Bergamo – L’INGEGNERIA GENETICA DAI CAMPI AI CORPI TUTTI

DOMENICA 10 OTTOBRE
ore 15.30 – BERGAMO

L’INGEGNERIA GENETICA DAI CAMPI AI CORPI TUTTI

La Grande Trasformazione accelerata dalla dichiarata emergenza pandemica e rafforzata ora dall’emergenza climatica penetra ogni ambito e dimensione della nostra esistenza. Le pratiche di manipolazione genetica sono già state trasferite dai vegetali e dagli altri animali all’umano, facendo sfumare quella che veniva presentata solo come una sperimentazione rivelandosi invece come nuovo paradigma di gestione e riprogettazione del vivente.
Corpi e spazi sotto assedio dall’interno con forbici genetiche e piattaforme a mRNA e dall’esterno da una digitalizzazione che corre con la rete 5G. Ci apprestiamo così ad assistere all’estinzione di biodiveristà, saperi, memorie, possibilità, ma soprattutto di libertà e del significato stesso di essere umano.
La libertà vera parte dalla difesa della natura, dei propri corpi, dei propri figli e della propria comunità, lottare con forza e con la consapevolezza di quello che stiamo perdendo e che non riavremo più. Domani sarà troppo tardi.

videoproiezione del documentario
Il Grande Fratello nei campi – l’assalto digitale al cibo
Sfida la narrativa dominante della tecno-correzione industriale promossa dalle multinazionali agroalimentari e del Big Tech: Dai giganti digitali della Silicon Valley e Seattle, così come da oscure società di gestione di fondi d’investimento di Wall Street, il controllo sul cibo penetra in ogni ambito, dalle catene alimentari industriali, alle sementi fino agli scaffali dei nostri negozi e al cibo nei nostri piatti.
A cura di ETCGroup

Bill Gates e la nemesi tecno-medica
La pandemia come mito fondativo di un nuovo regime tecno-sanitario
Bianca Bonavita

Dialoghi, spunti, riflessioni di agricoltori a rischio estinzione, sull’abisso oscuro dell’agricoltura 4.0
Cadono foglie secche e germogli editati geneticamente maturano il loro nuovo sorgere.
Dalle deroghe dell’Unione europea agli OGM, alle strategie per contrastare il cambiamento climatico delle COP (United Nation Climate Change Conference). Dal verde muffa del Green Deal, alla forchetta della Farm (Farm to Fork Strategy). Passeggiate pensierose ed inquiete, tra i capitoli del nuovo piano di lavoro 2021-2023 del CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria). Riflessioni sulle lotte e sulle resistenze, per il futuro delle piccole agricolture anti-tecnoscientifiche. Ultimi sguardi alla natura di oggi verso gli orizzonti delle mutazioni di domani. Primi abbozzi di un lavoro di gruppo, in divenire.
Contadine e contadini Genuini Clandestini Treviso e Venezia

La fattoria degli animali verdi e intelligenti
La zootecnia green e smart anticipa il futuro dell’umanità nella nuova normalità 4.0
Cristiana Pivetti
Artista, ecologista

A seguire dibattito e cena
Senza veleni nè sfruttamento animale. 
Per una migliore organizzazione comunicateci la vostra presenza

Spazio di documentazione La Piralide
via del Galgario 11/13, Bergamo – avvelenate@anche.no – www.lapiralide.noblogs.org
Resistenze al nanomondo
www.resistenzealnanomondo.org – info@resistenzealnanomondo.org
Terre In Moto
www.terreinmoto.org – terreinmoto.info@gmail.com

Lecco – La verità può turbare, ma resta sempre verità

Da terreinmoto.org:

LA VERITA’ PUO’ TURBARE, MA RESTA SEMPRE VERITA’

Nella notte tra l’uno e il due settembre siamo stati fermati in via Cavour e accusati di aver affisso dei manifesti senza il permesso. Alla questura la semplice sanzione amministrativa non bastava ed è per questo che ha voluto rincarare la dose denunciandoci per “pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico” (Art. 656 del codice penale).
Essere accusati di diffondere notizie false proprio da chi difende un sistema che da sempre mente, manipola e terrorizza la popolazione al fine di legittimare le più abiette pratiche politiche e repressive è quantomeno paradossale.
Ma cosa dicevano di falso questi manifesti?

Non è forse vero che la società punta alla completa digitalizzazione di ogni aspetto
anche quello più intimo delle nostre esistenze?
Che discrimina chi rifiuta il costante tracciamento (per ora tramite green pass ma in futuro tramite dispositivi comunicanti nelle smart city mediante la rete 5G) e chi rifiuta di fare
da soggetto di sperimentazione?
Dopo quasi due anni di notizie e informazioni che nonostante la fortissima censura sono riuscite
a circolare come si possono chiamare se non terapie geniche sperimentali quelli che vengono spacciati come vaccini?
Si può ancora negare che le cosiddette campagne vaccinali umanitarie nel Sud del mondo siano in realtà vere e proprie sperimentazioni su larga scala portatrici di conseguenze devastanti e irreversibili sulla salute di intere popolazioni?

Questo ennesimo atto intimidatorio è un ulteriore esempio di quanto la diffusione di un pensiero critico in contrasto alla narrazione a senso unico di chi sta al potere spaventi, infatti si è voluto condannare i contenuti più che il mero gesto. Siamo di fronte all’instaurazione di un regime
che ricorda in sempre più aspetti quelli novecenteschi: punisce i dissidenti politici e non perde occasione di mostrare quali conseguenze si dovranno affrontare nel manifestare pubblicamente il proprio dissenso. Hanno paura che si cominci ad uscire da piazza Cermenati e che si diffondino pensieri e pratiche al di fuori del loro controllo.
Si tollera la protesta esclusivamente se si attiene ai limiti imposti dall’alto, e il ruolo della polizia è chiaro: difendere ed eseguire gli ordini del regime, come abbiamo visto al G8 di Genova e più recentemente a Berlino, dove un manifestante è stato ucciso, anche se naturalmente i media parlano di un malore.

A questa intimidazione rilanciamo con lo spirito della lotta, con la volontà di opporci a questa idea di mondo, portando nel cuore lo spirito di chi ha lottato anche andando contro le leggi dei vari regimi, sia democratici che totalitari, e che ha pagato con la galera o con la vita la propria voglia di libertà. Stanno preparando il terreno per l’accettazione sociale della repressione violenta nei confronti di chi non si sottometterà alle loro imposizioni. Oggi più che mai è necessario incontrarsi e costruire percorsi di lotta in grado di fermare il regime tecno-totalitario che avanza, con passione e coraggio, convinti che una vita senza libertà non sia una vita degna di essere vissuta!

Link: https://terreinmoto.org/2021/09/04/la-verita-puo-turbare-ma-resta-sempre-verita/#more-657

Bergamo – Due giorni contro Green Pass, inserti genetici e il mondo che li produce

BERGAMO
DUE GIORNI CONTRO IL GREEN PASS, INSERTI GENETICI (“VACCINI”) E IL MONDO CHE LI PRODUCE

SABATO 18 SETTEMBRE 
dalle 15.30 PRESIDIO – Largo Bortolo Belotti (zona fronte chiesa S.Bartolomeo)
il presidio si terrà anche in caso di pioggia
DOMENICA 19 SETTEMBRE
dalle 17.00 INCONTRO DISCUSSIONE SULLE RAGIONI DELL’OPPOSIZIONE AL GREEN PASS E AGLI INSERTI GENETICI
presso Spazio di documentazione La Piralide – via del Galgario 11/13, Bergamo
a seguire CENA

È ormai evidente, dopo oltre 18 mesi di cosiddetta pandemia, che tutto è stato pensato tranne che occuparsi della salute delle persone sviluppando la cosa più importante e meno redditizia come le cure domiciliari precoci, per non parlare del completo isolamento – affettivo e fisico – imposto nei confronti dei più anziani, sigillati nelle RSA da quasi due anni. Difatti, asserire che Stato e comparto digital-farmaceutico siano interessati alla salute delle persone è pressoché illusorio e a dimostrarlo sono proprio i tecnici selezionati per creare le task-force per la gestione pandemica, a posteriori in grande parte “premiati” con una poltrona al governo. Tutti hanno preso e continuano a prendere soldi da multinazionali legate ai vaccini, all’ ingegneria genetica, digitale e robotica: Bassetti (Pfizer), Cingolani (Ansaldo), Crisanti (Fondazione Gates, DARPA ricerca militare americana), Colao (Verizon), Burioni (tutto il farmaceutico). I conflitti di interesse ormai sono diventati una barzelletta. Ma lo scopo non è meramente il profitto, ma arrivare a concretizzare nella totalità una precisa idea di essere vivente e di governabilità dello stesso: una gestione di ogni aspetto delle nostre vite nel paradigma bionanotecnologico e transumanista che il pretesto del Covid sta velocizzando in una grande trasformazione, al centro della quale sotto attacco sono proprio i corpi tutti. Il green pass come precisa idea di tecnica di governo del vivente. La campagna vaccinale di massa conta già migliaia di morti e gli effetti collaterali gravi e gravissimi si contano in tutto il mondo. I dati sono ribassati perché la realtà è un’ecatombe, considerando che siamo sotto sperimentazione. Tante altre saranno le conseguenze che arriveranno solo dopo, considerando che non stiamo parlando di vaccini, ma di vere e proprie piattaforme di riprogettazione cellulare in grado di penetrare nel nostro DNA, modificarlo e manovrare il nostro sistema immunitario. Osservando al di là della propaganda martellante che quotidianamente instilla paure paralizzanti, la tragica realtà è ormai evidente. Una realtà in cui vogliono disfarci dei legami, della libertà di esserci, di pensare, di muoverci e di decidere della nostra corporeità minacciata dal potere tecno-farmaceutico in ogni suo aspetto. Tutto sotto il ricatto occupazionale e di un’idea falsata e creata ad hoc di unità nazionale che in realtà cela la più funzionale idea di frammentazione sociale. Questo programma tecno-sanitario è attuato per restare permanente, ci vogliono ridurre a docili pazienti, al momento in balia dei loro sieri. Presto il Green Pass diventerà lo strumento per dare l’avvio all’identità digitale che grazie alla rete 5G, alla prossima 6G e anche grazie all’annullamento del contante, permetterà un controllo assoluto delle persone e di ogni spazio sociale per una nuova trasformazione digitale in chiave transumanista dove la libertà sarà solo un orpello vuoto di significato. 

La Piralide
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Resistenze al nanomondo
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Sarajevo – Contributo per il 3° Incontro internazionale contro le tecno-scienze

L’immune e la macchina


L’immunità è la guerra

L’editoriale di un recente numero di “Science”, “Recognizing Self from Nonself” inizia così: “Di tutti i misteri della scienza moderna, il meccanismo di riconoscimento del sé rispetto al non sé nel sistema immunitario è al primo posto o quasi. Il sistema immunitario è progettato per riconoscere gli invasori stranieri” (Koshland 1990: 1273). Un attuale manuale clinico inizia: “La funzione del sistema immunitario è quella di distinguere il sé dal non sé e di eliminare quest’ultimo” (Kesarwala e Fischer 1988:1). E un libro di testo conclude il suo primo capitolo con una sezione intitolata “Self vs. Nonself”: “Qualunque sia l’arco temporale, lo sviluppo dell’immunocompetenza rappresenta uno spartiacque nella vita dell’animale. In questo momento l’organismo impara a discernere tra ‘sé’ e ‘non sé’ (Kimball 1986: 14) [1]

La “distinzione” del sé dal non sé: nel 1990 potrebbe essere attribuita al sistema immunitario. Dieci e venti anni dopo, e su una base più ampia, (quella della “coscienza”) la stessa domanda sarebbe stata posta agli ingegneri dell’intelligenza artificiale.
Ma per la visione del mondo del capitalismo occidentale, il sistema immunitario non solo discrimina, ma è bellicoso. Si difende dall’invasione dello “straniero”, attaccandolo per ucciderlo. In questo senso sia l’immunità che i modi biologici di trattare lo “straniero” sono diventati l’allegoria di ben altro: dallo “stato sano” alla “società sana”.

