Bergamo – Contro il Green Pass e l’ingegneria genetica

DOMENICA 7 NOVEMBRE 2021 BERGAMO
PRESIDIO Piazza Pontida dalle 15.30 alle 20.00
CONTRO IL GREEN PASS E L’INGEGNERIA GENETICA

Da Trieste alla Sicilia centinaia di migliaia di persone, non inquadrabili nei soliti schemi partitici, hanno cessato di avere paura e stanno cominciando a comprendere il programma del Great Reset: la Grande Trasformazione. Piazze piene di persone vengono immancabilmente censurate e infangate dalla propaganda ufficiale nutrita da staff scientifici a libro paga dal comparto biofarmaceutico, dei Big Data e dall’industria delle armi. Quello che era un sogno per il transumanesimo – dagli ambienti di Davos alla Silicon Valley, passando per la finanza internazionale e dal comparto bionanotecnologico – è diventato il nostro incubo. La scusa della cosiddetta pandemia ha permesso di velocizzare processi in corso da tempo. Il Green Pass è un passaggio, non è solo un ricatto per indurre il maggior numero di persone a sottoporsi ai questi cosiddetti vaccini – vere e proprie piattaforme di riprogettazione cellulare – ma è molto di più: rappresenta un nuovo mondo, dove avremo familiarità con i codici QR che identificheranno e tracceranno non solo le merci, ma anche noi. Dall’esterno all’interno dei nostri corpi, c’è un filo che unisce questa pseudo pandemia: i sieri genici, il nuovo paradigma a mRNA, il Green Pass, la rete 5G e l’Identità Digitale ID2020. Il Green Pass altro non è che un graduale, progressivo avvicinarsi alla realizzazione dell’Identità Digitale: un codice unico universale che racchiuderà tutti i nostri dati anagrafici, biometrici e biologici e che grazie alla rete 5G – all’Internet delle cose e all’Internet dei corpi comunicanti – protocollerà e orienterà in tempo reale tutta la nostra esistenza, dalla nascita alla morte. Bio-tele-nano medicina: questo stanno mettendo in campo come nuova piattaforma biocibernetica che trasformerà la stessa concezione di salute e malattia, offrendo inserti genici a mRNA a livello preventivo per molteplici patologie.  Un “software della vita” che apre alla fusione tra Big Pharma e Big Tech e che chiude il cerchio di controllo e gestione delle nostre vite.
Creiamo ovunque momenti e spazi di resistenza. Se non ora quando?


A SEGUIRE
ORE 20.30 presso Spazio di Documentazione La Piralide, via del Galgario 11/13
CENA BENEFIT per le spese legali a seguito delle perquisizioni.
Senza veleni nè sfruttamento animale.
Informaci della tua presenza in modo da organizzarci al meglio con la cucina

ASSEMBLEA POPOLARE RESISTERE AL TRANSUMANESIMO
per info e contatti: resisterealtransumanesimo@gmail.com

Il virus della repressione non muore mai

Il virus della repressione non muore mai

Se il tasso pandemico è in calo, e se mai vi è stato un picco, è evidente che il braccio repressivo del nuovo ordine digital-genetico ha, al contrario, bisogno di rinforzare il proprio tiro. Lo vediamo in questi giorni a Trieste, dove i reparti antisommossa della Lamorgese non fingono neanche più di fiutare “pericolosi estremisti” da attaccare con tenacia, anche a costo di colpire la testa sbagliata. La truppa obbediente intossica con lacrimogeni e colpisce con idranti ad acqua pressurizzata migliaia di manifestanti estremamente pacifici, non solo di Trieste, ma da tutta Italia, accorsi a dare solidarietà a una chiamata che ha ben pochi precedenti.
Gli strateghi della repressione non hanno alcun scrupolo morale: la motivazione dell’impiego di metodi violenti, ma in questo caso più morbidi – se paragoniamo Trieste ai tristi ricordi del G8 di Genova – non è da ricercare in un qualche indietreggiamento, ripensamento o reticenza. Semplicemente, costoro ritengono che non è ancora il momento per quei metodi utilizzati durante il G8 o anche nelle carceri durante il lockdown, con una violenza prima esposta e poi spettacolarizzata al fine di diffondere terrore. Adesso non vi è più da spaventare una sinistra – che se non è morta di terrore è complice di questa dittatura tecno-sanitaria – ma nuove soggettività, magari spesso confuse e ingenue nelle loro rivendicazioni e forse proprio per questo più imprevedibili una volta sparpagliate, senza parrocchie di partito dove ripararsi e leccarsi le ferite. E, come si sa, un animale ferito è molto pericoloso, anche se debole e isolato. La sua forza sta nell’aver preso consapevolezza delle intenzioni dell’avversario, sapendo per certo che in gioco sono la sua vita e la sua libertà. Il poco tempo davanti a sé non dà più spazio alle incertezze.

Questa mattina abbiamo saputo da un gruppetto di poliziotti della Digos, che ha bussato alla nostra porta, che la città di Bergamo è piena di scritte murali contro il Green Pass e i cosiddetti vaccini. Il decreto di perquisizione che formalmente ci indaga per questi fatti sostiene che siamo noi i responsabili di tale deturpamento. Fossimo stati in tempi normali probabilmente non sarebbe stato dato particolare peso a tali scritte, considerando che da sempre i muri cittadini hanno dato voce a chi non aveva spazio altrove, e magari neanche lo voleva, in quelle testate dove si consumano le menzogne e si producono le vere fake news.
Che i tempi non sono più come prima l’avevamo capito già a settembre, quando gli uomini del Viminale – per testare il grado di robustezza della comunicazione su Telegram – anche da queste parti avevano dato improvvisamente peso a queste chat, aprendo indagini per terrorismo basate su alcuni commenti estrapolati ad hoc, considerando questi sfoghi virtuali da social come una gravissima minaccia. Il tutto ovviamente supportato dai soffi menzogneri dei media ufficiali, che improvvisamente si accorgono di come tante proteste siano organizzate utilizzando questi strumenti, per chiudere subito dopo la parentesi su queste piazze sempre più gremite di persone.
Ecco spiegato il particolare clima in cui ha agito il drappello di segugi a caccia di imbrattatori notturni che ha perquisito minuziosamente un’abitazione e il centro di documentazione La Piralide di Bergamo. Molto presto, dall’affannosa ricerca di bombolette spray l’interesse si è spostato verso qualsiasi tipo di documento politico, e la vera attenzione e il relativo sequestro sono stati rivolti verso computer, memorie esterne, telefonini, agende telefoniche e anche una bicicletta, ritenuta importante corpo del reato.
Dai fogli denunziandi si evince che le attenzioni nei confronti del nostro gruppo sono dovute alle numerose iniziative organizzate in piazza e nel nostro spazio, come ben leggiamo dalle carte: «tesi alla contestazione dell’adozione delle misure governative inerenti l’introduzione del cosiddetto Green Pass».
A questi tentativi di intimidazione rispondiamo facendo nostre le parole dei portuali di Trieste che invitano a diffondere ovunque la resistenza in ogni singolo territorio, secondo le proprie possibilità e situazioni, moltiplicando momenti solidali – aggiungiamo noi – là dove germogli di lotte nascono senza timore di andare oltre le singole rivendicazioni lavorative, denunciando l’attacco alla libertà e ai corpi con le piattaforme di riprogettazione cellulare a mRNA chiamate vaccini.
La lotta contro il Green Pass potrà trovare il suo reale senso e avere una maturazione se comprenderà i processi in cui questo è inserito, lottando contro questo mondo biocibernetico e transumanista. La repressione potrà essere così compresa e affrontata con strumenti consapevoli e all’altezza del grado di erosione della libertà e dei corpi.

Bergamo, 19 ottobre 2021

Resistenze al nanomondo, www.resistenzealnanomondo.org
La Piralide, www.lapiralide.noblogs.org

Francia: Le fate non saranno mai elettriche!

Tratto da https://finimondo.org/node/2574

Le fate non saranno mai elettriche!

Fin dall’infanzia siamo presi in ostaggio dal mondo moderno, che ci vanta i pregi della sicurezza facendoci dimenticare, grazie ad una serie di promesse via via non mantenute, la rilevante dose di asservimento che ci tocca accettare in cambio del progresso.
Mentre gli orizzonti che si stagliano davanti all’avanzata della civiltà si fanno sempre più cupi — con la devastazione degli spazi selvaggi, il crescente addomesticamento della vita, l’artificializzazione degli esseri — il mondo continua la sua corsa sfrenata, sempre più dipendente dalle infrastrutture energetiche e dai prodotti che queste consumano e producono: petrolio, uranio, elettricità.
Nel volgere di neanche due secoli, la produzione elettrica e l’elettrificazione crescente degli spazi hanno continuato ad espandersi fino a colonizzare ogni minuscola parte della nostra vita.
Inizialmente erano solo alcune aziende e industrie a fare ricorso all’energia elettrica. La tecnica si è gradualmente diffusa agli usi domestici. Oggi, in ogni momento del nostro quotidiano, trasportiamo e utilizziamo un apparato sempre più imponente di accessori nelle nostre tasche o ai nostri polsi, che scandiscono, fino a renderne del tutto normale l’uso, ogni attimo delle nostre esistenze.
Ormai è evidente come una tecnica un tempo marginale e riservata ad alcuni settori industriali abbia assunto una dimensione diffusa in modo esponenziale, imponendo nel giro di alcune generazioni il suo regno. E se uscire dalla rete digitale sembra essere una sfida sempre più complessa da raccogliere, tentare di sfuggire a un mondo in cui tutti i rapporti sono disciplinati dall’elettricità lo è ancora di più.
Si delinea una società che, aumentando la propria dipendenza dall’elettricità, rischia di non poter più fare a meno della sua esistenza organizzativa. Sono bastate quelle stesse generazioni per perdere l’uso e la conoscenza di una serie di gesti e di pratiche, accrescendo ancor più il regno della dipendenza. Al di là delle comodità, ciò che determina in noi il mondo elettrico è soprattutto un’esperienza di spossessamento delle nostre scelte e della nostra autonomia. La maggior parte delle nostre esperienze di vita si svolgono all’interno di una realtà sempre più normalizzata.
Le infrastrutture elettriche risultano quindi essere le pietre miliari di ciò che, dietro la parvenza di un mondo di progresso e di emancipazione, è prima di tutto un sistema totalitario e mortifero che il più delle volte ci costringe, volenti o nolenti, ad avanzare nel senso del suo sviluppo.
 

