una circolare sui contratti in vigore all’epoca, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha dichiarato a questo proposito: “Pfizer condurrà un programma di ricerca e sviluppo finalizzato alla messa a punto di una piattaforma tecnologica in grado di identificare gli agenti patogeni emergenti direttamente in un individuo infetto o esposto e di produrre successivamente anticorpi protettivi nel suo organismo”.
Ma senza la tecnica di “chirurgia genetica” o “gene editing”, per la quale nel 2012 è stato assegnato il premio Nobel a due scienziate, la piattaforma a mRNA per i sieri genici non sarebbe stata possibile. Il sistema, chiamato CRISPR/Cas9, sviluppato per la modificazione di vegetali, di animali da allevamento e da laboratorio e per le terapie geniche, consente di apportare modifiche alle sequenze genetiche con maggiore precisione, velocità, risparmio e apre alla possibilità di modificare geneticamente la linea germinale umana con modificazioni genetiche trasmissibili di generazione in generazione.
Se si pensasse alla ricerca pubblica come ad un possibile argine verso l’irrefrenabile messa in opera della piattaforma biomedicale, significa ancora una volta non comprendere che ci sono direzioni nella ricerca scientifica che non si possono imbrigliare, immancabilmente varrà il solito mantra tecno-scientifico: se tecnicamente è possibile si farà. Con queste formule di pensiero ci siamo ritrovati nella situazione attuale, si è confuso il sapere con la competizione e la corsa scientifica attuale, capitanata dalle bio-nanotecnologie è sempre verso bio-armamenti, che possono essere più  micidiali in tempi di pace che di guerra, come ci ha insegnato il Sars-Cov2.
Ricordiamo la conferenza di Asilomar del 1975 in cui i ricercatori discutevano di regolamentazioni e di porre dei limiti alle ricerche di ingegneria genetica sul DNA ricombinante. Ma regolamentare significa di fatto legittimare quelle pratiche e sviluppi tecno-scientifici ponendo dei limiti che man mano saranno eliminati. Regolamentare per dare una parvenza di tutela, per aspettare un accettazione sociale di determinati sviluppi o che essi penetrino nel quotidiano fino a normalizzarsi. Fermare le tecnologie di ingegneria genetica, quei laboratori in cui vengono sviluppate e fermare i processi che ne seguono invece significa fermare tutto quel mondo.
In questa particolare fase della dichiarata pandemia, non importa se in declino, molte altre ne verranno hanno assicurato a Davos e di riporto i vari ministri italiani, ecco arrivare in Italia un nuovo laboratorio pronto per i tempi che verranno. Ovviamente questo centro si impegnerà anche per il Covid 19, come non potrebbe visto che milioni di persone solo in Italia si sono inoculate un siero sperimentale a mRNA frutto dell’ingegneria genetica e considerando che si tratta di un centro internazionale volto a sviluppare l’ingegneria genetica e le biotecnologie.  La notizia della sua nascita è uscita quasi per caso tramite la Gazzetta Ufficiale del 16 Giugno “Ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Centro internazionale per l’ingegneria genetica e la biotecnologia (ICGEB) relativo alle attività del Centro e alla sua sede situata in Italia”.
Troviamo inutile e fuorviante dilungarci sui misteri che avvolgono questo centro, ne sappiamo già abbastanza per essere fortemente critici verso queste strutture con il loro personale internazionale ben pagato e protetto da qualsiasi cosa questi possano realizzare e anche dalle possibili conseguenze. Interroghiamoci su come questo centro non si ponga difficoltà a livello economico, cosa che fanno praticamente tutti i centri di ricerca, evidentemente ha un budget a disposizione che non possiamo neanche immaginare. Questo ci fa pensare al Darpa che rappresenta la ricerca militare negli Stati Uniti e che ha a disposizione fondi illimitati sia per proprie ricerche che possono essere robot a quattro zampe o nuovi pericolosissimi virus ricombinati, sia per finanziare anche altri progetti di suo interesse nel mondo come per esempio le zanzare OGM di Crisanti.