La seguente citazione del 1987 è illustrativa:
L’organizzazione del sistema immunitario umano ricorda la difesa militare, sia per quanto riguarda la tecnologia delle armi che la strategia. Il nostro esercito interno ha a disposizione reggimenti rapidi e molto mobili, truppe d’assalto, cecchini e carri armati. Abbiamo cellule di soldati che, su contratto con il nemico, iniziano subito a produrre missili homing la cui precisione è schiacciante. Il nostro sistema di difesa vanta anche munizioni che perforano e fanno esplodere i batteri, squadre di ricognizione, un servizio di intelligence e un’unità di stato maggiore della difesa che determina l’ubicazione e la forza delle truppe da schierare.

L’idea di un sistema per il comportamento immunitario degli organismi viventi è nata a metà degli anni ’60. Fu solo allora che macrofagi, linfociti e altre cellule furono visti come parti di una struttura somatica autoregolante che interagivano tra loro per formare quello che in Occidente si potrebbe chiamare un “sistema”. Negli anni ’70 si stabilirono negli Stati Uniti i primi dipartimenti universitari di immunologia; il sistema divenne oggetto di studi discreti.

Il decennio in cui le idee al riguardo cominciarono ad essere promosse in modo più massiccio fu quello successivo, gli anni ’80. Non è una coincidenza: gli anni ’80 sono il (primo) decennio di aids/hiv… La struttura di difesa “militare” dell’organismo umano sembra per la prima volta essere essa stessa un “bersaglio di attacco”… Abbastanza casualmente (????) nello stesso decennio si affina la pianificazione statale/capitalista occidentale di ciò che significa “difendere” il “corpo della democrazia e della libertà” contro la minaccia del blocco orientale, e missili a corto raggio con punta nucleare per colpire i missili nemici appaiono come la prima opzione di “deterrenza” sul suolo europeo/NATO: Abbiamo … cellule che, su contratto con il nemico, iniziano subito a produrre missili homing la cui precisione è schiacciante….

Insieme alla “democratizzazione” dell’idea militarista del sistema immunitario (umano) negli anni ’80, è nata una nuova idea: l’idea del portatore asintomatico, l’idea del paziente che è considerato malato, anche se non ha sintomi… ma li può acquisire – da altre malattie. E ancora l’idea (rinfrescata e corretta dal vecchio caso della peste) che l’asintomatico sia infettivo e come tale un pericolo pubblico. Dopo queste invenzioni (?) ne seguì inevitabilmente un’altra: i pazienti (i “casi”) non erano più persone con certi sintomi, ma positivi a certi test (medici); quindi, da un punto di vista epidemiologico, un numero astratto con un valore pratico e/o simbolico sconosciuto (e quindi facilmente manipolabile).

Che tutte queste innovazioni concettuali siano riemerse come pilastri chiave della campagna di allarme degli igienisti a partire dalla primavera del 2020 non deve sorprendere. Ma a differenza del caso dell’HIV, il sistema immunitario umano non è stato suggerito come il bersaglio di qualche nemico invidioso, qualche virus killer. È stato semplicemente cancellato. Come se non esistesse!

Questa lacuna strategica è stata compiuta attraverso una trovata pubblicitaria sporca ed economica. L’immunità naturale della folla è stata promossa con il suo vero nome tecnico, come immunità di gregge. Ma con tali connotazioni che “branco” evoca la connotazione di animali, greggi; e, di conseguenza, l’immunità associata è considerata …. offensiva.

Il sistema immunitario umano è esagerato attraverso un costante bombardamento a tappeto di messaggi “di guerra”. È stata la prima vera vittima di questa campagna senza nemmeno essere nominata. Possiamo apprezzare che se c’era davvero un “nemico invisibile” in questo assalto dei boss del complesso biotecnologico/informatico/sicurezza, era il sistema immunitario umano. Contro l’aggressore, contro il nemico (Sars-Cov-2) il corpo umano è stato tempestivamente ricostruito come completamente privo di protezione; e solo il paternalismo statale, i suoi ordini e i suoi genetisti potevano essere considerati come “difesa”.

Per esempio: [2]
Emmanuel Macron: Siamo in guerra. In una guerra per la salute, certo, ma in una guerra… Non siamo contro un altro esercito o un’altra nazione. Ma il nemico è proprio lì: invisibile, indefinito, ma in progresso…

Kyriakos Mitsotakis: Siamo in guerra con un nemico invisibile ma non invincibile… Il governo sta facendo il suo dovere. Ma credetemi, la vittoria arriverà solo se noi tutti – ognuno di noi – ci mostreremo come soldati disciplinati in questa ‘guerra della vita’. Perché il nemico è invisibile e insidioso. Quindi state al sicuro, state a casa!

Donald Trump: Voglio assicurare al popolo americano che stiamo facendo tutto il possibile ogni giorno per affrontare e infine sconfiggere questo orribile, invisibile nemico. Siamo in guerra. In un senso reale, siamo in guerra. E stiamo combattendo un nemico invisibile…

Anche se, per un momento, si accettasse la retorica della “guerra” si dovrebbe subito notare questo singolare paradosso: tutti coloro che erano chiamati a diventare “soldati disciplinati” erano disarmati! I “generali” di questa guerra (i governi e i loro “comitati di esperti” debitamente formati) da un lato hanno disarmato i loro “soldati” all’istante e, subito dopo, per il “loro bene” li hanno imprigionati nelle loro case.

All’inizio del 2020 anche il più guerrafondaio dell’Occidente capitalista non potrebbe chiamare “guerra” una tale combinazione di azioni/ordini. Il nome corretto era/è sequestro di ostaggi…

Tra le altre cose direttamente legate alla “scomparsa” del sistema immunitario umano, è avvenuta (e continua ad avvenire) anche questa mutilazione: è “scomparsa” quella parte del corpo umano che media tra le narici e la trachea, la “via” attraverso la quale si muovono tali virus trasportati dall’aria. Era comune conoscenza sociale che questa parte del corpo è il luogo in cui questi virus infettivi sono di solito trattati. E che le bevande calde di origine vegetale funzionano efficacemente nella maggior parte dei casi proprio nella gola, potenziando/ facilitando la risposta (immunitaria) di qualsiasi organismo prima dei polmoni.

In una mossa chirurgica massiccia e “invisibile” la faringe è stata “rimossa” dai corpi umani. Infatti è stato lasciato solo come punto di alcuni sintomi (tosse) ma per niente come punto di trattamento. E quando lo stato cinese, dopo l’esperienza di Wuhan, con grande insistenza e documentazione scientifica, ha cercato di dimostrare ai medici del primo mondo (in primo luogo gli italiani) l’efficacia del 95% della medicina tradizionale cinese nelle complicazioni lievi e moderate dovute alla Sars-Cov-2, una medicina a base di bevande ed erbe, sono stati accolti con fredda indifferenza.

È stato così chiarito fin dall’inizio del 2020: per i regimi occidentali la “guerra” era una simbolica e letterale operazione di massa. Simbolicamente, il sistema immunitario umano dovrebbe essere svalutato fino alla completa estinzione. Letteralmente, almeno una parte dei corpi dovrebbe essere “tagliata”.

Ma perché il sistema immunitario umano dovrebbe essere trattato in questo modo? Da un punto di vista puramente medico (: nel vecchio senso…) non c’è nessuna scusa e nessuna spiegazione per questa macelleria bio-anatomica! E, naturalmente, nessuna spiegazione di questo tipo è stata data dagli altrimenti leccapiedi del potere, compresi i “medici” e altri “esperti”.

Quindi dobbiamo cercare la causa dall’altra parte dell’equazione 2020 Sars-Cov-2 = guerra. Nelle esigenze militariste e nelle metodologie del cambio di paradigma capitalista e nella transizione alle norme della quarta rivoluzione industriale.

L’esercito e le sue macchine in prima linea

Se c’è un meccanismo non medico che può essere lanciato come “protettore della salute umana” è la DARPA americana. La risposta alla domanda quali sono gli interessi generali dell’esercito americano in questo campo della salute e delle malattie è ovvia: la guerra biologica.

Nel 2006 la DARPA ha annunciato un programma di “previsione di salute e malattia” (PHD). Un anno dopo, nell’ottobre 2007, la nota rivista Wired ha commentato: [3]

La maggior parte di noi prima starnutisce, tossisce, ha il raffreddore – e poi va da un medico per prendere qualcosa per l’influenza. La divisione di scienza pazza del Pentagono vuole fare il contrario: monitorare costantemente la salute dei militari in modo che la malattia possa essere individuata prima del primo starnuto. È come avere un medico con uno stetoscopio infilato in gola. e una sfera di cristallo nelle sue mani.

Il progetto di previsione della salute e delle malattie generalizzerà i metodi per identificare se una persona svilupperà una malattia trasmissibile prima che compaiano i sintomi. Mentre i metodi attuali fanno la diagnosi e formulano il trattamento dopo che una persona va prima dal suo medico, il programma PHD vuole cambiare il modello rilevando i cambiamenti nello stato di base della salute umana attraverso la sorveglianza continua. L’obiettivo è quello di raggiungere il 100% di prontezza del soldato attraverso l’identificazione, l’intervento e il trattamento della malattia prima della comparsa dei sintomi.

DARPA non dice come questo sarà realizzato – dice solo che “come minimo, saranno richieste metodologie analitiche innovative potenziate con modalità diagnostiche tradizionali e non tradizionali”. Ma questa agenzia sa che tipo di malattie è interessata a rilevare.

È principalmente interessato alle infezioni virali, patogeni delle vie respiratorie superiori che hanno il potenziale di ridurre la prontezza di combattimento dei soldati durante una guerra, e che possono occasionalmente portare a cancellazioni di missioni e a un’alta morbilità nelle caserme. Gli agenti patogeni presi di mira sono i virus dell’influenza,, i virus parainfluenzali, gli adenovirus, il virus respiratorio sinciziale e altri simili.

Quindi, dato che i militari non possono aspettare, il servizio vuole una diagnosi rapida. “L’obiettivo finale di DARPA è quello di creare le innovazioni tecnologiche necessarie per creare un sistema portatile, capace di combattere sul campo di battaglia, altamente accurato, che possa fare un grande volume di test (100 o più) in poco tempo (entro 3 ore) a basso costo.

Si potrebbe considerare questo orientamento “innocente”. Dopo tutto, anche per i militari, si tratta di salute! Ma non è così. La “diagnosi precoce” in un ambiente militare/guerresco non richiede un’astratta “sorveglianza sanitaria continua”, il tipo di rapporti regolari su come si sente ogni marine. Richiede invece un qualche tipo di “segnalazione” continua da parte dell’organizzazione a un qualche tipo di “centro di monitoraggio e certificazione” – se possibile automaticamente. Inoltre, anche la diagnosi più precoce è di utilità limitata se non ci può essere una cura rapida. Ovviamente accelerando la diagnosi prima dei sintomi, i ricercatori militari americani vorrebbero prevenire la diffusione di un virus nelle caserme. Ma a seconda della velocità e della frequenza dei controlli/segnalazioni, il male potrebbe diffondersi prima di essere notato e contenuto. Il che significava questo fin dall’inizio: la sorveglianza, la diagnosi e il trattamento avrebbero dovuto tendere verso un unico meccanismo d’azione, quello che avrebbe garantito la massima “efficienza” nel minimo tempo… In altre parole, soddisfare le specifiche militari richiedeva fin dall’inizio – almeno a lungo termine – tecnologie per integrare tutti questi processi. Non più una squadra medica che corre di qua e di là, in condizioni “da campo”, per diagnosticare e curare, ma un’automazione meccanica integrata. Corpi che “emettono” la loro condizione, e sono “riparati” a distanza…

Nel 2010 DARPA, in collaborazione con i ricercatori della Duke University finanziati da DARPA, ha presentato un metodo di analisi genetica del sangue che potrebbe rilevare se qualcuno era stato infettato dai virus/target prima di mostrare i sintomi. Ma una tale analisi dovrebbe ancora essere fatta in un laboratorio discreto; non, diciamo, all’interno del corpo stesso…

Nel 2014, DARPA ha annunciato la creazione del Biological Technologies Office (BTO). L’auto-presentazione del dipartimento ha dichiarato esplicitamente:

L’Office of Biological Technologies sviluppa capacità che riuniscono le caratteristiche uniche della biologia – modifica, replicazione, sintesi – e le applica per rivoluzionare il modo in cui gli Stati Uniti proteggono il loro territorio, e preparano e proteggono soldati, marinai, piloti e marines. BTO aiuta il Dipartimento della Difesa ad espandere le capacità tecnologiche nel rilevare nuove minacce e proteggere la prontezza dell’esercito americano, applicando interventi fisiologici per ripristinare i vantaggi operativi, sostenendo le prestazioni del warfighter e concentrandosi sulla biotecnologia operativa per il successo operativo.