La notte del 13 luglio 2021 abbiamo colpito, con un’azione di sabotaggio, un importante trasformatore elettrico del bacino di Aubenas, perché volevamo indirizzare la nostra rabbia contro tutto ciò che il sistema elettrico incarna e rappresenta. Allo stesso tempo volevamo sottrarci con forza al ricatto ideologico che ci viene imposto dalla marcia del mondo tecno-industriale.
La critica del mondo odierno, perché venga recepita dal maggior numero di persone, spesso rifiuta di sconvolgere radicalmente le condizioni dell’esistenza.
Si dice, nell’ambito del suo spazio domestico, che a livello individuale sia possibile mettere in discussione un dato utilizzo dell’elettricità, ricorrendo ad alcuni aggiustamenti per ottenere, da un certo punto di vista, più autonomia ed autosufficienza.
Essendo divenuto per la maggior parte di persone talmente complicato immaginare un mondo senza elettricità, gli «atti di resistenza» si traducono in modo tecnico, su immagine del mondo per cui sono realizzati. Invece di interpellare il dominio tecnoscientifico nel suo complesso, si verrà sedotti dalla possibilità illusoria di riappropriarsi di frammenti di un mondo che da tempo non è più pensato in relazione ai nostri bisogni, ma che risponde prima di tutto allo sviluppo del regno delle macchine.
La Rivoluzione dei piccoli gesti quotidiani non avrà luogo. Essa è oramai reclamata dalla maggioranza al dominio e ha la forma di una cortina fumogena che distilla l’impressione di agire. Questa sedicente Rivoluzione ci sembra una rinuncia fondamentale, la perdita della possibilità di immaginare un mondo radicalmente altro, le cui regole non siano più dettate dall’immaginario scientifico e industriale. Noi desideriamo continuare a desiderare e concepire un mondo in cui il progresso tecnico non sia più l’unico racconto positivo che modella l’avvenire.
Se crediamo nelle possibilità individuali, pensiamo sia un peccato che esse vengano pacificate attraverso la sopravvalutazione di piccoli gesti quotidiani, traducendo in pratica sovversiva la scelta di un sapone eco-responsabile o di una doccia a tempo in un appartamento moderno. La scelta di accendere o spegnere la luce assomiglia sempre più alle fasulle possibilità elettorali, come se la critica del mondo attuale possa essere fatta solo all’interno di un quadro imposto (sistema elettorale, infrastrutture digitali…).
Chi oggi colpisce scientemente ciò che ha a che fare coi flussi indispensabili del mondo contemporaneo viene sistematicamente trattato da sequestratore di numerose vite umane.
È curioso che la morale occidentale odierna, mentre continua senza sosta a fondarsi su una serie di eccidi di massa e di asservimenti individuali (schiavitù, colonizzazione), mentre considera intere popolazioni come cavie del nucleare (Polinesia, Algeria,… ), mentre organizza una servitù di enormi proporzioni sottilmente camuffata da consumo, pur sapendo senza batter ciglio che tutto il suo livello di vita è il frutto della riduzione in schiavitù della vita e di altri esseri umani distanti da essa, tratta da terroristi gli individui che mettono in discussione il livello di dipendenza generale rispetto alle infrastrutture e ai flussi intoccabili e galvanizzati dalla maggior parte delle persone.
Attaccando direttamente le infrastrutture elettriche, vogliamo estirpare il bubbone del ricatto con cui questo mondo ci mette nell’angolo. A detta dei tecnocrati: andare contro il mondo moderno e benefico, significa prendersela coi più deboli e dipendenti dal sistema.
Ne abbiamo abbastanza di delegare la nostra forza, le nostre capacità e la nostra sicurezza in un mondo che ci rinchiude, ci mantiene in dipendenza e organizza il più delle volte il nostro indebolimento.
Contrariamente a quanto possano dire, il progresso non è un progetto filantropico.
Nell’era del capitalismo, i progressi tecnici sono soprattutto progetti commerciali. Lo scopo finale non è e non è mai stato quello di fare la felicità degli uni o di contribuire al benessere degli altri. In questo miraggio in cui viviamo, si fa di tutto per rendere invisibili le regole dell’economia e dello Stato. È più facile accettare l’inferno se è lastricato di buone intenzioni.
Attualmente, ​​con la costruzione di infrastrutture che ci incatenano in modo crescente ad un progetto di società mortifero, veniamo privati dell’esplorazione di altre possibilità di esistenza.
Quando tutto e tutti si ritrovano intrappolati nei segmenti di una medesima realtà dominante, non è più possibile opporvisi senza opporsi direttamente a tutto il sistema, così come alle sue infrastrutture.
Qualora ritenessimo importante staccarci individualmente, la natura stessa della rete interconnessa trasformerebbe la possibilità di una disconnessione individuale in un atto incompleto e insufficiente.
Attaccare le infrastrutture è una garanzia più consistente per far sì che il mondo elettrico cessi di monopolizzarci e di imporci il suo regno di velocità.
Scollegare questo mondo elettrico significa quindi disvelare la vastità di ciò che tocca e governa.
Scollegare questo mondo elettrico è prendere atto che è sempre più difficile agire e pensare autonomamente anche al di fuori della sua presa e inoltre che diventa sempre più importante farlo.
Scollegare questo mondo elettrico significa tentare di creare una reazione a catena, che colpisca l’insieme delle infrastrutture e di quanto funziona grazie all’elettricità (reti digitali, di comunicazione, bancarie, statali, industrie e imprese, infrastrutture militari e poliziesche…).
Scollegare questo mondo elettrico significa attaccare il mito dell’energia pulita che si nasconde dietro il nucleare.
Scollegare questo mondo elettrico, è provare a fare un passo nell’ignoto.
 

Quella notte ci siamo introdotti, a tarda ora, all’interno di un parco elettrico nei dintorni del comune di La Chappelle Sous Aubenas nell’Ardèche. Dopo aver praticato un largo buco nella rete, ci siamo intrufolati nell’infrastruttura per attaccarla in vari punti.
Diversi incendi sono stati appiccati all’interno di edifici che avevamo precedentemente aperto. Tali edifici contenevano generatori e batterie di riserva che presumiamo fossero da usare in caso di danneggiamento al resto dell’infrastruttura.
Abbiamo anche dato fuoco a diversi contatori situati sia attorno che nell’edificio centrale che riteniamo ospitasse un gigantesco convertitore.
Infine, dopo aver sollevato due diverse piastre metalliche, abbiamo incendiato alcuni cavi elettrici che serpeggiavano fra le varie installazioni del sito.
In tutto, 9 focolai illuminavano la notte al momento della nostra fuga.
 

Da quanto abbiamo potuto constatare, le città e i paesi dei dintorni non sono piombate nell’oscurità. Malgrado i danni che immaginiamo siano stati notevoli, con numerosi incendi consolidati sul sito, il resto della rete elettrica non sembra essere stata intaccata dai danni compiuti.
Questo non ci scoraggia nel desiderio di continuare ad attaccare la società elettrica.
 

Salutiamo gli autori del comunicato di Tolosa relativo all’attacco di un trasformatore elettrico. Le parole di quel testo hanno saputo toccare i nostri cuori e le nostre menti.
Coraggio a coloro che ancora resistono all’annientamento della vita e della libertà.
Uno speciale pensiero per il compagno Boris, sempre in coma.
 

Oggi più che mai, in questi tempi nauseabondi, preferiamo il rischio di far deragliare la situazione alla falsa pace di una mortifera comodità.
Piuttosto l’oscurità di una notte senza neon, alla luminosità di un cammino verso l’abisso.
Per far ritornare la magia nelle nostre vite. Perché le fate non saranno mai elettriche.
 

PS: non dimenticare di spegnere la luce prima di uscire!

[trad. da Sansnom]

Nancy: Né nucleare, né 5G!

Nancy: Né nucleare, né 5G !

Nelle colline della periferia di Nancy, il 18 agosto scorso, è bruciato un ripetitore della 5G. La scritta “Né nucleare, né 5G” è stata fatta su una parte del muro che ne impedisce l’accesso.

Una risposta fra altre contro l’ostinazione del governo a far passare a qualunque costo il suo progetto di digitalizzazione del mondo. Quest’anno sarà determinante anche per il progetto di sotterrare delle scorie nucleari a Bure, che viene imposto anch’esso, nonostante l’opposizione locale, e più larga, che dura da anni. Il nucleare e la 5G sono le colonne portanti di un’industria mortifera.

Solidarietà per tutte le persone sotto processo per questa lotta!

