Quando la piattaforma biomedicale dello Stato decreta la morte. Archie ucciso «nel suo miglior interesse»

Quando la piattaforma biomedicale dello Stato decreta la morte
Archie ucciso «nel suo miglior interesse»

Un bambino dodicenne di nome Archie è stato assassinato dal sistema medico e dal sistema giudiziario britannico lo scorso 6 agosto. Tre mesi prima Archie era entrato in coma a causa di un danno cerebrale derivato da soffocamento mentre prendeva parte a una sfida sui social nota come Sfida del blackout. La sfida prevede che i giovani tentino di strangolarsi con alcuni oggetti, arrivando a svenire.

Le sentenze che si sono succedute per tutti i gradi di giudizio dei tribunali britannici hanno decretato all’unisono di staccare il ventilatore, anche se il bambino non era in uno stato di sofferenza, con la motivazione del «superiore interesse del bambino».

È sempre il miglior interesse del minore la chiave di volta per far accettare o imporre come unica possibilità praticabile le prescrizioni di ingegneria sociale. Giustificazione che ritroviamo anche nelle rivendicazioni a sostegno della così detta gestazione per altri che porta alla cancellazione della madre, colei che ha portato avanti la gravidanza.

Tutti i gradi di giudizio hanno stabilito che non poteva essere la famiglia a decidere se tenere in vita il bambino, ma i medici, considerati gli unici a poter valutare il suo «migliore interesse». Il giudice ha basato la decisione sull’opinione dei medici secondo cui era «probabile o molto probabile» che Archie fosse morto. Tuttavia, ciò che è probabile non è certo e il cuore di Archie continuava a battere.

Erano stati i medici a chiedere alla magistratura di giudicare se fosse giusto continuare a tener in vita – quindi non era morto – il bambino con la ventilazione artificiale. I medici infatti erano certi che il bambino non avesse possibilità di guarire.

Quando una persona entra in coma il sistema tecno-sanitario interviene con i suoi parametri per decretare la morte cerebrale (requisito necessario per la predazione degli organi da un corpo vivo)1. Per lo Stato e per il sistema medico questo significa che si è già morti, nonostante che il cuore continui a battere e nonostante che la morte cerebrale non sia la morte clinica, la quale consiste nella cessazione di tutte le funzioni vitali.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo a cui si erano rivolti i genitori decise di «non interferire» non tenendo conto dell’opposizione dei genitori, dei ricorsi legali e di una protesta a livello internazionale.

Alle autorità giuridico – sanitarie i genitori avevano richiesto di trasferire il figlio in altre strutture ospedaliere anche in altri paesi che si erano offerte di prendere in carico il bambino. Tutte richieste prontamente negate.

Come ultima possibilità i genitori avevano presentato un ricorso all’Alta Corte britannica per trasferire il figlio in un hospice per malati terminali prima che venisse sospeso il trattamento che lo manteneva in vita. Anche per questa richiesta il giudice, supportato dalla scienza medica, ha concluso che non era nel «miglior interesse del bambino» essere spostato: «Gli interessi di Archie restano al centro di qualsiasi conclusione raggiunta da questa Corte. Considerando i desideri della famiglia, i motivi di questi desideri, le strutture dell’hospice, che cosa il bambino avrebbe probabilmente voluto, i rischi del trasferimento, la crescente fragilità della sua condizione medica, il suo migliore interesse sussiste, come detto nella sentenza del 15 luglio, nel rimanere in ospedale quando il trattamento verrà sospeso»2. Il giudice che decreta la morte si era posto la preoccupazione di uno spostamento che avrebbe potuto aggravare le sue condizioni…

Qual’è il motivo per cui è importante soffermarsi su questa storia? A cosa è utile?

Sicuramente non è nostra intenzione sostenere l’accanimento terapeutico, perpetuato ancora una volta dal sistema tecno-medicale, con motivazioni che apparentemente rimandano alla vita, ma che sono al contrario il tentativo di superamento di questa e della non accettazione della morte come parte integrante della vita stessa per trasformare i corpi in apparati: il sistema tecno-scientifico che tratti di vita o di morte ha un unico paradigma cibernetico a cui fa riferimento.
Ormai è un fiume in piena il paradigma tecno-medicale che va verso la totale disumanizzazione utilizzando l’aspetto sanitario per intervenire radicalmente su ogni aspetto dell’esistenza. Già con la dichiarata pandemia abbiamo visto questi processi disumanizzanti correre veloci: non era permesso visitare in ospedale i propri cari e nemmeno dare l’ultimo saluto nei casi più gravi, impedimenti ad oggi in vigore per coloro che non siano pluri inoculati. Ci stanno abituando e assuefando ad un presente di eccezionalità in cui vita e morte non sono più aspetti cardine dell’esistenza, ma in via di risignificazione nel nuovo paradigma cibernetico e transumanista.

Storie come quelle di Archie servono ad abituare al prossimo futuro in cui le persone ritenute non più utili o non più adatte potranno essere scartate, rese obsolete, eliminate in base a determinati criteri emanati di volta in volta da protocolli sempre più deresponsabilizzanti per chi li emana.
Le vite di quelle persone diventeranno «vite indegne di essere vissute» come quelle così definite nella Germania di Hitler, grande discepolo delle teorie eugenetiche angloamericane.

Un avvenimento come questo porta necessariamente urgenti riflessioni che leghino i processi in corso, rendendosi conto che non abbiamo difronte dei singoli episodi, ma passaggi atti a modificare irrimediabilmente il presente.

Dirottati verso la Grande Trasformazione che sempre più spossessa i singoli del potere sul proprio corpo a meno ché le libertà rivendicate non rientrino nei programmi gender e di ingegnerizzazione degli stessi corpi. Un processo che sta andando verso un controllo e una gestione totale dei figli da parte di un sistema tecno-medico, come ben delineato dai nuovi programmi di destrutturazione comunitaria che mirano a distruggere tutto ciò che possa dare coesione e solidarietà.

I figli e le figlie non saranno più dei genitori, ma di un apparato che, attraverso i suoi tecnici e specialisti, decreterà di conoscere meglio dei genitori stessi quale sia il miglior interesse del bambino in ogni momento della sua esistenza, a partire dal periodo pre-natale.
Ideologia gender nelle scuole, diagnosi pre-natali, trattamenti sanitari, digitalizzazione verso una presa in carico dei bambini fin da piccolissimi per spezzare il legame con la famiglia e con la comunità al fine di farli diventare atomi isolati più docili per il nuovo modello di essere umano che si va a costruire.
Significativa in questa direzione la proposta, del Partito Democratico, per l’obbligatorietà della scuola dell’infanzia, tema in realtà in agenda da più tempo, come emerge dall’associazione Treellle, un think tank fondato da Agnelli nel 2001 al fine di dirigere le scelte in ambito educativo. Questa associazione comprende una serie di esponenti dell’élite appartenenti a vari ambiti a cui è affidata l’elaborazione delle politiche e delle riforme scolastiche.
In agenda sono previsti l’estensione dell’obbligo scolastico e l’orientamento scolastico vincolante all’uscita della terza media.
In un documento del 2019 di Treellle leggiamo: «[…] la nostra proposta ipotizza un radicale anticipo nell’inizio dell’obbligo ed un tempo lungo per tutti. Quando si inizia la scolarità a sei anni, le differenze indotte dall’ambiente familiare e sociale di origine si sono ormai saldamente radicate. Anche a tre anni, quando inizia la scuola per l’infanzia, è probabilmente tardi: il linguaggio, per esempio, si struttura a partire dai due. Per problematico che possa risultare, bisognerebbe prendersi cura dei bambini ancora prima, se possibile non più tardi dei due anni, ed immergerli per buona parte della giornata in un ambiente formativo che tenda a contrastare gli eventuali condizionamenti familiari negativi. È ovvio che l’effetto di una tale misura sarebbe tanto più positivo quanto più deprivato fosse l’ambiente sociale ed economico di partenza. È inutile illudersi che le differenze si possano azzerare del tutto: neppure se i bambini fossero sottratti alla famiglia di origine subito dopo la nascita, dato che le caratteristiche cognitive e caratteriali proprie di ciascuno agirebbero comunque. Ma almeno bisogna lasciar loro il minimo di chances; solo così si possono legittimamente progettare livelli diversi di successo formativo individuale, modellati sulle caratteristiche personali insopprimibili e non su quelle sociali acquisite.
Una volta che si è fatto tutto per ridurre al minimo il peso di una problematica eredità sociale, prendere atto delle differenze rimaste è al tempo stesso una scelta di saggezza ed un modo per dare comunque a ciascuno la possibilità di arrivare il più vicino possibile ai propri limiti superiori. Se quell’eredità avesse avuto invece il tempo di consolidarsi, l’assumerla come criterio per disegnare il percorso formativo di ciascuno sarebbe socialmente iniquo»3.

