Per l’abolizione della maternità surrogata – Libro

In uscita la traduzione in italiano di Towards the Abolition of Surrogate Motherhood a cura di ICASM (International Coalition for the Abolition of Surrogate Motherhood)

Coautrici Gena Corea, Yoshie Yanagihara, Alexandra Clement-Saby, Rita Banner, Phyllis Chesler, Amata Taina, Gary Powell, Silvia Guerini, Laura Nuno Gomez, Melissa Farley, Laura Isabel Gomez Garcia, Eva Maria Bachinger, Caterina Lynch, Renate Klein
Leggi qui l’indice dei vari contributi, l’introduzione all’edizione italiana “L’abolizione della GPA, una lotta femminista” di Marie-Josèphe Devillers e Ana-Luana Stoicea-Deram e la Prefazione all’edizione italiana di Silvia Guerinihttp://www.orticaeditrice.it/prod.php?id=206

Lützerath (Germania) – Sabotaggio a una miniera di carbone di RWE

Tratto da de.indymedia, 22 ottobre 2022

Nella notte tra il 18 e il 19 ottobre, noi, diversi piccoli gruppi di Lützerath, abbiamo dato fuoco a tre pompe della miniera a cielo aperto di Garzweiler 2, nei dintorni del paese.

Le pompe fanno parte dell’infrastruttura di sfruttamento a cielo aperto per la quale il paese di Lützerath deve essere distrutto. Nel corso dei due anni passati, Lützerath è diventato un luogo centrale della resistenza in Germania contro la distruzione e lo sfruttamento della natura e dei nostri mezzi di sussistenza. Il tentativo di sgombero del paese è imminente. Ma Lützerath non è il solo paese minacciato dallo sfruttamento a cielo aperto.

Lunedì 14 ottobre, RWE [sfruttatore di questa gigantesca miniera di lignite] ha cominciato a sradicare gli alberi e a demolire le case d’Immerath. Immerath si trova a vista d’occhio, a qualche minuto da Lützerath. Tutte/i le/gli abitanti del paese sono stati sgomberati da RWE e ampie parti dell’abitato sono già state distrutte.

Attraverso la nostra azione, noi rispondiamo alle mosse senza scrupoli di RWE. Opponiamo un segno di protesta e di disobbedienza contro i rapporti capitalistici di dominio. Non ci lasciamo addormentare dalle false promesse di politicanti e partiti.

Secondo il motto «azioni invece che parole», dobbiamo prendere in mano la protezione dell’ambiente e del clima. Ecco perché è necessario sabotare le infrastrutture fossili e renderle inoffensive.

Invitiamo a fare lo stesso e ad agire in prima persona contro lo Stato e il capitale. Intervenite contro lo status quo, perturbate il normale svolgimento delle operazioni. Restate disobbedienti, siate grani di sabbia negli ingranaggi!

Siamo coscienti che questa forma di azione può portare a una repressione pesante. Ma accettiamo il rischio, poiché non abbiamo perso la speranza e difenderemo la vita.

Attacchiamo direttamente gli/le approfittatori/trici del cambiamento climatico!

Chi semina vento raccoglie tempesta.

E affinché non partiate da zero, ecco delle istruzioni su come incendiare delle pompe

Contesto delle pompe:

Diverse migliaia di stazioni di pompaggio si trovano attorno alle miniere a cielo aperto nel bacino renano di legnite. Queste pompano le acque sotterranee affinché l’acqua non si accumuli nelle miniere. Siccome le miniere a cielo aperto sono profonde diverse centinaia di metri, anche le pompe agiscono a tale profondità. Ne risulta quella che si chiama palude a imbuto. Si tratta di una zona nella quale la falda freatica è abbassata in modo duraturo, il che provoca un grande caos nel ciclo dell’acqua. Questa zona si estende al di là della Renania, fino ai Paesi Bassi. Di conseguenza, le foreste, come per esempio la foresta di Hambach, a lungo andare si seccano. Le pompe provocano quindi un ecocidio che si estende ben al di là delle superficie e degli ecosistemi drenati. Altre sordide informazioni sono contenute in questo articolo:
https://www.bund-nrw.de/themen/braunkohle/hintergruende-und-publikationen/braunkohle-und-umwelt/braunkohle-und-wasser/

L’Internet dei corpi: il corpo come piattaforma tecnologica

L’Internet dei corpi: il corpo come piattaforma tecnologica

Introduzione

Non sono passati nemmeno dieci anni da quando l’Internet delle cose ha fatto notizia e ha alimentato i sogni dei tecnologi di tutto il mondo. Vestiti intelligenti che possono misurare il tuo umore e aggiornare il tuo telefono cellulare, occhiali intelligenti con i quali puoi sovrapporre la realtà con un secondo strato tuo, ad es. con realtà personalizzate, lampadine intelligenti ed economiche incaricate di portare il peso della vostra eco-coscienza accendendosi solo quando siete nella stanza o quando date il comando dal controllore della vostra vita alias smartphone, caffettiere intelligenti, tazze ingegnose, lavandini abilitati al wi-fi e la lista continua. Tutta questa nuova vita “intelligente” e illusoria promessa dall’interconnessione universale di tutto su internet si è rivelata, almeno finora, una mera fantasia. Ma questa è una prova del fallimento dell’Internet delle cose? In un certo senso, la risposta dovrebbe essere affermativa (di nuovo, almeno per ora), almeno se si vuole prendere tali promesse al valore nominale. D’altra parte, l’Internet delle cose può essere considerato un “fallimento” tanto quanto qualsiasi nuovo modello di società basata sull’automobile è un “fallimento” perché i suoi conducenti finiscono per passare la maggior parte del loro tempo a muoversi al ritmo di un bradipo su Alexandra piuttosto che con grazia felina su strade aperte, vaste distese di aperta campagna o su strade serpeggianti e panoramiche arroccate su montagne verdi, come dovrebbero, visti gli spot pubblicitari. La differenza cruciale nel caso dell’Internet of Things, che fornirà la misura di qualsiasi fallimento o successo, è che non è stato semplicemente un tentativo di promuovere un prodotto o addirittura una gamma di prodotti. Ciò che è stato ampiamente promosso o addirittura imposto non era tanto e non solo gli specchietti per le allodole dei dispositivi intelligenti, ma l’idea stessa di connettività universale, la nozione che le informazioni possono essere tratte da tutto e che queste informazioni possono essere valutate, sfruttate e valorizzate.

Ci sono stati molti, troppi, probabilmente la stragrande maggioranza dei soggetti delle società occidentali, che sono sembrati fin troppo disposti ad abboccare all’amo di tutti i tipi di dispositivi intelligenti. Ritrovarsi con il gancio dell’interconnettività universale incastrato dentro di loro, forse non ancora sufficientemente consapevoli delle conseguenze della posizione in cui si sono trovati. Gli oceani di novocaina psico-intellettuale in cui nuotano quotidianamente (per gentile concessione dei social media e delle piattaforme di lobotomia in abbonamento) non lasciano loro molto spazio di manovra. L’ampiezza di questa ritirata di coscienza e la concessione in preda al panico di posizioni sul campo di battaglia che una volta sarebbero state considerate non negoziabili è diventata evidente, se non altro, con il recente rilascio di certificati sanitari. La disponibilità docile con cui i sudditi esibiscono i simboli della loro indegna conformità a un regime paranoico (anche per movimenti non necessari, come quelli legati al lavoro o agli studi) è un punto basso ma non il nadir del declino politico ed estetico-morale; all’altra estremità della fogna ci sono coloro che assumono il ruolo di controllori, non di rado godono del loro ruolo, anche se non lo ammettono apertamente, forse nemmeno a se stessi (il loro tono di voce e il linguaggio del corpo sono, tuttavia, testimoni inconfutabili). Una meravigliosa condizione sociale che permette di creare ovunque microclimi e alveoli, all’interno dei quali i funghi degli atteggiamenti autoritari meschini acquistano lo status dell’auto-evidente: l’insegnante controlla gli alunni (una persona maliziosa potrebbe dire: “non è un nuovo ruolo per gli insegnanti”), il commesso controlla l’insegnante quando si presenta come cliente, il cameriere controlla il commesso quando va a comprare un caffè ecc. A tutti viene data la possibilità di assumere il ruolo dell’esaminatore; ma a nessuno viene risparmiato il ruolo dell’esaminato: in altre parole, la definizione della condizione cannibale.

Un promemoria non banale: tutte queste cose devono il loro “successo” in gran parte al fatto che sono mediate meccanicamente. Gli smartphone che promettevano la fioritura di una vita in cui tutto sarebbe stato disponibile alla (o anche prima della) pressione di un pulsante sembrano aver diffuso prima il concime della barbarie sociale sotto forma di sorveglianza reciproca. È ovvio che senza la capacità di scannerizzare e identificare istantaneamente un certificato, l’intero regime di sorveglianza “medica” sarebbe instabile e a tal punto che alla fine potrebbe crollare. Ma chi oserebbe opporsi a tali pratiche tra coloro che, per amore di una qualunque “comodità” gratuita, sono diventati degli smidollati dissanguatori di dati attraverso i loro dispositivi interconnessi di ogni tipo?

Il corpo come campo di intervento

Questa intersezione della “cura” medica e della sorveglianza con le tecnologie di rete non è né temporanea né occasionale, anche se viene spesso presentata come tale. È un asse chiave della marcia capitalista verso la quarta rivoluzione industriale che si sviluppa a volte sotto varie etichette. Due di queste sono la medicina di precisione, che si preoccupa di operare su un livello un po’ più tangibile e concreto, e il post-umanesimo, per il quale nessuna vanità metafisica e nessuna soteriologia religiosa sono estranee e inappropriate.1 Come se queste non bastassero, una terza etichetta simile è circolata di recente: ci riferiamo al cosiddetto “Internet dei corpi”. Non siamo fan della creazione inflazionata di nuovi termini per qualsiasi cosa un burocrate in un think tank o un ricercatore in cerca di nuovi finanziamenti possa inventarsi. L’Internet dei corpi sembra all’inizio un caso simile di un termine senza oggetto particolare che viene a riciclare del vecchio materiale. Anche se questo è vero in una certa misura, ad un secondo sguardo il termine sembra effettivamente segnalare una nuova svolta nella relazione tra sorveglianza corporea ed elettronica che merita uno sguardo più attento. A differenza della medicina di precisione, l’Internet of Bodies non riguarda solo i problemi di salute, ma potenzialmente tutto ciò che potrebbe coinvolgere il corpo, sia sano che malato. E come estensione in qualche modo del post-umanesimo, non solo immagina il corpo biologico come perpetuamente aggiornabile, ma allo stesso tempo come “aperto” al mondo esterno, come una fonte infinita di informazioni, come un nodo all’interno di una mega-macchina di feedback (il buon vecchio sogno cibernetico).

Ma cos’è esattamente l’Internet dei corpi? Se l’Internet of Things era l’idea che ogni oggetto nel mondo può essere dotato di sensori in grado di connettersi a Internet, l’Internet of Bodies fa un passo avanti trattando il corpo stesso come un tale “oggetto”. Il corpo è ora inteso come una “piattaforma tecnologica “2 sulla quale possono essere dispiegati e fissati vari tipi di dispositivi. Questo era più o meno lo scopo della corrente dell’auto-quantificazione e del sé quantificato. Per l’Internet dei corpi, invece, l’auto-quantificazione è solo il primo passo. L’integrazione dei corpi quantificati e hackerati in una rete di comunicazione, la loro apertura quasi anatomica al mondo esterno, anche sotto forma di un flusso di informazioni, è il secondo passo.

I primi riferimenti al termine Internet of Bodies (almeno in base alla nostra ricerca) sembrano risalire al 2014 ed erano legati alle ambizioni di Google di sviluppare dispositivi incorporabili come lenti a contatto contenenti nano-circuiti e antenne delle dimensioni di un capello.3 Nonostante il suo carattere accattivante e sensazionalista, come termine non ha guadagnato particolare slancio negli anni immediatamente successivi. La sua istituzione più ampia è avvenuta in due fasi, con un leggero ritardo. In primo luogo, è stato utilizzato dall’accademica, professoressa di diritto statunitense, Andrea Matwyshyn in un approfondito articolo in cui descrive, categorizza e analizza, spesso in modo molto critico, i dispositivi in questione e le conseguenze legali della loro proliferazione in futuro.4 Questo articolo è stato da allora un punto di riferimento costante in tutte le discussioni relative all’Internet dei corpi. Al suo secondo anno, questo termine sembra esplodere in popolarità a partire dal 2020. Il ruolo di primo piano è stato ora assunto da think tank (come RAND5), organizzazioni tipo World Economic Forum6 e associazioni tecno-scientifiche attraverso le loro riviste.7 Il fatto che questo termine si sia improvvisamente ritrovato sulle labbra e nelle penne più ufficiali proprio nel momento in cui la pandemia di totalitarismo sotto le spoglie del coronavirus ha messo in discussione nozioni fondamentali del corpo e della sua autonomia non può essere considerato semplicemente casuale. Non è una coincidenza di tempo. Coloro che pensavano che la gestione del coronavirus riguardasse semplicemente il virus stesso e i possibili modi di affrontarlo, impareranno presto che in realtà riguardava tutto il loro corpo. E l’Internet dei corpi sarà uno dei termini del polinomio in base al quale saranno descritti e circoscritti i corpi dei soggetti delle società occidentali.