Quello che si sta velocizzando è un tipo di ricerca per tempi di “emergenza”, il nuovo mondo che si va a delineare che corre con la rete 5G  prepara la sua piattaforma digital-sanitaria. Il centro di Trieste, che siamo sicuri rappresenterà solo un inizio di quello che vedremo fiorire nel fù bel paese, da la traccia di quello che ci attende e dovrebbe anche indicare la strada a chi vuole opporsi al paradigma bionanotecnologico e cibernetico. Ecco la visione, quella che ci viene posta come tale da questo centro: “Essere l’organizzazione intergovernativa a livello mondiale per la ricerca, la formazione e il trasferimento tecnologico nel campo delle scienze della vita e delle biotecnologie”. E continuando: “Combinare la ricerca scientifica con il potenziamento delle capacità, promuovendo così uno sviluppo globale sostenibile”. L’obiettivo è “conciliare il progresso economico globale con la giustizia sociale e la conservazione delle risorse naturali”. In questa direzione “I paesi in via di sviluppo, le economie emergenti e le nazioni industrializzate devono fare la loro parte per garantire il successo dell’Agenda 2020-2030. […] L’obiettivo finale è responsabilizzare gli Stati membri dell’ICGEB nell’uso degli ultimi sviluppi scientifici e aiutare i membri ad applicare moderne soluzioni biotecnologiche per porre fine alle malattie e raggiungere la sicurezza alimentare ed energetica, promuovendo nel contempo lo sviluppo del capitale umano attraverso l’istruzione, la formazione e la fornitura di pari opportunità per tutti”.
Questo linguaggio, che non ha niente a che vedere con quello che sarebbe da aspettarsi per l’insediamento di una nuova cittadella scientifica, è frutto del nuovo paradigma totalitario e sostenibile allo stesso tempo. Si inaugura non un semplice centro di ricerca, ma quella visione fluida di uno Stato piattaforma, dove la salute delle persone e la salvaguardia del pianeta passano dalle tecno-scienze e qui scompaiono per dare priorità alla biotecnologia avanzata.
Siamo fiduciosi  che l’ecologismo denunci  la falsa sostenibilità di queste ricerche, che gli animalisti denuncino le atroci torture effettuate sugli animali, che gli attivisti contro i sieri genici denuncino il paradigma di ingegneria genetica e soprattutto che l’attivismo contro il green pass riconosca il messaggio a livello nazionale dato da questo insediamento.
Il ruolo di questo centro va calato nel contesto che lo ha reso prima necessario e dopo voluto come necessità ineluttabile. Non criticare adesso e con forza questi insediamenti ci lascerà impreparati alla nuova riconfigurazione sociale e biologica introdotta sui nostri corpi che si va realizzando nella crescente rapidità emergenziale. Il paradigma biotecnologico va rifiutato e combattuto nella sua totalità,  prima di diventare anche noi deboli e sterili monocolture OGM disponibili per il tecno-totalitarismo. A monte  rigettiamo ogni tecnica di ingegneria genetica e l’idea di mondo e di essere umano che portano e comportano con la consapevolezza che non è possibile nessun tipo di regolamentazione. Rimettiamo al centro l’indisponibilità dei corpi e del vivente.

Invitiamo tutte e tutti ad una grande mobilitazione che riporti l’attenzione la dove la si vuole spostare e tessendo il necessario filo conduttore tra tutte le emergenze che hanno preparato e prepareranno.

Resistenze al nanomondo, Ottobre 2022, Bergamo
www.resistenzealnanomondo.org

Testo in pdf:

Benvenuti a Pesaro nella nuova “stalla” biotecnologica

Il Comune di Pesaro ha autorizzato la vendita di un terreno pubblico per la creazione di un laboratorio di bio-sicurezza (BSL3) di livello 3 che sarà gestito dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Togo Rosati dell’Umbria e delle Marche (IZSUM).