Degli/le illuminati/e che fanno jogging

Fonte: https://attaque.noblogs.org/post/2021/08/26/nancy-ni-nuke-ni-5g/

Zelo Buon Persico (Lodi) – In fiamme ripetitore di telefonia mobile

Dai quotidiani locali la notizia dell’incendio di un ripetitore di telefonia a Zelo Buon Persico, nell’Alto Lodigiano, avvenuta il 13 agosto. 
Sul luogo le scritte: NO 5G, NO GREEN PASS

Qui le fotografie dai giornali:

Info da: https://ilrovescio.info/2021/08/23/zelo-buon-persico-lodi-in-fiamme-ripetitore-di-telefonia-mobile/

Le origini razziste dell’industria tecnologica americana

Le origini razziste dell’industria tecnologica americana

Come gli strumenti costruiti per condurre il censimento degli Stati Uniti hanno alimentato il genocidio nazista, l’internamento e il razzismo sancito dallo stato – e hanno aiutato a inaugurare l’era digitale

Yasha Levine, Aprile 2019

In una gelida giornata del dicembre 1896, un inventore americano di nome Herman Hollerith si affrettò a prendere un treno dalla città russa di San Pietroburgo. Indossava un berretto di pelliccia e uno spesso cappotto foderato di pelliccia con un enorme colletto abbottonato fin sopra le orecchie. Gli copriva la bocca e i suoi grandi baffi cadenti, lasciando solo un po’ di carne rosa che faceva capolino nel mondo.

Hollerith era un ipocondriaco che preferiva stare a casa con la moglie e la suocera ad armeggiare con le invenzioni. Odiava viaggiare, e soprattutto odiava viaggiare in Europa. Come una versione ottocentesca di un fissato con la tecnica dei nostri tempi, era ossessionato dall’efficienza e prendeva in giro la gente del posto perché era impantanata in tradizioni che facevano perdere tempo. “Vivono tutti in quello che è successo migliaia di anni fa”, scriveva a sua moglie1 dall’Italia. “Li ho visti tagliare il legname sulla strada da Napoli a Pompei, e, quando sono arrivato a Pompei, ho trovato dipinti sui muri che mostravano esattamente lo stesso modo di tagliare il legname”.

Per tutte le sue lamentele sui viaggi, l’inventore aveva fatto molta strada nella sua vita. Hollerith aveva solo 36 anni ed era stato cresciuto in una casa modesta da una madre vedova a New York, eppure aveva appena trascorso settimane a contatto con gli aristocratici di una delle dinastie reali più esotiche del mondo. E ora stava tornando a casa con un grasso e succulento contratto per la sua nuova impresa commerciale.

Qualche anno prima, lo zar russo Nicola II aveva emesso un decreto imperiale che ordinava ai suoi ministri di realizzare il primo censimento nazionale dell’impero russo. Con la scadenza del 1897 che incombeva, si affrettavano a conformarsi. Sapevano che sarebbe stato un compito monumentale – e forse impossibile.

I responsabili del censimento sapevano che l’unico modo per finire il lavoro in un tempo ragionevole sarebbe stato quello di utilizzare la tecnologia più avanzata sul mercato. Ed è qui che entrò in gioco il trentaseienne Hollerith.

L’impero russo aveva una popolazione stimata tra i 100 e i 200 milioni di persone, un’incertezza che fa capire perché lo zar aveva bisogno di fare un censimento. Si estendeva dall’Europa per tutta la lunghezza dell’Asia, una massa di terra quasi tre volte più grande degli Stati Uniti. Per contare tutte queste persone, gli addetti al censimento avrebbero dovuto viaggiare in regioni estremamente isolate e interrogare le persone in decine di lingue diverse. E c’erano già dei problemi2. Le comunità musulmane tatare della Russia meridionale vedevano il conteggio previsto come un complotto zarista segreto per convertirle al cristianesimo, mentre alcune sette ortodosse russe vedevano il censimento come un segno dell’Anticristo e giuravano che si sarebbero bruciati vivi piuttosto che sottoporsi a tale blasfemia.

Fare il conteggio era solo la metà del lavoro. I dati dovevano anche essere conteggiati e analizzati. Lo zar voleva che il censimento fosse il più moderno possibile, includendo informazioni su età, alfabetizzazione, sesso, nazionalità, luogo di nascita, residenza e occupazione. Era il peggior incubo di un burocrate.

I responsabili del censimento sapevano che l’unico modo per finire il lavoro in un tempo ragionevole sarebbe stato quello di utilizzare la tecnologia più avanzata sul mercato. Ed è qui che il trentaseienne Hollerith entrò in gioco.

Qualche anno prima, lavorando per il Census Bureau degli Stati Uniti, Hollerith aveva sviluppato il primo computer funzionale prodotto in serie al mondo: il tabulatore Hollerith. Un dispositivo elettromeccanico delle dimensioni di una grande scrivania e cassettiera, utilizzava schede perforate e una disposizione intelligente di ingranaggi, selezionatori, contatti elettrici e quadranti per elaborare i dati con una velocità e una precisione incredibili. Quello che aveva richiesto anni di lavoro manuale poteva essere fatto in pochi mesi. Come lo descrisse un giornale statunitense, “con l’aiuto [dell’apparecchio] circa 15 giovani donne possono contare accuratamente mezzo milione di nomi in un giorno”.

La Russia non era l’unico paese interessato alla tecnologia informatica di Hollerith. Aveva aperto bottega a New York solo pochi anni prima, ma era già conosciuto negli elitari circoli burocratici di tutto il mondo. Canada, Germania e Norvegia erano ansiosi di affittare le sue macchine. Una società in Austria stava cercando di piratare i suoi progetti e offrirli ai governi europei ad un costo inferiore.

I tabulatori di Hollerith potevano lavorare con qualsiasi tipo di dati e adattarsi a qualsiasi grande impresa ad alta intensità di informazione. Le compagnie ferroviarie e assicurative erano in fila fuori dalla porta di Hollerith per le loro soluzioni di dati personalizzate.

L’invenzione di Hollerith ha colto lo spirito della seconda rivoluzione industriale, un’epoca di rapida automazione e meccanizzazione. Era un’epoca di ferrovie, navi a vapore gigantesche, telegrafi, radio, elettricità, fabbriche enormi e comunicazioni internazionali in tempo reale senza precedenti. I programmi di spedizione, gli orari dei treni, i complessi dati bancari, le tavole di mortalità, i programmi di assistenza sociale e i bilanci governativi proliferavano più velocemente di quanto l’uomo potesse tenerne traccia. L’informazione era il re e l’elaborazione dei dati era costantemente richiesta.

Nel giro di pochi anni, Hollerith era il proprietario multimilionario di una società che alla fine avrebbe lanciato l’industria informatica statunitense. Qualche decennio dopo il ritorno dalla Russia, la sua tecnologia avrebbe formato la spina dorsale dell’International Business Machines, o IBM – un conglomerato globale che per quasi un secolo sarebbe stato sinonimo di elaborazione delle informazioni e tecnologia informatica. Venduta con il marchio IBM, la tecnologia di Hollerith avrebbe alimentato i governi civili, i militari e le aziende di tutto il mondo, facendo quadrare i numeri durante la guerra fredda e fino agli albori di Internet negli anni Sessanta. Il mondo non ha semplicemente usato i tabulatori di Hollerith: ne è diventato dipendente e ne è stato plasmato.

Hollerith fu salutato come un genio. Molti credevano che la sua invenzione fosse parte di una più grande rivoluzione tecnologica guidata dai dati che avrebbe portato a un mondo migliore, più efficiente e più armonioso. Un importante statistico americano predisse che avrebbe inaugurato un’era di “giustizia universale” e “reso impossibili le guerre internazionali”.

Ma per tutti i discorsi utopici sui computer di Hollerith, la tecnologia aveva radici oscure.

Il sogno di fare di nuovo grande l’America

Il censimento degli Stati Uniti – che la stessa Costituzione aveva stabilito dovesse avere luogo ogni 10 anni – è tornato alla ribalta non solo perché il prossimo conteggio inizierà nel 2020, ma perché, come spesso è accaduto in passato, il censimento è un punto critico politico con inevitabili sfumature razziali.

L’attuale controversia ruota intorno a un piano ideato dall’ex consigliere di Donald Trump, Steve Bannon3, per aggiungere una domanda sulla cittadinanza4 al modulo del censimento del 2020. In superficie, sembra un dettaglio insignificante. Ma c’è un ampio consenso sul fatto che aggiungerla avrà profonde implicazioni politiche per un decennio a venire.

I dati aggregati sulla popolazione forniti dal censimento sono una componente critica del nostro sistema democratico. La sua funzione più importante è quella di determinare la rappresentanza del Congresso per il prossimo decennio, ma determina anche la struttura del collegio che elegge il presidente e guida la distribuzione di centinaia di miliardi di spesa federale.

Le obiezioni all’aggiunta di una domanda sulla cittadinanza si basano su preoccupazioni di sottoconteggio. Il timore, ampiamente condiviso da ex funzionari del censimento, è che chiedere alle persone il loro status di cittadinanza spingerà alcuni immigrati e latinos5 ad evitare del tutto di partecipare al censimento. Un sottoconteggio abbastanza grande di una minoranza specifica o di un gruppo socio-economico influenzerà la ripartizione dei seggi nella Camera dei Rappresentanti, spostando il potere politico e le risorse federali dai distretti dove risiedono questi gruppi.

L’amministrazione Trump ha sostenuto che la domanda sulla cittadinanza è stata aggiunta per una buona causa6: aiutare il governo federale ad applicare il Voting Rights Act e proteggere le minoranze dalla discriminazione contro gli elettori. Ma molti sostenitori degli immigrati non accettano questa logica. Vedono la domanda sulla cittadinanza come parte integrante della più ampia agenda anti-immigrati di Trump.

Per la maggior parte della sua storia, il censimento – e la burocrazia governativa costituzionalmente mandata che lo esegue – è stato intrecciato con il nativismo [ndt, la rivendicazione di speciali diritti per chi era nato negli Stati Uniti], il pregiudizio e la paura dell'”altro”.