Per quanto riguarda l’orientamento vincolante: «in una fase transitoria, per far “digerire” la novità, si può pensare ad una istanza di appello di secondo livello, davanti a cui le famiglie potrebbero portare eventuali motivi di opposizione alla scelta indicata dalla scuola. Sedi di appello che dovrebbero essere “terze”, cioè composte di rappresentanti delle scuole e delle famiglie e non dai diretti interessati».

Insomma, il senso è chiaro: solo gli esperti potranno valutare e decidere a discapito delle aspirazioni e dei sogni del ragazzo e della ragazza e la famiglia sarà considerata inadeguata per capire e consigliare i propri figli. Ma ci sono degli ulteriori passaggi su cui è importante soffermarsi: non sarà possibile opporsi né all’asilo obbligatorio né all’orientamento vincolante e già dai due anni i figli dovrebbero essere allontanati dalla famiglia e dall’ambiente in cui vivono per essere immersi in un ambiente scolastico dal pensiero unico.

Il laboratorio degli orrori di Bibbiano insegna quanto sia centrale tentare di dimostrare l’inidoneità della famiglia di origine nel prendersi cura e nell’educazione dei propri figli. Famiglia oggi, dai progressisti di sinistra, considerata retrograda nella sua volontà di essere corpo unico con i propri figli e quindi da riformulare e rimodellare dai riprogrammatori della nuova umanità sintetica.

Senza passato, memoria, continuità, rituali, radicamenti, legami è resa possibile una destrutturazione della realtà, frammentata e fluida come deve diventare ogni essere umano nel nuovo ordine post-umano. Ma, prima di questo, è necessario cancellare nelle menti e nei cuori il senso stesso dei legami familiari, comunitari e solidali.

La famiglia costituisce ancora – ma per quanto tempo? – uno scudo e una protezione contro l’atomizzazione e la precarietà degli individui. Nello stesso tempo, la famiglia può essere il luogo di violenze e disuguaglianze, ma dobbiamo per questo dire che la famiglia è necessariamente oppressiva e iniqua? Si possono contrastare violenze e disuguaglianze e si possono concepire forme di solidarietà che superino il quadro familiare immaginando altre figure oltre ai genitori che abbiano un posto importante nella vita e nell’educazione dei bambini. Per quest’ultimo aspetto basterebbe riscoprire il ruolo dei nonni e degli anziani in generale in seno a una comunità. Ma – cosa che sfugge a molti di coloro che si dibattono riguardo a questi temi inveendo contro la famiglia – fin quando non avremo costruito queste nuove comunità umane di cui si discute, la distruzione della famiglia produrrà individui esclusi da ogni cellula elementare di solidarietà.

Le nuove generazioni saranno il banco di prova per il nuovo ordine mondiale, per questo è così centrale strappare i figli dalle famiglie, per consegnarli a tutori che li plasmeranno secondo i nuovi dettami.

Il grido delle madri che si è levato dalle piazze durante i mesi scorsi: Giù le mani dai bambini, contro i sieri genici a difesa dei figli e delle nuove generazioni, è un monito verso l’erosione che sta arrivando e possiamo essere certi che ben altre minacce non tarderanno, ma naturalmente, a detta loro, per il miglior interesse del bambino.

Settembre 2022, Resistenze al nanomondo

Note:

1Per maggiori informazioni: Lega Nazionale Contro la Predazione degli organi e la Morte a Cuore Battente, www.antipredazione.org

2https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/08/05/archie-battersbee-respinto-lultimo-ricorso-dei-genitori-lalta-corte-nega-il-trasferimento-in-un-hospice/6753782/

3Treellle, Il coraggio di ripensare la scuola, Quaderno n.°15, Aprile 2019, http://www.treellle.org/files/lll/Quaderno_Q15.pdf

Il Metaverso come il migliore dei mondi possibili

IL METAVERSO COME IL MIGLIORE DEI MONDI POSSIBILI

La fuori le Big Tech stanno correndo, anzi, al momento ancora la dentro nel chiuso dei loro laboratori, ma non ancora per molto. Si apprestano a fornire soluzioni, ma soprattutto prospettive al dopo emergenza sanitaria. Non tanto come la fine di una fase e la creazione di un’altra, piuttosto è la continuazione della precedente: proprio la dichiarata emergenza sanitaria rinominata pandemia ha permesso quell’accelerazione che sta permettendo inediti tempi e velocità, ma soprattutto possibilità uniche nella possibilità di trasformare il mondo.

I lunghi mesi di chiusure con i vari confinamenti che si sono susseguiti nel tempo sono stati un ottimo campo sperimentale per capire come ideare una completa immersione nel mondo digitale, per capire quali resistenze vi sarebbero state e dove sarebbe subentrata l’abitudine e, soprattutto, negli ambienti di lavoro per comprendere gli effetti del nuovo addestramento che si andava applicando.

Il proseguo dello stato di emergenza dato dalla guerra con il suo continuo rischio atomico paventato continuamente aggiunge nuove paure e inquietudini, aumenta il malessere e la confusione, abitua a costruire e indirizzare odio e rancore dietro indicazione. Come già vi era abitudine a odiare i non inoculati o chi semplicemente metteva dubbi sulla narrazione ufficiale legata alla dichiarata pandemia. Ma, nel mentre, vi è distrazione tra i più e i tecnocrati spingono veloci per nuovi processi digitali, progettano e organizzano il mondo che abbiamo intorno, senza risparmiarsi nessuna possibilità e sfera di intervento, che sia lo spazio o il nostro genoma. La rete 5G ben lontana da aver dimostrato ancora le sue potenzialità a pieno regime alza il suo livello di irradiazione e si appresta a permettere quelle connessioni super veloci, istantanee in tempo reale necessarie all’Internet delle cose e alla Smart city. Ma soprattutto alimenta il nuovo mondo di Facebook, rinominato Meta, che si appresta ad aprire al Metaverso: quel processo di realtà virtuale e aumentata che fluidamente comincia a circondarci senza dare più via di scampo dai suoi imperativi inderogabili e nella sua costruzione di emozioni sintetiche che vogliono presto sostituirsi al mondo relazionale.

In precedenza eravamo soliti considerare la realtà virtuale come un qualcosa in cui si decideva di accedervi per poi uscirne, avendo chiara percezione del momento di entrata e uscita e passando sempre da una concessione personale. Quello che si apre invece con la realtà aumentata è qualcosa di molto diverso: si può concretizzare il Metaverso nella sua più ampia estensione. Mancava il momento giusto e anche l’infrastruttura per far si che certi strumenti potessero iniziare la loro diffusione. Quello che è avvenuto con i Google Glass è considerato come un totale fiasco, ma forse non è andata proprio così. Gli occhiali ad immersione virtuale non hanno avuto grande successo in un ampio pubblico, ma sono stati trasferiti in parecchi ambiti lavorativi, soprattutto fabbriche in attesa di tempi migliori. Questa tecnologia, che va oltre un semplice occhiale, è stata solo prematura. Questo giocattolo virtuale, perché nasceva proprio con questa impostazione, adesso è pronto per trasferirsi anche all’esterno, nella vita di tutti i giorni: sia in libertà di circolazione, sia soprattutto con i nuovi confinamenti che ci rinchiuderanno in ambienti domestici limitando i nostri orizzonti.

Se si guarda solo a quello specifico occhiale ad alta tecnologia si rischia di farci sfuggire il progetto nel suo insieme, perché è evidente che un programma simile per funzionare necessita che cambi anche il mondo e la percezione che noi abbiamo di esso, di noi stessi, di chi abbiamo intorno e della Natura. Quel mantra tecnocratico ripetuto all’inverosimile durante la dichiarata emergenza sanitaria “non torneremo più alla normalità di prima” è il segnale che ci siamo. Le agende nazionali e internazionali, gli stessi accordi tra paesi, non hanno avuto luogo pensando alla salute pubblica, neanche hanno fatto finta, sono andati dritti verso il vero scopo: la Grande Trasformazione che passa dalla totale digitalizzazione e sorveglianza di ogni ambito della nostra esistenza.