L’articolo di Matwyshyn citato sopra cerca, oltre a fornire una definizione di Internet of Bodies, di fare una prima classificazione genealogica dei dispositivi rilevanti. Come prima generazione di dispositivi Internet Of Bodies (IoB) cita quelli che interagiscono con il corpo pur rimanendo esterni ad esso (body-external). Gli esempi sono abbondanti: dagli occhiali intelligenti di Google che sono stati malamente ritirati (ma solo temporaneamente, secondo noi) a tutti i tipi di wearables per registrare l’attività fisica o anche dispositivi elettronici per la pelle che sono attaccati alla pelle normale e prendono misure di interesse medico. Qui è importante capire che molti di questi dispositivi non sono nemmeno considerati dispositivi medici e quindi la loro vendita e il loro uso non richiedono l’approvazione degli organismi competenti. Tuttavia, hanno quasi sempre la capacità di raccogliere, elaborare e conservare i dati registrati, lontano dal controllo degli utenti. La questione della proprietà, della titolarità e del possesso di questi dati è ancora in un vuoto giuridico, il che naturalmente non impedisce alle aziende che ci sono dietro di imbarcarsi in operazioni senza precedenti di accumulazione primitiva di “capitale digitale”, vista l’ignoranza e l’accidia che gli utenti mostrano su tali questioni.

La seconda generazione di dispositivi IoB riguarda ora dispositivi che, per funzionare, devono essere “installati” sul corpo dell’utente per mezzo di tecniche invasive che sfondano i confini dermici del corpo (body internal). Impianti cocleari (e dispositivi di riparazione dei danni sensoriali in generale), pacemaker intelligenti, pillole elettroniche con la capacità di emettere informazioni dopo l’ingestione, organi artificiali (prodotti della stampante 3D) sono solo alcuni degli esempi rilevanti. Anche se non sono nuove come idee (i pacemaker convenzionali hanno una lunga storia), ciò che ora li distingue dai loro antenati è la loro capacità di interfacciarsi con il mondo esterno in prima istanza; e in seconda istanza, la capacità di ricevere comandi dal mondo esterno e di adattare il loro comportamento, sia sulla base di tali comandi esterni o anche spontaneamente sulla base di istruzioni interne, poiché molti di loro hanno una potenza di calcolo propria, a volte dotata di algoritmi di intelligenza artificiale. 8 Va da sé che anche con questo tipo di dispositivo esiste ancora il problema dello status legale dei dati raccolti. Infatti, dato che in molti casi abbiamo a che fare con il controllo di funzioni vitali del corpo, se il software di questi dispositivi è considerato di proprietà del produttore, la questione viene portata a un livello ancora più profondo: le aziende, in base alle proprie disposizioni, intenzioni e rifiuti di mantenere, rimuovere o aggiornare i relativi pacchetti software, acquisiscono de facto diritti di proprietà sul corpo degli utenti; in casi estremi anche diritti di vita e di morte. In nessun caso, tuttavia, si deve presumere che questa generazione di dispositivi IoB sia limitata ad applicazioni mediche terapeutiche o preventive. Per esempio, le lenti a contatto intelligenti che possono proiettare informazioni o addirittura interi mondi virtuali direttamente nell’occhio stanno prendendo piede per la parte di intrattenimento e socializzazione; una parte che alla lunga potrebbe rivelarsi più importante e redditizia di quella strettamente medica.

Infine, la terza generazione, che è considerata la meno sviluppata al momento, comprende quei dispositivi che mirano a combinare intelligenza biologica e artificiale; in altre parole, dispositivi che sono collegati al sistema nervoso degli utenti e possono quindi essere messi sotto il controllo diretto delle loro “menti”. Rientrano in questa categoria vari tipi di arti protesici che possono essere mossi per mezzo di elettrodi collegati ai nervi rimanenti dell’arto amputato. Ancora una volta, tuttavia, non è affatto necessario che l’uso di tali dispositivi rimanga in un quadro strettamente medico-terapeutico. Non c’è dubbio che il campo del potenziamento e dell’ottimizzazione cognitiva e neurale si rivolgerà a intere popolazioni, non solo ai malati, ma anche ai sani – o meglio ai prevalentemente sani. Al momento, i dispositivi esistenti non sembrano fornire capacità di immergersi nelle strutture profonde del sistema nervoso; sono generalmente limitati a quelle che vengono chiamate “interfacce cervello-computer” che operano attraverso una connessione tangenziale al sistema nervoso (ad esempio, tramite elettrodi). Tuttavia, la ricerca di scavo nel funzionamento interno del cervello sta procedendo rapidamente,9 senza alcuna certezza su quando i suoi risultati troveranno la loro strada nel mondo reale. Se prendiamo il caso del coronavirus e i preparati genetici preventivi presentati come una salvezza contro di esso come un buon esempio di ciò che verrà, allora non dobbiamo aspettarci controlli di sicurezza approfonditi per questi dispositivi che aspirano ad agganciarsi al sistema nervoso. Se il sistema immunitario è stato gettato nella pattumiera come obsoleto con tale facilità, non c’è motivo per cui lo stesso non debba accadere con il sistema nervoso.

Il grande crollo

Dovrebbe essere ovvio da quanto sopra che non siamo solo di fronte a un cambiamento di paradigma in termini di comprensione della salute e quindi di tecniche terapeutiche appropriate, ma anche a una ristrutturazione altrettanto importante della comprensione del corpo e per estensione anche del sé. Il corpo non ha più confini inviolabili, non costituisce più un santuario al quale si può accedere solo in circostanze molto specifiche e con le massime precauzioni, non è nemmeno qualcosa che possiedo in esclusiva, secondo le dottrine del liberalismo classico. Il corpo si apre al mondo, diventa quasi trasparente, da sfera ripiegata su se stessa diventa una superficie dispiegata di cui ogni centimetro è disponibile per la misurazione e l’esame. Non c’è più un orizzonte di fatti, per quanto nebuloso, al di là del quale riposa un nucleo duro di soggettività. Una moltitudine di funzioni corporee (o anche di organi) possono essere sostituite da altre, rinforzate artificialmente o anche lasciate atrofizzare al punto da essere considerate “obsolete”.

Un tale sviluppo può essere visto come una buona cosa da alcuni o anche come una conferma delle teorie della cosiddetta mente estesa (vedi il lavoro dei “filosofi della mente” Andy Clark e David Chalmers) secondo cui ciò che chiamiamo “mente” non è limitato ai confini del cervello o anche del corpo, ma include parti del mondo esterno (per esempio le pagine su cui io sto scrivendo questo articolo e voi lo state leggendo fanno parte rispettivamente della mia e della vostra mente). Tali teorie nascono da una disposizione in linea di principio corretta della critica contro le concezioni che vedono la mente come un’unità fondamentalmente chiusa e completamente individuata (ricordando così l’ontologia metafisica di Leibniz) che solo in un secondo tempo stabilisce relazioni con il suo ambiente. Ma nella misura in cui soffrono di una mancanza di sensibilità dialettica – e questa è una condizione comune – possono facilmente finire con un idealismo estremo (tipo Berkeley). Inoltre, la nozione di un corpo esteso (per parafrasare il termine “mente estesa”) che l’Internet dei Corpi propone, annulla essenzialmente la nozione precedente che vedeva il corpo (e il sé) come una totalità non modificata, il risultato di milioni di anni di evoluzione biologica. In altre parole, il corpo non era visto come un mero assemblaggio cumulativo di organi e funzioni individuali e indipendenti che potevano essere riorganizzati a piacimento, ma come una totalità con una sua peculiare teleologia sotto la quale rientravano i singoli organi – e qui si potrebbe anche invocare la nozione spinoziana di conatus, cioè lo sforzo che ogni essere vivente fa per mantenere la sua esistenza come totalità. Secondo l’Internet dei corpi, il conatus di Spinoza non è altro che un’illusione; il corpo (può e vuole) è in costante comunicazione con il suo ambiente, ricevendo comandi da esso e in costante disponibilità a rispondere. Non si sa (almeno ai nostri occhi semplicistici) quali sarebbero le conseguenze di una tale “rottura dei vasi” del corpo umano (e probabilmente non solo).10 Come minimo, si potrebbero immaginare esseri gravemente disturbati e psico-intellettualmente mutilati in completa confusione di identità e incapaci di sintetizzare le loro esperienze in una comprensione coerente del mondo e di se stessi. Il che a sua volta è assolutamente certo che porterà gravi disturbi anche in ciò che chiamiamo salute fisica; un organismo che non è in grado di distinguere con un certo grado di chiarezza tra il “fuori” e il “dentro” è un organismo il cui sistema immunitario sarà in una crisi permanente e il cui sistema nervoso sarà in uno stato maniaco-depressivo: sia in una iper-stimolazione cercando di rispondere incessantemente a nuovi stimoli e comandi o in una catatonia, rassegnandosi alla richiesta di azione, reazione e feedback costante.

Il colpo contro il senso del sé e la dissoluzione della soggettività basata sul corpo non arriverà, tuttavia, solo attraverso il crollo del senso di interezza dei singoli organismi biologici. Dal momento che le ambizioni dell’Internet dei Corpi hanno un forte sapore di post-umanesimo, puntando al sovraccarico del concetto di salute verso l'”ideale” di un continuo miglioramento, ciò implica che qualsiasi divisione (di classe e non solo) tra i soggetti umani può anche iniziare ad acquisire una dimensione biologica.11 Se alcuni soggetti, a causa dei loro “miglioramenti” e aggiornamenti artificiali, possiedono una gamma di esperienze radicalmente diversa da quella dei modelli più “antiquati”, senza nemmeno potersi liberare di queste esperienze aumentate a causa della profonda integrazione dei relativi dispositivi con i loro corpi (tranne forse a un costo molto elevato), allora la griglia (comunque poco durevole, dopo tanti decenni di avanzamento dell’individualizzazione) dell’intersoggettività comincerà a disfarsi. Quale sarà il terreno empirico comune su cui questi soggetti potranno stare e stabilire canali di comunicazione? Come potranno conversare e con quale lingua come veicolo? Sarà ancora possibile “il lavoro del traduttore” una volta che la comunità esperienziale del sentire, quel linguaggio segreto delle creature umane (e degli esseri viventi in generale) che anima le singole lingue umane, sarà stato prosciugato?

La questione non è ovviamente solo “comunicativa”. Dato che l’identità e la percezione di sé emergono attraverso l’intersoggettività, come nodi sul nodo delle relazioni sociali (un essere individuale non potrebbe nemmeno costituire un’identità), qualsiasi scioglimento di questo nodo significherebbe automaticamente uno scioglimento delle identità individuali. Questo sarebbe naturalmente uno scenario assolutamente estremo con poche possibilità di realizzazione. Nel caso più estremo, si tratterebbe della possibilità di creare persino nuove specie biologiche attraverso un tale processo di differenziazione tecno-biologica continua. Anche negli scenari più blandi, tuttavia, il problema della costituzione dell’identità rimane. Identità individuali e collettive. La quarta rivoluzione industriale sembra prevedere una disincarnazione universale, non solo in relazione al lavoro e alla conoscenza che richiede, ma anche in relazione alle funzioni di base del corpo, anche in relazione al sé e al suo costituire una totalità. Il sé non è mai stato, ovviamente, un’unità isolata, esclusa dal resto del mondo. La sua sottomissione alle norme di tutti i tipi di dispositivi e algoritmi, tuttavia, non è altro che l’annientamento.

Oltre alle suddette questioni, un po’ filosofiche ed esistenziali, ce n’è un’altra che è estremamente politica ed economica. È la questione del costo della riproduzione sociale degli strati subordinati nelle società occidentali e la relazione di questo costo con l’Internet dei corpi. Quali sono i benefici dell’Internet dei corpi, in base alle stime del World Economic Forum:13 “consentire il monitoraggio remoto dei pazienti”, “migliorare il coinvolgimento dei pazienti e promuovere uno stile di vita sano”, “avanzare le cure preventive e la medicina di precisione” e “migliorare la sicurezza sul posto di lavoro”. Non ci vuole un occhio particolarmente penetrante per rendersi conto che lo scopo principale di tutta questa campagna per quantificare il corpo e rendere le sue informazioni disponibili al mondo esterno è quello di controllarlo più strettamente, di monitorarlo in modo che le sue cattive abitudini possano essere sradicate e la sensazione che non ti appartiene come pensavi, che qualsiasi maltrattamento di esso costituisce un comportamento antisociale. Dietro le chiacchiere sulla medicina di precisione, i trattamenti preventivi e la continuità delle cure si nasconde una ristrutturazione fondamentale del concetto di salute, i sistemi di fornitura dei servizi sanitari, i diritti rilevanti che i pazienti possono esigere e gli obblighi corrispondenti da parte dello Stato e dei fornitori privati. I costi della riproduzione sociale sono ormai considerati “insostenibili” – o, in altre parole, solo apparentemente in contraddizione con i costi “insostenibili”, il settore della riproduzione sociale della salute può diventare estremamente redditizio se viene liberato dall’inutile “grasso” del “decido io quando sono malato, quando farmi curare e se seguire i consigli di questo o quel medico”.