È sicuramente un termine gergale. Quindi dobbiamo sottolineare quanto segue, che nel 2014 sono obiettivi dichiarati di biotecnologia, obiettivi di ingegneria genetica per l’esercito degli Stati Uniti:

Α) La “protezione del territorio”. DARPA estende i suoi obiettivi a tutti i soggetti, implicando almeno la “guerra biologica”.

B) “Interventi fisiologici”. Questo può significare niente meno che interventi biologici sui membri dell’esercito americano.

C) “Sostenere le prestazioni dei guerrieri”. Si può facilmente ipotizzare il potenziamento genetico e biotecnologico dei corpi umani (certamente in ambito militare).

D) Il “focus sulla biotecnologia operativa per il successo operativo”. Cos’altro potrebbe includere questa “biotecnologia operativa” se non armi biologiche?

Dato che DARPA per sua natura non annuncia i suoi programmi di ricerca se non quelli che impressionano o quelli che si assicurano ulteriori finanziamenti, è interessante notare l’annuncio, sempre nel 2014, di un sottoprogramma intitolato “In Vivo Nanoplatforms” (“In Vivo Nanoplatforms” / IVN). Il project manager non lascia spazio a fraintendimenti sul significato di tutto questo:

Il programma In Vivo Nanoplatforms supporta la prontezza militare attraverso lo sviluppo di tecnologie di sensori e terapie che possono essere installate in organismi viventi per garantire la salute e le prestazioni ottimali di ogni singolo guerriero…. Il progetto ha due filoni complementari.

IVN Diagnostics (IVN:Dx) mira a sviluppare una piattaforma generica in vivo [: in organismi viventi] che fornirà una sorveglianza fisiologica continua del guerriero. In particolare, IVN:Dx sta studiando tecnologie che includeranno nanopiattaforme impiantabili fatte di materiali biocompatibili e non tossici; localizzazione in vivo di piccole e grandi molecole di interesse biologico; rilevamento di composizioni complesse quando si trovano in concentrazioni rilevanti per le conseguenze cliniche; e gestione esterna delle nanopiattaforme senza l’uso di elettronica impiantata per comunicare [ndr: con loro].

IVN Therapeutics (IVN:Tx) è alla ricerca di nanopiattaforme miniaturizzate per trattare rapidamente le malattie nei guerrieri. Questo progetto mira a terapie che aumentino la sicurezza e riducano le dosi necessarie per l’efficacia clinica [ndr: dei farmaci]; ridurre gli effetti collaterali; ridurre l’immunogenicità; aumentare l’efficacia assicurando il targeting di tessuti e/o cellule specifiche; aumentare la biodisponibilità… Se si dimostrano efficaci, queste piattaforme permetteranno la prevenzione e il trattamento delle malattie che preoccupano i militari, come le infezioni da organismi multi-farmaco resistenti.

Qui nel 2014 il braccio tecnologico dell’esercito americano ha potuto annunciare la possibilità tecnica di “impiantare” (nel corpo) singoli meccanismi (“nanopiattaforme”) per la diagnosi e il trattamento – alla scala di (questo è sicuramente il punto) cellule. Una pubblicazione puramente economica (il business insider) era già in anticipo: questo progetto militare avanzato (insieme ad altri 19) cambierà la vostra vita…

“l’ultimo vagabondo americano” ha scritto sul suo sito il 4 maggio 2020: [4]

… Dalla sua creazione, il programma IVN della DARPA è riuscito a farsi finanziare [ndr.: dal governo degli Stati Uniti] e prodotto “idrogeli morbidi e flessibili che possono essere inoculati appena sotto la pelle per fare sorveglianza sanitaria, che si sincronizzano con un’app mobile per trasferire istantaneamente i dati sanitari”, un prodotto realizzato dalla società Profusa, finanziata da DARPA e dal National Institute of Health (“Istituto Nazionale della Salute” / NIH). Profusa, che ha successivamente ricevuto milioni da DARPA negli ultimi anni, sostiene che le informazioni raccolte dal suo biosensore iniettabile possono essere “condivise in modo sicuro” e accessibili a “individui, medici e coloro che sono coinvolti nella salute pubblica”. Così, l’attuale spinta per un “sistema di rintracciamento dei contatti” nazionale basato sui dati sanitari privati dei cittadini è probabile che espanda questa condivisione di dati, abbinandosi molto bene con l’obiettivo dichiarato da tempo da DARPA di creare un database nazionale online per la diagnostica preventiva.

Profusa è anche sostenuto da Google, che è stato pesantemente coinvolto in queste iniziative di sorveglianza di massa chiamate “contact tracing”, e ha l’ex leader della maggioranza del Senato William Frist nel suo consiglio di amministrazione… Lo scorso marzo (del 2020) Profusa è stato ri-finanziato da DARPA per vedere se i suoi biosensori iniettabili possono prevedere future pandemie, compresa la prevista “seconda ondata” di covid-19, e identificare quelli infettati fino a 3 settimane prima che mostrino i sintomi. Profusa si aspetta di ottenere l’autorizzazione della FDA per i suoi biosensori da utilizzare per questo scopo all’inizio del prossimo anno, circa lo stesso tempo in cui un vaccino per il coronavirus dovrebbe essere disponibile…

Potremmo continuare con le prove dei piani militari-tecnologici per rimodellare i corpi umani, che – come sappiamo – non sono solo americani. Ma anche questo poco è indiscutibile: nei preparativi per le guerre “contro i nemici visibili” le capacità naturali dei soldati, compreso il sistema immunitario naturale, sono considerate da inutili a obsolete. Sono le macchine (nel senso ampio della parola, altrimenti: le tecnologie) che devono sostituire o gestire qualsiasi soggetto fisico umano – d’ora in poi.

E così si arriva a questo: i “soldati contro il nemico invisibile”, cioè le società protocosmiche, sono diventate l’imitazione, in parte sperimentale e in parte educativa, dei soldati contro i nemici visibili.

In ogni caso, gli usi non sono solo guerre – guerre. Riguardano il controllo universale della vita quotidiana nelle metropoli. sia dalle imprese capitaliste che dagli stati.
Così chiaramente nell’oscurità!

Epilogo temporaneo

Invece della parola “estinzione” potremmo usare le parole “svalutazione sistematica” del sistema immunitario umano e di parti del corpo per descrivere questo processo di sostituzione e controllo delle funzioni umane di base da parte delle macchine. La campagna del terrore igienista all’insegna del covid 19 è stata estremamente concentrata sull’imposizione di specifiche biotecnologie ed è politicamente disperato che questo non sia stato compreso nella misura e nella profondità in cui dovrebbe essere:

Non si producevano droghe (che avrebbero affrontato il “sintomatico”) e infatti (certamente negli Stati Uniti) anche la menzione dell’esistenza di droghe era vietata…

I vaccini classici (di tipo cinese) non sono stati prodotti anche se da un punto di vista sanitario avevano dei vantaggi (tra cui la facilità di fabbricazione), senza alcuna spiegazione data….
Sono state dette e continuano ad essere dette bugie mostruose sull’mRNA e sulle piattaforme vettoriali…
La legislazione europea che vietava la diffusione degli organismi geneticamente modificati (OGM) è stata “segretamente” modificata per permettere il movimento di piattaforme…
Censurate e censurate soprattutto le opinioni più serie e informate di esperti eretici; e questo è solo l’inizio di un sistema autoritario / oligarchico di governo (politico)… ecc. ecc.
Coloro / quelle che sono consapevoli della tendenza capitalista a favore del “post-umanesimo” e della connessione ancora più stretta e organica di umano / meccanico (a vantaggio dei proprietari di quest’ultimo…) non saranno sorpresi da questo svolgimento della campagna del terrore igienista. O dalla sua intensità e dal suo ritmo.
Il paradosso è come e perché le società del primo mondo sono così indietro cognitivamente rispetto ai capi, che hanno difficoltà a capire anche le basi…

Note:

1 – Verso un’antropologia dell’immunologia: il corpo come stato nazionale, Emily Martin, American Anthropological Association, dicembre 1990, Vol4, No 4

2 – “Siamo in guerra con un nemico invisibile”, Pandemia, biopolitica e controinsurrezione, Christos Filippidis, futura, novembre 2020

3 – Darpa Goal: Phychic Doctors, 11/10/2007, Noah Shachtman.

4 – Il Coronavirus dà una spinta pericolosa all’agente più oscuro della DARPA

Sarajevo, Atene, www.sarajevomag.net
Luglio 2021

Originale in greco:

325/Dark Nights – Contributo al 3° Incontro Internazionale contro le tecno-scienze

Contributo del Collettivo 325/Dark Nights al 3° Incontro Internazionale contro le Tecno-Scienze:

Lo ‘Stato di Emergenza’ di Prison Island e la lotta contro il 5G

Il sistema tecno-industriale che domina il mondo è una prigione; non una prigione della quale alcuni dei reclusi potrebbero avere un’esperienza reale, ma che è governata da un nuovo tipo di sbirro o secondino, ossia i tecnocrati e gli scienziati e alla fin fine dal sempre presente bagliore dello schermo e dagli algoritmi che svelano e predicono ogni nostro movimento passato, presente e futuro, ogni pensiero ed emozione, con la conseguente partecipazione di massa alla nostra stessa incarcerazione. Non stupisce che queste tecnologie siano state ampiamente sperimentate sulla popolazione carceraria e poi estese alla società. Questo non è un romanzo o un film distopico, è una realtà totalitaria in divenire che sta avanzando su di noi più velocemente di prima, che è stata accelerata durante la pandemia da coronavirus e i conseguenti controlli di massa inflitti alla popolazione mondiale. Come al solito, tutto questo controllo tecnologico repressivo che si sta palesando, insieme ad un esperimento di controllo di massa sulla popolazione che io definisco “Stato di Emergenza”, non viene dal nulla (si pensi allo sviluppo tecnologico nel tempo anche dall’ultima rivoluzione industriale o dal boom di Internet e allo ‘Stato di Emergenza’ messo in atto durante i periodi di guerra o dopo i recenti ‘attacchi terroristici verificatisi in molti paesi europei) e soprattutto nel territorio del Regno Unito, alias l’Isola delle prigioni’. La stragrande maggioranza di queste tecnologie e scienze vengono sviluppate nei paesi occidentali, con la cooperazione di governo, università e start up tecnologiche, per le quali il Regno Unito è all’avanguardia.

Nel nostro breve contributo che vorremmo fosse più dettagliato e che venisse discusso con tutti i presenti (faccia a faccia piuttosto che in questa forma) al 3° Incontro Internazionale contro le Tecno-Scienze, apriamo un tentativo di rompere l’isolamento che è diventato vieppiù la normalità a cominciare dal coprifuoco e dall’alienazione che il mirrorworld online ha creato, per dare vita a un coordinamento internazionale sulla lotta contro il 5G, una rete importantissima su cui la quarta e la quinta rivoluzione industriale (4IRe 5IR) si baseranno. Ciò che consideriamo una vulnerabilità da attaccare e distruggere, tra i vari aspetti del sistema tecnologico-industriale che queste cosiddette rivoluzioni stanno creando.