Per arrivare a far si che si realizzi questa Grande Trasformazione serve sicuramente consenso, ma anche questo è un ambito ormai probabilmente superato, in questi anni abbiamo visto instillare paure, ricatti e terrore, non troppo da paralizzare, ma abbastanza da creare obbedienza, con tanto di processi ‘punizione e ricompensa’: finalmente i tecnoscienziati sono riusciti a far fruttare gli studi psichiatrici sui primati in contenzione. Vogliono influire con un contributo fondamentale che potrà sembrare un accompagnamento verso nuovi mondi virtuali dove non solo sarà desiderabile immergersi, ma bisognerà anche crederci. Per questo vi è in atto una demolizione totale delle precedenti forme di esistenza: come si viene al mondo, scuola, lavoro, relazioni, famiglia, cibo, stili di vita… per far posto al nuovo individuo fluido, incapace di esistere senza il sostegno di apparati. Se l’esistenza si spalma in un’infinità di possibilità sintetiche e mondi alternativi che non guardano più gli angusti limiti della carne ecco allora che il Metaverso non sarà un incubo, ma un sogno.

Già la protesi del cellulare ha fatto da apripista nella direzione della nostra schiavitù digitale spianando la strada ai nuovi media. Il passaggio all’inseparabile smartphone che ci ha trasformato in appendici tecnologiche umane è stato tutto sommato abbastanza breve, adesso vi è già lo Smartwatch e presto nuovi strumenti ottici come degli occhiali che riprenderanno la strada dei Google Glass per farci immergere nella realtà aumentata. Ancora una volta, come era già accaduto per lo smartphone, un’infinità di possibilità sembrano aprirsi di fronte a noi, percezione data dall’infinità di applicazioni che giovani programmatori in felpa e cappuccio hanno sviluppato per noi. Tutto per rendere lo spazio intorno a noi più fruibile e inclusivo, le relazioni più veloci e quantitativamente maggiori. Tutti aspetti, o molti di questi, anche assai banali, ma è proprio su delle banalità che la Grande Trasformazione si sta attuando. Pensiamo alla nuova rete 5G, inizialmente abbiamo visto qualche spot pubblicitario di operazioni chirurgiche da remoto, nell’immaginario più allargato però è bastato promettere che sarà possibile scaricare film e musica in tempi rapidissimi. È evidente che si sta pensando alle persone più giovani e sono proprio sui giovani che contano gli artefici della Grande Trasformazione, anche se a tirare le fila nell’èlite tecnocratica molti di questi sono dei vecchi che nella loro parte carnea non crioconservata si credono illimitati.
Lo stesso smartphone rappresenta una vera protesi multifunzionale da cui non ci si separa mai, va ben oltre la sfera personale, è uno strumento intimo che ci segue passo passo. Sanno ormai anche i bambini che è uno spione algoritmico ma non importa, va in camera da letto, in bagno, ovunque si interrompe quello che stiamo facendo per consultarlo o, forse sarebbe giusto dire, per permettere allo strumento di consultare noi. Lo smartphone è come un distributore automatico, ma le sorprese non le troviamo nello strumento, queste vengono prodotte dall’organismo umano sotto forma di dopamina. Quella modalità spesso compulsiva di controllare continuamente lo strumento va ben oltre la ricerca di socialità che nella vita reale è sempre più scarsa, piuttosto si cercano continue ricompense in andata e ritorno dalle piattaforme social. Se tutto questo parte da un fattore economico, dovuto ovviamente alle pubblicità ufficiali e non, la chiave di lettura di questo processo va però cercata altrove. Più il mondo intorno a noi si fa connettivo più a nostra volta siamo chiamati ad esserlo, ogni nuova App che annuncia la sua comparsa è tempo in più da concedere al terminale cellulare o tempo da dedicare alla tecnosfera degli apparati. Non vi è alternativa possibile, se le visite in un museo sono interattive con un continuo accompagnamento carico di input stimolatori non è possibile sperare che vi siano momenti dove vi sia la possibilità di raccogliersi in silenzio e con il tempo necessario frutto esclusivo del proprio desiderio di viversi appieno un’opera d’arte. Questi processi, nel mentre offrono un milione di possibilità spesso tra l’altro ingestibili e soprattutto non processabili dal nostro cervello, distruggono la precedente memoria o semplicemente azzerano altre possibilità rimuovendole come obsolete: le strutture di un’antica chiesa e di un museo con i loro lenti e unici momenti di raccoglimento spirituale e artistico nel mentre si fanno interattive diventano semplicemente inconciliabili con il mondo precedente. Mc Luhan scriveva: “Ognuno fa molte più esperienze di quante ne capisca. Tuttavia è l’esperienza, più che la comprensione, a influenzare il comportamento”. Il mondo che prospetta il Metaverso è una continua sollecitazione algoritmica che inizia dal momento che attiviamo le protesi che nel caso della realtà aumentata sono dei visori. Questi strumenti funzionando con l’intelligenza artificiale si nutrono letteralmente della nostra quotidianità, non tanto perché imparano, questo è un processo umano, ma piuttosto quantificano statisticamente, assimilano dati e informazioni che produciamo per poi anticipare e sollecitare la nostra esistenza trasformandoci in spettatori passivi della nostra stessa vita. In questi passaggi nell’etere in tanti comprano e vendono queste informazioni, in un vero e proprio mercato virtuale che corre con il 5G. Gli orizzonti sembrano allargarsi, ma mai il mondo è stato tanto triste, stretto e angusto come le mura di una prigione.

Si vuole arrivare ad un superamento dello strumento portatile e indossabile. Lo smartphone lascerà lo spazio ad un visore, ma la vera direzione è di arrivare con tecnologie definitive a una protesi impiantabile direttamente nei corpi, trasformandoli in corpi comunicanti. Questi passaggi si stanno facendo già maturi e magari, come è avvenuto con lo smartphone, vi saranno periodi intermedi con più tecnologie diverse o miste. Questo cambiamento, interessando praticamente ogni parte del mondo, non avverrà certo allo stesso modo e con gli stessi tempi, ma questo scomparire dello strumento comporta che noi stessi ci facciamo strumento: la protesi sostituisce il corpo. Dove vi è gratuità del servizio significa che il prodotto siamo diventati noi. Nel Metaverso lo schermo che guarderemo e tracceremo continuamente non sarà quello di un piccolo smartphone, ma la stessa realtà che ci circonda, il contenuto digitale si trasferisce nella realtà fisica. La tecnologia immersiva promette di ricreare mondi alternativi, cominceremo presto a vedere questi passaggi nelle Smart city, ma non solo tutti gli ambiti ne saranno toccati – lavoro, scuola, università, cultura, cosiddetto tempo libero ecc…. – si va verso una progressiva scomparsa delle interfacce come con la televisione dove è ancora netto il contenuto dato e chi ne usufruisce. Nell’immersione totale della realtà aumentata è l’uomo ad essere nello stesso tempo contenuto e costruttore di contenuti. La stessa sfera emozionale non solo ne è rivoluzionata, ma proprio sconvolta, perché la costruzione di realtà fittizia di cui si sarà circondati si confonderà perfettamente con il mondo reale, e forse anche di più, se si pensano ai trucchetti che le stesse case dei videogiochi potrebbero realizzare per sequestrarci completamente con continui input a cui il nostro cervello non è abituato. Nell’immersione virtuale non vi sono vere emozioni e non vi è pensiero, tutto è ricreato e dato secondo quello che la macchina ha calcolato essere il nostro desiderio. La nostra è un’interazione fittizia, come guidare una macchina a guida autonoma con un percorso preimpostato.
Jaron Lanier, uno dei fondatori della prima startup della storia che si è occupata di realtà virtuale, nel suo libro Down of the New Everything descrive così le possibilità di queste tecnologie: “una delle frontiere scientifiche, filosofiche e tecnologiche della nostra era. Un mezzo per creare illusioni così complete da farti credere di essere in un posto diverso, magari un luogo fantastico, alieno, con un corpo che non ha più nulla di umano. Ma allo stesso tempo è anche la tecnologia che permette di capire meglio cos’è davvero un essere umano, sia cognitivamente che percettivamente”. Sono proprio queste prime impostazioni che hanno poi dato il via ad una serie di ricerche e di studi con un continuo fiorire di aziende e centri sperimentali. Anche se è recente la svolta di Facebook in Meta, questa multinazionale già da tempo ha indirizzato la propria attenzione verso i mondi virtuali, non solo con acquisizioni miliardarie di aziende del settore come la Oculus VR specializzata in visori, ma investendo nella ricerca cifre annue che si aggirano verso i dieci miliardi di dollari, investimenti sempre in crescita. Nel 2015 Zuckerberg in un messaggio ai suoi azionisti spiega con chiarezza le loro intenzioni: “La nostra visione è che realtà virtuale e aumentata saranno le prossime piattaforme informatiche dopo lo smartphone, e questo entro i prossimi dieci anni. Saranno ovunque, anche più dello smartphone, in quanto le indosseremo sempre, in particolare la realtà aumentata. Saranno più naturali dello smartphone, in quanto utilizzano per l’interazione con il digitale i nostri meccanismi naturali di visione e gestualità. E possono anche essere più economiche, in quanto quando avremo un buon sistema di AR/VR, non avremo più bisogno di comprare telefonini, televisioni, o molti altri oggetti fisici diventeranno semplicemente applicazioni di uno store digitale”. In un altro discorso entra nel vivo dei sogni artificiali che si apprestano a creare: “Tra qualche anno le persone saranno in grado di sentirsi come se fossero nella stessa stanza anche a centinaia o migliaia di chilometri di distanza. La realtà aumentata e la realtà virtuale sono il futuro”.