Arturo Vargas, direttore esecutivo della National Association of Latino Elected and Appointed Officials, la mette così: “La decisione del segretario al commercio Wilbur Ross di forzare l’aggiunta all’ultimo minuto di una domanda non verificata sulla cittadinanza risulterà in un sottoconteggio di latinos. Mentre non conosciamo la vera motivazione dietro queste azioni, conosciamo l’impatto: come conseguenza di queste azioni, il Censimento 2020 è sulla buona strada per sottovalutare significativamente la popolazione latina negli Stati Uniti”.

Altri sono più diretti.

“Il nostro presidente, il volto del nostro governo federale, che sovrintende al censimento, ha basato la sua candidatura su una piattaforma profondamente anti-immigrati”, dice Betsy Plum, vicepresidente della politica alla New York Immigration Coalition, una delle organizzazioni che cercano di impedire all’amministrazione Trump di aggiungere la domanda. “Quello che la domanda sulla cittadinanza ha fatto è stato prendere una paura molto più ampia e concentrarla sul censimento. Il rischio per la rappresentanza congressuale di un posto come New York non può essere sottovalutato”.

Ci si aspetta già7 che gli spostamenti demografici facciano perdere diversi seggi al Congresso agli stati del nord-est, e la domanda aggiunta potrebbe peggiorare la situazione. “Penso che questo sia assolutamente l’intento di armare il censimento contro le comunità di immigrati. Posti come New York e posti come la California sono davvero il bersaglio”.

I manifestanti si sono riuniti fuori dalla Corte Suprema il 23 aprile 2019 a sostegno di un censimento equo e accurato, chiedendo di non includere la controversa domanda nel prossimo censimento degli Stati Uniti del 2020.

Ma c’è un’altra dimensione, meno discussa, della questione. Sulla base di un’attenta lettura dei documenti interni del Dipartimento del Commercio legati alla proposta della domanda sul cittadino nel censimento, sembra che l’amministrazione Trump voglia usare il censimento per costruire un registro della cittadinanza, primo nel suo genere, per l’intera popolazione statunitense – una decisione che probabilmente supera l’autorità legale del censimento.

“Era in profondità nella documentazione che è stata rilasciata”, mi ha detto per telefono Robert Groves, un ex direttore del Census Bureau che ha guidato la commissione delle National Academies convocata per indagare sul censimento del 2020. “Nessuno l’ha rilevato molto. Ma il termine ‘registro’ nel nostro mondo non significa una raccolta di dati per scopi statistici, ma piuttosto conoscere l’identità di particolari persone al fine di utilizzare questa conoscenza per influenzare la loro vita”.

Data la posizione dell’amministrazione nei confronti dell’immigrazione, il fatto che voglia costruire un database completo sulla cittadinanza è molto preoccupante. Per Groves, segnala chiaramente “una linea chiara che viene attraversata”.

Diversi stati hanno sfidato i piani dell’amministrazione Trump, e le loro cause sono dirette alla Corte Suprema, che dovrebbe ascoltare il caso in aprile. Nel frattempo, in un’udienza di supervisione a marzo, la democratica rappresentante degli Stati Uniti Alexandria Ocasio-Cortez si è messa a indagare su Wilbur Ross, il multimilionario segretario al commercio di Trump, che supervisiona l’ufficio del censimento degli Stati Uniti. Lo ha accusato di aver cospirato con i nativisti e i suprematisti bianchi per aggiungere la domanda sulla cittadinanza – e di aver oltrepassato la sua autorità. “Perché stiamo violando la legge per includere questa domanda?”, ha chiesto.

Qualunque sia la decisione finale dei tribunali, l’ultimo dibattito sul censimento non è nuovo.

La storia oscura del censimento lo rende un indizio senza pari della politica razziale in America. Il fatto che il censimento abbia giocato contemporaneamente un ruolo centrale nello sviluppo dell’era informatica più di 130 anni fa lo rende doppiamente rilevante, offrendo uno sguardo su come computer, sorveglianza e politiche governative razziste siano state collegate fin dall’inizio.

Contare per la democrazia

I governi hanno contato la loro gente fin dall’inizio della storia registrata. Si possono trovare descrizioni di censimenti nell’Antico Testamento, sulle tavolette cuneiformi sumere e negli scritti degli antichi greci. C’erano censimenti nell’Europa pre-moderna. Anche la maggior parte delle colonie americane teneva un registro della popolazione. I governi contavano le persone per due motivi principali: aumentare le entrate dello stato e fare la guerra.

Avevano bisogno di sapere chi e cosa tassare, e avevano bisogno di sapere quanti uomini in età da combattimento potevano essere mobilitati. Fu la Costituzione degli Stati Uniti ad aggiungere una terza e nuova ragione per contare le persone: la democrazia rappresentativa.

Quando i redattori dei principi fondanti del governo degli Stati Uniti si incontrarono a Filadelfia nel 1787, una delle prime cose che hanno pensato una clausola che imponeva il conteggio della popolazione ogni 10 anni. Questa direttiva per un censimento decennale appare in cima alla Costituzione, molto prima che il documento arrivi a definire la struttura del governo. Per i padri della Costituzione, il censimento veniva prima perché determinava la tassazione e l’equilibrio del potere politico del Congresso.

Secondo la Costituzione, il numero di seggi nella Camera dei Rappresentanti assegnati ad ogni stato sarebbe stato basato sulla popolazione, il che significava che il governo doveva conoscere il numero preciso di persone che vivevano in ogni stato.

Alla fine dell’Ottocento, il problema burocratico era diventato insostenibile: Il censimento richiedeva quasi 10 anni per essere completato, il che significava che i risultati erano obsoleti ancora prima che arrivassero.

Il primo censimento ebbe luogo nel 1790 e fu supervisionato da Thomas Jefferson, che allora era in servizio come Segretario di Stato. Si trattava per lo più di un semplice conteggio di teste progettato per soddisfare il mandato costituzionale. L’intera impresa non avrebbe dovuto richiedere più di nove mesi per essere completata. Ma nonostante la sua semplicità e la piccola popolazione della nostra nazione, ci vollero quasi due anni per completare il conteggio. E da lì in poi è solo peggiorato.

Con ogni decennio che passava, il censimento richiedeva più tempo per essere completato. Era pieno di errori e sottovalutazioni, che portarono a scandali e accuse di manipolazione dei dati per fini politici.

Quando fu fatto il primo censimento, c’erano 3,9 milioni di persone che vivevano in 13 stati. Nel 1890, gli Stati Uniti comprendevano 42 stati e avevano una popolazione di 63 milioni – un aumento di 16 volte nell’arco di un secolo. Mai prima d’ora un paese si era gonfiato così tanto e così rapidamente. Facendo ancora il loro lavoro alla vecchia maniera, con carta e penna, gli addetti al censimento faticavano a tenere il passo. Stavano affogando nei dati.

Nel frattempo, oltre a dover censire una popolazione in rapida crescita, i funzionari governativi cominciarono a riempire il censimento con sempre più domande: dati sulle occupazioni, livelli di alfabetizzazione, storia giudiziaria, condizioni mediche, proprietà di case, tendenze economiche e un sacco di domande sulla razza e sullo stato di immigrazione delle persone.

Quando il XIX secolo volgeva al termine, i funzionari del censimento avevano iniziato a trasformare quello che avrebbe dovuto essere un semplice conteggio delle persone in un sistema di sorveglianza razziale.

Superiorità anglo-americana

Allora gli Stati Uniti erano diversi: più piccoli e per lo più rurali e in rapida espansione lungo la frontiera occidentale. La guerra civile si era conclusa e con essa l’esercito americano aveva spostato le sue risorse per combattere e sterminare i nativi americani a ovest del Mississippi. Le ferrovie transcontinentali stavano collegando vaste zone del paese, riducendo il tempo e lo spazio e spostando il potere economico a un nuovo gruppo di élite finanziarie e di imprenditori ferroviari.

Anche la demografia del paese e le politiche razziali stavano rapidamente cambiando.

La schiavitù era stata abolita, permettendo a milioni di neri di muoversi liberamente, tentare di prendere in mano il proprio destino e giocare un ruolo nella vita politica del paese. L’immigrazione si stava facendo sentire. Fino al XIX secolo, la libera immigrazione negli Stati Uniti era stata largamente dominata dai coloni inglesi. Ma a partire dal 1850, quel modello iniziò a cambiare drasticamente. Milioni di contadini irlandesi si riversarono nel paese per sfuggire alla carestia di patate, che uccise oltre un milione di persone. Altri milioni stavano fuggendo dalla schiacciante povertà dell’Italia meridionale e dai territori orientali dell’Impero russo. Gli operai cinesi arrivavano in massa sulla costa occidentale per costruire le ferrovie americane.

Questo afflusso era una manna per un’oligarchia industriale emergente, una fonte di lavoro a basso costo senza fine. Ma era anche una fonte di instabilità politica. La diffusa disuguaglianza e lo sfruttamento portarono a movimenti popolari di massa per il cambiamento. Ci furono proteste sindacali e scioperi, l’emergere del movimento populista e un’organizzazione nazionale di auto-aiuto creata da contadini poveri. Le idee socialiste e anarchiche ottennero un’ampia adesione. L’attivismo per i diritti civili dei neri emerse.

L’establishment politico americano guardò a questa instabilità, agitazione sociale e cambiamento con orrore. Vedevano le masse di neri liberi e immigrati cinesi, ebrei, irlandesi e italiani – e i loro vestiti a brandelli, le loro lingue aliene, le loro religioni innaturali e le loro richieste di un trattamento migliore e di diritti politici – come una minaccia.