Forse non sarebbe esagerato dire che stiamo entrando in un modello di riproduzione sociale snella, una parafrasi del termine lean production (noto anche come toyotismo). La malattia, specialmente quella non autorizzata, è ora vista come uno spreco, come qualcosa che deve essere previsto e prevenuto. E quando questo non è possibile, dovrebbe essere eliminato il più presto possibile sotto l’occhio vigile del medico.14 Sarebbe ingenuo, tuttavia, credere che questo comporti almeno un miglioramento generale della salute. Proprio come il toyotismo non è stato introdotto nel processo produttivo nel tentativo di de-crescere, ma proprio per aumentare la produzione, così anche il toyotismo sanitario probabilmente aumenterebbe i livelli di morbilità potendo decidere da solo cosa è morboso. La cosa spiacevole: non si tratterà della morbilità delle singole malattie, ma della morbilità come condizione costituzionale dell’esistenza sociale, della società come un’enorme unità di cura intensiva dove saranno registrati tutti gli indicatori biologici. Una tale società in conflitto permanente con il suo ambiente e la natura che la circonda è già una società morbosa nel suo nucleo. La sua unica via di fuga saranno gli analgesici, i tranquillanti e l’autodistruzione.

Separatrix, Cyborg Magazine, n.23, Atene
https://www.sarajevomag.net/cyborg/cyborg.html
Pubblicato in L’Urlo della Terra, num.10, Luglio 2022

Note

1 – Vedi articoli precedenti correlati in Cyborg: “Molti, troppi, e sani: i big data sanitari sono un’altra miniera d’oro”, v. 18; “Indossabile, portatile, sottocutaneo: il corpo come scheda madre”, v. 10; “Medicina di precisione: la personalizzazione della medicina”, v. 9 (in greco).

2 – Il termine non è nostro. Vedi l’articolo del World Economic Forum: “Shaping the Future of the Internet of Bodies: new challenges of technology governance”, luglio 2020, https://www3.weforum.org/docs/WEF_IoB_briefing_paper_2020.pdf

3 – https://web.archive.org/web/20140121011604/http://

motherboard.vice.com/blog/googles-internet-of-things-now-includes-your-body

e https://www.vice.com/en/article/gvyqgm/the-internet-of-bodies-is-coming-and-you-could-get-hacked

4 – “The Internet of Bodies”, William & Mary Law Review, 2019.

5 – https://www.rand.org/about/nextgen/art-plus-data/giorgia-lupi/internet-of-bodies-our-connected-future.html

e https://www.rand.org/pubs/research_reports/RR3226.html

6 – https://www.weforum.org/agenda/2020/06/internet-of-bodies-covid19-recovery-governance-health-data/

7 – “Intelligent Ingestibles: Future of Internet of Body” (Ingestibili intelligenti: il futuro dell’Internet dei corpi), IEEE Internet Computing, 2020 (https://ieeexplore.ieee.org/document/9195138), “The Internet of Bodies: A Systematic Survey on Propagation Characterization and Channel Modeling” (L’Internet dei corpi: un’indagine sistematica sulla caratterizzazione della propagazione e la modellazione dei canali), IEEE Internet of Things Journal, 2022 (https://ieeexplore.ieee.org/document/9490369)

8 – Dick Cheney, il noto ex vicepresidente degli Stati Uniti, ha ricevuto uno di questi pacemaker intelligenti. Tuttavia, dopo qualche tempo si è deciso di disabilitare le sue capacità di interfacciamento Wi-Fi con il mondo esterno per paura di un possibile hacking del dispositivo.

9 – Abbiamo riferito della ricerca sulla memoria nel numero precedente: “L’ingegneria dello spirito”, Cyborg, vol. 22. (in greco)

10 – Per i costruttivisti disimpegnati, non dovrebbero esserci problemi. Il solo suggerire che tale plasticità infinita possa avere conseguenze negative è automaticamente commettere l’errore dell'”essenzialismo”. Beati i poveri in spirito…

11 – A coloro che pensano che questo sia un po’ troppo, si consideri che sta già accadendo in una certa misura: attraverso la separazione in vaccinati e non vaccinati. Il corpo sano è stato essenzialmente messo al bando. Questa separazione sta ora assumendo anche chiare dimensioni di classe, con le classi medie e superiori del WAPL (white anglo-saxon progressive liberals) che sono sovrarappresentate nell’insieme dei fanatici della vaccinazione e delle misure di disciplinamento sociale. Vedi il breve articolo su unherd: “To witness the covid divide, walk from Brooklyn to Queens”, https://unherd.com/thepost/to-witness-the-covid-divide-walk-from-brooklyn-to-queens/. Fortunatamente, la sinistra vigile non è così facilmente sedotta dai fatti della realtà e tiene duro. Chiede più vaccini per tutto il mondo, anche se il resto del mondo non li vuole. Alcuni altri “rivoluzionari” invece, avendo ben assimilato la lezione delle manovre sindacali, insistono che la vaccinazione è una questione secondaria (“siamo contro la segregazione, ma chi non si vaccina è un idiota”). Και την «επαναστατική» πίτα ολάκερη, και τον σκύλο της (διανοητικής και κοινωνικής) βολής χορτάτο. Proverbio popolare greco. Il significato del proverbio è che qualcuno vuole “tutta la sua carne” ma anche “il suo cane sazio”. Volendo tutto il pane “rivoluzionario” e, allo stesso tempo, la loro posizione intellettuale e sociale sicura… [n.d.c]

12 – No, non siamo costruttivisti nemmeno a livello del linguaggio, non lo vediamo come un sistema di convenzioni arbitrarie. Coloro che non hanno ancora superato queste malattie infantili dovrebbero guardare gli scritti di Benjamin. Vedi: W. Benjamin (a cura di), Saggi sulla filosofia del linguaggio.

13 – Shaping the Future of the Internet of Bodies: New challenges of technology governance (Dare forma al futuro dell’Internet dei corpi: nuove sfide della governance tecnologica), WEF, 2020, https://www3.weforum.org/docs/WEF_IoB_briefing_paper_2020.pdf .

14 – Questo non è uno scenario fittizio. Una compagnia di assicurazioni ha rifiutato di coprire i costi dei pazienti in apnea sulla base dei dati inviati dai ventilatori ai suoi server, senza che i pazienti ne fossero a conoscenza. I pazienti che hanno usato le macchine per un tempo inferiore a quello indicato nelle istruzioni hanno perso il rimborso. Vedi: “Health Insurers Are Vacuuming up Details About You – and It Could Raise Your Rates “(Gli assicuratori sanitari stanno raccogliendo dettagli su di te – e potrebbero aumentare le tue tariffe), ProPublica, 2018, https://www.propublica.org/article/health-insurers-are-vacuuming-up-details-about-you-and-it-could-raise-your-rates

Virus, proprietà, guerre

Virus, proprietà, guerre

Fullmich: So che lei è presidente di M-CAM International Innovation Risk Management, ma questo non dice molto di quello che fa.

Martin: Dunque, come azienda dal 1998 siamo il più grande riassicuratore globale di beni immateriali sfruttati finanziariamente, con una presenza in 168 paesi. Questa è la maggioranza dei paesi del mondo. I nostri sistemi di riassicurazione includono tutti i nostri brevetti, le domande di brevetto, le sovvenzioni federali, i registri degli appalti, i registri governativi elettronici, ecc.

Possiamo così tracciare non solo ciò che sta accadendo, ma chi è coinvolto in ciò che sta accadendo [rispetto alla proprietà intellettuale immateriale]. Inoltre facciamo particolari focus tematici che monitoriamo per conto di organizzazioni e/o individui, ma anche per nostro uso commerciale. Perché, come forse sapete, manteniamo tre indici azionari globali, che sono i migliori titoli mondiali ad alta e media capitalizzazione.

Quindi la nostra azienda è impegnata a seguire l’innovazione che avviene in tutto il mondo. E più specificamente monitoriamo le dimensioni economiche di ogni innovazione, nella misura in cui certi interessi economici sono serviti [da essa], si verificano cambiamenti in questi interessi, ecc. In definitiva, il nostro lavoro è l’innovazione e il suo finanziamento.

Così inizia l’intervista che David E. Martin ha rilasciato all’avvocato tedesco Reiner Fullmich alcuni mesi fa. [1] Fullmich è uno dei capi legali della “commissione indipendente tedesca di ricerca sul coronavirus” creata a metà del 2020, con l’obiettivo iniziale di portare in tribunale il presunto inventore dei test PCR, il genetista (fraudolento) Drosten, e coloro che hanno promosso questa invenzione fraudolenta al fine di fabbricare una “pandemia di casi” per sostenere la campagna d’allarme igienista.

Ma Martin? Che valore può avere per noi il Ceo di una società che si occupa “di brevetti, innovazione e finanziamenti”? Esattamente quello di un insider specializzato in qualcosa di cui non potremmo immaginare il ruolo, anche se sappiamo che la “proprietà intellettuale” è uno dei più importanti capisaldi del capitalismo reale e applicato: Martin (in questa intervista) ci introduce al tecno-capitalismo dietro la scena, dietro le sue campagne di paura e la sua retorica, dietro i suoi amministratori delegati ed esperti, dietro i suoi psyop – operazioni psicologiche militari, in questa zona di “pietre miliari” capitaliste che non si vedono – eppure possono essere (e di solito lo sono) cruciali per ciò che si vede.

La frase successiva di Martin nell’intervista getta la prima luce diagonale su questo “dietro le quinte”:

Ecco perché abbiamo esaminato più di 4.000 brevetti rilasciati sul coronavirus della SARS, e abbiamo fatto una revisione molto completa dei finanziamenti di tutte le manipolazioni del coronavirus che ha dato vita alla SARS come ramo della famiglia dei coronavirus B.

Brevetti? Brevetti sui coronavirus; Proprietà intellettuale in virus su cui si “costruiscono” finanziamenti e mosse commerciali? Contraffazione? Manipolazioni di coronavirus? Cosa? Chi? Quando? Dove? A quale scopo?

Benvenuto alle basi – anche se sembrano “incredibili” per l’attuale esperienza molto limitata!

Ma prima di questo, una piccola digressione, indicativa di ciò di cui stiamo parlando, da ciò che sta succedendo davanti al palco…

Piattaforme volanti di modifica genetica

Alleati degli insetti: oltre a insegnare alle armi robotiche la gioia della collaborazione e dell’iniziativa, la DARPA statunitense … vuole modificare geneticamente (e massicciamente) gli insetti per arruolarli – si legge nel suo annuncio – nella protezione dei raccolti e della catena alimentare del popolo americano. È “una questione di sicurezza nazionale”, come l’ha descritta il responsabile del progetto, il Dr. Blake Bextine:

La sicurezza nazionale è subito messa in pericolo da minacce naturali al sistema delle colture, come patogeni, siccità, gelo, ma soprattutto da minacce che possono essere causate da attori statali o non statali. Il programma Allied Insects mira a ridurre le conseguenze di tali disastri applicando direttamente trattamenti mirati alle piante colpite…

Non convincente per la comprensione superiore allo zero nazionalistico-militarista

Il progetto prevede la modifica genetica (via CRISP/cas9) e la contaminazione degli insetti con virus anch’essi geneticamente modificati. Da trasferire, a scopo terapeutico (dice il dottore) alle colture.

Ma la cosa grida: si tratta di fare armi biologiche, e i loro portatori, gli “insetti alleati”. Bextine non lo nega del tutto: Ogni volta che viene sviluppata una nuova e rivoluzionaria tecnologia, ci sono possibilità difensive e offensive Ma noi ci occupiamo delle tendenze positive del miglioramento delle colture… ha detto al Washington Post.

I dipartimenti di ricerca di almeno 4 università americane (il Bouce Thompson Institute e le università Penn State, Ohio state e Texas di Austin) sono stati finanziati per andare avanti. Come tutti sappiamo, “non si deve andare contro il progresso scientifico” e inoltre, “bisogna stare attenti nelle mani” di chi sono queste risorse…

Questo è stato scritto in uno dei B&G di cyborg #14. Nel febbraio 2019. Il febbraio 2019 è stato un'”epoca diversa”. “Pre-covid”. Nel febbraio 2019 potevamo scrivere ironicamente “non si può andare contro l’evoluzione scientifica”… solo per scoprire un anno dopo che la “scienza” aveva acquisito proprietà magiche tra gli ignoranti e i semi-dotti delle società occidentali. Nel febbraio 2019, prima che l’ingegneria genetica si imponesse come la forza di “guarigione” dominante nelle società occidentali (per lo più), si poteva facilmente sostenere che le biotecnologie sono armi; per poi scoprire un anno dopo che la dichiarazione di “guerra contro un nemico invisibile” era diventata metafisicamente credibile… Così come che la DARPA insieme ai signori del comparto farmaceutico con pesanti precedenti penali sono stati accettati come “salvatori”…

Purtroppo, queste cose sono successe. È importante analizzare come sono accadute, ci sono lezioni da digerire bene. Quello che è certo, però, è che d’ora in poi siamo obbligati a trattare questo dominio così come tutta l’armatura tecnologica della quarta rivoluzione industriale non come una possibilità futura, non come qualcosa contro cui abbiamo qualche margine di preparazione politica/cognitiva/antagonista, ma come un regime esistente che ha iniziato a mettere radici, e i suoi capi cercheranno di estenderlo e approfondirlo, costruendo sui passi che ha già fatto dall’inizio del 2020.