Nel 2020 il regime statale britannico ha fatto passare in parlamento e senza incontrare alcuna opposizione, il Coronavirus Act, che può essere descritto solo come un colpo di stato totalitario da parte del partito conservatore di Boris Johnson. Per i prossimi due anni, come minimo, sono state attuate grandi e drastiche misure il cui effetto è già accusato da quanti sono posti ai margini della società, come i dissidenti, i prigionieri, coloro che si trovano ad essere ostaggio del sistema di giustizia penale, i poveri e i gruppi etnici discriminati. Da chi viene relegato dal sistema e dalla sua polizia, come da povertà, incarcerazione e morte, cosa confermataci ad esempio dal recente attacco a questi gruppi da parte del ‘Police, Crime, Sentencing and Courts Bill‘ il quale ha scatenato contestazioni e tumulti in risposta al suo attacco nei confronti dei movimenti antagonisti, dei nomadi, degli zingari, degli squatters, dei senzatetto, tra i vari gruppi ritenuti indesiderati nella nuova società tecno-prigione. Tutte queste misure sono un’estensione del grande esperimento dell’infrastruttura di controllo e della totale sospensione dei “diritti”, degli “emarginati” di cui sopra. E ora riguardante tutta la popolazione.

In base a quella sezione della legge che parla di salute mentale, il termine “catch-all” (“prendi tutti” N.d.T), visto che ogni forma di dissidenza, illegalità e critica all’esistente è considerata una “malattia mentale”, una persona può essere ricoverata e sottoposta a trattamento farmacologico su indicazione di un “clinico”. Questo vale soprattutto per coloro che sono detenuti, ritenuti indisciplinati in carcere o che sono già soggetti alla giustizia penale. Si è verificato un allentamento dei criteri, visto che anche un operatore sanitario volontario o sociale può essere approvato da un singolo amministratore senior, se egli ritiene che sia “idoneo, corretto e con adeguata esperienza”. L’amministratore senior può anche avallare interi gruppi che si siano organizzati come tali, “gruppi di cittadini preoccupati”, senza nemmeno valutare cosa muova di fatto gli individui in questione. Con il pretesto della ‘Salute pubblica’, che è una definizione che conosciamo fin troppo bene nei nostri contesti internazionali, essendo utilizzata in relazione alla “guerra contro il virus”, non è permesso imporre il trattamento medico, tuttavia esiste uno screening forzato, una valutazione clinica che include il prelievo coatto di campioni biologici dal corpo. Basti pensare come questa sia già una pratica ampiamente utilizzata per prendere le impronte digitali e i campioni di DNA degli arrestati da inserire nelle sempre crescenti banche dati del DNA in possesso elle autorità; questa misura è dunque un’espansione di tali strategie repressive preesistenti. Tornando alla questione della salute mentale, questa novità fa effettivamente sì che un individuo possa essere sedato con la forza, cosa che ancora una volta viene decisa da un singolo agente. Il pensiero inevitabilmente corre a come ciò potrebbe essere usato su chiunque sia ritenuto “incontrollabile” dallo Stato e dalle sue forze di sicurezza, su quei dissidenti che potrebbero facilmente venire drogati e mandati in una struttura o che si trovano già in prigione e sono considerati dei piantagrane per il panopticon.

Potentially Infectious Person(s) (PIP) è un’altra sezione della legge che potrebbe risultare problematica per dissidenti e indesiderabili. Poteri di arresto e detenzione, nuove leggi di accesso e perquisizione, insieme con il sequestro dei beni di un PIP, sono solo alcune parti di questa sezione. La detenzione ha un limite di tempo, ma può essere prolungata sempre più a lungo e ancora più a lungo, senza diritti legali. Non abbiamo già visto come i sospetti terroristi vengono trattenuti o imprigionati a tempo indeterminato in tutto il mondo, per non parlare nel Regno Unito? Restrizioni analoghe, in precedenza normalmente riservate ai prigionieri rilasciati e ancora in licenza, che avessero i loro luoghi di residenza, movimenti, attività e contatti sociali posti sotto controllo, vengono ora introdotte e applicate a idee “potenzialmente infettive” sotto la dicitura di “salute pubblica”.

Quelle che vediamo qui essere estese alla popolazione, sono misure normalmente riservate ai prigionieri e anche ai rifugiati che cercano di entrare nell’isola-prigione per sfuggire alle nazioni in guerra rese tali da paesi occidentali come il Regno Unito. Accostate tutto questo ai coprifuochi nazionali tra paesi e ai coprifuochi locali tra regioni com’è successo qui con la città di Leicester che è stata isolata dal resto del paese a causa di un’epidemia locale in un momento in cui il coprifuoco nazionale era stato allentato. Naturalmente la popolazione sottoposta a lockdown regionali non subisce il razzismo, la tortura, il dolore e la morte che i regimi di frontiera europei infliggono ai migranti e ai rifugiati.

Per concludere sul Coronavirus Act, le norme che concernono la morte e lo smaltimento dei corpi, sono le più nebulose. Anche se alcune parti del testo sono poi state ridotte, il fatto stesso che possano essere promulgate senza venire sottoposte a critica, è inquietante: un primo esempio di auto-obbedienza. Stando alla legge, non ci sarà bisogno di effettuare un’indagine su una persona deceduta, neanche le morti sospette devono essere necessariamente approfondite e non c’è alcuna tutela rispetto alla registrazione di una causa di morte. Prima di continuare, tenete presente che questa legge è tuttora in vigore.

I certificati o la registrazione di morte devono essere redatti da medici designati temporaneamente, non dal medico che vi assiste. Inoltre nessun certificato medico è necessario per la cremazione o la sepoltura e lo smaltimento dei resti. Anche il luogo di smaltimento è sottratto al controllo dei parenti, che è affidato alle autorità nazionali e locali. È facile far sparire dissidenti e antagonisti in un tale scenario.

Quello che stiamo cercando di descrivere qui, entrando brevemente nel dettaglio del Coronavirus Act, è il pendio scivoloso che uno ‘stato di emergenza’ può creare. Il totalitarismo nasce con il pretesto della necessità, della protezione e della sicurezza. La fase attuale non è diversa, la storia ci ha dimostrato che la democrazia, in quanto sistema autoritario, può facilmente scivolare nel fascismo in qualsiasi parte del mondo. La volontà della società di massa di accettarla e i potenziali abusi connessi, sono ciò che la rende tale. Questo rivela il piano di opportunismo del progetto totalitario che sta alla base della civiltà tecno-industriale.

Basti vedere il fascistissimo ‘Grande Reset’, la 4IR e 5IR insieme alle smart cities e al 5G che modificano l’ambiente urbano in base alle loro esigenze. Con la sospensione delle elezioni e dei referendum, il divieto di assemblee e proteste in tutto il mondo, l’ulteriore implementazione di una società di sorveglianza virtuale e senza contanti, la normalizzazione dell’esercito nelle strade, non ci si può ingannare pensando che siamo in presenza di un momento di grande opportunità di cambiamento. Durante il lockdown e coprifuoco, qui sull’isola-prigione, lo Stato di polizia è andato in modalità hyperdrive, espandendo ancora il suo preesistente monitoraggio dei movimenti delle persone, aumentando il suo potere assoluto mitigante e detentivo.

Qui durante il lockdown abbiamo avuto un’applicazione Covid-19 (simile all’italiana Immuni, N.d.T.) lanciata dall’NHS (il Servizio Sanitario Nazionale inglese, N.d.T.) in collaborazione con Apple e Google e che utilizza il loro protocollo Exposure Notification. Si tratta di un’applicazione telefonica, di codici QR scannerizzati nei luoghi di ritrovo e che avvisa le persone se sono state recentemente esposte a qualcuno d’infetto o anche solo sospetto tale, il tutto attraverso lo smartphone. Non solo è un’operazione di raccolta-dati e auto sorveglianza di massa, ma sta anche legittimando l’uso delle tecnologie coinvolte nella 4IR, che si tratti di algoritmi o d’intelligenza artificiale, ma che evidenzia anche il coordinamento tra entità governative come l’NHSX (un dipartimento del servizio sanitario nazionale che si occupa di ricerca tecnologica, digitale e di raccolta dati) e società private come i colossi tecnologici globali Apple e Google. Un altro esempio è dato dal fatto che la sorveglianza con i droni da parte della polizia sia stata estesa durante il lockdown e continui ad esserlo anche dopo. L’esempio meglio documentato è stato l’uso di droni da parte della Derbyshire Police per individuare gli escursionisti che sembravano infrangere il lockdown nelle campagne del Peak District.

L’elenco delle misure unite agli sviluppi tecnologici è infinito e richiederebbe un contributo a parte, ma invece come nota a margine vorremmo menzionare brevemente la nostra critica al “movimento anarchico” britannico, che riteniamo sia da tempo necessaria e che possa essere applicata ai movimenti di tutto il mondo. Durante la pandemia abbiamo assistito a ciò che possiamo solo descrivere come un’accettazione della ‘normalità’, malgrado ciò che alcuni elementi del ‘movimento’ sostengono. Abbiamo visto un’accettazione generale delle misure repressive da parte dei militanti di sinistra e anarchici, che sono dunque tutti andati a fare il gioco della propaganda della ‘Salute Pubblica’. Possiamo già sentire lo stridere dei denti di coloro che si opporrebbero a questa critica, ma pensiamo che tutta la retorica moralizzatrice ed etica che sta uscendo dal ‘movimento’ sia nauseante e che non contribuisca in alcun modo a distruggere il sistema a cui ci opponiamo; semmai, rispecchia per la maggior parte del tempo il linguaggio dello Stato, al punto che abbiamo visto i cosiddetti anarchici esortare ad obbedire le regole e criticare apertamente chi vi disobbedisce. Siamo anche stati testimoni della proliferazione di gruppi di “mutuo aiuto” che abbiamo visto fare il gioco dello Stato, rispecchiando l’esatta espansione dei “gruppi di cittadini”, esattamente sotto lo stesso ethos.

Questo comportamento velenoso replica simili comportamenti adottati da anarchici cittadinisti e militanti durante le rivolte dell’agosto 2011 su quest’isola. Noi non abbiamo mai dimenticato la condanna, la copia carbone delle psicosi tipiche del cittadino medio. Questo si è anche tradotto in una scomparsa, anche se già prima non ce n’era granché, di una critica anti tecnologica. Semmai abbiamo visto il ‘movimento’ qui e in tutto il mondo abbracciarla questa tecnologia, con i social media regolarmente utilizzati per organizzarsi nonostante le sue note caratteristiche di super-sorveglianza, persino lamentandosi quando la piattaforma li avesse esclusi o sospesi dai suoi servizi. Potremmo citare altri esempi dell’ipocrisia di certi gruppi di sabotatori anti-caccia che usano telecamere per il corpo GoPro e anche quelli che usano droni, per poi arrabbiarsi per l’incremento di telecamere e droni da parte della polizia! Un altro esempio è dato dal fatto che nel Regno Unito, nonostante in passato vi fosse un forte movimento contro la vivisezione da cui le aziende farmaceutiche sono state prese di mira, in particolare quelle responsabili per i recenti vaccini anti covid, non c’è alcuna critica contro queste aziende che si stanno facendo miliardi grazie a tale processo, utilizzando i profitti accumulati grazie alla vendita dei loro prodotti derivanti dalla vivisezione, anche se si può credere che i nuovi vaccini non siano frutto di simili sperimentazioni. Per noi questa è una presa in giro di ciò per cui abbiamo combattuto o forse è il riflesso della loro natura di radicali part-time o della mentalità liberale che molti di questi movimenti attivisti hanno avuto e hanno tuttora, con lo stile insurrezionale che si rivela alla fine essere stato solo una moda o addirittura un imbarazzo per i soggetti che un tempo lo sbandieravano.

L’illusione che la tecnologia sia neutrale e la legittimità che le attribuiscono continua. Stiamo dipingendo questo quadro, un’istantanea, per mostrare all’incontro il terribile ambiente che esiste ora qui nel Regno Unito. Ma ad ogni modo, ‘nelle notti buie c’è sempre il fuoco’.

Al contrario della cloaca che è il “movimento anarchico” ufficiale, ci sono stati scorci per una strada da seguire negli attacchi al 5G che non sono legati agli anarchici. Qui nel Regno Unito alcuni dei sabotaggi più interessanti, gli attacchi e le azioni illegali, sono compiuti da sconosciuti, dagli esclusi, dagli incontrollabili, mentre in passato accanto a essi c’erano stati gli anarchici insurrezionalisti. All’inizio del 2020 abbiamo assistito a un aumento degli attacchi alla rete delle telecomunicazioni (soprattutto a tralicci telefonici) che si sono estesi in tutta Europa, in luoghi come l’Olanda, ma sono già avvenuti in Italia e in Francia, anche da parte di anarchici, e che sono stati collegati a una crescente marea anti-5G. Gli attacchi alle antenne sono iniziati nel Regno Unito, in aree come il Merseyside, Birmingham e la zona di Londra, dove si riporta anche di attacchi e ingiurie nei confronti di ingegneri delle telecomunicazioni. Non stupisce che questo si sia verificato perché il dispiegarsi del 5G è una priorità ed è andato accelerandosi durante la pandemia.