Cercando soluzioni, molti si accontentarono di vari ceppi di ciarlataneria razziale. I cosiddetti darwinisti sociali si basavano su una versione distorta della teoria dell’evoluzione per spiegare perché i poveri e gli emarginati dovessero rimanere tali mentre i ricchi e i vincenti meritavano di governare incontrastati. Portando questa nozione un passo avanti, gli aderenti all’eugenetica credevano ardentemente che gli anglo-americani naturalmente superiori fossero sul punto di essere spazzati via a causa degli alti tassi di nascita di “degenerati” e immigrati. Per scongiurare questa minaccia, sostenevano severi controlli sulla riproduzione – allevando gli esseri umani per la qualità nello stesso modo in cui gli agricoltori facevano le mucche e i cavalli.

Queste non erano idee marginali, ma furono fermamente abbracciate dal mainstream culturale e politico americano. Da futuri presidenti come Theodore Roosevelt, Herbert Hoover e Calvin Coolidge a baroni ladri come J.P. Morgan e Leland Stanford a scrittori come H.G. Wells e attivisti progressisti come Margaret Sanger, l’eugenetica era di gran moda.

Nei primi decenni del 20° secolo, 32 stati approvarono leggi sulla sterilizzazione per affrontare la minaccia del degrado genetico – leggi che furono sostenute dalla Corte Suprema. E pochi erano più preoccupati della minaccia del degrado genetico dei funzionari del Census Bureau degli Stati Uniti.

La polizia della purezza

Nato in una ricca famiglia di Boston, Francis A. Walker aveva servito nella guerra civile come generale, si era dilettato nel giornalismo e alla fine si era fatto un nome come un influente economista e statistico dell’Era Progressiva, che sarebbe poi diventato presidente del Massachusetts Institute of Technology.

Come economista professionista, Walker aveva un vivo interesse per i cambiamenti demografici della nazione – e fu inorridito da ciò che vide. Come la maggior parte degli americani dell’alta borghesia dell’epoca, Walker credeva che i colonizzatori inglesi originari del paese si fossero evoluti per essere la razza più superiore del pianeta – superiore anche alla razza inglese originaria da cui provenivano.

Per lui, gli anglo-americani si trovavano sull’apice della piramide razziale del mondo. Lui e la sua gente erano “tanto più avanti degli inglesi quanto gli inglesi erano più avanti di qualsiasi altro ramo della razza teutonica, che a sua volta era molto più avanti degli slavi o dei celti”, scrisse.

Credeva che l’afflusso di immigrati poveri dall’Irlanda e dall’Italia, così come gli ebrei e gli slavi dell’Europa dell’Est, stesse diluendo la razza superiore degli Stati Uniti e minacciasse di trascinare la superiorità genetica americana in una fogna di degrado e declino. Egli incolpava questi immigrati – “vaste orde di contadini brutalizzati” – per i disordini sociali e politici che stavano accadendo intorno a lui.

“Sono uomini sconfitti di razze sconfitte; rappresentano i peggiori fallimenti nella lotta per l’esistenza”, dichiarò. “Non hanno nessuna delle idee e delle attitudini che si adattano agli uomini per affrontare prontamente e facilmente il problema dell’autocura e dell’autogoverno”.

Non solo spinse per limitare l’immigrazione al fine di prevenire quello che vedeva come il “suicidio della razza” anglo-americana, ma sostenne anche la sterilizzazione forzata. “Dobbiamo estrarre dal sangue della razza più della macchia ereditata da un passato cattivo e vizioso”, scrisse. “Il trattamento scientifico che viene applicato alle malattie fisiche deve essere esteso alle malattie mentali e morali, e una sana chirurgia e cautela deve essere applicata da tutto il potere dello stato per il bene di tutti”.

Oltre ai suoi altri contributi alla vita degli Stati Uniti, Walker servì come sovrintendente del censimento degli Stati Uniti del 1870 e del 1880.

I limiti della tecnologia

Il censimento era stato uno strumento razziale fin dal suo inizio, a partire dalla clausola costituzionale originale che istruiva i funzionari del censimento a contare gli schiavi neri separatamente dai bianchi e ad assegnare loro un valore di soli tre quinti di una persona.

Con ogni decennio, nuove categorie “razziali” sono state inventate e aggiunte al mix: “maschi e femmine di colore liberi” e “mulatti” furono contati, includendo suddivisioni come “quadroon” e “octoroon”. Furono aggiunte categorie per cinesi, “indù” e giapponesi, così come le denominazioni “stranieri” e “nativi nati” per i bianchi. Il censimento si espanse lentamente per raccogliere altri dati demografici, compresi i livelli di alfabetizzazione, le statistiche sulla disoccupazione e i disturbi medici, come quelli che erano “sordi, muti e ciechi” e i “pazzi e idioti”. Il tutto era suddiviso per razza.

La maggior parte di queste domande furono incluse in modo casuale. Erano apertamente politiche, aggiunte in risposta a qualsiasi particolare paura razziale che attanagliava l’élite nazionale al potere in quel momento.

Il censimento doveva migliorare drasticamente. Ciò di cui aveva bisogno era un inventore di talento, qualcuno giovane e ambizioso che fosse in grado di trovare un metodo per automatizzare la tabulazione e l’analisi dei dati.

Qualcuno come Herman Hollerith.

Una categoria razziale per i cinesi fu aggiunta dopo che le compagnie ferroviarie iniziarono a importare lavoratori a basso costo e sfruttabili dalla Cina. Le categorie per “mulatto” vennero dopo che l’abolizione della schiavitù causò il panico per i pericoli della mescolanza razziale. Le domande sulla salute mentale e la razza furono aggiunte per la prima volta per volere di un senatore del Sud poco prima dello scoppio della guerra civile. I risultati sembravano mostrare che i neri liberi che vivevano negli stati del Nord avevano in media undici volte più probabilità di essere pazzi dei neri del Sud che vivevano in schiavitù. Queste statistiche discutibili furono riprese dai politici del Sud per sostenere le teorie razziste e argomentare contro l’abolizione.

Per Walker, questi primi sforzi non andavano abbastanza lontano. Come economista e statistico, voleva raccogliere ed elaborare più dati e professionalizzare e standardizzare lo sforzo. Voleva che fosse un vero e proprio “inventario nazionale” scientifico, non una raccolta casuale di fatti.

Ma i suoi sogni continuavano a scontrarsi con un duro limite: la tecnologia. Il censimento veniva ancora contato e analizzato a mano. Il lavoro era lento e limitato. Un’analisi sofisticata era quasi impossibile.

Il censimento doveva migliorare drasticamente. Ciò di cui aveva bisogno era un inventore di talento, qualcuno giovane e ambizioso che fosse in grado di trovare un metodo per automatizzare la tabulazione e l’analisi dei dati.

Qualcuno come Herman Hollerith.

L’inventore

Hollerith era nato a Buffalo, New York, nel 1860. Suo padre, un insegnante di lettere, morì quando era un bambino, e fu cresciuto da sua madre. Nel 1879, quando si laureò alla Columbia School of Mines con una laurea in ingegneria, fu immediatamente reclutato per aiutare a compilare le statistiche economiche per il censimento del 1880, che era gestito da Walker.

Nel suo nuovo lavoro, Hollerith, che all’università si era fatto una reputazione di ingegnere inventivo, fu incoraggiato dagli alti funzionari del censimento a studiare il processo di censimento e a trovare una soluzione per velocizzarlo. Dopo che il censimento del 1880 fu completato, lasciò il suo lavoro per un posto di insegnante al MIT, seguendo Walker, che era stato recentemente nominato presidente.

Hollerith continuò ad armeggiare con la sua invenzione, e in poco tempo arrivò a un progetto che separava il processo di censimento in parti. La prima consisteva nel convertire i dati in un formato che poteva essere letto da una macchina.

Questo fu realizzato facendo dei fori su un pezzo di carta. Il secondo passo riguardava l’elaborazione dei dati. Questo fu realizzato alimentando la carta attraverso una macchina che, attraverso una combinazione di perni e quadranti, leggeva il numero e la posizione dei fori. All’inizio, Hollerith sperimentò l’uso di una striscia continua di carta – come la recente invenzione del nastro di ticker, che era ampiamente usato per trasmettere i prezzi delle azioni via telegrafo. Ma non era soddisfatto dei risultati.

“Il problema era che se, per esempio, si voleva una qualsiasi statistica riguardante i cinesi, si sarebbero dovuti percorrere chilometri di carta per contare pochi cinesi”, spiegò poi Hollerith in una lettera. La razza non era mai lontana dalla sua mente quando lavorava al suo congegno.

Alla fine, ebbe un’idea molto migliore: ogni persona sarebbe stata rappresentata dalla propria scheda perforata – un’idea che gli venne mentre prendeva un treno. “Stavo viaggiando nel West e avevo un biglietto con quella che credo si chiamasse una fotografia perforata… il controllore… perforava una descrizione dell’individuo, come capelli chiari, occhi scuri, naso grande, ecc”

L’alba dei dati

Nel marzo del 1890, le macchine di Hollerith furono installate presso l’Inter-Ocean Building sulla Nona Strada a Washington, non lontano dalla Casa Bianca. Egli stesso ne supervisionò l’installazione, correndo in giro e abbaiando ordini agli operai che stavano issando casse di legno scricchiolanti dalla strada al terzo piano.

Presto l’immobile fu trasformato da un anonimo spazio per uffici nel vivace quartier generale dell’undicesimo censimento. Centinaia di impiegati lavoravano a turni 24 ore su 24, prendendo i dati grezzi del censimento raccolti sul campo e trasferendoli su schede con macchine perforatrici appositamente progettate, per poi passare le schede a un altro gruppo di impiegati che lavoravano ai tabulatori e agli smistatori. Le macchine di Hollerith sferragliavano tutto il giorno e tutta la notte, con gli impiegati stipati insieme come operai in un’officina.

I giornali mandavano i loro corrispondenti a guardare questi aggeggi futuristici. A causa dei miserabili risultati dei precedenti censimenti, la stampa era inondata da previsioni di incompetenza e fallimento. Si sbagliavano.