Con il miglioramento delle tecnologie, in particolare si parte da quella dei videogiochi, si va verso un mondo virtuale sempre più efficace nel sostituirsi alla realtà reale. Lo strumento virtuale nella mente umana viene meno e l’immersione nella realtà aumentata sempre più realistica prende il sopravvento in un’immersione sempre più totale. All’improvviso tutto si fa possibile, qualsiasi desiderio può essere appagato come nel mondo fisico e oltre il mondo fisico. Sappiamo di essere immersi, ma presto il passaggio tecnologico viene meno dalla nostra sfera cognitiva e siamo un tutt’uno con lo spazio virtuale che ci accompagna in mondi nuovi. Senza essere esperti in psicanalisi è evidente che processi simili, come già era stato visto con il forte uso dei social media, telefonino ecc…, hanno forti conseguenze non solo nella sfera della nostra salute, ma anche su quello che è possibile fare della stessa mente umana. Con queste tecnologie immersive piene di input e schock simulati si può ridurre ad un colabrodo la nostra sfera emotiva rendendola o dipendente da quel tipo di sensazioni artificiali o nel tempo incapace di distinguere il reale dal fittizio. Il tempo del corpo e il tempo dello spirito è destinato a sparire per far posto al tempo della macchina, della protesi che è incarnata in noi. Continui input ci sollecitano, ci dirigono, ci coccolano in modo sempre più persistente, una miriade di informazioni si appresta a sommergerci: non sono spunti per pensare, troppo veloci, qualcuno ha già calcolato per noi lasciandoci sempre indietro. Non ci resta che levigare la nostra esistenza e seguire il terminale che ormai ci conosce e che promette di conoscerci più di noi stessi.

Il cambiamento di Faceebook in Meta, in una Metaverse Company come l’ha definita Zuckerberg, è da considerare quindi come l’inaugurazione di un progetto che aspettava di poter uscire allo scoperto, dove, con estrema chiarezza, si indicano quelle che saranno le direzioni nei prossimi anni che non si limiteranno ad un radicale cambiamento dei social media, ma di tutta l’infrastruttura di internet. Anche gli altri grandi del digitale della Silicon Valley come Google e Apple non sono da meno continuando a perfezionare i loro software di realtà aumentata usando lo smartphone come trampolino per arrivare dove vogliono. Per queste compagnie il cammino verso il Metaverso necessita di continuo addestramento con l’inseparabile protesi mobile.

Il Metaverso promette di far evolvere in modo radicale l’interpretazione del reale, trasferendo le nostre sensazioni e i modi di relazionarci in queste nuove piattaforme virtuali che ne rappresentano l’accesso. Apparentemente saranno un clone della vita reale, ma con le enormi possibilità della realtà aumentata. Come ogni tecnologia che lavora a stravolgere le nostre esistenze anche il Metaverso costruisce la sua narrazione solidale, ecologica, inclusiva, genderfluid, ma soprattutto con una particolare attenzione per la salute. Considerato che ormai da qualche anno dalla dichiarata pandemia non siamo più usciti fuori dalla categoria di paziente a cui è necessario prestare continuamente attenzioni e monitoraggio algoritmico. Ovviamente lo sviluppo senza precedenti dell’infrastruttura digitale ha dato un’enorme accelerata a tutti questi processi. Per gli effetti legati ai problemi psicologici legati alle chiusure imposte dei mesi scorsi il responsabile di un gruppo di ricerca sulla realtà virtuale Giuseppe Riva descrive così le loro aspettative: “La realtà virtuale di Covid Feed Good restituisce un luogo, per quanto digitale, alla gente. Un luogo dove poter riflettere, dove poter innescare elevati livelli di efficacia personale, un luogo che, grazie al senso di presenza e al coinvolgimento emotivo della realtà virtuale, permette di raggiungere un alto grado di autoriflessione. In poche parole, Covid Feed Good aiuta la gente a cambiare”. Quindi in questo caso abbiamo una realtà virtuale atta a distrarci, confonderci, ma sempre Riva prosegue: “Covid Feed Good permette di vivere le sfide imposte dal virus come una concreta opportunità di cambiamento, diventando delle persone migliori”.

Sempre in campo sanitario la realtà virtuale promette di intervenire anche nel campo delle neuroscienze per risolvere problemi alimentari come l’anoressia, altre problematiche legate alla sessualità, ansia, stati di panico e in generale nella sfera del dolore. Come già abbiamo sentito in questi mesi andiamo verso opportunità di cambiamento, quel cambiamento che necessita di sempre nuove emergenze per fare passi avanti, per crescere e imporsi come ineluttabile.

Quando questi tecnoscienziati insediano le loro startup quelle che per loro sono possibilità invece per tutti gli altri è l’inizio di un incubo reale. Parlano di alleviare il dolore, ma sono pronte a fomentare l’odio come abbiamo visto recentemente in quei videogiochi di guerra utilizzati nel conflitto tra la Russia e l’Ukraina, utilizzati ampiamente dalla Nato a fini di propaganda, dove possiamo essere certi che le compagnie fornitrici sono sempre le stesse.

Secondo Stefano Moriggi, esperto in didattica digitalmente aumentata, bisogna passare da una scuola costruita intorno alla tecnologia del libro a una scuola costruita intorno alla conoscenza e all’interattività della Rete, dove grazie alle nuove tecnologie la classe si trasforma in una piccola comunità di ricerca. È evidente che la mentalità da startup va per la maggiore, nonostante le rassicurazioni dei sindacati in gran parte complici della Grande Trasformazione un numero incalcolabile di persone è destinato nei prossimi anni ad essere escluso dalla società per poi passare a pratiche molto peggiori. Nel 2018 in Cina con il suo Credito sociale premiale 23 milioni di persone non hanno potuto viaggiare per un punteggio sociale troppo basso.

Queste tecnologie immersive non vanno verso il cambiamento delle società, ma ne rappresentano uno degli assi principali qui e adesso, sono il nuovo cambiamento delle società. Perché sono l’interfaccia nel nuovo paradigma cibernetico di computer nello spazio che si sta diffondendo in ogni ambito, smaterializzano la fisicità per restituirci la gestione delle nostre vite, ma non più il possesso di queste. Dove l’interfaccia si appresta a divenire trasparente si passa da quella che era un’interazione con il digitale all’esperienza del digitale. Il Metaverso ci trasferisce verso un’esistenza fluida dove ci possiamo traghettare verso le possibilità del cambiamento. Questo nuovo mondo cibernetico che si appresta a prendere possesso prima degli spazi e poi dei nostri corpi trova la sua massima possibilità in un contesto di paura sanitaria e di distanza: sono ovunque, posso fare qualsiasi cosa, ma di fatto sono sempre al solito posto. Una tecnologia ottima per tempi di coprifuoco e di perenni emergenze dove la mobilità reale è ridotta, ma non quella dei dispositivi. Un intrattenimento continuo soprattutto per giovani e giovanissimi. E per gli anziani? In principio per tutelarli ovviamente si manterranno visite a distanza, tutti in fila davanti a vetri e monitor a salutare, come nelle RSA, ma è già stato detto più volte dai tecnici del potere che siamo in troppi e vi sono troppi sprechi di risorse. Gli anziani nel Metaverso non saranno previsti.

Non ci sarà un’entrata nel Metaverso, ma una lenta immersione che farà evolvere in modo radicale il WEB per come l’abbiamo conosciuto, questo avrà accelerazioni in base al grado di emergenza che verrà dichiarata. La propaganda è già al lavoro con nuove apparentemente neutrali forme di linguaggio. Le spinte da parte dello Stato mero esecutore di programmi decisi altrove interverranno negli spazi pubblici o in luoghi dove già assistiamo a forti misure di sorveglianza tecnologica come stazioni e aeroporti, ma con il potenziamento della rete 5G l’obiettivo è entrare nelle case e raggiungere i nostri corpi per non mollarci più. Ogni nuovo cambio di paradigma necessità di consenso, per questo tutto è sotto attacco per essere trasformato o reso obsoleto. Il Metaverso è la nuova enclosure digitale con la vita rinchiusa all’esterno e le persone chiuse dentro. Come avveniva con le recinzioni i capitalisti dell’epoca si accaparravano terre un tempo libere. Oggi prima ancora della sua completa realizzazione vi è la corsa delle compagnie dei Big data a comprare e privatizzare spazi virtuali per costruire l’infrastruttura del mondo futuro, lo stesso che avvenne nel progetto Genoma umano dove, prima ancora della fine del sequenziamento dei geni, il comparto farmaceutico e biotecnologico aveva acquistato i risultati che ne sarebbero arrivati come loro esclusiva proprietà.