Ecco perché abbiamo il dovere di analizzare a lungo gli elementi visibili, tenendo presente che esistono anche elementi invisibili.

Ecco una dose di qualcosa – davanti – alla – tenda, in relazione al nostro precedente commento sugli “insetti alleati”. Ci sarà bisogno di voi/noi molto presto, per ragioni che vi spiegheremo il prima possibile.

Ricerca sulla produzione agricola o un nuovo sistema di armi biologiche?[2]

Le tecnologie genetiche per uso agricolo raggiungono in genere i loro obiettivi introducendo modifiche di laboratorio ai cromosomi target.

Tuttavia, la velocità e la flessibilità di questo approccio è limitata perché i cromosomi geneticamente modificati devono essere ereditati in modo verticale, da una generazione di organismi alla successiva. Con l’obiettivo di superare questa limitazione, un progetto in corso finanziato dalla DARPA statunitense mira a diffondere nei campi virus infettivi geneticamente modificati in modo tale che siano stati ingegnerizzati per entrare nei cromosomi di una particolare coltura direttamente. Si tratta di una modifica genetica ottenuta attraverso la dispersione orizzontale, al contrario della dispersione verticale.

Le conseguenze istituzionali, biologiche, economiche e sociali della dispersione di tali agenti di alterazione genetica orizzontale (horizontal environmental genetic alteration agents / HEGAA) all’interno di un ecosistema sono ovvie. Inoltre, questo progetto prevede che il veicolo per la dispersione di questi HEGAA virali nell’ambiente saranno gli insetti. Sulla base degli obiettivi dichiarati del programma DARPA, siamo dell’opinione che la conoscenza da ottenere da questo programma sembra troppo limitata per migliorare la produzione agricola degli Stati Uniti o per affrontare le emergenze nazionali (di breve o lunga durata). Inoltre, non c’è stato alcun dialogo sui principali ostacoli pratici e istituzionali che devono essere affrontati per raggiungere un risultato agricolo significativo. Di conseguenza questo programma può essere visto come un tentativo di costruire agenti biologici con scopi offensivi e i mezzi per la loro dispersione – se è vero che saranno insetti – costituiranno una violazione della Convenzione sulle armi biologiche (BMC).

Il programma Insect Allies è sostenuto da più di 27 milioni di dollari in contratti, ed è stato annunciato nel novembre 2016. Nel luglio 2017, il primo dei tre consorzi ha annunciato di aver vinto un contratto da DARPA per sviluppare sistemi per diffondere virus geneticamente modificati attraverso gli insetti. Il contratto prevede di completare il progetto entro 4 anni, con la dimostrazione all’interno di grandi serre di questo approccio integrato e pienamente funzionale alla dispersione di HEGAA tramite gli insetti. Le piante di mais e di pomodoro sono già utilizzate negli esperimenti in corso, e gli insetti di dispersione annunciati includono grilli, piccole varietà di farfalle e caprifoglio.

Fin dal suo annuncio pubblico, il programma Insect Allies è stato promosso esclusivamente come un mezzo per gli agricoltori per affrontare problemi comuni (siccità, gelo, inondazioni, parassiti, ecc.). Anche se sono passati due anni durante i quali ci sarebbe dovuta essere una presentazione generale della funzionalità di questo progetto nelle serre, c’è stata poca spiegazione pubblica di come i singoli sviluppi di questo programma otterranno benefici agricoli.

Sebbene il piano di lavoro del progetto non descriva completamente la natura dell'”agente di modificazione genetica” che sarà disperso orizzontalmente, è specificato che l’espressione virale di almeno 3 geni dovrebbe influenzare le piante attraverso un processo di gain-of-function [3]. I mezzi per abilitare questi guadagni di funzione dovrebbero essere dimostrati dai consorzi che collaborano in questo progetto, ma la via più semplice è attraverso l’introduzione di geni nei cromosomi delle piante.

Attualmente, il metodo candidato più ovvio per la costruzione di HEGAA è il metodo CRISPR per la modifica genetica di un virus. Questo metodo può mirare a specifici geni delle piante per modificare i loro cromosomi in modo che la loro mutazione possa aumentare la loro resistenza alle sfide ambientali o agli erbicidi. Il risultato finale di questo metodo sarà l’uso di virus geneticamente modificati per fare mutazioni in colture vulnerabili già presenti nelle zone in cui saranno rilasciati gli insetti portatori di virus…

… Due dei tre consorzi finanziati da DARPA hanno identificato pubblicamente la specie vegetale che stanno prendendo di mira: il mais. Si tratta di una coltura da cui centinaia di milioni di persone dipendono per soddisfare i loro bisogni nutrizionali di base, soprattutto in America Latina e in Africa. Nonostante la natura controversa di ciò che DARPA sta proponendo, questa agenzia ha escluso il finanziamento di programmi rivolti a colture di importanza limitata per la sicurezza alimentare globale. Questo riflette la natura di DARPA e il suo finanziamento che è destinato a fare interventi nel mondo reale, in particolare nei settori della difesa e della sicurezza. Anche se DARPA sostiene che “non intende porre alcuna restrizione alla pubblicazione” dei risultati della ricerca dei tre consorzi, vorremmo osservare che questo può essere rivisto per evitare la rapida diffusione di ciò che può essere visto come una guida preliminare su come si potrebbe sviluppare aggressivi programmi HEGAA che in linea di principio avrebbero come obiettivo le colture di mais.

Bisogna ribadire che i programmi di ricerca sulle armi sono spesso guidati da una valutazione dei movimenti dei concorrenti. Di conseguenza, si potrebbe dire che coloro che sono coinvolti in programmi lungo le linee sfocate che separano le applicazioni pacifiche da quelle belliche sono obbligati a proteggere il loro lavoro…. Tuttavia, anche il semplice annuncio del programma Insect Allies, con tutte le sue giustificazioni, può spingere altri paesi a sviluppare le proprie capacità in questo settore; in effetti, questo potrebbe già accadere. Un tale sviluppo si verificherà sia che il programma DARPA abbia successo o meno, sia che i risultati siano annunciati o meno.

La cancellazione del finanziamento di questo programma DARPA da parte del Congresso degli Stati Uniti non chiuderà di per sé questo particolare vaso di Pandora di HEGAA e insetti/agenzie…

Non c’è nessun malinteso. I cinque esperti specifici che hanno firmato il testo di cui sopra accusano la DARPA statunitense nel modo più aperto ed elegante possibile (scienziati, dopo tutto…) di condurre ricerche sulle armi biologiche con l’etichetta “per rafforzare la nostra produzione agricola”. Armi biologiche speciali non direttamente contro gli esseri umani, ma contro le colture di base, dove un attacco con “insetti geneticamente modificati che portano virus geneticamente modificati per attaccare le piante” causerà fame e morte…

D’altra parte, gli stessi esperti particolari parlano (scrivono) suggerendo che le fasi appena precedenti di tale ricerca sono accettabili. Modificazioni genetiche solo di virus o solo di insetti? Ahimè: si tratta di brevetti e applicazioni di routine…

Da un punto di vista politico e morale tali progetti sono perversi. Ma non da un punto di vista tecnologico. Per i biotecnologi, per gli ingegneri genetici, trasformare una specie di insetto (o forse di uccello?) in una “piattaforma” per il trasferimento di materiale genetico opportunamente modificato (: virus…) in modo da infettare un organismo (per esempio una classe di piante… o forse animali?) è una “sfida interessante” – mentre mutare sia insetti che virus è ormai routine. Devono sentirsi come i meccanici delle auto di Formula 1! Con l’enorme differenza che gli “ingranaggi” e i “componenti” sono materiale vitale… Se ci sono finanziamenti per queste perversioni, allora i loro risultati saranno chiamati spettacolari progressi della scienza.

E i finanziamenti esistono.

Quindi ancora una volta la parola passa al signor Martin.

Labirinto: genetica, brevetti, HIV – e armi

… Abbiamo fatto riferimento al Comitato internazionale per la tassonomia dei virus (ICTV) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, abbiamo preso le sequenze genetiche del virus descritte come nuove e le abbiamo confrontate con le sequenze genetiche dei coronavirus già brevettate, come depositate negli archivi pertinenti entro la primavera del 2020.

E quello che abbiamo trovato è che ci sono più di 120 brevetti [“proprietà intellettuale” di vari proprietari] che provano che i proclami di un “nuovo, sconosciuto coronavirus” sono completamente falsi! Non c’era nessun “nuovo coronavirus”!!! Abbiamo invece trovato dei brevetti dichiarati come innovazioni in relazione alle sequenze genetiche dei coronavirus, che risalgono al 1999. Non solo non c’è stato nessun “nuovo coronavirus”, ma in realtà quello che è successo è che per quasi 20 anni varie varianti sono state costruite artificialmente e registrate come innovazioni…

Diritti di proprietà intellettuale, “brevetti” sul materiale genetico dei coronavirus? Come spiega Martin, la legge statunitense vieta di brevettare fenomeni naturali e/o leggi della natura. Lo stesso vale per qualsiasi sequenza genetica naturale – quindi virus, microbi, microrganismi…

Per superare questo ostacolo, le aziende biotech (ma anche i centri di ricerca universitari e/o gli istituti con interessi simili) ricorrono a un doppio trucco. O presentano per il brevetto solo piccole parti di queste sequenze genetiche, o interferiscono artificialmente con esse (nei loro strumenti) in modo che non siano “naturali” e quindi possano essere considerate “innovazioni”…

Il brevetto non si limita alle sequenze genetiche mutate dei (e) coronavirus. Si estende ai metodi per “individuarli”, ma anche ai metodi per neutralizzare i virus mutati in laboratorio. Questi ultimi, cioè i test ed eventuali vaccini o farmaci, possono ovviamente essere brevettati contro i virus naturali.

Fino alla fine degli anni ’90, i coronavirus erano virus che infettavano gli animali, e l’interesse tecno-scientifico/commerciale nei loro confronti riguardava il bestiame e/o gli animali da compagnia. (“Protezione della produzione animale” come diciamo, per esempio, “protezione della produzione agricola”…) Il brevetto del primo vaccino contro il coronavirus animale è stato richiesto da Pfizer il 20 gennaio 2000, con il “target di protezione” dei cani: si tratta della neutralizzazione della proteina S del virus… Quando il brevetto fu approvato, gli fu assegnato il numero di brevetto 6372224. [4]

Ma la relativa facilità tecnica con cui era possibile “manomettere” (cioè mutare) il materiale genetico dei (allora) coronavirus (sono una “famiglia”) aveva già attirato l’attenzione, verso la fine degli anni ’90, di vari avventurieri (chiamati ufficialmente “pionieri”…) della nascente industria biotecnologica, che miravano a interferire con il sistema immunitario umano all’insegna di un “vaccino anti-HIV”! Un posto e un nome erano l’ombrello istituzionale di questo orientamento avventuroso. Il posto era quello di direttore del “National Institute of Allergy & Infectious Diseases” degli USA (NIAID). E la persona che lo deteneva era Anthony Fauci… (Lo tiene ancora in mano).

Ma qual era l'”idea” e che legame aveva con la (famiglia) dei coronavirus? Dato che l’HIV sembrava indebolire il sistema immunitario umano (più specificamente “uccidere” i linfociti T3 e T4) rendendo il corpo vulnerabile a varie infezioni che normalmente potrebbe combattere da solo, l'”idea” era di “mettere a punto” il sistema immunitario umano attraverso il DNA… Già in un’intervista alla fine del 1996 [5] Fauci parlava di nuove tecniche di immunizzazione applicabili a tutti i tipi di malattie attraverso l’intervento del DNA… – all’avanguardia nel trattamento dell’HIV…

Come avverrebbe questa “presa in giro” genetica del sistema immunitario umano? Cosa ne pensavano gli avventurieri sotto la copertura di Fauci e NIAID?

L’idea era di “sperimentare” geneticamente un altro virus, aggiungendo parti dell’HIV alla sua stessa sequenza genetica (cioè di usarlo come “vettore”… “piattaforma”…) per far entrare le parti dell’HIV nel DNA umano e produrre così “anticorpi” contro di esso! (Ti ricorda qualcosa di molto attuale? Dovrebbe farlo!)

I coronavirus, con la loro “plasticità”, sono così diventati, alla fine degli anni ’90 e all’inizio del prossimo, candidati privilegiati per i “portatori”! Una famiglia di virus che infettava gli animali cominciò ad essere ricercata (e mutata…) in modo da poter “circolare” nel corpo umano…

Non erano solo i coronavirus ad essere candidati… Sono stati anche gli adenovirus… La ricerca, la produzione e i primi test sono sempre stati fatti sotto l’egida di Fauci e del NIAID. Nel 2009 un gruppo di ricercatori ha scritto una lettera a Fauci chiedendogli di interrompere la sperimentazione di un “vaccino” anti-HIV (codice di fabbrica HVTN 505), un vaccino DNA/Ad5, a causa del suo rischio da un lato e della sua inefficacia dall’altro. [6]

Ad5 è il codice dell’adenovirus “vettore”: lo stesso adenovirus geneticamente modificato è stato usato l’anno scorso da Astra Zeneca…

Nel frattempo il NIAID e Fauci avevano un’altra buona idea per l’uso dei coronavirus: usarli (opportunamente mutati) come armi biologiche! Hanno commissionato (con un finanziamento) all’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill (una delle più antiche e prestigiose università americane) un lavoro iniziale su questo. L’incarico /finanziamento è stato nel 1999, e lo scopo era quello di creare un coronavirus geneticamente ricombinante (mutante) che infetta specificamente l’epitelio del polmone umano. Alla fine ciò che il signor Fauci e la sua società stavano cercando era un coronavirus che portava alla polmonite umana.