Si legge, nella delibera approvata in questi giorni, che l’Istituto Zootecnico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche “ha manifestato l’intenzione di comprare mediante trattativa privata diretta altri terreni di proprietà comunale, in adiacenza a quelli di sua proprietà, siti in località Torraccia tra via Furiassi e via Grande Torino al fine di implementare la sede locale attraverso: la creazione di un laboratorio di bio-sicurezza (BSL3), ossia una struttura in grado di garantire sperimentazioni e manipolazioni – in vivo e in vitro – di agenti virali pericolosi per la salute animale e dell’uomo di massima sicurezza e contenimento biologico; la realizzazione di stalle contumaciali per la stabilizzazione di grandi e piccoli animali in grado di garantire misure di bio-contenimento e bio-sicurezza nei confronti degli agenti infettivi”.
Già nel 2018 vi era stata una vendita di un terreno comunale di tremila metri quadrati per 260 mila euro e attualmente è prevista quest’altra vendita di 12mila metri quadrati per 500 mila euro, benché la stima fosse di 700mila, ed è in quest’ultimo terreno che si insedierà il nuovo Biolaboratorio. Dalla vendita di questo terreno le casse comunali andranno a rimpinguarsi e l’Istituto Zooprofilattico potrà mettere in campo il finanziamento di 4 milioni di euro che ha avuto dai fondi provenienti sembra dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ma potrebbero esserci anche altri finanziatori, adesso e in futuro, considerando gli indirizzi della ricerca che ufficialmente verrà portata avanti.
L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche è un’azienda sanitaria pubblica che opera nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, garantendo per queste regioni prestazioni tecno-scientifiche in materia di igiene e sanità pubblica veterinaria. Già nel 1995, con due distinti decreti del Ministero della Sanità, l’Istituto aveva avuto il riconoscimento di “Centro di Referenza Nazionale per la Leucosi Bovina Enzootica e per lo studio e la diagnosi delle Pesti Suine”. Una successiva denominazione ha classificato questi laboratori come “Centro di referenza nazionale per lo studio dei retrovirus correlati alle patologie infettive dei ruminanti” e come “Centro di referenza nazionale per lo studio delle malattie da pestivirus e da asfivirus”.
Nel sito internet dell’Istituto si legge: “Compito dell’Istituto, inoltre, è svolgere attività di ricerca, sia collegata alle tradizionali attività diagnostiche che nel campo dell’igiene degli alimenti e delle produzioni zootecniche, ed intrattenere rapporti di collaborazione tecnico-scientifica con istituzioni di ricerca nazionali ed internazionali. L’Istituto è autorizzato dal Ministero alla Sanità alla produzione, commercializzazione e distribuzione di vaccini e presidi diagnostici occorrenti per la lotta contro le malattie infettive e per le attività di sanità pubblica veterinaria. L’Istituto è anche in condizione di svolgere un importante ruolo professionale e scientifico in settori d’interesse emergente, quali la difesa dell’ambiente, la tutela faunistica, il monitoraggio degli ecosistemi terrestri e marini, la contaminazione ambientale ed il benessere animale. Di notevole rilievo è il compito, di recente affidato all’Istituto dalla Regione Umbria con il Piano Sanitario 1999-2001, di realizzare un sistema informatizzato in rete, che lo colleghi alle Sezioni provinciali, alla Regione ed alle Aziende Sanitarie Locali e che rappresenta la base infrastrutturale per la costituzione dell’Osservatorio Epidemiologico Veterinario (O.E.V.)”.
La notizia dell’imminente nascita di questo centro si è diffusa dopo l’indignazione degli abitanti delle zone limitrofe a dove dovrebbero sorgere i laboratori, considerando, a poche centinaia di metri, le case, i giardini pubblici, un fiume, ma soprattutto considerando il ricordo ancora vivo di un laboratorio cinese di nome Wuhan. Come prevedibile le istituzioni si sono affrettate a rassicurare tramite i giornali locali sui livelli di sicurezza del nuovo IZSUM, sbagliando però questa volta argomento, visto che è proprio il livello alto di protezione 3 del laboratorio a preoccupare le persone, considerando che Wuhan era di livello 4.