La censura nei media mainstream e nei social media è stata diffusa per reprimere il replicarsi e l’emulazione di tali attacchi. Il regime statale britannico e le aziende di telecomunicazione sono stati costretti a rilasciare delle dichiarazioni per negare i rischi per la salute umana, definiti “infondati” e hanno dato la colpa sia delle contestazioni, sia degli attacchi alle ‘teorie del complotto’. Si è pure parlato molto dell’estrema destra che sfrutta anche le “teorie del complotto” e che ora viene ritratta come la “nuova forza ribelle” contro gli Stati in tutto il mondo. Qualsiasi cosa sia stata detta in questo senso, noi come collettivo non neghiamo che esistano tali “cospirazionismi” e non possiamo escludere che dietro agli attacchi o anche le rivolte durante la pandemia possano esserci formazioni di destra, ma del resto è troppo facile adottare il linguaggio dello Stato e del capitalismo che perseguono una crociata contro tutto ciò che percepiscono come “estremista”, sia esso di sinistra, di destra o religioso, che non rientri nella sua utopia tecnologica. Insieme alla dichiarazione, Facebook ha eliminato diverse pagine dedicate alla registrazione e all’incitamento degli attacchi anti-5G andando anche a limitare le capacità di inoltro dei messaggi di Whatsapp.

a, Google, Twitter, ecc. in un tentativo aziendale trasversale con lo Stato, stanno censurando e tracciando ciò che descrivono come ‘disinformazione’ sulle origini del Covid-19, e la principale di queste ‘idee non ammesse’ è che il 5G possa avere una correlazione diretta con la pandemia del Coronavirus, avendo un effetto negativo diretto sugli esseri umani e portando all’indebolimento del sistema nervoso e del sistema immunitario. Per fornire un po’ di contesto, è già stato dimostrato che l’inquinamento atmosferico ha influenzato i tassi di casi Covid-19 e per decenni le autorità non hanno forse sostenuto che il cambiamento climatico fosse una leggenda? A quanto pare dobbiamo accettare al valore nominale le loro affermazioni come riguardo a tutto, mentre n realtà una piccola quantità di indagini può essere svolta in merito al 5G per comprendere i suoi effetti e rivelare dunque i fatti.

In un contesto più europeo, il personale delle forze dell’ordine è stato tolto dai casi di terrorismo per affrontare la diffusione degli attacchi. I servizi di sicurezza olandesi hanno avviato indagini antiterrorismo in relazione ai sabotaggi. Questa tendenza nelle scelte delle forze di sicurezza statali europee non sorprende; infatti, nonostante la Brexit, la cooperazione tra le forze di sicurezza britanniche ed europee sta continuando sempre più forte, specificamente contro coloro che entrano in conflitto con le sue aspirazioni tecnologiche. Il recente sequestro dei server di nostate.net nei Paesi Bassi, che ha interrotto molti siti di controinformazione, chiudendo di fatto il nostro sito 325 per azioni “terroristiche”, fornisce un metro di questa loro cooperazione. Non è certo un caso la repressione contro la presenza online di tale progetto, le sue pubblicazioni e il fatto che un compagno sia stato arrestato e sia ancora indagato e sospettato di essere coinvolto: è stata esattamente una risposta alla nostra continua critica contro le tecno-scienze e alla solidarietà a chiunque le attacchi. Come non è un caso che si sia verificata sotto il recente lockdown per il Covid-19, durante l’accelerazione di 4IR e 5IR e la proliferazione di attacchi anti-5G in tutta Europa.

Senza il 5G, il governo e i poliziotti di questo pianeta non possono costruire il loro mondo tecno-detentivo per controllarci tutti. L’internet delle cose, le città intelligenti, la sorveglianza dei dati, i robot autonomi, I veicoli e droni il 4IR e il 5IR, tutte queste cose richiedono il dominio della tecnologia 5G. Per concentrarsi su un esempio di questo territorio, la città di Bristol è destinata a diventare la Flagship ‘Smart City. Per alcuni anni c’è stato un esperimento da molti milioni di sterline e che è ancora in corso, per creare una città intelligente del futuro, che intende proclamare Bristol capitale globale nel mondo delle telecomunicazioni. L’aumento dell’installazione del 5G che durante la pandemia è solo accelerata, insieme alle tecnologie 4IR/5IR sviluppate con la cooperazione fra due università, così come la robotica e l’intelligenza artificiale, l’intera Avon Valley tra Bristol e Bath sta diventando zona “Post-Industriale”, dove il più grande sviluppo di tecnologia digitale al di fuori di Londra riceve finanziamenti dal governo. Le autorità cittadine sono alleate con gli imprenditori tecnologici per dotare la città di un “tessuto digitale”, che includa la tecnologia dei sensori e della connettività, per renderla la prima “città programmabile” aperta del mondo. Una rete di fibre ottiche migliorata, insieme a un nuovo sistema operativo della città e ai 1.500 pali della luce dotati di sensori dal 2016 che copre Bristol in una rete a radiofrequenza. Ci sono sempi di come tutto questo possa essere usato per tracciare le posizioni dei veicoli, informare i residenti sui parcheggi o sull’inquinamento dell’aria. Flussi di traffico, uso di energia, tendenze del crimine, pubblicità mirata, generazione di nuove iniziative commerciali ecc. sono tutti quanti ulteriori fattori che aumentano la partecipazione dei cittadini, un aspetto decentralizzante della 4IR. Anche i “sensori di rilevamento acustico”, simili ai pali della luce dotati di microfono nelle principali città degli Stati Uniti, come si è visto nella serie TV ‘The Wire’, possono registrare l’audio e rilevare gli spari, essere collegati alla sorveglianza video e alla polizia che prende di mira le cosiddette “aree ad alta criminalità”. È molto probabile che le auto senza conducente arrivino a Bristol soprattutto dopo che è stato annunciato quest’anno che il Regno Unito avrebbe iniziato a sperimentare l’ “Automated Lane Keeping”. Per darvi un’immagine più chiara, riportiamo questa descrizione da parte di NEC, azienda che ha contribuito allo sviluppo della città intelligente di Bristol e che descrive bene l’incubo: “Un display sul tuo cruscotto ti avvisa se le condizioni meteorologiche hanno reso il tuo percorso abituale al lavoro meno agevole e, di conseguenza, reindirizza il tuo viaggio verso l’ufficio sulla base di calcoli in tempo reale delle condizioni ottimali. Quando entri in un parcheggio pubblico, un altro avviso ti informa del parcheggio più vicino, determinato da una stima del tuo posto di lavoro basata sui tuoi modelli medi di pendolarismo. Mentre ti avvicini all’ufficio, ricevi un promemoria che oggi è il giorno delle elezioni. “Preferisci votare in un terminale fisico (che richiede 15 minuti di viaggio), o semplicemente esprimere il suo voto usando il tuo dispositivo mobile personale?” La decisione è stata facile, e dopo pochi tocchi, si selezionano i candidati per il sindaco, i membri del consiglio comunale e la legislazione cittadina. Una tale descrizione di una città tecnologizzata può sembrare un po’ inverosimile, persino futuribile. Ma grazie agli sforzi attualmente in corso in diverse grandi città occidentali, una tale visione non è futuro bensì fa parte della realtà attuale. Di fatto, i centri urbani hanno via via adottato sempre più tecnologie come Big Data, Internet delle Cose e sensori distribuiti per produrre ciò che molti chiamano la Smart City del futuro”.

Il motivo per il quale menzioniamo Bristol e come la rete 5G contribuisca alla sua trasformazione in città intelligente, insieme a spingerla nel 4IR e 5IR è che l’ultima volta in cui la città fu radicalmente trasformata durante la rivoluzione industriale, c’era disordine.

E’ interessante notare come una parte della trasformazione che è stata annunciata di recente sul ‘Brunel Mile’ in una zona della città che prende il nome da Islambard Brunel (uno dei più importanti architetti della rivoluzione industriale che ha distrutto il paesaggio naturale con le sue costruzioni, oltre a costruire uno dei primi battelli a vapore che contribuirono al colonialismo in continua espansione nel mondo) e si affaccia sul ponte sospeso da lui costruito. Tuttavia, solo pochi giorni dopo la cerimonia che ha diede avvio ai lavori, a Bristol scoppiarono tumulti dopo che un magistrato locale minacciò la folla di arrestare tutti mentre stava inaugurando le nuove Corti d’Assise, ma comunque i lavori vennero fermati. Per tre giorni i tumulti non si fermarono (durante i quali il palazzo Vescovo di Bristol, la Mansion House, e le case dei ricchi furono saccheggiate e distrutte, insieme alla demolizione di gran parte del carcere), e Brunel stesso prestò giuramento come commissario speciale.

Alla fine l’ordine venne ristabilito dopo che la cavalleria aveva caricato con spade sguainate attraverso la folla nella centrale Queen’s Square, ma la rivolta aveva seriamente intaccato la fiducia cdei finanzieri a Bristol, e la costruzione del ponte fu molto ostacolata. Ciò che questa vicenda dimostra è che siamo in un’altra era di cambiamento drastico spinto da un altro cambiamento industriale e tecnico, che è ancora una volta propagandato come progresso e che questa volta ci porterà il “futuro più verde e responsabile di cui tutti abbiamo bisogno”. Come allora la gente è riuscita a vedere attravero le bugie, così deve accadere di nuovo, perché le nostre vite saranno ulteriormente messe sotto controllo e la Terra ulteriormente distrutta, se il cambiamento dovesse passare come la volta scorsa. Già vediamo le forze armate letteralmente sul piede di guerra, a perseguire sempre crescenti investimenti in tecnologie militari, aumentando la loro capacità di controllo di massa; gli esempi sono molti… come la Cina, la Russia, il Regno Unito e gli Stati Uniti che si contendono il controllo. La storia ha la capacità di ripetere sé stessa ma in forme più sinistre. Tuttavia, anche coloro che non accettano il dominio che essa porta con sé. Come all’inizio del secolo precedente, anarchici, rivoluzionari, dissidenti, incontrollabili sono sempre stati in grado di riconoscere le debolezze del sistema industriale-tecnologico, capaci di usare i nuovi strumenti e le nuove armi che esso crea per combattere contro di esso. Siamo stati fabbricanti di bombe, sabotatori, stampatori, contraffattori, trafficanti di armi, quindi conil nuovo secolo dobbiamo fare lo stesso perché dobbiamo passare ancora una volta all’azione della guerriglia urbana e alla propaganda dell’azione, per trasformare le nostre parole in azione, ora che abbiamo identificato il nemico e continueremo a farlo. Colpirla dove è vulnerabile mentre questa Megamacchina diventa più complicata, ecco perché proponiamo come Collettivo 325 (ora Collettivo Dark Nights) che ci debba essere un coordinamento internazionale contro le tecno-scienze che vada oltre questo incontro internazionale, in una diffusione di progetti, controinfonformazione, spazi, pubblicazioni

per generare una rete informale, che non abbia paura di criticare “il movimento” e le lotte passate, che impari dagli errori e dai successi, accolga nuove idee e prassi per creare insurrezione; solo da ciò possono crescere gli attacchi contro questo mondo tecno-prigione e contro questa civiltà che deve cadere presto o altrimenti sarà troppo tardi. Attaccare la rete 5G è un inizio e sappiamo che non siamo gli unici ad essere consapevoli della sua distruzione e del suo dominio su di noi, dopodiché possiamo espanderci fino a includere ogni ramo di questa prigione tecno-scientifica che stanno costruendo.