Nel dispiegarsi di una sorveglianza che si universalizza anche nello spazio intorno a noi che se lasciata completare permetterà la fine di un mondo libero, si sente sempre qualche personalità – riferimento indiscusso tra progressisti e sinceri democratici – farfugliare di controllo dei propri dati. Come? Se il potere aumenta la sua sorveglianza digitale su di noi, anche noi dovremmo aumentare la nostra sullo Stato e le multinazionali perché se il capitalismo della sorveglianza va solo dall’alto verso il basso si arriva alla dittatura. Lo scopo di personaggi come Harari, consigliere di Klaus Schwab, è evidentemente ancora una volta mandarci fuori strada, farci vedere possibili minacce nel posto sbagliato e nell’attesa rivendicare tutti insieme la tutela della privacy, fino a che il simulacro può essere gettato per far posto al mondo macchina per un viaggio dove non è previsto il fuori bordo. Come si diceva per le biotecnologie siamo oltre alla somma dei nostri geni e per l’industria del digitale siamo oltre alla somma dei loro dati, perché non siamo informazione, la natura non è informazione. Questi paradigmi sono artificiali e in antitesi con ogni sentire realmente libero, adatti soltanto per essere quantificati con i loro sistemi algoritmici, per società che non hanno più niente di umano.

Bergamo, Aprile 2022, Costantino Ragusa

Pubblicato in L’Urlo della Terra, numero 10, Luglio 2022

La morte in mano allo Stato

La morte in mano allo Stato

Nel vecchio mondo l’umano accettava la sofferenza e la vecchiaia come parti integranti della vita. Nel mondo moderno e post-moderno non è più previsto spazio per la sofferenza. Qualora compaia all’orizzonte non resta che sopprimere la vita stessa. Una società che sopprime la vita per evitare la sofferenza, sopprime la voglia di vivere. Alla vecchiaia non resta che la disperazione e la morte «per vita compiuta».
Nel vecchio mondo nelle famiglie allargate si assisteva alla nascita e alla morte, queste erano parte di un ciclo, le si vedeva, le si sentiva. Oggi si nasce e si muore in una stanza di ospedale.
Nel vecchio mondo l’anziana e l’anziano erano portatrice e portatore di memorie, ma in una società che cancella la memoria non c’è spazio per chi ne è testimone. La società di oggi disprezza l’anziano, lo dimentica, lo cancella. Stiamo assistendo alla scomparsa della figura dei nonni, legati a una dimensione del tempo e del ritmo altra dai tempi e dai ritmi della velocità frenetica dei social network. Oggi un adolescente non riuscirebbe a stare senza il suo smartphone ad osservare, assorbito dalla densità del tempo e dello spazio, sua nonna nel tempo lento e dilatato di tirare la pasta su un tavolo, sentirebbe solo del vuoto e della noia.
Durante la pandemia dichiarata agli anziani rinchiusi nelle RSA non erano permesse visite, adesso, nella nuova normalità emergenziale, le visite sono permesse attraverso un vetro, come in una sala colloqui di un carcere. Vetri divisori che una volta installati, come tutte le altre infrastrutture realizzante per il contesto emergenziale, non verranno smantellati, ma diventeranno la norma. Chi riesce a parlare al telefono avrà una parola dai propri cari e chi non è in grado di farlo potrà avere solo uno sguardo. In entrambi i casi l’assenza di quel contatto fisico così essenziale.
Progressisti arcobaleno rivendicano una libertà che rende l’individuo un atomo separato dalla famiglia, dagli anziani e dalla comunità, separato dalla vita nascente nel grembo della madre, separato dal suo corpo sessuato, separato dalla sua stessa esistenza e in ultima istanza anche dalla sua vecchiaia e dalla sua morte. Separato ed espropriato.
Dopo l’espropriazione dei corpi e della vita assistiamo anche all’espropriazione della morte. La propria morte è messa nelle mani dello Stato che ne delegherà l’esecuzione ai suoi tecnici in camice bianco. Saranno loro a decidere se la persona sia degna di vivere o di morire.
La decisione tra continuare a vivere o morire e nella propria possibilità di darsi alla morte rappresenta la libertà di ognuno. L’eutanasia è il diritto di possesso sul suicidio.
Il suicidio appartiene al regno delle libertà individuali. Non è totalmente razionalizzabile e imbrigliabile nei paradigmi psicologici e psichiatrici, le varie classificazioni dei tipi di suicidio possono aiutare a comprenderlo solo in parte, perché in ogni singolo suicidio vi saranno sempre e comunque degli aspetti non classificabili. Avrà sempre degli aspetti densi di sfumature o contraddizioni da non poter essere rinchiuso negli schemi precostituiti corrispondenti alle convinzioni sociali di una determinata epoca e alle griglie delle scuole psicologiche e psichiatriche.
«Così, quando uno non agisce o non pensa secondo gli schemi prescritti, viene requisito con la forza e costretto a dimorare nelle officine specializzate da cui dovrebbe tornare meccanicamente modificato e tutto rinnovato dall’azione redentrice della chimica degli psicofarmaci, della fisica degli elettrochoc o del bisturi del chirurgo»1.
La possibilità di togliersi la vita non è da intendere come una possibilità che si concretizza in situazioni estreme o eccezionali, ma è una possibilità nelle nostre mani che accompagna la nostra esistenza: «la scelta del suicidio non è la pura e semplice volontà di morire. […] A volte ci si uccide per eccesso di voglia di vivere»2.
Oggi assistiamo a una continua risignificazione e ridefinizione della libertà che distrugge ogni libertà e ogni comunità. La libertà sarà quella di volta in volta decisa dallo Stato, dal comparto tecno-medico e psichiatrico, dal comparto delle Big Tech e dalle possibilità della tecnica nell’unico orizzonte del Technik che «spezza le forme sociologiche, distrugge le strutture morali, fa a pezzi i tabù sociali e religiosi, desacralizza le persone e le cose, riduce il corpo sociale a un insieme di individui»3.
I legami naturali saranno cancellati in nome di vincoli contrattuali. Ne consegue una mera aggregazione di individui che li porterà a volersi rendere indipendenti, che li porterà a volersi liberare dalla famiglia, dalla vita nascente, dal proprio corpo sessuato, dalla propria esistenza, dalla vecchiaia e della morte. Invece che sentirsi dipendenti gli uni dagli altri e parte integrante di una comunità. Invece che concepire un senso di libertà che prescinde da ogni ordine scritto e che mantiene limiti e confini non oltrepassabili dalle tecno-scienze.
Adesso anche la morte rientrerà in questo paradigma tecno-scientifico e nei suoi criteri.
Nell’ordine transumanista, in cui tutto deve corrispondere ai criteri di massima prestazione, funzionalità, rapidità e ottimizzazione, non c’è spazio per la vecchiaia, per la stanchezza, per la lentezza, per la fragilità. L’anziano diventa inutile, non più funzionale. La vecchiaia diventa una malattia, con tutto quello che comporta: patologizzazione e medicalizzazione all’interno di un paradigma tecno-sanitario. La logica della prevenzione in questa società cibernetica tecno-medicale risponde a paradigmi tecno-scientifici e a calcoli algoritmici in cui le Big Tech si prendono in carico la gestione della salute in ogni sua dimensione, da quando si viene al mondo – dicendoci anche come bisogna venire al mondo – a quando si muore o a quando bisogna morire, come quando si è considerati ormai un peso per le spese sanitarie in una logica di ottimizzazione delle risorse e in una logica eugenetica che definisce quale vita abbia più valore di vivere.
Non è un caso che in diversi Paesi, in questo periodo, siano state emanate o proposte nuove leggi sull’eutanasia, che ci sia una spinta in tale direzione.
L’eutanasia diventa responsabilità sociale in mano allo Stato che deciderà quali vite saranno degne e quali vite saranno un peso in un’automazione del processo in cui gli elementi per la valutazione saranno vagliati da un medico o da un gruppo di medici, che saranno esecutori di un mero passaggio burocratico, ma non per questo meno responsabili. La decisione è presa in base a criteri dettati dal comparto tecno-medico e, a breve, verrà dettata dagli algoritmi predittivi dell’Intelligenza Artificiale.
L’eutanasia nel regno della competenza statale e tecno-medicale diventa essenzialmente altro dalla libertà di ognuno di scegliere di porre fine alla propria vita. Alcune parole possono rimanere le stesse, ma le relazioni, le procedure, chi decide cosa e per quale motivo e interesse portano a ben altri passaggi e ben altre conseguenze.