Il mese passato l’assessore Riccardo Pozzi entrando nel merito della delibera per la prossima realizzazione del centro di ricerca descriveva quest’ultimo come un punto di riferimento per l’intero centro Italia, contraddicendosi però nelle settimane successive quando dichiarava “zero rischi e zero esperimenti”, continuando a considerare il centro come una grande opportunità per la città di Pesaro. Ormai ci stiamo abituando a determinate descrizioni che trasformano startup e centri di ricerca in vere e proprie possibilità sociali, come se venissero realizzati una biblioteca o un parco per far uscire i bambini dall’asfalto. Strutture spesso poi realizzate per controbilanciare attività non gradite dalla popolazione, non stupirebbe che una parte dei 200 mila euro risparmiati dall’acquisto del terreno venisse reinvestita in progetti “ecosostenibili ed inclusivi” per la cittadinanza, come già si è visto in altre situazioni simili accontentando così tutti e garantendo il seguito elettorale dei rappresentanti istituzionali.
Un centro di ricerca sperimentale diventa così un luogo dove non si fanno sperimentazioni e manipolazioni, un luogo che dà lavoro alla comunità come se ci fossero biotecnologi e nanotecnologi con il reddito di cittadinanza o in fila al Centro per l’impiego. Poco più di una “stalla” a sentire il signor Caputo, direttore dell’Istituto, che parla di innocue quarantene per animali colpiti da malattie virali e batteriche.
La realizzazione di un laboratorio simile va situata nell’attuale momento che stiamo vivendo: è in corso un’accelerazione del paradigma tecno-scientifico e le bionanotecnologie si insinuano nel mondo facendosi “ambiente” apprestandosi ad accompagnare l’intera nostra esistenza. Non ci stupisce che in questo caso si parta dalla salute veterinaria, ma non deve farci illudere che l’aspetto non ci riguardi: ci attende un’esistenza zootecnica, tutto va in quella direzione, se il mondo si fa laboratorio a noi ci attende lo stabulario.
Nel 2020, in piena dichiarata emergenza sanitaria, gli Stati Uniti hanno trasferito dall’Egitto alla Sicilia all’interno della base militare di Sigonella il NAMRU3 (Naval Medical Resarch Unit), un laboratorio di livello 3 della Marina Militare che conduce ricerche su virus e batteri, ma in particolare su malattie enteriche, infezioni acute respiratorie, epatiti, tubercolosi, meningiti, fino all’HIV e a varie infezioni da parassiti che potrebbero rappresentare un grave problema sanitario. Il trasferimento del quartiere generale del centro di ricerca nel cuore della Naval Air Station di Sigonella – realizzato con evidente fretta, considerando che era presente in Egitto dal 1945 – è stato giustificato dal fatto che risulta “Il luogo più ideale per le operazioni, poiché l’Hub of the Med risulta geograficamente centrale rispetto ai tre comandi di combattimento che il centro di ricerca deve supportare: il comando centrale (Centcom), il comando europeo (Eucom) e il comando africano (Africom)”. Tra l’altro questo trasferimento era stato deciso ben prima della dichiarata pandemia, evidentemente la chiaroveggenza che contraddistingue i militari li ha spinti a tirarsi avanti e a mettere base dove occorre.