“Quando guardiamo il mondo tecnologico da un punto di vista radicale, non dobbiamo scivolare nel ragionamento basato sul caso, perché non si tratta di soluzioni personalizzate per il nostro problema o del nostro comfort personale e dell’intera gamma di possibilità tecnologiche di cui godiamo (o anche da usare nella guerra contro il potere) quotidianamente. Penso che la cosa giusta non sia concentrarsi su un singolo albero, ma sulla foresta in fiamme. Per, alla fine, essere liberi e non limitati da nient’altro che dalle leggi della natura, tutti i laboratori, le fabbriche e le macchine dovrebbero essere distrutti proprio come le prigioni…”.
Dinos Giagtzoglou, Contributo per l’Incontro Internazionale contro le Tecno-Scienze

Collettivo 325/Dark Nights, https://darknights.noblogs.org/
Luglio 2021

Originale in inglese:

Non hai un corpo – Io sono il tuo corpo! Nascita, vita, morte nella biopolitica del 21° secolo capitalista

A metà marzo (2021) un mediocre (e piuttosto breve) disturbo nella “sfera pubblica” dei nostri partiti ha interrotto la routine dell’allarmismo sanitario: l’eurodeputato Stelios Kympouropoulos, membro di Nuova Democrazia, aveva votato il giorno prima a favore di una risoluzione del Parlamento europeo (proveniente dal partito di destra/estrema destra al governo in Polonia) che, dichiarando che “la vita umana deve sempre essere protetta cominciando dal momento del concepimento”, andava/va contro il diritto delle donne all’aborto. Il suo partito ha immediatamente disconosciuto il suo voto, e Syriza lo ha denunciato come di estrema destra.

Non ci dovrebbe essere il minimo dubbio (o anche accenno di dubbio) sul diritto delle donne a decidere del proprio corpo – e, di conseguenza, di decidere da sole se interrompere o continuare una gravidanza. La consideriamo una conquista storica non negoziabile che non è stata regalata. È stata conquistata con la lotta.

Allo stesso tempo, però, di fronte alle concezioni conservatrici e patriarcali “storiche” che hanno sempre inteso il corpo femminile come “portatore neutro” obbligato della riproduzione della specie senza obiezioni e autocontrollo, dovrebbero essere già sorte alcune ulteriori questioni molto più contemporanee, molto più in linea con il nuovo modello capitalista di controllo (universale) della riproduzione naturale e sociale. Le donne hanno davvero controllato il proprio corpo per decenni, anche quando si tratta di gravidanza? Gli uomini controllano davvero il proprio corpo? O viviamo in qualche terrificante illusione del cosiddetto autocontrollo, idealmente cieco e fatalista a prescindere dal sesso?

Al signor Kympouropoulos all’età di 14 mesi, nell’agosto 1986, fu diagnosticata l’atrofia muscolare spinale, una rara malattia neurodegenerativa/neuromuscolare, attribuita a un difetto genetico (ridotta presenza o mancanza della proteina SMN). Causa la degenerazione progressiva dei muscoli centrali e periferici, portando a insufficienza respiratoria, disabilità motoria e dispnea, con vari gradi di intensità a seconda della gravità della lesione. È quindi da ammirare (come la sua famiglia) per il corso della sua vita.

Da questa posizione ha giustificato il suo voto ponendo la seguente domanda retorica: Se mia madre avesse visto che ero disabile, mi avrebbe ucciso o no? La risposta è probabilmente facile: una donna che ha pieni diritti sul suo corpo e sulla sua gravidanza avrebbe abortito se avesse saputo che avrebbe dato alla luce un bambino con problemi così gravi (in effetti, sapeva che avrebbe dovuto metterlo tra virgolette: nel peggiore dei casi, se i genitori hanno una deficienza o una disfunzione del gene in questione, la possibilità di trasmetterla ai loro figli con un grado di disabilità è 1 su 4).

Tuttavia, la sua domanda ha una dinamica completamente diversa se non si fosse limitata a ciò che avrebbe fatto sua madre, e se fosse stata formulata come segue: Se voi tutti sapeste che sarei nato con un handicap cosa consigliereste a mia madre? E ancora di più: se la madre (qualsiasi madre) nonostante la prognosi non decidesse di abortire esercitando il suo pieno diritto al suo corpo e desse alla luce un bambino gravemente disabile, come vi comportereste con lei? Se il signor Kympouropoulos prendesse la questione dell’integrità di un neonato al di fuori del corpo della donna che lo porta in grembo, se la portasse nel corpo sociale dell’opinione e della morale, allora le risposte sarebbero tutt’altro che facili.

È qui che iniziano le cose complicate. Quelle difficili su chi effettivamente decide cosa, chi controlla e come vengono prese le decisioni anche sul corpo umano; e alcune altre cose molto basilari e importanti sulla vita nel 21° secolo capitalista/statale. Che, come vedremo più avanti, sono anche legati (chi non se lo aspetterebbe?) alla campagna di paura sanitaria.

L’eutanasia non come un diritto individuale ma come un obbligo, una prova di “responsabilità sociale” e un dovere dello Stato

Non conoscete il dottor Ezekiel Emanuel. Ma nella lontana America è molto conosciuto. È il fratello di Rahm Emanuel, “capo dello staff” di Obama ed ex sindaco di Chicago. Ma Ezekiel non è conosciuto solo nei circoli ristretti degli esperti, dato che è un “oratore” regolare nei programmi televisivi con un grande pubblico come esperto di bioetica. Ezekiel Emanuel è un membro chiave del Center for American Progress, che si occupa del benessere e del progresso degli americani. È stato un “consigliere sanitario” di Obama, uno degli “architetti” della creazione dell’Obamacare, con particolare attenzione alla riduzione dei costi inutili del sistema… E dallo scorso novembre è stato un membro chiave del “comitato consultivo speciale” creato dal presidente sonnolento Jo per affrontare al meglio il casino… Allo stesso tempo, con il suo biglietto da visita di bioetica, è un veterano dell’Hastings Center [1]. Perché potrebbe sfuggirvi, ripetiamolo sottolineato: Ezekiel Emanuel è un membro chiave della commissione speciale statunitense per trattare il covid 19 sotto l’amministrazione del sonnolento Jo. Centrale per “proteggere la salute degli americani” tanto quanto l’altro bastardo, il dottor Fauci…

Ezekiel Emanuel ha alcune idee “interessanti” sulla vita, la salute e la morte. Egli sostiene, per esempio, che le persone dovrebbero morire a 75 anni; che questo è un buon limite di vita, poiché oltre quell’età non solo non contribuiscono molto, ma si ammalano sempre di più, “prosciugando le risorse” di qualsiasi sistema sanitario, risorse che potrebbero essere utilizzate meglio altrove…

Dalla posizione di “architetto bioetico del contenimento delle scorie” Ezekiel Emanuel si preoccupava proprio di questo: il “rendimento ottimale” del sistema preparato dall’amministrazione Obama, sullo sfondo del fatto che le sue risorse non sarebbero state infinite, quindi i principi del suo funzionamento sarebbero stati fatti in condizioni di scarsità (relativa o assoluta). In questa preparazione, le proposte di Emanuel hanno dato forma a ciò che è stato chiamato “Comitati della morte” (o questo è il nome dato alla legge dai suoi oppositori repubblicani), cioè comitati di esperti che deciderebbero che il rapporto costi/benefici per trattare il paziente X o il paziente Y è cattivo; quindi il paziente dovrebbe morire…

Il termine “Comitati della morte” non è mai diventato ufficiale. Lo stesso non vale per la scarsità di risorse sanitarie. La scarsità (reale o artificiale) è stata un motore critico del capitalismo dal momento della sua creazione; soprattutto artificiale. Poiché non solo può legittimare l’aumento dei prezzi qui o là, ma anche legittimare qualsiasi “condivisione” dei prezzi che sia vantaggiosa per il sistema. Come “bioeticista” neo-liberale, Emanuel si oppone al sovraccarico di medicinali da parte delle compagnie farmaceutiche americane di un sovraccarico del sistema sanitario. Ma è anche un bio-etico della scarsità. Intervistato il 26 marzo 2019 sul canale goldmansachs, ha avuto la seguente sfuriata con uno degli alti dirigenti di questo “gruppo d’investimento” [2].

Rob Mass: “Ho sentito parlare di lei per la prima volta a causa di un articolo che ha scritto a suo tempo sull’Affordable Care Act che era in preparazione. Il titolo del suo articolo era “Principi per l’assegnazione di interventi medici scarsi”. Non so quanti di voi [: significa il pubblico] si ricordano che all’epoca si parlava molto del fatto che questo nuovo Obamacare avrebbe creato dei Comitati della morte. E ha scritto un articolo che pensavo dovesse essere letto da tutta la popolazione sulla ripartizione delle cure mediche. Pensa che sia qualcosa che inizierà con l’Affordable Care Act? L’assistenza medica è sempre razionata, e dovrebbe essere razionata. Può spiegarcelo?”.

Ezekiel Emanuel: “Beh, possiamo dire che ci sono due tipi di “razionamento”. Una è la scarsità assoluta ed è quando semplicemente non hai abbastanza di qualcosa e devi scegliere tra le persone. Lo facciamo con gli organi per i trapianti. Non ne abbiamo abbastanza. Alcune persone ottengono un organo, altre no e, tragicamente, alcune persone moriranno. Allo stesso modo, se a un certo punto avremo una pandemia di influenza – non “se” ma “quando” avremo una pandemia di influenza – non avremo abbastanza vaccini, non avremo abbastanza respiratori, non avremo abbastanza letti d’ospedale. E dovremo scegliere tra le persone”.

Per favore, tenetevi l’ispirazione che Emanuel ha avuto il 26 marzo 2019 che una (prevista) “pandemia influenzale” renderà normale scegliere (sempre da un corpo di esperti) chi vivrà e chi morirà. Dopo tutto, i maggiori responsabili del conteggio dei “costi inutili” sfruttando una scarsità artificiale sono (negli Stati Uniti molto più intensamente) le compagnie di assicurazione. Sono stati loro a suggerire a Obama che, per accettare il suo piano, ci sarebbero dovuti essere 2 mila miliardi di dollari di tagli alla spesa sanitaria pubblica – specialmente nei costi dei trattamenti che prolungano la vita degli anziani.

Nel frattempo il ricercatore e autore Anton Chaitkin denunciò le ordinate idee di Emanuel dieci anni prima, nel 2009:

“… Il dottor Ezekiel Emanuel e altri sostenitori del taglio dei costi dirigono anche il dipartimento di eutanasia dell’Hastings Center, dove Emanuel è un membro dello staff. Stanno plasmando l’opinione pubblica e la medicina come professione per accettare la cultura della morte, come questa legge approvata dallo stato di Washington nel novembre (del 2009) che permette ai medici di aiutare la morte dei pazienti le cui cure mediche vengono abbandonate. Il movimento di bioetica ed eutanasia di Emanuel … continua il movimento eugenetico che sotto Hitler ha portato all’uccisione di pazienti e altre persone costose e “indegne di vivere”.

Emanuel ha scritto il 12 ottobre dell’anno scorso che una crisi, una guerra o un crollo finanziario farebbero accettare alle masse spaventate un tale programma. Hitler aveva detto al dottor Brant nel 1935 che il programma di eutanasia avrebbe dovuto aspettare l’inizio della guerra prima che la gente fosse costretta a sostenerlo. Emanuel ha scritto l’anno scorso che il giuramento di Ippocrate dovrebbe essere buttato via; e che i medici non dovrebbero più, in ogni caso, servire i bisogni dei malati. Hosce e Binding, gli eugenetici tedeschi, hanno detto esattamente la stessa cosa quando hanno iniziato la liquidazione dei pazienti “inutili”.

Si dovrebbe sottolineare ora, nei termini più forti possibili, che quando un diritto individuale, come l’eutanasia, diventa una competenza statale, una scelta medica e/o (in qualche modo) una “norma sociale”, cambia completamente il suo contenuto; diventa l’esatto contrario di un diritto individuale. Le parole possono rimanere le stesse, ma le relazioni, le procedure, chi decide cosa e per quale motivo (: in quale interesse), sono invertite.

Così il diritto individuale di una donna a controllare il suo corpo, quindi il suo diritto all’aborto, diventa l’esatto contrario se l’aborto diventa una responsabilità dello Stato, una stretta opinione medica o una “norma sociale”. Le parole possono sembrare le stesse, ma l’autocontrollo è stato perso; il controllo reale è passato a varie forme di autorità. E quella che era la liberazione è diventata tirannia e schiavitù.