Vite come costi inutili per il sistema

Ezekiel Emanuel, bioeticista consigliere speciale per la politica sanitaria nella presidenza di Obama e in seguito membro chiave del Comitato consultivo speciale di Biden per la gestione dell’emergenza pandemica, ha posto una particolare attenzione alla riduzione dei «costi inutili del sistema». Ha dichiarato che «le persone dovrebbero morire a 75 anni, questo è un buon limite di vita, poiché oltre quell’età non solo non contribuiscono molto, ma si ammalano sempre di più, “prosciugando le risorse” di qualsiasi sistema sanitario, risorse che potrebbero essere utilizzate meglio altrove»4. Prima della pandemia dichiarata affermò che «se a un certo punto avremo una pandemia di influenza non avremo abbastanza vaccini, non avremo abbastanza respiratori, non avremo abbastanza letti d’ospedale, dovremo scegliere tra le persone»5. La situazione di emergenza permise ad Emanuel di strutturare i Comitati della morte: comitati di esperti che valutano, in base al rapporto costi/benefici nei trattamenti, quale paziente trattare e quale no, decidendo quindi il paziente che dovrebbe morire. Dobbiamo sempre tenere presente che gli interventi messi in atto in una situazione di emergenza diventano poi normali procedure. Le situazioni di emergenza sono necessarie per far saltare con rapidità dei recinti etici, operazione che sarebbe stata più difficile da realizzare in condizioni normali e che avrebbe necessitato di tempi ben più lunghi per poter essere appunto realizzata. Accettata l’idea dei mangiatori inutili6, si apre la strada alla riduzione della popolazione, tanto cara ai filantropi di ogni epoca.


Nuove inquietanti libertà

Eutanasia per anziani in salute, per minori e per persone con una sofferenza psicologica, questi nuovi criteri superano i requisiti finora riconosciuti per legalizzare l’eutanasia: la presenza di una grave condizione patologica da cui derivano sofferenze intollerabili e prolungate e l’irreversibilità di tale condizione.
L’Olanda, che nel 2002 divenne il primo Stato al mondo a legalizzare l’eutanasia, oggi apre a una nuova frontiera: l’eutanasia per i 75enni in salute «stanchi di vivere». La «stanchezza di vivere» è il nuovo criterio sul quale lo Stato determina il diritto di essere uccisi: il nuovo disegno di legge prevede che una persona dall’età di 75 anni, in assenza di una situazione patologica, ma convinta che la sua vita non abbia più un senso e sia perciò «compiuta», possa chiedere l’accesso all’eutanasia. Questo sottende la considerazione che dall’età di 75 anni la vita perda il suo valore e il suo senso riportandoci all’operato di Ezekiel Emanuel.
La legge olandese apre la possibilità di accesso all’eutanasia anche ai minori. A fronte di «sofferenze insopportabili» anche i minori dai 12 ai 16 anni hanno la possibilità di chiedere il suicidio assistito o l’eutanasia, ma solo se i genitori (o chi per essi ha tutela legale) sono d’accordo. Per i minori tra i 16 e i 18 anni, definiti «giovani adulti», la legge prevede la possibilità di decidere per sé, i genitori devono essere informati ma non possono opporsi. In perfetta sintonia con i dettami dell’autoderminazione delle politiche LGBTQ+.
La legge olandese nel termine «sofferenza» fa rientrare non solo le condizioni patologiche, ma anche le condizioni di sofferenza psicologica ed esistenziale.
Anche il Canada, dopo Belgio e Paesi Bassi, diventerà un altro Paese in cui sarà legale che lo psichiatra ti accompagni alla morte. Dal 2023, in base al nuovo disegno di legge la morte assistita sarà consentita anche per le persone che desiderano porre fine alla propria vita a causa di una sofferenza psicologica, senza considerare che la spinta verso la morte in alcune circostanze di sofferenza psicologica costituisce un sentire momentaneo. Di fronte a un disagio psicologico ed esistenziale diventa più semplice pensare di accedere al servizio di eutanasia che offre lo Stato, individuando come problema se stessi invece che provare a far fronte ai problemi che causano le proprie sofferenze. Atteggiamento in perfetta sintonia con le attuali tendenze che identificano il proprio essere e il proprio corpo come un problema da eliminare.
Già da qualche anno in Canada condizioni disabilità e di povertà in aumento hanno incrementato le richieste di morte assistita: “Non ho altri motivi per richiedere il suicidio assistito, a parte il fatto che semplicemente non posso permettermi di continuare a vivere”7. Il governo canadese considerando il maggior peso sull’assistenza sanitaria in particolare per chi soffre di malattie croniche ha pubblicato un rapporto sulla “riduzione dei costi netti” derivati dalla pratica del suicidio assistito8.
Il consenso, su cui tanto oggi ci si sofferma arrivando al grottesco, in alcune circostanze perde la sua centralità. Per quanto riguarda le persone affette da demenza la Royal Dutch Medical Association (KNMG) olandese ha pubblicato le linee guida per l’eutanasia dei pazienti con demenza che hanno redatto una direttiva anticipata scritta. In queste nuove linee guida non sarà più necessario che il paziente dia il proprio consenso nel momento che immediatamente precede l’eutanasia. Questa decisione consegue a un caso giudiziario in cui un medico è stato perseguito per aver effettuato l’eutanasia a una donna affetta da demenza la quale aveva cercato di respingere l’iniezione. Nel caso in cui un paziente effetto da demenza non collabori al momento dell’eutanasia le linee guida prevedono che il paziente possa essere sedato.
Una sedazione che ci riporta alle somministrazioni di Luminal nel progetto di eutanasia infantile della Germania nazista. Un’uccisione che non era concepita del tutto come un’uccisione, ma come un mettere a dormire. Se fosse stato dato l’ordine di sparare a quei bambini il progetto non avrebbe potuto essere portato avanti, era necessario far passare l’uccisione come una routinaria procedura di di sedazione per calmare bambini irrequieti, come un «trattamento per neonati malformi»9, come modalità per «abbreviare la vita»10. In questo contesto ospedali psichiatrici e l’intero comparto psichiatrico divennero un importante centro da cui diffondere l’idea della possibilità dell’eutanasia.


Nuovi terreni di procacciamento

Si aprono nuovi spazi per il sistema predatorio: la «morte per donazione», il porre fine alla vita di una persona – ovviamente dopo consenso informato – portandola in sala operatoria e, in anestesia generale, aprirle il petto e l’addome mentre è ancora in vita per predarle gli organi.
La donazione di organi combinata all’eutanasia è possibile nei Paesi Bassi, in Belgio e in Canada, ma non è ancora diffusa perché la maggior parte delle persone preferisce sottoporsi all’eutanasia a casa e quando il loro corpo morto arriva in ospedale gli organi non possono essere più utilizzati.
Per far fronte a questo inconveniente alcuni medici e bioeticisti hanno pubblicato sulla rivista BMC Medical Ethics un articolo nel quale descrivono come sono riusciti con successo a combinare eutanasia e predazione di organi. L’uomo in questione è stato prima sedato in casa circondato dalla sua famiglia e successivamente trasportato in un vicino ospedale dove si è proceduto alla preparazione degli organi11.
Significativo che in Spagna dopo sei mesi dalla legalizzazione dell’eutanasia son già stati predati gli organi a sette persone, anche se il governo non ha ancora rilasciato linee guida nazionali per tali procedure. La presidente dell’Organizzazione nazionale dei trapianti spagnola (ONT) ha affermato che l’ONT «ha intuito» che alcuni pazienti dell’eutanasia avrebbero voluto donare i loro organi e ha rapidamente redatto alcune linee guida per i coordinatori dei trapianti in modo che il prelievo degli organi dalle persone sottoposte ad eutanasia potesse essere «normalizzato» in tutto il Paese12.


Eutanasia, eugenetica, depopolamento: il ruolo della psichiatria.