Ci sarebbero voluti ben quattro anni per finire e pubblicare i rapporti. Fu un incredibile miglioramento rispetto al censimento precedente, che aveva richiesto quasi un decennio.

Il censimento del 1890 – l’undicesimo della nazione – fu il più ambizioso finora. Conteneva 35 domande, 10 in più del censimento precedente, su tutta una serie di dati: livelli di alfabetizzazione, dimensioni del nucleo familiare, professioni, valore delle proprietà di una famiglia e se erano in affitto o in proprietà. Forse la cosa più importante era la dimensione razziale. Il censimento raccoglieva statistiche sugli americani nati in patria e all’estero e li suddivideva in più categorie razziali: bianchi, di colore, cinesi, giapponesi e “indiani civilizzati” (cioè un nativo americano che non viveva più in una società tribale). Fu il primo censimento a includere un conteggio completo dei nativi americani che vivono nelle terre tribali. Chiedeva dati sulla storia della disoccupazione, i tassi di fertilità, lo stato di cittadinanza, la storia criminale, l’alfabetizzazione e la conoscenza della lingua inglese.

Nonostante la lunga lista di domande e i requisiti per calcolare tutta una serie di nuove statistiche, tra cui le nascite, la disoccupazione e le cause di morte divise per razza, il conteggio di base della popolazione fu completato in sole sei settimane. Ci sarebbero voluti ben quattro anni per finire di tabulare e modificare tutte le altre categorie di dati e rilasciare i rapporti. Fu un miglioramento sorprendente rispetto al censimento precedente, che aveva richiesto quasi un decennio.

Non era solo la velocità che distingueva l’invenzione di Hollerith. Era la sua capacità di estrarre e setacciare i dati e persino di combinare più punti di dati. Un’analisi così fine su scala di massa era completamente senza precedenti, e rese le macchine di Hollerith un successo immediato con la classe politica degli Stati Uniti ossessionata dalla razza.

Robert Porter, a capo del censimento del 1890, che aveva supervisionato l’adozione delle macchine tabulatrici di Hollerith, fu profondamente colpito dal loro potere di ordinare le popolazioni immigrate e non bianche in base a numerose variabili demografiche. Era particolarmente soddisfatto di poter analizzare le tre cose più temute da chi era preoccupato al pensiero del “suicidio razziale”: i tassi di immigrazione, i tassi di fertilità degli immigrati e i matrimoni di razza mista (o ciò che il censimento chiamava la “condizione coniugale”), tutti elementi che potevano essere suddivisi per età, razza, livelli di alfabetizzazione e stato di naturalizzazione.

Anche Simon Newton Dexter North, un lobbista di lunga data dell’industria della lana che avrebbe diretto il censimento del 1900, rimase abbagliato dalla potenza dei tabulatori di Hollerith. Come Walker e altri colleghi del censimento, era ossessionato dall’immigrazione e dal meticciato. Credeva che stessero diluendo il superiore ceppo anglo-americano del paese e destabilizzando la società.

“Questa immigrazione sta influenzando profondamente la nostra civiltà, le nostre istituzioni, le nostre abitudini e i nostri ideali”, avvertì nel 1914. “Ha trapiantato qui lingue aliene, religioni aliene e teorie di governo aliene; è stata una potente influenza nella rapida scomparsa della visione puritana della vita”.

North credeva che i burocrati e gli statistici come lui stessero combattendo un nuovo tipo di guerra: una guerra per la purezza genetica dell’America. E la tecnologia del tabulatore di Hollerith era un’arma vitale – un’invenzione “epocale” – senza la quale questa lotta sarebbe stata persa.

Nutrire la bestia nativista

Da un giorno all’altro, la tecnologia del tabulatore di Hollerith aveva trasformato il censimento da un semplice conteggio delle teste a qualcosa che assomigliava molto a una rozza forma di sorveglianza di massa. Per la classe politica ossessionata dalla razza, era uno sviluppo rivoluzionario. Potevano finalmente mettere la composizione etnica della nazione sotto il microscopio. I dati sembravano confermare le peggiori paure dei nativisti: Gli immigrati poveri e analfabeti brulicavano nelle città d’America, si riproducevano come conigli e superavano i tassi di natalità dei nativi anglo-americani.

Subito dopo il censimento, gli stati e il governo federale approvarono una raffica di leggi che limitavano pesantemente l’immigrazione.

Iniziò con l’Immigration Act del 1891, che istituì la prima agenzia federale per supervisionare l’immigrazione e il controllo dei confini e trasformò un’isola inutilizzata sulla punta meridionale di Manhattan in un elaborato centro di selezione per gli immigrati. Continuò con l’approvazione di una mezza dozzina di importanti leggi sull’immigrazione, compresa una che toglieva alle donne la cittadinanza statunitense se sposavano stranieri non naturalizzati, culminando con l’Immigration Act del 1924 – una pietra miliare della legislazione che introduceva le quote di immigrazione razziale.

Questa serie di leggi dava ai funzionari dell’immigrazione il potere di bandire praticamente chiunque, inclusi “idioti, imbecilli e persone deboli di mente” o coloro che mostravano “inferiorità psicopatica costituzionale” o erano “mentalmente o fisicamente difettosi”. Gli anarchici e i socialisti furono banditi completamente, così come chiunque provenisse dalla “zona vietata asiatica”, che comprendeva la maggior parte dell’Asia, il subcontinente indiano, il Medio Oriente e parti della Russia orientale. Nel frattempo, l’immigrazione dai paesi europei era limitata da limiti rigidi basati sul censimento del 1890 – il primo censimento elaborato dalla tecnologia Hollerith. Insieme alle leggi anti-cinesi approvate alla fine del XIX secolo, queste nuove leggi crearono un muro virtuale intorno agli Stati Uniti.

North sognava il giorno in cui i dati razziali dettagliati avrebbero potuto essere raccolti e analizzati per tutto il mondo ed essere utilizzati per guidare lo sviluppo genetico umano. Il suo sogno si sarebbe presto realizzato in Europa.

I dati forniti dall’invenzione di Hollerith non causarono il razzismo, il nativismo e l’eugenetica che vedeva la classe e la povertà attraverso la lente dell’allevamento piuttosto che della politica e della politica economica. Ma diedero forma concreta a quelle paure – e fornirono dati a cui quelle paure potevano essere collegate.

Per alcuni burocrati statunitensi, questo sistema eugenetico basato sui dati era solo l’inizio. North, che diresse l’Ufficio Censimenti degli Stati Uniti dal 1903 al 1909, sognava il giorno in cui si sarebbero potuti raccogliere e analizzare dati razziali dettagliati per tutto il mondo ed essere usati per guidare lo sviluppo genetico umano.

“La necessità di trattenere le classi e le famiglie geneticamente carenti dalla funzione della riproduzione è riconosciuta come imperativa”, scrisse nel 1918 dal suo trespolo al Carnegie Endowment for International Peace mentre la prima guerra mondiale volgeva al termine. “È il sogno del vero statistico che arrivi il giorno in cui i fatti della demografia saranno disponibili su basi identiche per tutto il mondo. Quando questo sogno sarà realizzato, quando esisteranno effettivamente e ovunque statistiche internazionali comparabili, allora conosceremo le leggi che determinano il progresso umano e potremo applicarle efficacemente”.

Il suo sogno si sarebbe presto realizzato in Europa.

Hollerith diventa globale

Il successo immediato della sua invenzione rese Hollerith ricco e famoso. Ma quello era solo l’inizio. Nel 1911, vendette la sua Tabulating Machine Company per 2,3 milioni di dollari a Charles Flint, un famigerato venture capitalist conosciuto ai suoi tempi come il “Padre dei Trust”.

Flint comprò la società di Hollerith, combinò la sua azienda con diverse altre imprese che producevano congegni meccanici di precisione – orologi, registratori di cassa, macinini da caffè e bilance da macellaio – per creare un monopolio computazionale e consegnò questo nuovo conglomerato a un giovane dirigente ambizioso di nome Thomas J. Watson.

Mentre Hollerith diventava lentamente senile in pensione, Watson sfruttò spietatamente la tecnologia informatica dell’anziano inventore per schiacciare la concorrenza e stabilire un monopolio globale nel mercato dei primi calcoli. Il risultato fu International Business Machines, l’azienda che oggi conosciamo come IBM, fondata nel 1911.

Installati nelle fabbriche, negli uffici aziendali e nelle burocrazie cittadine e militari, i suoi computer tabulatori non solo velocizzavano la contabilità, ma riducevano notevolmente i costi del lavoro. Le imprese e le agenzie governative locali e federali ordinarono le macchine di Hollerith a vagonate. Le compagnie di assicurazione si affidavano a loro per la contabilità e il calcolo delle tabelle attuariali. Le ferrovie le usavano per instradare le merci ed elaborare gli orari. In una compagnia ferroviaria, una singola macchina Hollerith gestita da due persone sostituiva il lavoro a tempo pieno di 20 impiegati. Essi personificarono l’efficienza sfolgorante e l’automazione della rivoluzione tecnologica che segnò l’Era Progressiva.

Da nessuna parte questo era così ovvio come nella Social Security Administration, uno dei programmi simbolo del New Deal.

Il presidente Franklin D. Roosevelt firmò la legge sulla sicurezza sociale il 14 agosto 1935, creando il primo programma americano di pensione di vecchiaia. Il Social Security Act portò un enorme bisogno di contabilità ed elaborazione dati sia per le imprese che per il governo federale. Le imprese dovettero improvvisamente tenere registri meticolosi sui loro dipendenti. Avevano bisogno di tracciare gli stipendi e i contributi per la previdenza sociale e archiviare queste informazioni con il governo federale. Il governo, a sua volta, doveva elaborare tutti quei dati. Doveva monitorare i contributi ad ogni singolo conto di previdenza sociale nel corso della vita di ogni individuo. E poi, quando raggiungevano l’età della pensione, doveva fornire gli assegni mensili a milioni di americani.