Il lavoro fu fatto, il coronavirus geneticamente ingegnerizzato fu fabbricato secondo le specifiche, e il 19 aprile 2002 fu brevettato con il numero di brevetto 7279327. [7] Supponiamo che per gli standard tecnologici dell’epoca, questa costruzione fosse considerata un miracolo morboso. Era forse la prima volta che un virus aereo relativamente semplice di origine animale che non era mai stato trasmesso all’uomo era stato trasformato in arma per causare gravi malattie polmonari nella nostra specie…

Quasi un anno dopo questo brevetto, una malattia completamente nuova, causata nell’uomo dal coronavirus, è scoppiata prima in Cina e poi in altri 4 paesi asiatici… Il coronavirus ha preso il nome dal grave problema che ha causato: tradurreSevere Acute Respiratory Syndrome o, in inglese, Severe Acute Respiratory Syndrome. SARS… Potrebbe essere una diabolica coincidenza che ciò che era già stato studiato, fabbricato e brevettato dall’altra parte del mondo sia diventato quello…

Martin sostiene che la SARS era una versione del coronavirus prodotta come arma biologica dall’università americana su ordine del NIAID e di Fauci (forse anche da lui stesso… ) Egli sostiene anche (sulla base dei dettagli del brevetto) che non solo la SARS è stata ingegnerizzata per “attaccarsi” alle cellule polmonari umane, ma aveva anche le specifiche per essere modificata in laboratorio più e più volte semplicemente cambiando alcune delle sue sequenze genetiche utilizzando un computer. Era, in un certo senso, una specie di ‘base’. Queste specifiche della SARS consistevano nel trasformarla da arma biologica in un “portatore” di un’altra sequenza genetica, al fine di fare un “vaccino” anti-HIV. Soprattutto, nella prospettiva di costruire un metodo di interferenza diretta e massiccia con il DNA umano… In breve, la costruzione genetica della SARS era tale da poter essere, con piccole e facili modifiche di laboratorio, “multiuso”.

Martin dice di questo nell’intervista:

… Fin dai primi giorni del 2000, a M-CAM International Innovation Risk Management è stato chiesto di monitorare le violazioni dei trattati internazionali che vietano le armi biologiche e chimiche [8]Vi ricorderete gli eventi dell’antrace del settembre 2001. [9] Abbiamo fatto parte di un’indagine iniziale che ha portato all’indagine finale del Congresso, non solo sull’origine dell’antrace, ma anche sul comportamento insolito che circonda il farmaco Ciprofloxacina della Bayer usato come possibile antidoto all’avvelenamento da antrace.

Durante l’autunno del 2001 abbiamo iniziato a seguire un numero enorme di patogeni batterici e virali che erano stati brevettati dal National Institute of Health (NIH), il National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), l’USAMRIID (usa medical research institute of infectious diseases) del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, l’US Infectious Disease Program, e una serie di altre agenzie e organizzazioni internazionali con cui abbiamo collaborato.

La nostra preoccupazione era che il coronavirus non solo era considerato un agente potenzialmente manipolabile per un possibile uso come vettore di vaccini, ma anche, chiaramente, era considerato come un candidato per un’arma biologica. E così il nostro primo rapporto pubblico su questo è stato fatto prima dello scoppio della SARS…

Quindi potete immaginare quanto sia deluso di essere seduto qui, 20 anni dopo, dopo aver sottolineato 20 anni fa che c’era un serio problema all’orizzonte per quanto riguarda il coronavirus…”

Il 2002 – 2003 e lo “scoppio” di una versione tecnicamente mutata del coronavirus (SARS…) non erano la fine della storia. Né avrebbe potuto esserlo. I genetisti in America avevano fatto fortuna.

Il 12 aprile 2004 il CDC statunitense ha depositato una domanda di brevetto (quindi di “proprietà intellettuale”) per l’intera sequenza del gene della SARS! Se la SARS fosse davvero un coronavirus creato naturalmente, allora brevettarlo sarebbe illegale per la legge americana! È illegale riconoscere la “proprietà intellettuale” in qualsiasi processo della natura, quindi sull’RNA naturale o il DNA.

La domanda di brevetto era #7220852 [10] e dopo essere stata respinta due volte è stata finalmente approvata nel 2007. Quindi due e solo due erano le possibilità logiche in merito. O il governo degli Stati Uniti (l'”ufficio brevetti” / coppia pubblica) ha violato grossolanamente la legge per motivi inspiegabili ma ovviamente fraudolenti… O ha tacitamente riconosciuto che la SARS non era una creazione naturale ma artificiale, fatta dall’uomo… Alla fine è successo qualcosa che potrebbe essere stata una combinazione delle due possibilità di cui sopra: il CDC ha corrotto i membri dell'”ufficio brevetti” per ottenere l’approvazione, nel 2007, e così, artificiale o no, un coronavirus che aveva agito nell’ambiente umano (e quindi è stato possibile studiarne le caratteristiche in dettaglio da varie persone) è stato inserito nello status di proprietà intellettuale.

Questo brevetto fu seguito da diversi altri negli anni seguenti. Si trattava di varianti genetiche della SARS o di mezzi (test) per rilevarle: versioni dell’ormai famoso test RT-PCR. Per niente innocenti le registrazioni di “proprietà intellettuale”: avere la “proprietà” sia di un virus che del modo di rilevarlo significa semplicemente controllare tutto ciò che lo circonda! Si può dire che c’è o non c’è, si può dire che è in una certa “concentrazione” o in una più piccola, ecc.

Il brevetto della SARS ha causato una certa “preoccupazione” (tra virgolette…) a livello internazionale. È stato probabilmente un punto di svolta in una serie di questioni intorno all’inquadramento legale dell’ingegneria genetica. L’accademico australiano Matthew Rimmer, in un lungo articolo intitolato The Race to Patent the Sars Virus: The Trips agreement and access to essential medicines [11] ha dato una breve panoramica in un tono assolutamente modesto e conciliante:

“La rete di organizzazioni coinvolte nella ricerca sulla SARS è stata salutata come un buon esempio di cooperazione scientifica internazionale. C’era comunque una certa competizione tra i team di ricerca per assicurarsi denaro e diritti commerciali dalle loro scoperte. Squadre di scienziati del Canada, di Hong Kong e degli Stati Uniti sono riusciti a decodificare la SARS con notevole velocità. Un certo numero di organizzazioni pubbliche di ricerca hanno depositato domande preliminari di brevetto in relazione alla sequenza genetica completa del coronavirus. I più importanti provenivano dalla British Columbia Cancer Agency (BCCA), dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) degli Stati Uniti e dall’Università di Hong Kong (HKU). Anche se i dettagli di queste domande non sono ancora stati resi pubblici, si stima che siano sufficienti per permettere ai detentori del brevetto di rivendicare i diritti sulla maggior parte dei test diagnostici e sui farmaci o vaccini che sono stati o saranno sviluppati in futuro per trattare questa malattia.

Questa corsa al brevetto del virus della SARS richiede un’analisi più approfondita a causa dei più ampi dibattiti sulla brevettazione genetica e la salute pubblica che sono stati generati nei media internazionali. Si tratta di un caso in cui abbiamo davanti a noi una cruda illustrazione del dibattito (in altri casi arido) sul fatto che le gare di brevetti siano un modo efficace di allocare le risorse nel mercato. Ci sono diverse posizioni distinte su questo tema: lo spirito imprenditoriale delle aziende biotech; il pragmatismo degli istituti di ricerca; la sperimentazione revisionista? delle università; e le obiezioni morali di chi si oppone ai brevetti.

In linea di principio, le aziende commerciali sostengono che un forte sistema di proprietà intellettuale è necessario perché ci siano investimenti e ricerche private nella diagnostica, nei vaccini e nei farmaci. In secondo luogo, i dirigenti degli istituti di ricerca sono riluttanti a fare affidamento sul sistema della proprietà intellettuale per facilitare il trasferimento di tecnologia e l’accesso pubblico alla ricerca scientifica. In terzo luogo, accademici come Richard Gold e Peter Yu sostengono che la competizione per brevettare la SARS ha dimostrato la necessità di riformare il sistema dei brevetti. E, infine, alcuni idealisti, come il dottor Marco Marra, Margaret Atwood e Jeremy Rifkin, hanno espresso un’opposizione radicale al brevetto del codice genetico del virus della SARS. Tali proteste sono basate su preoccupazioni morali circa la commercializzazione delle scoperte scientifiche…”

Specie “naturale” di coronavirus dell’inizio del 21° secolo o no? Ricerca umanitaria o guerra biologica? Per la salute pubblica la proprietà intellettuale o, al contrario, la morbosità costante, quale è l’unica che lascia reali (e grossi!) profitti?

È ora di uscire dal labirinto.

Aria sporca

Se avessimo a che fare con progetti di ricerca sulla modifica genetica/mutazione progettata di virus e di qualsiasi altro tipo di organismi viventi, questo sarebbe di per sé assolutamente provocatorio e ostile. Era tale, infatti, negli anni ’80 e ’90 a livello globale: le lotte contro gli organismi geneticamente modificati (OGM) che si sono fermati nel “primo mondo” ma continuano altrove hanno impedito la diffusione dei mutanti nell’ambiente, nel mondo reale, in varie parti del mondo.

Ma l’emergere del complesso dei brevetti, che chiunque potrebbe immaginare ma non conoscere nei dettagli, soprattutto in relazione ai virus che infettano gli esseri umani, mostra chiaramente a cosa andiamo incontro. I brevetti sono “beni immateriali” – ecco perché Martin sa così tanto sul coronavirus. Si vendono e si comprano, si affittano, diventano la base di alleanze e la causa di litigi, portano profitti (o perdite), finanziamenti di padroni amanti del rischio (o “filantropi”…), azioni che salgono e scendono, prestigio a tutti i tipi di “salvatori”… I brevetti e i virus brevettati sono “fissi”.

Tutti dovrebbero aver cancellato dal loro pensiero questa roba bucolica sulla “natura”, i “pericoli della natura”, le “minacce naturali”, soprattutto se vivono nei territori dello “sviluppo” e del “progresso tecno-scientifico”. Sono illusioni generosamente offerte per offuscare, inattivare, intrappolare. La parola “natura” in bocca ai padroni e ai loro demagoghi e lacchè di ogni tipo è sempre più un diversivo politico e ideologico.

Non abbiamo a che fare con la “natura”… Abbiamo a che fare con il Capitale – con la “c” maiuscola. Capitale significa rapporti di sfruttamento di classe. Capitale significa rapporti di potere.

Proprio perché abbiamo a che fare con il Capitale, che si tratti di programmi tipo “alleati insetti per non morire di fame” o di mega-campagne tipo “piattaforme mRNA per non morire”, siamo di fronte a un nuovo tipo di guerra: la valorizzazione capitalista mira a (ed è rafforzata da) microscale, nanoscale che sfuggono alla percezione empirica e, di conseguenza, trascendono le forme note di sfruttamento e controllo. Sfuggendo all’empirismo che è diventato la strada reale dei servi del neoliberalismo, l’attacco alle microscale, la microfisica del potere capitalista, produce concezioni metafisiche e magiche organizzate del mondo e della realtà. La critica dei lavoratori viene così messa a tacere non come un (potenziale) “pericolo comunista” ma come “paranoia”. Non è la prima volta che succede, ma è la prima volta che succede in questo modo.

Martin sostiene che il 5 giugno 2008 la DARPA statunitense ha espresso un interesse formale per la famiglia dei coronavirus, suggerendo che questo interesse si è manifestato attraverso domande di brevetto per i coronavirus da parte delle aziende farmaceutiche che collaborano. Ci rendiamo conto, conoscendo le basi del braccio tecnologico militare degli Stati Uniti, che c’era interesse molto prima, ma che era informale fino a quel punto. La presenza attiva di DARPA lungo tutto il percorso nello “sviluppo” di varie tecniche di intervento genetico nel sistema immunitario umano è ben documentata, anche se si capisce che un’agenzia tecno-militare non racconta tutti i suoi exploit. Il che significa che è coinvolto molto più di quanto si sappia.