Le pratiche di eutanasia si intrecciano con la storia del pensiero eugenetico che agli inizi del ‘900, con i programmi di sterilizzazioni forzate, stava irradiandosi e radicandosi negli Stati Uniti d’America, in Francia, Svizzera, Scandinavia, Svezia, Danimarca e Germania.
Solo per citare due congressi eugenetici nei primi anni del ‘900: il Congresso della British Medical Association in cui fiorivano statistiche in cui venivano descritti più di centomila «pazzi» e in cui venivano avanzate preoccupazioni per coloro che si erano sposati e che quindi potevano procreare e il Congresso di Eugenetica tenutosi Londra in cui il Comitato Nord Americano riportava i dati del censimento del ‘900 che attestavano la presenza di «due terzi di milione di individui in qualche modo difettosi, inadatti alla riproduzione della razza».
Francis A. Walker, che sarebbe poi diventato presidente del celebre Massachusetts Institute of Technology, dal 1870 fu, per dieci anni, sovrintendente del censimento degli Stati Uniti e fu forte promotore della sterilizzazione forzata: «Il trattamento scientifico che viene applicato alle malattie fisiche deve essere esteso alle malattie mentali e morali, e una sana chirurgia e cautela deve essere applicata da tutto il potere dello stato per il bene di tutti». Lo strumento del censimento fu concepito e strutturato fin dalle sue origini come uno strumento di discriminazione razziale, basta pensare alla clausola che istruiva i funzionari del censimento a contare gli schiavi neri separatamente dai bianchi e ad assegnare loro un valore di soli tre quinti di una persona13. I dati ottenuti dal censimento venivano contati e analizzati manualmente. In considerazione della quantità dei dati e per velocizzare il processo si rendeva necessaria un’automatizzazione della raccolta, dell’elaborazione e dell’analisi dei dati stessi. La scheda perforata di Hollerith arrivò al momento giusto, necessaria non solo per velocizzare il processo, ma anche per estrarre e incrociare i dati permettendo un’analisi su vasta scala senza precedenti. Grazie a questo salto tecnologico, il censimento, da un semplice conteggio di dati, divenne uno strumento di sorveglianza di massa messo in atto al fine di controllare e gestire la popolazione e strumento necessario per le politiche eugenetiche. L’invenzione di Hollerith del 1890 si colloca nel pieno spirito della seconda rivoluzione industriale, nel regno della quantità e del rapido sviluppo dell’automazione. Nel 1911 l’azienda di Hollerith divenne International Business Machines, IBM, e fu centrale per razionalizzare i campi di sterminio nazisti.
Carlo Richet, importante fisiologo francese, presidente della Società Eugenetica Francese nel suo libro del 1919 La Selezione umana, scrive: «Dopo l’eliminazione delle razze inferiori, il primo passo sulla via della selezione è l’eliminazione dell’anormale, […] è l’eliminazione delle anomalie. Mi chiameranno mostro perché preferisco i bambini sani ai bambini pazzi. Ciò che fa l’uomo è l’intelligenza. Una massa di carne umana, senza intelligenza, non è niente»14.
Il ricercatore genetista e biologo socialista J.B.S. Haldaine, che negli anni ‘20 coniò il termine ectogenesi per indicare lo sviluppo di un nuovo essere fuori dal corpo materno, considerava l’ectogenesi «un’importante opportunità di ingegneria sociale»15 inscritta in una società eugenetica laddove una separazione completa della procreazione dal sesso avrebbe portato a una «liberazione dell’umanità in un senso completamente nuovo»16, affermando che «la civiltà è in serio pericolo a causa della sovrapproduzione di underman»17.
Nel 1935 il genetista americano Hermann Joseph Muller promuove un’eugenetica per una «direzione totale e consapevole dell’evoluzione biologica dell’uomo». Anticipatore dei tempi moderni raffigurò una società fondata sull’«eutelegenesi» attraverso le tecniche di inseminazione artificiale al fine di «creare colture di tessuti riproduttivi maschili da uomini preselezionati, da utilizzare solo venticinque anni dopo la morte dell’individuo al fine di giudicare il lavoro dell’uomo in modo sano (…) e anche di giudicare alcuni dei suoi geni esaminando i caratteri di un numero limitato dei suoi discendenti»18.
Tra il 1905 e il 1972, gli USA effettuarono un immenso programma di sterilizzazione forzata per disabili, pazienti psichiatrici, ciechi, sordi, carcerati, senza tetto, lebbrosi, sifilitici, tubercolotici. I ricercatori eugenisti con i finanziamenti della Fondazione Rockefeller e di altri filantropi americani, promossero una legislazione eugenetica in più di ventisette Stati degli Stati Uniti, con sterilizzazioni forzate per «inferiori deficienti mentali», tanto che fino agli anni ’60, quando la maggior parte di queste leggi cominciava ad essere abrogata, più di 60.000 persone erano state sterilizzate per scopi eugenetici.
La stretta relazione tra eugenetica e nazismo «aveva fatto si che l’eugenetica svizzera fosse ritenuta inesistente, […] la concezione dell’eugenetica centrata sulla violenza aperta ed esplicita poneva in secondo piano la presenza di una violenza istituzionale, segnata da una prospettiva terapeutica e preventiva della quale in Svizzera si facevano portatrici le stesse istituzioni»19.
Si produsse una forma mentale che non fece mai emergere tutti i progetti eugenetici che sarebbero stati inconcepibili in democrazia. In Svizzera i programmi eugenetici si sono protratti dall’inizio del 1800 fino al 1972 con pratiche di sterilizzazione che rientravano nel normale lavoro di medici che le prescrivevano per ragioni terapeutiche. Sterilizzazioni forzate che colpirono anche la comunità nomade Jenich. Nella democratica Svezia, per riportare alla memoria un altro paese in cui sono state promosse e realizzate pratiche eugenetiche, tra il 1935 e il 1975 furono sterilizzate 63.000 persone, la maggior parte donne. Da notare che in questi paesi le ricerche e i progetti eugenetici iniziarono o continuarono ben prima o ben dopo la Germania nazista e proseguirono a guerra terminata intrecciandosi e fondendosi con le ricerche e con gli sviluppi delle tecniche di riproduzione artificiale umana, fino ad arrivare ad oggi con nuove inquietanti possibilità rese possibili dagli ulteriori affinamenti delle tecniche di riproduzione unite ai nuovi sequenziamenti genetici e alle nuove modalità di controllo e riprogettazione delle fasi del processo di procreazione anche grazie agli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale.
Il controllo della riproduzione umana, il depopolamento, il controllo e gestione dei popoli, sono da sempre le ossessioni e gli scopi del filantropismo che hanno unito i potenti di sempre.
Il club dei coniugi Webb della Fabian Society riuniva eugenisti, tecnocrati e transumanisti, sia socialisti riformatori, sia conservatori di destra, accomunati dalla stessa visione di mondo: «I fabiani, Sidney e Beatrice Webb non erano attratti dall’eugenetica perché dimenticarono i loro principi di sinistra. La verità più dura è che furono attratti dall’eugenetica per quelle che allora erano buone ragioni di sinistra»20.
Rimandiamo a una prossima più approfondita storia del pensiero eugenetico, quello che qui ci preme evidenziare è il forte collegamento con l’idea e la pratica dell’eutanasia.
Lo psicologo Adolf Lothar Jost nel suo libro Il diritto alla morte di fine ‘800 non si riferisce alla possibilità del singolo di porre fine alla propria vita, ma sostiene che il controllo della morte dell’individuo deve spettare allo Stato: «Lo Stato deve essere padrone della morte – deve uccidere – per mantenere vivo e sano l’organismo sociale». Il tutto è inserito in un quadro medico e terapeutico: la soppressione di una «vita indegna» è solo un «trattamento terapeutico».
La liberazione della soppressione della vita senza valore di Karl Binding, giurista, e Alfred Hoche, psichiatra, è un testo del 1920 in cui sostengono che non si può considerare vita in senso pieno quella di chi, a causa di una malattia, soffre di un’agonia dolorosa e senza speranza, o quella degli «idioti incurabili». Per loro la vita senza valore è quella senza scopo e utilità che impone alla società degli oneri. Promotori di un’«eutanasia sociale» per le «vite non degne di essere vissute» si collocano sulla strada dell’eliminazione dei malati e degli inabili, considerandoli «gusci vuoti di esseri umani» per poter così avere una distribuzione più razionale e utile delle risorse economiche. La «morte caritatevole» per delle persone «già morte» permise una giustificazione morale al progetto Action T4 che venne messo in atto nella Germania nazista. Progetto che prevedeva eutanasie per persone affette da patologie genetiche, per quelle internate negli istituti psichiatrici non allineate ai dettami di comportamento e distrutte nel corpo e nell’animo dai metodi di repressione psichiatrica e dagli psicofarmaci, per persone psicologicamente fragili e disabili. Responsabile del progetto era il comparto medico psichiatrico. Gli istituti psichiatrici erano dei centri di uccisione, luoghi in cui l’uccisione delle persone selezionate era una procedura che prendeva a modello la produzione industriale, un’uccisione ancora più sistematica e razionalizzata di quella che avveniva nei campi di concentramento dove gran parte dei prigionieri moriva per fame, malattie, lavori forzati ed esecuzioni sommarie.
Nel 1941 il progetto Action T4 fu sospeso a causa di un malcontento generale della popolazione tedesca e, in particolare modo, per una resistenza portata avanti da alcuni esponenti religiosi protestanti e cattolici con le loro comunità di fedeli. Il progetto fu ufficialmente sospeso, ma non furono sospese le uccisioni, cambiarono solamente i metodi per una nuova fase di eutanasia selvaggia in cui gli psichiatri assunsero il comando delle operazioni decidendo chi doveva o no morire e in che modo ucciderlo21.