Con l’utilità di una pandemia per promuovere le sue idee già in mente dall’inizio del 2019 (in realtà molto prima), la disponibilità di Emanuel a firmare e pubblicare sul New England Journal of Medicine il 20 maggio 2021, insieme ad altri “bioeticisti”, un rapporto intitolato Fair Allocation of Rare Medical Resources in the Age of Covid-19 non è inspiegabile. Una delle sue/loro proposte chiave è stata quella di negare le cure ai pazienti anziani e a quelli con prognosi sfavorevole, poiché tali cure sono un “cattivo uso” di risorse scarse che potrebbero essere incanalate verso pazienti più giovani o con prognosi migliore. Questo consiglio non si chiamava ” Comitati della morte” ma, in modo netto, il contrario: massimizzare il numero di pazienti che sopravvivono al trattamento con un’aspettativa di vita ragionevole…

Chi avrebbe obiettato se il soggetto fosse stato servito in una confezione così buona? Ma questo non era un dibattito letterario. L’Associazione Medica Canadese ha adottato apertamente questo approccio; e pensiamo che sia quasi certo che altri paesi abbiano tacitamente fatto lo stesso. La famosa frase di suo fratello Emanuel Rahm ha trovato applicazione nella sanità pubblica: “…Mai lasciare che una crisi grave vada sprecata”. Quello che voglio dire è che l’opportunità di fare cose che non si potevano fare prima… Dovrebbe essere profondamente compreso qui che Ezekiel Emanuel, molti dei suoi colleghi “bioeticisti” e il numero sconosciuto (ma non trascurabile) all’interno della “comunità medica” che hanno opinioni simili o si preoccupano di sfruttare gli argomenti sulla scarsità e “l’equa assegnazione delle risorse limitate a causa delle emergenze” NON sono i tipici scimmioni-fascisti bianchi che vengono in mente con l’etichetta “neonazista”! Sono esperti rispettabili, con “idee moderne”, buona conoscenza delle tecniche di propaganda, buona rete negli attici di tutte le potenze – e una certa “attualità”, che si adatta alla terziarizzazione del capitalismo (certamente) in Occidente.

Inoltre (una comprensione che viene anche respinta), le situazioni eccezionali, le emergenze, non sono realmente “eccezioni” nella realtà capitalista. È un modello di gestione intensiva e di controllo dei soggetti, dal loro lavoro a tutta la loro vita, particolarmente caro ai padroni per molte ragioni. Se nella storia recente (XX secolo) queste emergenze sono state più discontinue o più “lievi”, è stato solo grazie alla disponibilità e alla militanza di una percentuale sufficiente di soggetti per sfidare e combattere non solo la superficie delle “misure di emergenza” o occasionalmente una qua e una là, ma il nucleo del potere statale/capitalista!

La scarsità come “identità” e legittimazione di qualsiasi “emergenza” è facile da insegnare a popolazioni (e classi sociali subordinate) che hanno perso da tempo la capacità di comprensione critica del mondo in cui vivono. È tanto facile insegnare la scarsità quanto il suo contrario: l’abbondanza. Se, per un certo periodo di tempo, i soggetti credono (è un’illusione) di poter comprare/possedere “quello che vogliono” e che questo è lo stato normale del mondo, avendo dimenticato cos’è il capitalismo e come “funziona”, e respingendo tutti coloro che la violenza priva di molto (es. Ad esempio gli immigrati, i rifugiati di guerra…) come deplorabili di seconda o terza classe, è facile temere che ci siano carenze (ad esempio di carta igienica) anche se è il loro stesso comportamento di consumo a crearle per il momento.

Nelle rappresentazioni sociali più astratte dell’universo delle merci, la penuria dolorosa è una contingenza incorporata nella cultura del consumo stesso. Questo perché l’abbondanza in quanto tale è un fantasma. Non bisogna dimenticare i brevi anni di beatitudine consumistica delle nostre parti, dove “tutto si poteva comprare” a credito. Quanto era “abbondante” quell’abbondanza? Per quanto le banche lo permettano, il denaro non è caduto dal cielo. Quando è diventato scarso è stato senza precedenti. Ma così come l’abbondanza non era (sarebbe stata) abbondante, la scarsità non è scarsa. Sono, semplicemente, i due termini della dialettica della volontà di lavorare nella merce.

I riassunti di cui sopra sono utili per apprezzare adeguatamente quanto facilmente la retorica della scarsità (di risorse mediche, per esempio) può essere adottata dai vassalli.

Durante la scorsa primavera, per esempio, nella prima fase della campagna d’allarme sanitaria, l’argomento “d’oro” a favore dei colpi di stato, dei divieti universali, dell’imposizione dell’alienazione sociale e della mediazione digitale/meccanica antisettica delle relazioni, era il rischio di sovraesposizione dei sistemi sanitari pubblici agli effetti collaterali del covid19. L’alibi era il numero limitato di letti in terapia intensiva… Scarsità all’ultimo anello della catena ospedaliera.

La sinistra dello Stato e del capitale si è “bevuta” e ha felicemente adottato questo “argomento”, chiedendo (come fa tuttora) ancora più unità di terapia intensiva, ancora più intensivisti, infermieri, ecc. Non le è mai venuto in mente (né è possibile che le venga in mente) che questa scarsità fabbricata non è solo dovuta alla scarsa quantità di risorse disponibili; ma alla domanda artificialmente fabbricata/gonfiata per esse, attraverso la campagna del terrore!!! Così che esattamente lo stesso argomento è usato non solo nel “povero ma onesto” Grecistan, ma anche nella ricca Germania, con il suo ottimo rapporto di TI sulla popolazione! Nessun accenno alla tesi che la gente NON deve finire in terapia intensiva; e, ovviamente, nessun accenno al contrasto/scontro della campagna del terrore, della demagogia e dei colpi di stato che miravano a creare il panico di gregge e che, come lavaggio del cervello, avevano, tra l’altro, questo obiettivo: sopraffare qualsiasi quantità di risorse disponibili in modo da rafforzare la politica della morte con l’ingegneria genetica come “salvatrice”… E cacciare, bandire dalle risorse disponibili tutti gli altri pazienti, in modo che muoiano con la benedizione di ogni Emanuele, come spese inutili….

Paradossale o no (e certamente sconosciuto dalle nostre parti) la “pulizia” (degli anziani e dei malati gravi negli ospedali) è stata praticamente attuata con il presunto scopo opposto nel famoso sistema sanitario inglese. La Royal University of Liverpool in collaborazione con il Marie Curie Institute for Palliative Care ha sviluppato un protocollo negli anni ’90 per assicurare una morte dignitosa ai malati terminali di cancro in ospedale. Verso la fine del decennio il Liverpool Care Pathway fu formalmente adottato dal sistema sanitario inglese per tutti coloro che erano considerati in fin di vita o malati non terminali con un serio rischio di morte.

Dopo più di un decennio di applicazione, all’inizio del 2010, in seguito a ripetute lamentele dei parenti, è emerso che la LCP veniva applicata a piacimento. E spesso come decisione di uccidere: i pazienti gravemente malati veniva tolta l’acqua e invece gli venivano somministrati per via endovenosa (IV) forti analgesici (morfina) anche se non ne avevano bisogno. Questi anziani sono morti tranquillamente e “naturalmente” in allucinazioni – e il certificato di morte attribuiva la loro morte a “malattie sottostanti”. Dopo lo scandalo causato dalla pubblicità di questa “eutanasia” forzata, il NHS ha cambiato il “chi decide” del metodo a partire dal 2014: mentre prima l’unico responsabile erano i medici dell’ospedale, il “comitato” ora include i parenti se, ovviamente, esistono e sono interessati. Ci sono, tuttavia, lamentele sul fatto che viene ancora usato sporadicamente nella sua forma originale, poiché è molto difficile o impossibile monitorare il trattamento (dentro o fuori le virgolette), soprattutto nei casi di persone anziane con gravi problemi che sono sole.

Si potrebbe supporre che la LCP sia stata creata per una buona causa. Possibilmente. Il diavolo è nei dettagli, comunque. Per un medico stimare che un paziente gravemente malato non ha un futuro oltre le ore, i giorni, qualche settimana può essere scientificamente corretto. Potrebbe non esserlo; la questione è trattata statisticamente… Ma decidere di uscire dal letto un’ora prima per liberare un letto (o per risparmiare sulle “risorse limitate”) è tutta un’altra cosa. Non la dolorosità, “per non essere torturato”. Ed essenzialmente solo sotto l’approvazione/guida dello Stato può essere dato a qualsiasi medico il diritto di prendere tali decisioni. In altre parole è una decisione dell’autorità. E come tale, per quanto la riguarda la cosa più insignificante è la volontà del paziente stesso (nella misura in cui può esprimerla) e, tantomeno, dei suoi cari. Qualunque sia l’autorità a cui viene affidato il “diritto” a tali decisioni di vita o di morte, medica, politica, ideologica o altro, avrà fatto un salto mostruoso. Dalla vita al suo costo.

Il cesareo non è una cattiva idea…

L’idea che la corretta allocazione delle limitate risorse sanitarie richieda una valutazione di chi ottiene cosa (e se debba ricevere aiuto o meno) è limitata, ci chiediamo, solo ai malati critici che sono agli ultimi? Certamente no. Include l’altro lato della linea di età: i neonati con gravi problemi di salute? In breve, include anche i cyborg di questo mondo – il che getta una luce diversa sulla questione che abbiamo posto all’inizio.

Il filosofo etico australiano (e professore di bioetica all’Università di Princeton) Peter Singer è famoso nel mondo per la sua sensibilità al trattamento degli animali. Il suo libro del 1975 Animal Liberation è diventato un vangelo globale per l’antispecismo. Attivista contro la guerra del Vietnam in gioventù in Australia, difensore del veganismo come scelta morale (e ancora con un libro), difensore del diritto della donna all’aborto, dovrebbe essere considerato al di sopra di ogni sospetto di eugenetica. Eppure: nel suo libro Practical Ethics del 1980 (ripubblicato nel 1993 e nel 2011, pagg. 170-171) ha avanzato alcune idee quantomeno ‘strane’, che devono aver causato grande confusione tra i suoi seguaci:

“… È vero che i neonati ci commuovono perché sono piccoli e deboli, e non c’è dubbio che ci sono ottime ragioni evolutive per essere istintivamente protettivi nei loro confronti. È anche vero che i neonati non possono diventare soldati, e l’uccisione di bambini in tempo di guerra è il caso più chiaro di uccisione di civili, che è proibita dai trattati internazionali. In generale, poiché i bambini sono innocui e moralmente incapaci di commettere un crimine, coloro che li uccidono non hanno le scuse che si usano di solito per uccidere gli adulti. Ma niente di tutto ciò suggerisce che uccidere un bambino sia così male come uccidere un adulto (innocente).

Nel pensare a questo tema dovremmo mettere da parte i sentimenti che nascono dall’aspetto piccolo, debole e – a volte – grazioso dei piccoli umani. Pensare che la vita dei bambini abbia un valore speciale perché sono piccoli e carini è come pensare che un cucciolo di foca, con la sua morbida pelliccia bianca e i suoi grandi occhi rotondi, meriti più attenzione di un gorilla che non ha queste qualità. Né la debolezza o l’innocenza del neonato Homo Sapiens dovrebbe essere motivo per preferire la sua vita a quella dell’altrettanto debole e innocente embrione Homo Sapiens o dei topi usati nei laboratori, che sono “innocenti” esattamente nello stesso senso dei bambini umani, e in termini di potere degli sperimentatori a loro spese, altrettanto deboli.

Se possiamo mettere da parte questi aspetti emotivi ma completamente irrazionali della questione dell’uccisione di un bambino, possiamo vedere che la base per non permettere l’uccisione di esseri umani non si applica ai neonati. La giustificazione utilitaristica indiretta e classica non si applica, perché nessuno può capire che se un neonato viene ucciso si sentirà minacciato da una politica che dà meno protezione ai neonati che agli adulti.