Ma come potrebbe essere condotta una guerra capitalista di conquista e controllo della vita di tutti i tipi in generale e della vita umana in particolare, senza la partecipazione attiva delle principali agenzie militariste come la DARPA? Il 20 luglio 2020, e mentre la prima fase della selvaggia campagna del terrore igienista era completata, l’establishment Washington Post stava celebrando e, allo stesso tempo, familiarizzando il suo pubblico con il valore terapeutico del tecno-militarismo sotto il titolo Come un’agenzia segreta del Pentagono ha seminato i semi per una cura rapida per il coronavirus [12], dove chiunque poteva leggere quanto sia importante la “semina” militarista:

“… Se non fosse stato per gli investimenti della DARPA nell’ultimo decennio e anche prima, in gran parte fuori dal radar dei politici di Washington, la corsa americana per un vaccino e una terapia anticorpale per fermare il coronavirus non sarebbe probabilmente progredita così rapidamente come ora…

… La prima azienda negli Stati Uniti ad iniziare i test clinici per un vaccino contro il virus è stata finanziata dalla DARPA. [Andò a Moderna.] La stessa cosa è successa con la seconda. [Era ovvio]… Alcuni dei vaccini e degli anticorpi legati al DARPA potrebbero essere pronti più tardi quest’anno, il che significa una delle risposte più veloci a una pandemia globale nella storia della medicina. Gli esperti dicono che normalmente ci vogliono da quattro a 10 anni per testare e produrre un vaccino contro un nuovo patogeno

… Gli anni successivi agli attacchi dell’11 settembre 2001 e una serie di incidenti con l’antrace, insieme alle informazioni di intelligence su potenziali minacce biologiche dall’estero, hanno aumentato i timori di bioterrorismo e hanno portato il DARPA a cercare modi per rispondere immediatamente, comprese le tecnologie che avrebbero accelerato lo sviluppo di vaccini, rilevato rapidamente l’emergere di virus e reso la produzione farmaceutica più veloce.

Un decennio fa, un medico dell’Aeronautica Militare di nome Dan Wattendorf ha contribuito a portare la risposta rapida a una pandemia in cima alla lista delle priorità della DARPA… Wattendorf aveva idee interessanti, che presentò in una conferenza stampa negli uffici della Virginia settentrionale del DARPA nel 2010… Il primo tra questi era quello di produrre vaccini e anticorpi impiantandoli nel codice genetico.

I vaccini tradizionali introducono ciò che è noto come un antigene – di solito un pezzo di virus vivo o inattivato che è sufficiente per innescare una risposta difensiva del sistema immunitario. Questi antigeni sono tipicamente prodotti da un lungo processo che coinvolge la coltura del virus selezionato in uova, in bioreattori.

Watterdorf voleva accorciare questo. Voleva introdurre nel corpo umano il codice genetico appropriato che avrebbe costretto il corpo umano a creare gli antigeni dalle proprie cellule, eliminando il processo industriale. Il sistema immunitario riconoscerebbe gli antigeni prodotti dalle cellule del corpo e inizierebbe una risposta difensiva.

Nel 2010 gli scienziati avevano provato questa idea usando il DNA, con risultati contrastanti. Watterdorf ha voluto testare con RNA monoclonale…. Nel 2019 un progetto DARPA finanziato da Moderna con sede nel Massachusetts ha condotto con successo la fase 1 di un trial clinico utilizzando RNA… Era la rivendicazione ? della persistenza di Watterdorf dopo anni…

Watterdorf ha continuato l’investimento della DARPA nei vaccini del DNA. La Inovio Pharmaceuticals, con sede in Pennsylvania, finanziata dal DARPA, ha iniziato gli studi clinici di fase 1 con un vaccino a DNA contro il covid-19…. DARPA ha finanziato altre tecnologie di sviluppo rapido di vaccini, comprese alcune aziende che producono vaccini attraverso la produzione di proteine da piante di tabacco mutanti, così come una piattaforma di “vaccino autogenerante” al Massachusetts General Hospital…”

L’esercito (in realtà per mezzo delle sue “idee” tecnologico-militariste) protegge la salute dei suoi sudditi… così come protegge la produzione agricola… se non c’è differenza tra uso “pacifico” e “bellico” di punta delle diverse tecnologie, è perché in questa fase della ristrutturazione capitalistica, l’intera fabbrica sociale, l’insieme delle relazioni sociali, dei bisogni, delle credenze, è il campo della guerra imperialista: la quarta rivoluzione industriale attacca!!!

Intanto Martin insiste: tutto ciò che (dal punto di vista genetico) è stato presentato come “nuovi elementi” della Sars-CoV-2 in modo da legalizzare in termini di “sorpresa” ed “emergenza” il golpe igienista dal 2020 in poi, è incluso in 73 brevetti rilasciati tra il 2008 e il 2019!!!

Settantatré brevetti legati a una versione del coronavirus prima della sua comparsa? Entro l’autunno del 2019? Questa non è “divina provvidenza”! È quella capitalista:

“… Fino a quando una crisi dovuta a una malattia contagiosa diventa molto reale e raggiunge la soglia di un’emergenza, passa in gran parte inosservata. Per assicurare la base finanziaria prima della crisi, bisogna aumentare la comprensione pubblica della necessità di contromisure mediche, come un vaccino universale per ogni versione dell’influenza o un vaccino per ogni coronavirus. Il driver chiave saranno i messaggi, e il denaro seguirà il clamore. Dobbiamo usare questo clamore a nostro favore per arrivare ai veri problemi. Gli investitori risponderanno se vedono che c’è un profitto alla fine di questo processo…”

(Peter Daszak, presidente della EcoHealth Alliance, che è stata costruita (sotto un altro nome) “per la protezione della natura selvatica” per diventare un’altra cortina per lo stato profondo americano specializzato in esperimenti di mutazione genetica dei coronavirus…

La dichiarazione è stata fatta ad una conferenza sulla guerra biologica alla fine del 2015…)

Mi chiedo se Martin ha ragione quando afferma che non c’era nessun “nuovo” coronavirus nel 2019-2020, e che c’erano già ricerche e test di coronavirus identici o quasi identici al Sars-CoV-2 anche per uso militare.

Il quotidiano mainstream inglese The Telegraph, proprio il 5 ottobre 2021, con una pubblicazione incomprensibile (addirittura “criptica”) se non si tiene conto di quanto abbiamo scritto sopra (e anche di più), sotto il titolo Rivelazione: scienziati da Wuhan e dagli Stati Uniti hanno pianificato di creare nuovi coronavirus (Revealed: Wuhan and US scientists planned to create new coronaviruses [13]) si legge come segue (enfasi nostra):

“Scienziati di Wuhan e degli Stati Uniti hanno progettato di creare nuovi coronovirus che non esistono in natura sintetizzando i codici genetici di altri virus, secondo una loro proposta.

I documenti della loro domanda di finanziamento alla DARPA statunitense trapelati il mese scorso rivelano che il team internazionale di scienziati ha pianificato di mischiare i dati delle varianti correlate e sviluppare virus completamente nuovi.

Un esperto di genetica che lavora con l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMS), l’uomo che ha svelato il piano dopo aver studiato le proposte in dettaglio, ha detto che se la Sars-CoV-2 è stata prodotta in questo modo, potrebbe spiegare perché non è stato trovato nulla di strettamente correlato ad essa in natura”.

Finora il virus naturale più strettamente legato alla Sars-CoV-2 è un ceppo chiamato Banal-52, identificato in Laos il mese scorso, che condivide il 96,8% del genoma [Sars-CoV-2]. Ma gli scienziati stanno cercando un antenato diretto che corrisponda a circa il 99,98% – e finora non ne hanno trovato uno.

I suggerimenti di Darpa, trapelati al team Drastic alla ricerca dell’origine della pandemia, suggeriscono che il team intendeva prendere sequenze da coronavirus naturali e usarle per fare una sequenza completamente nuova che è qualcosa come la media di tutti i ceppi.

La domanda di finanziamento, fatta nel 2018, diceva: “Raccoglieremo dati di sequenziamento/RNA da una serie di ceppi vicini e confronteremo i genomi per tutta la loro lunghezza, cercando nuovi polimorfismi a singolo nucleotide associati a errori di sequenza. I genomi candidati che corrispondono [l’uno all’altro] saranno sintetizzati utilizzando tecniche note in commercio … per recuperare i virus ricombinanti”.

Spiegando questa proposta, un collaboratore dell’OMS che ha chiesto di rimanere anonimo per paura di rappresaglie contro di lui ha detto: “Questo significa che prenderebbero diverse sequenze di coronavirus simili e creerebbero una nuova sequenza che sarebbe essenzialmente una sorta di media delle altre. Sarebbe una nuova sequenza virale che non corrisponderebbe al 100% con nessun’altra.

Poi potrebbero sintetizzare un genoma virale dalla sequenza usando un computer, creando un genoma virale che non esiste in natura ma sembra naturale in quanto è una miscela di virus naturali esistenti.

Poi avrebbero messo questo RNA in una cellula e creato il virus. E così avrebbero creato un virus che non è mai esistito in natura, con un nuovo ‘scheletro’ che non esiste in natura ma con molte, molte somiglianze con lo ‘scheletro’ comune dei virus naturali”.

Anche se la richiesta di finanziamento è stata respinta nel 2018, il database di Wuhan dei ceppi di virus è stato messo offline un anno e mezzo dopo, e questo significa che è impossibile rintracciare con quali ceppi il team stava lavorando o cosa aveva creato…

… La proposta è stata presentata dallo zoologo britannico Peter Daszak a nome di un consorzio che comprendeva la EcoHealth Alliance guidata da Daszak, l’Istituto di virologia di Wuhan, l’Università del North Carolina e la scuola medica Duke-NUS di Singapore [un prodotto di una collaborazione tra la Duke University negli Stati Uniti e l’Università Nazionale di Singapore].

Le proposte specifiche erano in aggiunta ad altre proposte incluse nei dati DARPA trapelati, compresa l’introduzione di un segmento [sequenza genetica del coronavirus] nei virus esistenti per renderli più infettivi per gli esseri umani, e l’inoculazione di pipistrelli selvatici con proteine del virus Spike geneticamente modificate…

Per certi aspetti si tratta di mezze verità. Bisogna certamente conoscere le basi per capire cosa sta succedendo. DARPA ha rifiutato i finanziamenti per questa particolare “idea”, ma ci sono altri soldi disponibili, in grandi quantità. Ci sono altri finanziatori altrove, che lavorano con DARPA, senza esporre questa particolare agenzia. Inoltre, altre “idee” di finanziamento DARPA sono trapelate, ma non si sa cosa sia successo.

Forse da qualche parte nella lista delle imprese biotecnologiche brevettate in relazione ai coronavirus, da qualche parte tra i 5.100 brevetti, o i 73 brevetti di nicchia degli ultimi anni al 2019, c’è da qualche parte l’idea di trasformare i pipistrelli in “vettori” (o “vettori” di armi biologiche?).

Un programma (segreto) “Uccelli alleati”? Perché no?

Cellule: fabbriche (senza operai…), armi (senza soldati…)

Quanto sopra o qualsiasi altra cosa potrebbe essere assemblato in una “teoria della cospirazione”. Questo è esattamente ciò che stanno facendo coloro che si rifiutano di analizzare il capitalismo moderno, che è una continuazione e uno spinoff della sua fase precedente e più precedente per quasi due secoli. E invece si accontentano di credere che ci sia un complotto, un intrigo contro di loro; che qualcuno stia complottando per ridurre la popolazione umana… ecc… Tali detonazioni??? (perché sono detonazioni) servono bene ai padroni.

Gli organismi geneticamente modificati si stanno già affermando. Piante, animali, insetti [14] geneticamente modificati sono già “in circolazione” – perché non i virus? È giustificabile preoccuparsi, naturalmente, dei virus che infettano gli esseri umani tanto quanto il complesso bio-informatico-securitario e i suoi lacchè di tutti i tipi hanno bisogno di imporre l’ingegneria genetica non come un piano generale ma come una “salvezza” tramite “piattaforme”. Ma non dovremmo abbattere l’intera griglia invece di guardare solo uno o due punti?

Il contributo di conoscere l’estensione dei brevetti su una sola specie, i coronavirus (5.100 brevetti non sono pochi!) è che possiamo capire la portata e l’intensità delle imprese biotech e le loro aspettative. La facile “via di fuga”, per denunciare una o due aziende, uno o due capi, è chiusa! Abbiamo a che fare con decine di migliaia di “ricercatori”, con enormi quantità di finanziamenti. Abbiamo a che fare con centinaia di aziende più o meno note, con centinaia di università, istituti, centri di ricerca, sparsi in tutto il pianeta.

In breve, la dimensione biotecnologica della terza e quarta rivoluzione industriale (capitalista) è già troppo estesa per cui è suicida ignorarla o attribuirla a una “cospirazione”! Non è l’unica dimensione, per niente. È, tuttavia, fondamentale. Il suo “sviluppo” è quasi completamente sfuggito all’attenzione; e così ora ha la dimensione e il “peso” (economico, istituzionale) di un regime.

Il fatto che le macchine capitaliste (ovvero le tecnologie) siano in grado di catturare le cellule provoca grande imbarazzo e repulsione. I Capitali del Sé, gli Ego narcisistici del neoliberalismo sono stati costruiti sulla convinzione che tutti e tutto controllino, almeno, il proprio corpo. Era comunque un’illusione – ma anche questa sta finendo. Basta un’iniezione, presumibilmente “terapeutica”, per hackerare milioni di cellule e iniziare a “lavorare” al di fuori di qualsiasi controllo cosciente e individuale. I Capitali del Sé vengono ricapitalizzati, e finora non riescono nemmeno a capirlo.

L’intervento genetico nelle cellule, in un altro modo, può essere chiamato espropriazione della “natura”. Infatti, quando i genetisti mutano le cellule (i virus, per esempio) o costruiscono “specie” completamente nuove di organismi di dimensioni più o meno grandi, non c’è nulla che li fermi – tranne la consapevole opposizione umana. La “natura” in quanto tale non può legare le mani dei biotecnologi e dei loro padroni. Può tollerare solo per un certo tempo i mostri che creano. L’obiettivo politico della ristrutturazione capitalista è di rendere i soggetti “natura”, cioè senza volontà e capacità di resistenza e contrattacco.