Nuovi scenari

In questi tempi di infinite emergenze quali saranno i nuovi scenari?
Un lupo travestito da agnello era il simbolo dell’anglosassone Fabian Society e la loro strategia era prendere tempo per arrivare a colpire in maniera decisiva al momento opportuno. Nuovo Ordine Mondiale (New World Order) è un termine da loro coniato e rappresenta il loro obbiettivo: uno Stato mondiale a guida tecnocratica. Nel tempo la Fabian Society non ha mutato né la sua influenza, né la sua fisionomia e i suoi legami si diramano nel mondo tra colossi farmaceutici, multinazionali di punta, il mondo della finanza, l’Unione Europea…
La pandemia dichiarata con tutto quello che ha innescato è stato sicuramente un momento opportuno non solo per velocizzare processi in corso da tempo, ma per aprire nuove possibilità portando alla luce vecchi intrecci, concatenazioni e obbiettivi. Così non deve stupirci se in Nuova Zelanda il Ministero della Salute aveva dichiarato che i cittadini malati di Covid 19 avrebbero potuto essere «idonei all’eutanasia»22 e che in Olanda i medici di famiglia avevano chiesto ai propri assistiti più anziani di firmare una sorta di contratto che prevedeva due possibilità in caso di contagio da Covid 19: lunga ventilazione o eutanasia.
Sono arrivati i tempi di assalto del nostro sistema immunitario attraverso piattaforme mRNA di modificazione genetica. Sono arrivati i tempi di stermini genetici, come ben definiti dalla stessa DARPA, che sono partiti dalle zanzare per passare ai ratti, ermellini e opossum, nei progetti Target Malaria in Africa, Predator-free in Nuova Zelanda fino al recente rilascio di miliardi di zanzare geneticamente modificate in California e in Florida. Progetti finanziati anche dalla ormai nota Fondazione Gates e che vedono tra i ricercatori anche Andrea Crisanti alla guida di un team di ricerca internazionale sul Gene Drive. La tecnologia di ingegneria genetica Gene Drive messa a punto con la tecnologia Crisp/Cas9 è una guida genetica artificiale: una mutazione genetica progettata per diffondersi attraverso una popolazione ad un ritmo più veloce al fine di sterilizzare ed estinguere una popolazione.
Le possibilità che si aprono dalla ricerca militare che si fa nell’immediato civile sfuggono ancora tutte da una totale comprensione, ma possiamo essere certi che si aprono scenari che ben rientrano in quello sfoltimento della popolazione obiettivo dei potenti di sempre. E la ricerca oggi non solo è già una sperimentazione in atto, ma è un vero e proprio progetto in corso.
Il vecchio colonialismo occupava ed espropriava le terre sostenendo che non ci vivevano persone, solamente subumani. Il nuovo colonialismo occupa ed espropria i corpi sostenendo che non sono adeguati alle esigenze del nuovo ordine e che non sono adatti per sopravvivere nelle nuove emergenze. In una riprogettazione del mondo post-natura e post-umana l’umano sarà ingegnerizzato e microcippato. L’anziano e alcune categorie di persone definite di volta in volta in base alle esigenze del sistema non avranno semplicemente ragione di esistere.

«Chi confonde il diritto di opposizione e di interruzione dei trattamenti cosiddetti di “sostegno alla vita” con l’eutanasia […] è in malafede ideologica. Chi cavalca il diffuso orrore dei cittadini per le pratiche di meditecnica di “sostegno alla vita” imposte ad oltranza, quali ventilazione forzata o nutrizione forzata, per introdurre un programma di eutanasia legale intesa come istituzionalizzazione della richiesta attiva di morte è in malafede ideologica. […] I politicanti pseudo laici, quelli della morte su commissione – Eutanasia – sono in malafede perché programmaticamente sono sempre dalla parte della morte e della sperimentazione, per favorire l’affarismo scientifico che vuole dichiarare la morte a suo uso e consumo, sia sugli umani che sugli embrioni. Tanto è vero che sono a favore della “morte cerebrale” imposta dalla legge. L’obiettivo della scienza di oggi è la ricerca a fini di profitto, non la vita; il potere sull’uomo, non l’uomo. Non altrimenti potrebbero essere spiegati certi fatti che ai vari livelli vedono impiegata la classe medica su due percorsi apparentemente opposti con un comune denominatore: profitto e potere»24.

Silvia Guerini, Aprile 2022
Pubblicato in L’Urlo della Terra, numero 10, Luglio 2022

1 Giorgio Antonucci, Pensieri sul suicidio, Elèuthera, 1996.

2 Giorgio Antonucci, Pensieri sul suicidio, Elèuthera, 1996.

3 Jacques Ellul, La Technique ou l’Enjeu du siècle, 1954, cit. in Porquet, Ellul, Le bluff technologique.

4James Corbett, Bioethics and the New Eugenics, https://www.corbettreport.com/bioethics/.

5James Corbett, Bioethics and the New Eugenics, https://www.corbettreport.com/bioethics/.

6Così definiti da Alfred Hoche nella Germania nazista.

7Yuan Yi Zhu, Why is Canada euthanising the poor?, in The Spectator, 2022, https://archive.ph/skUtU, https://www.macleans.ca/opinion/dying-for-the-right-to-live/.

8James Corbett, New World Next Week, Your body, Their choise, 5/06/2022, n°1727, https://www.corbettreport.com/nwnw20220505/

9Robet Jay Lifton, I Medici Nazisti, Rizzoli, 2016.

10Ivi

11https://bmcmedethics.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12910-021-00686-4

12https://www.redaccionmedica.com/secciones/sanidad-hoy/espana-ya-ha-trasplantado-los-organos-de-7-pacientes-que-pidieron-eutanasia-9511

13Yasha Levine, Le origini razziste dell’industria tecnologica americana. Come gli strumenti costruiti per condurre il censimento degli Stati Uniti hanno alimentato il genocidio nazista, l’internamento e il razzismo sancito dallo stato – e hanno aiutato a inaugurare l’era digitale, trad. it in https://www.resistenzealnanomondo.org/necrotecnologie/le-origini-razziste-dellindustria-tecnologica-americana/

14C. Richet, La Sélection Humaine, 1919

15Jenny Kleeman, Sex Robots & Vegan Meat, Pan Macmillan, 2020, trad. it Sesso, androidi e carne vegana, Il Saggiatore, 2021.
J.B.S. Haldane, Daedalus, or Science and the Future, Cambridge, 1923.

16Jenny Kleeman, Sex Robots & Vegan Meat, Pan Macmillan, 2020, trad. it Sesso, androidi e carne vegana, Il Saggiatore, 2021.
J.B.S. Haldane, Daedalus, or Science and the Future, Cambridge, 1923.

17D. Rossi, La Fabian Society e la pandemia, Arianna Editrice, Macro Edizioni, 2021.

18 H. J. Muller, Hors de la nuit. Vue d’un biologiste sur l’avenir, Paris, Gallimard N.R.F., 1938.

19M. Mehr, E, Betta, Uomini e topi. Eugenetica in democrazia, Ibis, 2020.

20D. Rossi, La Fabian Society e la pandemia, Arianna Editrie, Macro Edizioni, 2021.

21Robet Jay Lifton, I Medici Nazisti, Rizzoli, 2016.

22https://www.defendnz.co.nz/news-media/2021/12/19/exclusive-euthanasia-expansion-moh-says-kiwis-with-covid-19-can-now-be-eligible

23https://www.defendnz.co.nz/news-media/2021/12/19/exclusive-euthanasia-expansion-moh-says-kiwis-with-covid-19-can-now-be-eligible

24N. Negrello, Eluana libera, Comunicato stampa Anno XXIV n.14, 25 Luglio 2008, www.antipredazione.org