L’aspetto della ricerca militare non dovrebbe portare a pensare che in questi centri si concentri il “segreto” di inconfessabili ricerche. Questo è l’aspetto che si vive dall’esterno, quello che si dà. La realtà è però ben più complessa, il concentrarci sul drone che protegge dall’alto il NAMRU distoglie la nostra attenzione su quello che avviene in quella che è stata chiamata “poco più di una stalla per animali infetti” come il nascente Istituto Zooprofilattico di Pesaro che è stato classificato di livello 3. Ricerche e centri di questo livello, evidentemente strutturati per un’esistenza di emergenza perenne, non fanno distinzione tra militare e civile. Anche da una “semplice stalla sperimentale” può uscire quello che occorre a condire una nuova arma batteriologica della NATO, perché ormai dovremmo averlo compreso, in tempi di emergenza tutto può accadere e le nostre previsioni e analisi più pessimiste spesso non eguagliano quello che effettivamente può essere messo in pratica. Il motivo è molto semplice, il sentire comune fa riferimento ai trattati, alle regole strettissime che sono un’infinità e a tutti i vari comitati bioetici, ma la realtà è che costoro non ragionano in questi termini, non vi è un rischio-beneficio da calcolare, ma un unico beneficio per i loro interessi e possiamo su questo essere certi che passeranno sopra ogni cosa pur di attuarli. Esistono anche i Manuali di Biosicurezza molto dettagliati e precisi, sulla carta, dove si interrogano su quello che può essere un “rischio accettabile”. Cosa significa questo, cosa può essere ritenuto “accettabile”? Che eventuali virus si disperdano nei quartieri e non raggiungano il fiume? O che il problema non vada oltre la cittadina? Questo ricorda determinati documenti che giravano durante la realizzazione della linea TAV nel Mugello dove venivano fatte anche le stime dei morti che ci sarebbero stati nella realizzazione dei lavori. Ma se invece di pensare sempre agli effetti ultimi non si iniziasse a puntare la riflessione e lo sguardo verso il principio, dove tutto nasce, allora gli interrogativi potrebbero essere perché risparmiare dieci minuti di viaggio e perché incrementare l’ingegneria genetica e la biologia sintetica anticamera della guerra batteriologica?
I manuali di biosicurezza sono scritti da chi dovrà essere controllato da quelle misure di sicurezza, perché sono loro gli esperti e i detentori di quel sapere tecno-scientifico, sono loro gli stessi promotori e fautori dei processi in corso. Poi, quando avviene un disastro, gli abitanti sono chiamati a diventare co-gestori e amministratori attivi e responsabili dello stesso disastro, come a Fukushima dove la popolazione aveva imparato ad automisurarsi i propri livelli di contaminazione radioattiva.
A Trieste il Centro Internazionale per l’Ingegneria Genetica e Biotecnologia (ICGEB) di livello 3 nei mesi scorsi ha ricevuto dal governo italiano piena immunità e inviolabilità per il personale di ricerca e per quello che viene portato avanti all’interno dei suoi laboratori. Da quel momento non sono più tenuti a riferire sullo sviluppo delle loro ricerche di ingegneria genetica, ricerche che sono incentrate, come si legge dalla pagina del Centro, su “controllo dell’espressione genica, replicazione del DNA, riparazione del DNA, elaborazione dell’RNA; studi su virus umani quali HIV, HPV e rotavirus, immunologia molecolare, neurobiologia, genetica molecolare, ematologia sperimentale e terapia genica umana”. Nella sezione di sicurezza di livello 3 viene studiato anche il SARS-CoV-2 insieme ad altri agenti patogeni.
Nell’affrontare le tecnologie di ingegneria genetica e le nanotecnologie il pensiero è sempre diretto verso effetti avversi e possibili incidenti considerati come non voluti, ma quando si tratta di tali sviluppi gli effetti collaterali e gli incidenti sono sempre disastri annunciati che serviranno poi a velocizzare e a normalizzare altri passaggi. La vera preoccupazione dovrebbe andare invece verso quello che volutamente e con rigore scientifico stanno mettendo in campo e contro l’intero paradigma di ingegneria genetica e bionanotecnologia. All’Inserm di Lione in simili laboratori si sta tentando la fusione del virus dell’aviaria con quello dell’influenza A allo scopo di cercare possibili antidoti. Apparentemente buone intenzioni, ma quali temibili agenti patogeni ricombinanti potrebbero venir fuori? Dobbiamo sperare che prevalga il principio di Ippocrate invece che quelli del generale Caster?