Quindi ci troviamo in questa situazione storicamente senza precedenti. O ci fermiamo e mettiamo sotto controllo morale, politico, legale e vitale il più presto possibile (con tutti i mezzi dovremmo…) tutti questi “maghi” della vita, “dei” e i le loro imprese, o prima o poi finiremo per essere dei mammiferi nudi le cui uniche differenze da tutto il resto del pianeta saranno che produciamo plusvalore e ci divertiamo con la spazzatura.


Ziggy Stardust,
Cyborg Magazine, n.22, Atene, https://www.sarajevomag.net/cyborg/cyborg.html
Pubblicato su L’Urlo della Terra, n.22, Luglio 2022

Note

1 – Pubblicato per la prima volta l’11 luglio 2021. Disponibile su https://www.bitchute.com/video/OK0BstAT1IFm/ Fa parte di un video più lungo, di 6,30 ore, del “Comitato indipendente tedesco di ricerca sul coronavirus” intitolato Die Zeit ist kein flacher Kreis, disponibile su https://www.youtube.com/watch?v=Jtc-_0tkeog

È stato anche caricato con sottotitoli in greco su Facebook a metà settembre. Disponibile su https://www.facebook.com/koukiasgeorge/videos/396055772092016/

3 – Gain-of-function è il nome di una pratica infernale nella ricerca biotecnologica poiché non si riferisce alla “ricerca in laboratorio” ma alle applicazioni della ricerca sul campo.

4 – Una breve descrizione di questo brevetto è disponibile su https://patents.justia.com/patent/6372224

5 – Una sintesi dell’intervista è disponibile su https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/12349252/opposing-the-hvtn-505-vaccine-trial/

6 – Disponibile su https://www.treatmentactiongroup.org/letter/letter-to-niaid-director-anthony-fauci-opposing-the-hvtn-505-vaccine-trial/

7 – Disponibile su https://patentimages.storage.googleapis.com/a8/c0/6a/0584dd67435ef2/US7279327.pdf

8 – È certo che lo stato/parastato americano stava già cercando prove di tali violazioni dall’Iraq e dalla Corea del Nord…

9 – Questo è un problema molto serio che si sta rivelando un precursore dell’attuale campagna di terrore igienico. Ma poiché è molto grave, ci sarà un rapporto separato, altrove.

10 – Disponibile su https://patentimages.storage.googleapis.com/6b/c3/21/a62eb55a0e678c/US7220852.pdf

11 – Disponibile su https://law.unimelb.edu.au/_data/assets/pdf_file/0007/1681117/Rimmer.pdf

Pubblicato nel 2005 nel Medical Journal of International Law.

12 – Come un’agenzia segreta del Pentagono ha seminato il terreno per una rapida cura del coronavirus. Disponibile su https://www.washingtonpost.com/national-security/how-a-secretive-pentagon-agency-seeded-the-ground-for-a-rapid-coronavirus-cure/2020/07/30/ad1853c4-c778-11ea-a9d3-74640f25b953_story.html

13 – Disponibile su https://www.telegraph.co.uk/world-news/2021/10/05/wuhan-us-scientists-planned-create-new-coronaviruses-funding/

14 – Milioni di zanzare geneticamente mutate della specie Aedes aegypti, costruzione e brevetto dell’azienda biotech inglese Oxitec, dopo essere state “testate” in Brasile, sono state “rilasciate” la scorsa primavera nella Florida americana. Per “fermare la riproduzione” delle zanzare normali, che sono presumibilmente responsabili di portare il virus Zika…. Ci sono serie ricerche e affermazioni che le zanzare mutanti si accoppiano semplicemente con quelle normali e creano “super specie” che saranno molto difficili da controllare ma cosa importa di fronte all’applicazione e ai profitti dell’ingegneria genetica?

Il lato morboso della medicina

Il lato morboso della medicina

L’obiettivo di questo evento è quello di sollevare domande in una direzione di messa in discussione di ciò che conosciamo come medicina moderna formale, sia in termini di discorso che di pratiche. Come assemblea di Game Over abbiamo ripetutamente criticato la presunta obiettività del discorso scientifico. Oggi, più che mai, questa critica è diventata una condizione necessaria per il movimento antagonista. È molto importante per noi, nonostante l’ambiente soffocante della censura e dei riflessi sociali che allevano l’indottrinamento delle matrici, che questa discussione continui. Questo perché, avendo sistematicamente cercato di parlare della violenta ristrutturazione capitalista che stiamo vivendo da due anni, ci scontriamo sempre con lo stesso muro. L’infallibilità della scienza. Sul progresso della medicina. All’indiscutibile onestà dei numeri. Quindi discutiamo di questo argomento qui sopra e speriamo di sollevare più domande che risposte.

Una medicina tra le tante.

La medicina non è sempre stata quella che conosciamo oggi. In tutto il mondo e in diversi periodi storici, sono stati sviluppati diversi sistemi medici/terapeutici con diversi strumenti e metodi di trattamento. Ognuno di questi sistemi aveva un pilastro ideologico e uno pratico. Per pilastro ideologico intendiamo una visione dell’uomo, della società, della vita e della malattia. Sulla base di questa visione, sono stati formati anche i modi di trattamento, il suo pilastro pratico.

Ognuno di questi sistemi aveva anche diverse malattie da affrontare, che si intrecciavano con la cultura e l’ambiente di ogni società. La nutrizione, l’acqua, l’aria, combinate con le caratteristiche socio-politiche erano e sono i fattori più critici per quanto riguarda la salute di una popolazione.

La relazione di ogni sistema medico con i poteri e le gerarchie delle società in cui si è sviluppato era ed è unica. I maghi, gli sciamani e i guaritori dell’antichità occupavano posizioni di rilievo nelle comunità. Anche i medici moderni hanno posizioni di rilievo che hanno stabilito insieme all’istituzione del grande ospedale. La medicina occidentale moderna ha proclamato fin dall’inizio la sua distanza dalla religione e dalla politica, cosa che ora sembra non avere motivo di fare, dato che la dimensione religioso-politica del suo potere è stata data per scontata e accettata. È ormai difficile mettere in discussione un sistema che gestisce con presunta certezza non solo la vita ma anche la nostra stessa morte.

Ogni sistema medico/trattamento aveva un tasso di efficacia e un tasso di fallimento. Un nuovo sistema di trattamenti potrebbe apparire per curare un insieme di malattie, una visione che è stata messa in discussione molte volte, ma allo stesso tempo è apparso un nuovo campo di malattie, che ovviamente non poteva trattare. Lo stesso accade oggi. Le moderne epidemie che affliggono le popolazioni e che non sono comprese o curate dalla moderna medicina ufficiale non riguardano solo i virus ma molto di più malattie come le malattie cardiache, l’obesità, l’ipertensione, il cancro, l’artrite, l’autoimmunità e i cosiddetti disturbi mentali, una definizione che naturalmente necessita di molte domande.

È importante aggiungere qui che non ci sono prove che dimostrino che ogni sistema medico successivo cura sempre più malattie, cioè che contiene tutto il potenziale terapeutico del precedente. In linea con le teorie scientifiche prevalenti nel corso dei secoli, dovremmo piuttosto intenderli come insiemi che si intersecano piuttosto che come un insieme più grande (il nuovo) che ne contiene uno più piccolo (il vecchio). Ci sono campi di malattia in cui entrambi i sistemi sono efficaci e campi in cui solo ciascuno è efficace. La prova di questo è la coesistenza di molti sistemi di trattamento che hanno radici culturali e storiche diverse e un’azione complementare ancora oggi.

C’è un’altra mitologia che attribuisce l’aumento della vita media all’evoluzione e all’efficacia dei metodi medici. È una mitologia che è stata faticosamente costruita negli ultimi due secoli per consolidare l’autorità medica e il prestigio di coloro che la praticano. È importante capire che sono i cambiamenti nelle condizioni di vita dell’uomo occidentale moderno che hanno portato all’aumento della vita media – e non certo della vita massima. Questo è stato attribuito molto più a eventi come la riduzione della mortalità infantile attraverso l’uso di semplici metodi di sterilizzazione, acqua pulita, sistemi fognari sviluppati e migliori condizioni abitative che a trattamenti di successo della medicina. E naturalmente stiamo parlando di società del primo mondo, poiché in parti del mondo dove tutto questo non è stato risolto, la gente continua a soffrire di malattie che non sono un problema nelle società occidentali.

I punti di cui sopra sono degni di molte discussioni di per sé. Li riassumiamo facendo il primo passo, cioè mettendo la medicina moderna e l’ideologia che l’accompagna nel contesto di rilevanza che merita, storicamente e socialmente.

Il secondo passo, che cercheremo di fare in seguito, è capire che il sistema medico dato non è solo relativo alla società che lo produce, ma è anche inadeguato e spesso responsabile della produzione di nuove malattie e del peggioramento della condizione dei pazienti.

Il terzo passo/parte è comprendere il meccanismo che costituisce il sistema esistente, gli interessi politici, sociali ed economici che lo guidano e lo modellano, la posizione di potere che ha acquisito e le ideologie che sostengono questa posizione.

La medicina moderna come fattore di morbilità.

Non è un po’ esagerato dire che la medicina produce complessivamente più malattie di quante ne curi? Non siamo certamente i primi, non siamo certamente gli unici. Esiste un’ampia letteratura sull’argomento, più o meno specializzata, quindi non entreremo nei dettagli. Per esempio, Ivan Ilic, nel 1975, cercò di mettere in una sequenza comprensibile a una persona non qualificata le ragioni di questa conclusione, scrivendo “Medical Nemesis”, un libro ben studiato da cui questo evento ha preso in prestito diversi esempi.

Attraverso le contraddizioni in ciò che la medicina moderna dichiara di se stessa e ciò che le sue pratiche e i suoi registri statistici dimostrano, emergono alcune osservazioni che consideriamo importanti e che dimostrano la sua estesa morbilità, iatrogenesi clinica, sociale e culturale, come Illich l’ha chiamata e distinta per descrivere i campi in cui si estende in ampiezza e profondità.

Ma prima di parlare della morbilità, cominciamo da come la medicina definisce la malattia. La malattia non è sempre stata un’entità separata che poteva essere registrata e classificata indipendentemente dal soggetto che la portava. La malattia – la deviazione dal “normale” registrata per mezzo di esami – e la malattia – il disagio soggettivo e personale dei sintomi fisici e mentali – erano parte integrante del soggetto. La malattia ha acquisito un’esistenza indipendente attraverso l’istituzione del grande ospedale nel XVIII secolo. Lì, elencando, confrontando e registrando sistematicamente i sintomi dei vari pazienti che affollavano i primi ospedali, i medici dell’epoca definirono la lista delle aberrazioni più diffuse che furono chiamate malattie.

Questo è particolarmente importante perché la diagnosi del medico si è scollegata dall’esperienza clinica e dall’intuizione del paziente – e naturalmente da qualsiasi relazione tra l’esaminatore e l’esaminato – e ha cominciato ad essere definita, gradualmente sempre di più, secondo gli standard “normali” dell’epoca, che la medicina aveva e ha ancora il controllo. Ridefinendo costantemente il concetto di normale, secondo la condizione storica e le ideologie prevalenti di cui essi stessi fanno parte come soggetti della società, medici e ricercatori di tutti i tipi, attraverso gli anni, sono stati in grado di creare ed eliminare malattie e pazienti a piacimento.

Gli esempi sono molti e ben noti: La definizione dell’educazione come fattore di malattia per le donne del XIX secolo, il cui cervello, secondo gli studi medici ufficiali, era fatto per curare e non per avere molte esperienze e una vita sociale. La definizione dell’omosessualità come malattia, che è stata rimossa dal CDC dell’OMS alla fine degli anni 70. La moderna incriminazione e lo scrutinio del virus sessualmente trasmesso HPV nelle giovani donne con la scusa di collegarlo a casi di cancro, al fine di promuovere il vaccino Gardasil.

Inoltre, la pratica di salire e scendere i valori normali degli esami del sangue è nota per creare tendenze di malattia nel corso delle stagioni, come gruppi di persone senza sintomi sono improvvisamente definiti come malati, sulla base di nuovi indicatori. E non dimentichiamo che il nuovo campo che viene a definire ora e in futuro ciò che è normale e ad indicare nuovi probabili pazienti non è altro che i geni. Un capitolo enorme che abbiamo già discusso in passato come assemblea di Game Over, ma c’è ancora una grande mancanza di critica. Una mancanza resa ancora più evidente dall’imbarazzo e dal silenzio di fronte al recente cambiamento della legislazione sugli interventi genetici tramite i vaccini mrna.