Non appena la legislazione passò, le aziende si misero in coda all’IBM per ottenere i sistemi di tabulazione dei salari adeguati a soddisfare i requisiti contabili federali. I telefoni degli uffici commerciali IBM squillarono a vuoto. Un dirigente di Woolworth si lamentò con IBM che consegnare le scartoffie per conformarsi al Social Security Act sarebbe costato all’azienda un quarto di milione di dollari all’anno – 4,5 milioni di dollari oggi.

IBM vinse il contratto per supervisionare la contabilità della Social Security Administration, battendo concorrenti come Remington Rand. Era l’unica azienda informatica all’epoca ad avere l’esperienza e la capacità produttiva per intraprendere un progetto di quelle dimensioni. Come dice una storia ufficiale IBM, “il progetto Social Security ha catapultato IBM da una società di medie dimensioni al leader globale nella tecnologia dell’informazione”.

Naturalmente, l’esercito era un grande fan della tecnologia. In tempo di pace, il Dipartimento della Guerra usava le macchine per tenere traccia dei dati di arruolamento e tracciare le pensioni militari. Quando gli Stati Uniti entrarono in guerra, la tecnologia Hollerith di IBM divenne una parte vitale dello sforzo militare alleato.

Le macchine Hollerith furono coinvolte in quasi tutte le parti della guerra, dalla progettazione della bomba atomica alla gestione dello spiegamento delle truppe. Speciali macchine IBM “portatili” installate su camion sbarcarono con le truppe americane in Normandia, Tunisia, Sicilia e Italia. Furono usate anche sul fronte interno.

I tabulatori Hollerith furono un grande successo in tutto il mondo. Ma un paese era particolarmente innamorato di loro: La Germania nazista.

Dopo l’attacco a Pearl Harbor, il Census Bureau degli Stati Uniti tirò fuori le schede perforate del censimento del 1940 e le rielaborò per produrre liste di popolazione, isolato per isolato, sui giapponesi-americani in una mezza dozzina di stati, compresa la California. Alla fine 130.000 giapponesi-americani furono costretti a trasferirsi nei campi di concentramento.

Il capo del Census Bureau di allora, James Clyde Capt, era estasiato dai dati che erano in grado di generare. Per esempio, scrisse a un subordinato, se i dati mostravano “c’erano 801 giapponesi in una comunità e [le autorità] ne hanno trovati solo 800, allora hanno qualcosa da controllare”.

I nazisti e i numeri

I tabulatori Hollerith furono un grande successo in tutto il mondo. Ma un paese ne era particolarmente innamorato: la Germania nazista.

Adolf Hitler salì al potere sulla scia della devastazione economica che seguì la sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale. Per Hitler, tuttavia, il problema che affliggeva la Germania non era economico o politico. Era razziale. Come disse nel Mein Kampf: “Lo stato è un organismo razziale e non un’organizzazione economica”. La ragione per cui la Germania era caduta così in basso, sosteneva, era il suo fallimento nel tendere alla sua purezza razziale. C’erano solo circa mezzo milione di ebrei in Germania nel 1933 – meno dell’1% della popolazione – ma lui li individuava come la causa di tutti i problemi della nazione.

Hitler e i nazisti trassero molta della loro ispirazione dal movimento eugenetico statunitense e dal sistema di razzismo istituzionale che era sorto sulla scia della schiavitù. La loro soluzione era di isolare i cosiddetti bastardi, poi monitorare continuamente la purezza razziale del popolo tedesco, in modo da mantenere il Volk libero da ulteriori contaminazioni.

L’unico problema: come dire chi è veramente puro e chi no?

Gli Stati Uniti avevano una soluzione pronta. La filiale tedesca dell’IBM ottenne il suo primo contratto importante lo stesso anno in cui Hitler divenne cancelliere. Il censimento nazista del 1933 fu spinto da Hitler come un inventario genetico di emergenza del popolo tedesco. Insieme a numerosi altri dati, il censimento si concentrò sulla raccolta di dati sulla fertilità delle donne tedesche – in particolare le donne di buona razza ariana. Nel censimento era incluso anche un conteggio speciale degli ebrei religiosamente osservanti, o Glaubensjuden.

I funzionari nazisti volevano che l’intero conteggio, stimato in circa 65 milioni di persone, fosse fatto in soli quattro mesi. Era un compito monumentale, e i funzionari tedeschi dell’IBM lavorarono giorno e notte per finirlo. Il successo del contratto era così importante per IBM che il CEO Thomas J. Watson visitò personalmente il gigantesco magazzino di Berlino dove centinaia di impiegate lavoravano in turni di sette ore a rotazione 24 ore al giorno.

Watson rimase molto colpito dal lavoro dei suoi manager tedeschi. Avevano portato a termine un incarico apparentemente impossibile, complicato da un formato di schede perforate su misura necessario per “considerazioni politiche” – la spiegazione in codice dell’IBM per i dati aggiuntivi richiesti dal regime nazista.

Mentre il partito nazista di Hitler stringeva la sua presa sulla Germania, lanciò ogni sorta di ulteriori programmi di raccolta dati per purificare la nazione tedesca. E l’IBM li aiutò a farlo.

“La precondizione per ogni deportazione era la conoscenza accurata di quanti ebrei in un particolare distretto corrispondevano alle descrizioni razziali e demografiche delle quote di Berlino”, scrivono David Martin Luebke e Sybil Milton in Locating the Victim, uno studio sull’uso nazista delle macchine tabulatrici. “Armata di questi dati”, dicono, “la Gestapo si dimostrò spesso in grado di anticipare con notevole precisione il numero totale di deportati per ogni categoria razziale, status ed età”.

La vasta burocrazia statale della Germania e i suoi programmi militari e di riarmo, compreso il crescente sistema di campi di concentramento/lavoro in schiavitù, richiedevano anch’essi servizi di elaborazione dati. Quando gli Stati Uniti entrarono ufficialmente in guerra nel 1941, la filiale tedesca dell’IBM era cresciuta fino a impiegare 10.000 persone e a servire 300 diverse agenzie governative tedesche. La tesoreria del partito nazista, le SS, il Ministero della Guerra, la Reichsbank, il Reichspost, il Ministero degli Armamenti, la Marina, l’Esercito e l’Aeronautica, l’Ufficio Statistico del Reich – la lista dei clienti IBM era lunga.

Questa storia rivela una verità scomoda e fondamentale sulla tecnologia informatica.

“In effetti, il Terzo Reich avrebbe aperto alle macchine Hollerith sorprendenti spazi statistici mai istituiti prima – forse mai nemmeno immaginati prima”, ha scritto Edwin Black in IBM and the Holocaust, la sua pionieristica esposizione nel 2001 dei dimenticati legami commerciali tra l’IBM e la Germania nazista. “Nella Germania di Hitler, la comunità statistica e di censimento, invasa da nazisti dottrinari, si vantava pubblicamente delle nuove scoperte demografiche che le loro attrezzature avrebbero raggiunto”. (l’IBM ha criticato i metodi di ricerca di Black, e ha detto che la sua filiale tedesca era finita in gran parte sotto il controllo nazista prima e durante la guerra).

La domanda di tabulatori Hollerith era così forte che l’IBM fu costretta ad aprire una nuova fabbrica a Berlino per produrre tutte le nuove macchine. Alla cerimonia di battesimo dell’impianto, a cui partecipò un alto dirigente IBM degli Stati Uniti e l’élite del partito nazista, il capo della filiale tedesca dell’IBM tenne un discorso entusiasmante sul ruolo importante che i tabulatori Hollerith avevano giocato nello sforzo di Hitler di purificare la Germania e ripulirla dal ceppo razziale inferiore.

“Siamo molto simili al medico, in quanto sezioniamo, cellula per cellula, il corpo culturale tedesco”, ha detto. “Riportiamo ogni caratteristica individuale… su una piccola scheda. Queste non sono schede morte, al contrario, dimostrano in seguito che prendono vita quando le schede vengono smistate al ritmo di 25.000 all’ora secondo certe caratteristiche. Queste caratteristiche sono raggruppate come gli organi del nostro corpo culturale, e saranno calcolate e determinate con l’aiuto della nostra macchina tabulatrice”.

In superficie, può sembrare che la storia di Herman Hollerith e il censimento degli Stati Uniti siano reliquie storiche, un’eco di un’epoca passata. Ma questa storia rivela una verità scomoda e fondamentale sulla tecnologia informatica. Possiamo ringraziare il nativismo e il censimento per aver contribuito a far nascere l’era dei computer. E come la battaglia sul censimento del 2020 rende chiaro, la spinta a contare i nostri vicini, a ordinarli in categorie e trasformarli in statistiche, porta ancora il seme della nostra disumanizzazione.