Uno sguardo verso altre situazioni che si occupano di ricerca genetica (e di vivisezione sugli altri animali) come la Fondazione Telethon – che tra l’altro raccoglie ogni anno milioni di euro per rarissime malattie, considerando che i sempre più comuni tumori non rendono abbastanza – aiuta a comprendere cosa sia un biolaboratorio di livello 3. In questo modo descrivono le attività in uno di questi laboratori: “Tutti i microrganismi a elevato potenziale patogeno, capaci cioè di provocare malattie gravi o per le quali non vi sono ancora contromisure, devono essere manipolati in laboratori ad alto livello di biosicurezza. Il laboratorio di biosicurezza livello 3 (BSL3) dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) permette l’isolamento, la manipolazione e lo studio di organismi patogeni in elevate condizioni di sicurezza sia per l’operatore che per la comunità”. Ad ascoltare le parole del signor Caputo all’interno del nuovo Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Pesaro non si manipolerebbe nulla, nessun esperimento significativo, quindi quelle decine di ricercatori e cervelli in fuga che avremo preferito proseguissero la corsa si limiterebbero a seviziare gli animali con qualche prelievo di sangue e test di routine nelle “stalle sperimentali” da quattro milioni di euro. Ma quello che faranno sui corpi degli animali sarà ben altro, l’uso strumentale del termine “sperimentazione” nasconde l’atroce verità della vivisezione.
Non c’è distinzione tra laboratori che lavorano per “difendere” dalle minacce biologiche e quelli che le sviluppano. Innanzitutto dalla minaccia biologica all’arma biologica il passaggio è breve e “non c’è alcuna differenza sostanziale: fanno esattamente lo stesso lavoro. Quando un laboratorio biologico studia una minaccia, ad esempio un virus mutato, sia che lo faccia per prevenirla o per metterla in campo, deve fabbricare la minaccia. […] Nel momento in cui inizia la produzione di massa, la distinzione tra la ricerca per la prevenzione o per la diffusione non esiste più”1.
Pensiamo sia importante dare uno sguardo complessivo a quello che sta avvenendo, questi biolaboratori stanno proliferando ovunque nel mondo anche, e soprattutto, quelli di livello 4. Non sempre è chiaro quante strutture esistano, che cosa realmente facciano e soprattutto quanto materiale altamente pericoloso sia in circolazione. E quando questi laboratori sono situati dentro basi americane come a Sigonella le sorprese potrebbero essere ancora più ricombinanti. Un recente editoriale della celebre rivista Nature, punto di riferimento della comunità scientifica mondiale e nota per la sua “neutralità”, lancia l’allarme riguardo la possibilità di incidenti che vanno dai contagi accidentali del personale alle fughe di agenti infettivi, fino al rischio che malintenzionati possano mettere le mani sugli agenti patogeni per compiere attacchi bio-terroristici. Gli allarmi lanciati da queste élite scientifiche editoriali fanno rammentare l’esercitazione denominata Event 201 compiuta prima che venisse dichiarata l’emergenza pandemica nel mondo e ci rimandano all’ultima esercitazione Catastrophic Contagion2 condotta dal Johns Hopkins Center for Health Security, in collaborazione con l’OMS e l’immancabile Bill & Melinda Gates Foundation e al progetto della NATO Boosting NATO Resilience to Biological Threats3 per prepararsi alle prossime minacce biologiche. Quando costoro mettono in guardia su un problema significa che stiamo già vivendo quel problema, significa che camici bianchi e tute mimetiche hanno già messo le loro mani guantate fin troppo dentro tra quegli agenti patogeni.