Per quanto riguarda il trattamento, è anche noto, ma non chiaramente dichiarato, che in troppi casi la medicina, invece di curare, mantiene malattie e problemi in termini di dipendenza. Non contribuisce ad essere autonomamente sani, ma in gran parte a vivere legati a qualche farmaco. Secondo il CDC, negli Stati Uniti, tra il 2015-2018, l’85% della popolazione ha usato regolarmente da 1 a 3 farmaci da prescrizione, soprattutto antidolorifici, antidepressivi, antiepilettici, ormoni tiroidei e farmaci per la pressione e il diabete. Tutte queste malattie sono note per essere non trattabili dalla medicina moderna formale, solo regolate chimicamente. Il più delle volte, questi trattamenti correggono temporaneamente un valore, causando un malfunzionamento in qualche altra parte del corpo, per il quale si raccomanda un nuovo farmaco, e così via.

E così arriviamo ad un altro punto importante. L’incapacità di trattare la fonte del problema. Il farmaco corregge chimicamente la deviazione dell’indice da ciò che si definisce normale, ma non cura la causa della disfunzione, per cui la salute del paziente non viene ripristinata. Questo trattamento, di copertura temporanea dei sintomi, ha come principale indicatore di salute la produttività, cioè come andare al lavoro, prendersi cura della famiglia, ecc. In altre parole, come svolgere i nostri ruoli capitalisticamente utili e non come ripristinare il rapporto disturbato tra l’individuo e il suo ambiente, che – secondo molti punti di vista – porta al disturbo della sua salute.

Un altro fatto che viene sistematicamente nascosto è che i medici non hanno una conoscenza approfondita di una gran parte dei metodi e dei protocolli che applicano, con il risultato che molto spesso i metodi stessi portano più problemi, creano nuove malattie e persino morti. Esempi di errori medici e cattive pratiche, di cause per manipolazioni terapeutiche sbagliate, di casi in cui i farmaci sono stati sistematicamente prescritti nonostante i forti effetti collaterali si trovano in molti casi e non possono essere menzionati qui a lungo. Le più conosciute sono le infezioni ospedaliere da microbi “superuomini” come risultato delle pratiche ospedaliere e della sovramedicazione, ma anche gli effetti negativi dei trattamenti farmacologici e delle pratiche mediche aggressive per il corpo umano come le chemioterapie, i cortisonici, i vaccini sperimentali, ecc.

È ormai risaputo che la medicina non è stata ritenuta responsabile dei trattamenti o delle diagnosi sbagliate che ha fatto, se non forse dopo molti anni e senza i costi corrispondenti, mentre, al contrario, gli errori medici sono presentati come una normalità, come una parte inevitabile dell’evoluzione e del progresso della scienza. Secondo un articolo di Rachel Giesch, pubblicato dalla rivista canadese The Walrus nell’aprile 2012, si stima che il 7,5% dei canadesi ricoverati in ospedale ogni anno subisce un “evento avverso” e 24.000 di loro muoiono a causa di un errore medico.

Naturalmente, le infezioni contratte in ospedale non esisterebbero senza il grande ospedale. La medicina moderna è organizzata su larga scala in modo tale da favorire lo sviluppo di queste e molte altre malattie. Questa modalità di organizzazione è stata criticata da medici e pazienti, ma purtroppo i problemi hanno assunto proporzioni tali che sembra impossibile fornire soluzioni efficaci, se si suppone che queste possano essere trovate tra soggetti con interessi spesso contrastanti. Certamente, però, la risposta delle case farmaceutiche e degli Stati sembra andare verso una versione peggiore, abolendo gradualmente gli ospedali esistenti e diffondendo la logica della sperimentazione e del controllo costante per tutta la vita dei soggetti. Trasformando così la società stessa in un grande ospedale.

Attraverso il processo di costante espropriazione, alienazione e mediazione, che si traduce nella dipendenza assoluta di cui sopra, i soggetti diventano incapaci di gestire questioni molto semplici relative alla loro salute, con il risultato che la loro salute e il loro rapporto con il loro corpo a livello di vita quotidiana si deteriora costantemente. Secondo Ilic, “negli anni 70-80, nei paesi più poveri, molti più bambini sono morti di colera o diarrea perché non sono stati idratati in tempo con una soluzione semplice che sarebbero stati costretti a deglutire: l’assistenza era incentrata su una sofisticata idratazione endovenosa in un ospedale lontano”.

Medicina come capitalismo

La moderna medicina occidentale, come la conosciamo oggi, si è sviluppata in parallelo al capitalismo. E per farlo ha dovuto distruggere le conoscenze esistenti, rubare e reinterpretare altre conoscenze, e allo stesso tempo creare all’interno dei suoi stadi di sviluppo una formale educazione medica universitaria borghese. Qualunque conoscenza dei metodi terapeutici e qualunque concetto di salute si fosse formato nel corso dei secoli è stato espropriato dal capitalismo che, dopo aver distrutto i pezzi che gli erano inutili, ha mediato le relazioni preesistenti in modo tale che non potevano più sopravvivere senza di esso.

Naturalmente, poiché la medicina formale si è evoluta insieme alle fasi di sviluppo del capitalismo, capiamo come l’autorità e le procedure mediche siano state diverse per le donne guaritrici nella loro persecuzione e uccisione da parte della borghesia emergente, diverse per la classe operaia nell’Inghilterra del 1840 con i suoi comitati sanitari, e diverse per i malati mentali negli ospedali psichiatrici del XX secolo. Ora quello che vediamo nella moderna medicina occidentale è il risultato di questo lungo processo di rubare e distruggere conoscenze e relazioni e imporne di nuove sul modello del paradigma capitalista.

Come abbiamo detto, non possiamo guardare nulla al di fuori del contesto storico in cui si trova. Allo stesso modo, non possiamo non vedere la medicina occidentale contemporanea come un luogo in cui vengono investiti enormi capitali, che devono avere dei profitti corrispondenti. Profitti che appaiono sulle nostre vite e relazioni. La moderna medicina occidentale è quindi parte del moderno capitalismo, completamente intrecciata con esso, e come tale deve essere considerata.

I flussi di denaro, per esempio, che vengono investiti nel settore medico sono una condizione molto tipica, poiché promuovono in gran parte ricerche specifiche che producono i rispettivi risultati desiderati per i quali sono stati finanziati, e questo è un segreto comune negli ambienti scientifici da decenni. Questo modella molto il carattere della moderna medicina occidentale ufficiale. Dal precedente ciclo del capitale farmaceutico che aveva molta chimica e molte pillole, al nuovo paradigma farmaceutico/genetico che stiamo vivendo da un anno e mezzo in termini assoluti e dal finanziamento dei militari in tutto il mondo per la ricerca dentro e fuori le università all’esternalizzazione diretta dei farmaci alle loro controparti di ricerca, l’unica cosa certa è che quanto più si forma un capitalismo sanitario, la “salute” di esso è la nostra malattia e la nostra dipendenza da esso.

Estendendo il concetto di iatrogenesi, come menzionato prima, e cercando di vederlo nel presente, lo comprendiamo come un modello della nostra continua dipendenza dalla medicina formale moderna. E come qualcosa che ora coinvolge, al di là del vecchio paradigma medico-chimico, le moderne tecnologie mediche – che coinvolgono in gran parte tecnologie di ingegneria genetica – combinate con l’informatica e soprattutto i database (big data). Stiamo assistendo a un processo di accumulo primitivo perpetuo che è direttamente collegato all’appropriazione indebita quotidiana dei nostri dati sanitari e di come si intrecciano con gli altri dati delle reti sociali e delle applicazioni che usiamo ogni giorno e che sono obbligatoriamente a disposizione di stati/poliziotti/capi ed esperti. Questo è ciò che riconosciamo come la direzione della ristrutturazione del capitalismo, entrando nella quarta rivoluzione industriale. In altre parole possiamo vederlo come l’estensione della redditività capitalista universalmente, nei nostri corpi, con il veicolo della medicina e nel trasformare questo in un campo di redditività continua e perpetua. Un processo di sottomissione a un continuo aggiornamento biologico (che ovviamente avrà bisogno di certificati per provarlo) che non ha alcuna preoccupazione per la salute dietro, ma un chiaro tentativo di controllare, disciplinare ed estendere la redditività molto più in profondità nei confini dei nostri corpi e delle nostre vite.

Medicina come politica

La medicina nel capitalismo è stata fin dalla sua nascita uno strumento di legittimazione del potere e dell’esercizio della politica. Dai comitati di salute pubblica nell’Inghilterra del 1800 e i corrispondenti studi statistici sulla vita della classe operaia, ai controlli biometrici dopo l’11 settembre, l’attuazione brutale del totalitarismo moderno “per la salute”, e gli attuali comitati di esperti, con le loro misure “sanitarie”, esclusioni e quarantene. Possiamo vedere che la medicina è, tra l’altro, un potente strumento di politica, che registra, esamina il “problema” precedentemente definito e impone la sua soluzione.

Le relazioni sociali devono rendere conto al potere politico, nei termini e con gli strumenti dati dalla medicina. Questo governo in termini medici per decreto ha portato ad una mediazione capitalista di tutto lo spettro della nostra riproduzione sociale, in modo tale che non può esistere al di fuori di essa.

Qui vediamo di nuovo i Big Data, come una continua e dinamica organizzazione e controllo, non di corpi, ma di relazioni sociali questa volta. Gli stati moderni, che cercano di trovare e stabilire modi per estendere il loro controllo e potere universalmente in tutti i modi in cui viviamo.

E questo non solo per ragioni che hanno a che fare con le loro rivalità reciproche, ma anche con la ristrutturazione che sta accelerando in una crisi capitalista sempre più intensa. Se prendiamo coscienza di questo, potremo anche vedere il ruolo centrale che la medicina e i suoi specialisti hanno assunto in questo processo.

Un ruolo che legittima chiaramente le autorità politiche, per bocca di specialisti, a fare tutto quello che vogliono negli ultimi due anni. La moderna medicina ufficiale occidentale non solo ha fornito la base politica per l’introduzione della quarantena e di tutte queste misure di limitazione delle libertà che sono state imposte dall’oggi al domani, ma – cosa più importante – ha anche posto le basi per la formazione della “nuova normalità” dopo la quarantena.

Intendiamo questo processo come una relazione duale che coinvolge la redditività all’interno del capitalismo, ma anche la politica. La politica (o meglio gli stati, in quanto rappresentanti collettivi del capitale e dei padroni) si occupa della redditività del capitale, parlando specificamente del capitale medico-farmaceutico, e questo rispettivamente si occupa di essere il veicolo per la ristrutturazione del capitalismo che, come abbiamo detto prima, ha bisogno della sua estensione nei nostri corpi e relazioni per non solo la redditività, ma anche una trasformazione in un modello totalitario di governo.

Epilogo

Sperimentando nel nostro tempo la completa dipendenza dal sistema medico, una dipendenza costruita sul furto e la distruzione di qualsiasi metodo diverso di trattamento, è fondamentale cercare di recuperare un pezzo dello spazio perduto demistificando la narrazione dominante della medicina ufficiale sulla salute, la malattia, il trattamento e la prevenzione. Essere in grado di discernere i difetti e le inadeguatezze di questo sistema piuttosto che chiudere un occhio per paura o per mancanza di soluzioni diverse. Riuscire a reificare questi concetti con contenuti molto più vicini alle vite che vogliamo vivere e alle relazioni che scegliamo di costruire, e riuscire a capire e rifiutare un linguaggio scientifico che insiste a oggettivarci per affermare il suo potere su di noi.

Dopo quello che è successo dal marzo 2020, e vedendo che c’è un vuoto molto grande di critica di tutto ciò che è stato imposto a tutti noi in questo tempo in occasione di un virus, abbiamo voluto fare questo contributo, non per convincere, ma più per riflettere e dare se possibile alcuni strumenti metodologici, contro la piaga emotiva e intellettuale che incontriamo ogni giorno dai nostri lavori alla nostra socialità. Ma soprattutto per riflettere contro la fiducia con cui parla la medicina ufficiale moderna, e coloro che sottoscrivono questa narrazione dominante, in cui dobbiamo tacere.

Quando si parla di medicina, si cerca di parlare di un metodo, di una condizione (una circostanza storica) e di certi processi nel tentativo di decostruirli, di capirli e di vedere cosa sta succedendo.

Quindi è importante che possiamo allontanarci dalle discussioni sulla carica virale e riportare la questione a quando pensiamo di essere sani e quando pensiamo di non esserlo. A come vogliamo essere trattati e a come non lo vogliamo e che il trattamento deve avere la nostra conoscenza e il nostro consenso e non imposizioni ed esclusioni. Questo, non solo per avere gli strumenti per rivendicare questo dal basso, ma anche per avvicinarci a ciò che la guarigione e la malattia significavano prima che fosse alienata come concetto dalla medicina ufficiale del capitalismo, e per poter resistere collettivamente alla paura che ci impone il silenzio e l’isolamento.

In conclusione, crediamo che sia molto importante avere posizioni e contenuti propri su questi temi, altrimenti seguiremo ciò che lo Stato ci dice ogni volta attraverso i suoi media e i suoi esperti, senza riuscire a capire perché una cosa del genere possa essere intesa a svalutare, controllare e distruggere le nostre vite e relazioni. Solo attraverso un processo di critica e messa in discussione saremo in grado di vedere anche la condizione attuale del quid (o qualsiasi quid possa venire dagli esperti del futuro (immediato)) dalla nostra prospettiva, con i nostri strumenti, con comprensione reciproca e non cannibalismo.

Game Over, https://www.gameoversite.net/
Atene, Novembre 2021

Pubblicato in L’Urlo della Terra, num.10, Luglio 2022