1https://books.google.com/books/about/Herman_Hollerith.html?id=7ySYDQAAQBAJ

2https://timesmachine.nytimes.com/timesmachine/1897/07/12/102486572.html?action=click&contentCollection=Archives&module=ArticleEndCTA&region=ArchiveBody&pgtype=article&pageNumber=5

3https://www.npr.org/2018/10/11/656570447/commerce-secretary-now-recalls-discussing-citizenship-question-with-steve-bannon

4https://apps.npr.org/documents/document.html?id=4426784-Planned-Questions-2020-Acs#document/p11/a414610

5https://www.washingtonpost.com/r/2010-2019/WashingtonPost/2018/03/27/Editorial-Opinion/Graphics/DOJ_census_ques_request_Former_Directors_ltr_to_Ross.pdf?tid=a_inl_manual

6https://web.archive.org/web/20190403151806/https://www.census.gov/content/dam/Census/newsroom/press-kits/2018/why-we-ask-fact-sheet.pdf

7https://www.brennancenter.org/potential-shifts-political-power-after-2020-census


Tradotto da Miguel Martines
Pubblicato sul giornale L’Urlo della Terra, luglio 2021, numero 9

Originale in inglese:
http://Originale in inglese: The Racist Origins of America’s Tech Industry, www. onezero.medium.com/the-racist-and-high-tech-ori gins-of-americas-modern-census-44ba984c28af

Passaporto Covid, controllo sociale, dittatura sanitaria

In un anno e mezzo di “emergenza sanitaria”, il mondo è stato trasformato e le nostre vite sono state sottoposte all’instaurazione di una nuova forma di dominio: la dittatura della salute. Questa metamorfosi in tutte le dimensioni della vita ci ha portato a subire questa dittatura sotto gli imperativi della salute: distanza sociale, (che ovviamente è stata applicata senza difficoltà perché in un certo senso esisteva già, dato che i dispositivi digitali ci avevano abituato da tempo a relazioni virtuali a distanza, portandoci a un nuovo paradigma di organizzazione sociale che virtualizza la nostra esistenza, è importante notare il termine non neutrale “distanza sociale” che cerca di evitare il sociale, il contatto, l’amicizia, l’affinità, per inseguire un mondo di relazioni anche informatizzate, l’implementazione del 5G aiuterà a evitare qualsiasi possibilità di contagio (contatto) tra la popolazione) i tre mesi di confinamento che abbiamo sofferto, rinunciando a tutte le nostre libertà in cambio di sicurezza e salute che ci avrebbe permesso di “sopravvivere”, nemmeno durante la dittatura del cattolicesimo nazionale che abbiamo sofferto in questo paese, altre epidemie come la peste o le due guerre mondiali avevano un’intera popolazione è stata chiusa nelle loro case, siamo stati sottoposti a confinamento da un virus, con tutte le sue conseguenze economiche, sociali, ecc, dettate da decreti governativi, dettate da decreti governativi in nome della salute e della sicurezza, che sono diventati i nuovi paradigmi del dominio.

Gli “effetti dell’emergenza sanitaria” sono stati pianificati da tempo nelle sale della tecnocrazia, l’accelerazione tecnologica, l’obbligo alla salute, la virtualizzazione delle relazioni e delle nostre attività, l’internet delle cose, delle persone e degli animali, l’uomo-macchina sincronizzato con la macchina-mondo, sono le logiche dell’ideologia transumanista che oggi più che mai soggioga le nostre vite, con la scusa dell'”emergenza sanitaria”, configurando così un mondo tecno-totalitario dove perdiamo ogni capacità di decisione, autonomia e libertà, dove il mondo è governato da macchine algoritmiche che costituiscono la società cibernetica.

PASSAPORTO COVID (GREEN PASS), dal diritto alla salute all’obbligo alla salute.

Il pass verde, noto anche come passaporto Covid o passaporto di immunità (si noti che l’OMS ha cambiato il concetto di immunità durante l’attuale pandemia, riferendosi in precedenza all’immunità come “immunità di gregge, che è quando la popolazione è protetta da un virus perché abbastanza persone sono state infettate con esso per creare un’immunità comunitaria”, Tuttavia, oggi l’OMS si riferisce all’immunità quando una grande percentuale di persone è stata mediatizzata, in questo caso “vaccinata” (che coincidenza che l’OMS, finanziata in gran parte da ‘big pharma’, abbia cambiato il concetto durante la pandemia), includerà fino a 11 dati riferiti alla nostra salute: tra le altre cose, se siamo stati vaccinati, con quale marca di vaccino, con quale lotto, se abbiamo avuto PCR, quante e il risultato, e se abbiamo passato la malattia.

Anche se questo passaporto è stato originariamente creato solo per consentire la mobilità, abbiamo visto come in diversi paesi viene già utilizzato per diverse attività. Oggi, in diversi paesi, fornisce la possibilità, alle persone che hanno accettato nel loro corpo la sperimentazione di riprogrammazione cellulare che si nasconde dietro i “vaccini” (1), di viaggiare, comprare, andare in palestra, assistere a spettacoli sportivi o culturali ecc. Non dobbiamo andare nelle dittature orientali, i nostri vicini e vicini democratici come la Francia, la Danimarca, l’Italia o Israele applicano già il passaporto Covid per poter svolgere diverse attività. Forse il caso più scioccante è quello dell’Italia, dove dal 15 ottobre sarà obbligatorio avere un passaporto Covid per poter lavorare, altrimenti le persone che si rifiutano di essere vaccinate saranno sospese dal lavoro e dalla paga. Senza andare così lontano in Spagna, la corte suprema ha appena approvato il passaporto Covid per l’ingresso ai ristoranti in Galizia, allo stesso tempo il governo di questa comunità ha chiesto l’estensione dell’uso di questo passaporto a case di cura e ospedali.

Questo passaporto significa la regolazione della nostra vita nelle condizioni di salute, si produce un cambiamento di paradigma, dal diritto alla salute all’obbligo di essere sani. Implica l’instaurazione di una dittatura sanitaria in cui la popolazione sarà divisa in due: quelli che accettano la colonizzazione medica del loro corpo e quelli che la rifiutano, dando luogo alla segregazione e alla discriminazione di una parte della popolazione. Chi accetta gli imperativi della salute potrà partecipare alla vita sociale, chi si rifiuta sarà respinto. Con la legge che entrerà in vigore in Italia tra un mese, chi non è vaccinato non potrà nemmeno lavorare, è un ricatto in tutti i sensi, non subiremo solo il ricatto lavorativo ma anche quello medico, o lavori o sei espulso, o sei “vaccinato” o sarai espulso. La libertà e l’autonomia scompaiono a favore dell’assistenza sanitaria. In questo nuovo processo di ingegneria sociale siamo sottoposti alla dittatura della salute.
Oggi sono i “vaccini” e il passaporto covid che permettono l’accesso a certi servizi, ma è possibile che domani, grazie a dispositivi medico-tecnologici come i biosensori, le tecnologie indossabili, i microchip ecc. che colonizzano e controllano il nostro corpo, saranno altri motivi medici a regolare la nostra vita. Se oggi, grazie alla nanomedicina, i nostri corpi sono già monitorati e nel prossimo futuro, grazie ai nanobot, saranno monitorati a distanza, vorrà dire che chi si rifiuta di farlo sarà espulso dalla vita sociale. In futuro, quando i nostri corpi saranno assolutamente monotorizzati e non risponderanno ai loro schemi di salute, saremo rifiutati ed emarginati.
saremo respinti ed emarginati. È necessario rifiutare questa nuova governance tecno-medica che impone la colonizzazione dei nostri corpi, la regolazione delle nostre vite sotto imperativi sanitari e comporta la perdita della nostra libertà e autonomia.

ID2020, Smart Vaccination Certificate Working Group e Commons Project Foundation.

C’è una stretta relazione tra il Certificato Verde Digitale e altri progetti di tracciabilità e monitoraggio delle nostre vite, tutti con lo scopo di sorveglianza, controllo sociale e massimizzazione del profitto, i ‘big data’ sono uno dei paradigmi del tecno capitalismo, avere i dati dei movimenti, attività, relazioni, sentimenti ecc. di una grande parte della popolazione serve a prevedere e modellare il loro comportamento. L’estensione della virtualizzazione della vita contribuisce a questo e diversi progetti come ID2020 o i diversi passaporti di vaccinazione fanno diffondere questa sorveglianza, controllo e ricatto sanitario. Il progetto ID2020, come il passaporto covid, è un documento digitale che dovrebbe essere necessario in futuro per accedere all’educazione, alla salute, al mondo del lavoro, ecc. Questo documento digitale conterrà dati personali, dati biometrici, viaggi, carte di credito, ecc. Un test di questo progetto è già in corso in Bangladesh dove la popolazione è già monitorata grazie a questo documento digitale e i suoi dati più personali e intimi esposti alle grandi aziende e al governo. Se oggi accettiamo il ricatto del passaporto covo, domani standardizzeremo altri documenti di identificazione digitale. Dietro questi progetti ci sono alcune delle persone più potenti e ricche del mondo, come Bill Gates e Rockefeller, quindi non c’è motivo di dubitare delle loro intenzioni. La popolazione per mezzo di questi dispositivi digitali sarà in qualsiasi momento identificata e classificata secondo i suoi dati digitalizzati, questa classificazione supporrà l’accettazione di questa persona in determinati spazi in base ai modelli imposti in quel momento, ovviamente questi modelli saranno quelli che governano la società tecno-capitalista in quel momento.
Tutti questi passaporti e documenti digitali sono impegnati in progetti che vanno oltre la salute, per esempio, l’uso del termine “portafoglio digitale”, sia dalla Vaccine Collective Initiative che da IBM, per riferirsi ai loro diversi passaporti sanitari digitali suggerisce che saranno utilizzati per molte altre cose come il noleggio di un’auto o attività commerciali, questo significa che l’identificazione digitale con tutti i nostri dati personali (medici, biometrici, lavoro ecc…) è qui per rimanere. Oggi ci ricattano con la nostra salute, domani è possibile che succeda come in Cina, con il sistema di credito, ci ricattano modellando la nostra condotta e il nostro comportamento.

È necessario rifiutare questo mondo tecno-totalitario che soggioga le nostre vite, modellando il nostro comportamento, la nostra condotta, i nostri sentimenti, rifiutare il tracciamento, la sorveglianza e la modellazione delle nostre vite che questi passaporti digitali comportano. Contro ogni autorità, per l’anarchia.

CONTRA TODA NOCIVIDAD, settembre 2021
https://contratodanocividad.espivblogs.net/