Il fatto che il nuovo biolaboratorio di livello 3 in progetto a Pesaro sia un Istituto Zooprofilattico deve destare ulteriore attenzione e preoccupazione. In Italia esistono una decina di Istituti Zooprofilattici, senza contare le 90 sezioni diagnostiche periferiche, legati al Servizio Sanitario Nazionale che ne dispone per “la sorveglianza epidemiologica, la ricerca sperimentale, la formazione del personale, il supporto di laboratorio e la diagnostica nell’ambito del controllo ufficiale degli alimenti. La funzione di raccordo e coordinamento delle attività degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali è svolta dalla Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari del Ministero della salute, che ne definisce, mediante il lavoro della Commissione Scientifica nazionale, le linee guida e le tematiche principali”. Potremmo trovarci difronte a una trasformazione ed evoluzione in ogni regione degli Istituti zooprofilattici in biolaboratori di livello 3 dando il via ad una rete di costruttori di emergenze perenni.
In pochi anni abbiamo assistito ad un aumento di questi biolaboratori, da Trieste a Sigonella. Quale significato possiamo trarne? Dobbiamo d’ora in poi familiarizzare con le tecnologie di ingegneria genetica che dai laboratori si estendono al mondo intero fino ad arrivare fin dentro i nostri corpi con i sieri genici a mRNA o a DNA ricombinante? Questa è una domanda retorica perché è evidente che siamo già in questa fase. Per non rimanere indietro di fronte agli eventi che ci stanno circondando, dobbiamo metterci insieme in coordinamenti, gruppi, comitati che superino il quartiere e la città e dobbiamo comprendere come il problema potrà essere affrontato con reale consapevolezza solo se riconosceremo e comprenderemo il contesto in cui si struttureranno questi ed altri biolaboratori, la loro matrice che affonda nella creazione e gestione di emergenze perenni e il senso di questi progetti che si trova nella direzione transumanista di intervento bionanotecnologico sui corpi e sull’intero vivente. L’esperienza di questi ultimi anni ha dimostrato la debolezza delle rivendicazioni parziali quasi esclusivamente dirette verso modalità e conseguenze ultime, ma non dirette a ricercare e svelare il senso delle cose e degli eventi e il disegno più ampio in cui questi sono da collocare. Strani meccanismi figli di questi tempi resilienti e fluidi hanno fatto abbandonare una critica radicale precisa e diretta o hanno impedito che si sviluppasse, si sono preferite le opinioni concilianti molli per accontentare sempre tutti, quando invece non c’era niente da conciliare. È evidente che le strade tracciate non sono sempre le migliori anche se coprono gran parte del territorio, servirà del coraggio per aprire vie nuove per farci largo in questo ginepraio biotecnologico che vorrebbe ricoprirci definitivamente.
Siamo giunti all’ultima ora, alla frontiera della lotta contro la presa del vivente, questa deve essere combattuta prima di ogni altra cosa, perché se non ci opponiamo all’ingegnerizzazione e artificializzazione dei nostri corpi e del mondo cosa ci resta per cui lottare?


Resistenze al nanomondo, 6 Gennaio 2022, Bergamo
www.resistenzealnanomondo.org


Note:

1 Πανδημίες και βιολογικός πόλεμος: η Σκύλλα και η Χάρυβδη της 4ης βιομηχανικής επανάστασης, Pandemie e guerra biologica: la Scilla e Cariddi della quarta rivoluzione industriale in Cyborg n. 24, Giugno 2022, https://www.sarajevomag.net/cyborg/cyborg.html, a breve la traduzione su www.resistenzealnanomondo.org

2 BRUXELLES 23 OTTOBRE 2022: BILL GATES INAUGURA LA SIMULAZIONE “CATASTROPHIC CONTAGION”, https://www.nogeoingegneria.com/timeline/progetti/bruxelles-23-ottobre-2022-bill-gates-inaugura-la-simulazione-catastrophic-contagion-contagio-catastrofico/

3 PROGETTI IN CORSO: NATO E HOPKINS UNIVERSITY CON GIOCHI DI SIMULAZIONE DI PANDEMIA, https://www.nogeoingegneria.com/uncategorized/progetti-in-corso-nato-e-hopkins-university-con-giochi-di-simulazione-di-pandemia/

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