… Allo stesso modo, la solita giustificazione utilitaristica del rispetto della vita di una persona non può essere applicata a un neonato. I neonati non possono concepirsi come esseri che possono o non possono avere un futuro, e quindi non possono avere il desiderio di continuare a vivere. Allo stesso modo, se il diritto alla vita deve essere basato sulla capacità di volontà di continuare a vivere, o sulla capacità di un essere di considerarsi un soggetto morale continuo, un neonato non può avere diritto alla vita. In definitiva, un neonato non ha un’esistenza autonoma, nessuna capacità di prendere decisioni, quindi uccidere un neonato non viola il principio del rispetto dell’autonomia. Sotto tutti gli aspetti il neonato è nello stesso stato dell’embrione, e ci sono quindi meno ragioni contro l’uccisione sia dei neonati che degli embrioni di quante ce ne siano contro l’uccisione di quelli che sono capaci di concepirsi come entità distinte, esistenti nel tempo…”

Può essere inquietante, soprattutto perché non viene da un fascista patentato – ma è vero. C’è voluto (nella mente di Singer) solo un piccolo spostamento per questo sostenitore dei diritti delle donne all’aborto per associare il feto al neonato. Ma… Se l’aborto è una decisione giustificabile di ogni donna sulla base del suo diritto di avere la prima e ultima parola sul proprio corpo, a quale “corpo” appartiene un neonato, e quale “corpo” decide se vive o muore? Il corpo della famiglia; e, soprattutto, il corpo della medicina…

Se pensate che la visione di Singer sia marginale e aborrita, almeno nei circoli di scienziati e “bioeticisti”, vi sbagliate. L’Università di Princeton, dove è professore, non è senza pedigree! Se, ancora una volta, pensate che sia vecchio e dimenticato, vi sbagliate di nuovo.

Nel 2012 due “bioeticisti” autraliani, Alberto Giubilini e Francesca Minerva, hanno pubblicato un articolo su The Journal of Medical Ethics intitolato “Aborto dopo la nascita: perché il bambino dovrebbe vivere?” Il loro tema era la difesa dell’infanticidio come scelta morale, basata sulla tesi che “lo status morale del neonato è lo stesso di quello del feto” e che “per le stesse ragioni che giustificano l’aborto dobbiamo giustificare l’uccisione di una persona potenziale allo stato di neonato”. Qui, tuttavia, l’argomento era ancora più audace. La loro proposta di “aborto dopo la nascita” si applica anche ai casi in cui il neonato ha la possibilità di una vita (almeno) accettabile, ma la buona vita della famiglia è a rischio…

Di nuovo, questa non era una visione marginale, indegna di attenzione. Media come il Washington Post e il Guardian si sono assicurati di farlo circolare ampiamente, rendendolo chiaro. (Il signor Kympouropoulos ha una risposta “scientifica” e “bioetica” da anni…) Si potrebbe pensare che anche se le molte morti di anziani in case di cura e ospedali che sono stati attribuiti al virus, c’è il sospetto che possa non essere stata la ‘volontà di Dio’ ovunque, non abbiamo durante l’attuale ‘stato di emergenza’, con la sua ‘peculiare legge di necessità’, che significa “legge di emergenza”, [questa era un’espressione usata dal procuratore capo della corte suprema greca per giustificare le chiusure, la persecuzione delle fake news, ecc. n.d.c.], infanticidio di massa. Il covid non si occupa di neonati, bambini o adolescenti. Infatti. Eppure nessuno può prevedere quali altre “emergenze” saranno inscenate o sorgeranno in futuro; e che tipo di “scarsità di risorse mediche” saranno causate per testare in pratica l’intera gamma della “bio-etica” eugenetica come quella di cui sopra.

Ma dovremmo semplicemente aspettare e vedere? C’è già una dura base economica per giustificare il fatto che, in caso di emergenza, le due estremità della linea della vita, il neonato e l’anziano, saranno un peso. Quello che si dice degli anziani è che, sì, è stato fatto un investimento nella loro vita, ma è praticamente ripagato quando raggiungono il punto di essere inutili; e, quindi, un ulteriore “investimento” nel mantenerli in vita è pura spesa senza alcun beneficio. Le compagnie di assicurazione sono naturalmente particolarmente felici di risparmiare sulle prestazioni dopo aver incassato interamente i premi…

Per quanto riguarda i neonati, il ragionamento è questo: sì, hanno (in teoria) tutta la vita davanti, ma nessun investimento è stato ancora fatto su di loro. Quindi, se l’assistenza sanitaria fornita è sproporzionatamente alta rispetto al ritorno atteso, non si perde nulla uccidendoli. “Capitale zero”… Quindi, dato che (completando così questi calcoli) le “risorse” sono sempre finite e in alcune circostanze scarse, la loro allocazione umanisticamente etica significa investire in quelle e quelli che porteranno una molteplicità di “ritorni”…

Un piccolo apprezzamento attento di ciò che esattamente si dice di essere, in prima istanza, identificherà questa dura “razionalità” della necessità. Ci sono casi (rari) di naufraghi che hanno fatto ricorso al cannibalismo (dei morti tra loro) per sopravvivere; chi li accuserebbe di essere inumani? E chi biasimerebbe Enea se avesse preferito salvare da una Troia devastata le sacre reliquie dei suoi dei (come avrebbero fatto gli Achei) piuttosto che suo padre malato e indifeso, come dice la leggenda?

Questi sono così se sono così. Ma nella “razionalità” duramente capitalista dei salvatori c’è un elemento non solo il “costo del salvataggio” e le “risorse disponibili” di qualsiasi sistema sanitario, ma tutti intesi come costi! Il che significa che chi-deve-pagare-da-sé-i-costi-della-sua-salvezza-sanitaria è esente dalla contabilità! Questo rivela automaticamente il duro sfondo di classe dello “stato di emergenza”.

E non c’è altro che la moralità del potere. Il dilemma non apparirà mai come “se dobbiamo salvare o un uomo d’affari o un lavoratore della stessa età, chi dobbiamo scegliere?”. La risposta è data in anticipo. L’eugenetica (perché tale è l’etica del potere) non si nasconde dietro un “realismo” da saltimbanchi.

Voi direte (a torto): così non va!… No? Quindi pensate a quello che sta succedendo in Africa o in Asia o in America Latina – dove arrivano le mani dell’imperialismo occidentale. Pensate che ci sia “abbondanza di risorse” lì? Pensate che i bambini lì abbiano qualche “valore” per le campagne “umanitarie” dei benevoli padroni occidentali?

Tutto ciò che serve è una buona copertura ideologica, e un argomento – e la scarsità – di risorse ha le qualifiche necessarie…

Considerate anche questo. E se, diciamo “se”, le piattaforme di modifica delle cellule genetiche portassero a nascite di bambini malformati, a mostruosità? E se, diciamo “e se”, questo accadesse dopo qualche mese o in qualche altro momento a causa dell’ispirazione di genetisti di un tipo o di un altro? Cosa pensate che suggeriscano i “bioeticisti” selezionati? Che debbano rimanere in vita, in modo che le compagnie farmaceutiche possano pagarle per sempre, e per ricordarci quanto siano criminali i genetisti e i loro amministratori delegati? O di “morire in silenzio” per “non gravare sulle risorse limitate del sistema”? I “bambini talidomidi” così come i “bambini Zika” sono (ora!) troppe prove dei crimini medico-farmaceutici; e l’industria della salute nella quarta rivoluzione industriale non può procedere con tali “pesi massimi”. Vuole le mani sciolte…

Per quanto riguarda le metropoli, la stratificazione (e la costrizione) della disabilità è un’espressione selvaggia della gestione dell’Io come Capitale; qualcosa che, tuttavia, nelle sue versioni relativamente più blande è stato accettato e incarnato da centinaia di milioni di persone del primo mondo, per la loro vita, negli ultimi 3 o 4 decenni. È un’introduzione all’eugenetica capitalista, e avrà molte parti e varie applicazioni “inaspettate”; ma sembra che si debba partire da zero per far capire a tutti questi “io/capitale umano” quanto cadono in basso, quanto si autodenunciano quando ignorano ciò che porta la loro identificazione con il modello di vita affaristico proposto dal sistema.

Il corpo di chi?

Siamo partiti da un atto e da una frase di un eurodeputato di destra per guardare un po’ più da vicino (“un po’”) al punto in cui “io ho il controllo del mio corpo”, sia per le donne che per gli uomini, ha oggi una reale validità. Potremmo aggiungere qualche capitolo in più, soprattutto sulla gravidanza: controlli medici costanti (del corpo delle donne) o parti cesarei – una tattica di business particolarmente fiorente in Grecia (e in India) che ha il 110 % delle sue legalizzazioni. Si potrebbe aggiungere molto di più sull’igiene, l’ansia da apparenza, la chirurgia plastica e molto altro. Sono tutte cose serie – ma meritano un’analisi separata, in un altro momento.

Dobbiamo ritornare alla situazione attuale, alla campagna d’allarme, ai divieti, alle discipline e alla sua “nuova normalità”. Era ed è tuttora una gigantesca operazione di usurpazione dei corpi, non da parte della “medicina” in generale e a tempo indeterminato, ma da parte di nuove branche dinamiche dell’industria sanitaria occidentale, che hanno molto in programma per noi (e contro di noi) se riescono a consolidare la dottrina che a) i nostri corpi non ci appartengono, ci è stato concesso solo l’uso di esso, e b) la responsabilità sociale è ciò che definisce il complesso bio-informatico-assicurativo e i suoi lacchè, il loro proprio concetto di “socialità” (chiamiamola “socialità 4.0” per adattarsi alla quarta rivoluzione industriale) e nient’altro. O, piuttosto, tutto il resto sarà perseguitato, bandito.

Non abbiamo ancora visto tutto il progetto, non siamo nemmeno arrivati a metà. Siamo all’inizio. Tuttavia, è stato dimostrato quanto siano diventati patetici i soggetti del primo mondo da quando hanno (per diversi decenni) abbandonato la cura dei loro corpi e delle loro menti agli standard, alle norme e alle regole delle industrie: giovinezza, salute, forza, performance, bellezza. Il complesso non li ha allontanati dal punto di coscienza di sé, individuale, collettivo, anche tradizionale, se volete, che esisteva, diciamo, negli anni 60 o 70 tra le popolazioni del primo mondo. Questo sarebbe forse impossibile. La resistenza in termini di conoscenza “non ufficiale” della salute e della malattia sarebbe molto dura, molto determinata; la realizzazione dell’attacco e dei suoi obiettivi sarebbe rapida e molto pura.

No. Strapperebbero le popolazioni del primo mondo da uno stato già profondamente alienato, pieno di paure, ignoranze, misticismi, poste e compromessi. E questo è stato relativamente più facile: quello che i capi hanno cercato di fare e continuano a fare è una sorta di ‘rieducazione’, un adattamento ai dati provenienti dal futuro.

Abbiamo già trattato (nella Macchina inarrestabile) [The unstoppable machine, www.sarajevomag.net/wp, n.d.c] un paio di esempi evidenti. Uno è la costruzione di una contagiosità permanente, pericolosa e caotica – in modo che tutte le relazioni e i contatti sociali naturali siano “contaminati”/sottoposti alle norme proibitive. Il modo in cui la trasmissione per via aerea di diversi virus viene effettuata (ed evitata) è l’esperienza sociale di decine di generazioni. E non solo a causa dell’influenza. Nessuno con l’influenza va a starnutire o tossire nella bocca di qualcun altro, e questo si chiama semplicemente “buona educazione”. Inoltre, quali “decime” o “zanzare” o “dolori alle ossa” sono (o erano…) esperienze/conoscenze comuni, tramandate di generazione in generazione. Si scopre che questi sono stati definitivamente dimenticati (e contrastati dalla convinzione che SOLO GLI ESAMI mostrano se si sta o non si sta bene…) o buttati via perché, solo per il gusto di farlo, i demagoghi gridavano che si trattava di qualcosa di “nuovo”, …qualcosa “senza precedenti”; senza che nessuno si sia preoccupato di verificare se questa affermazione fosse vera o solo un’altra delle grandi bugie del gioco postmoderno, statale e capitalista.

Il secondo era la scomparsa dalla rappresentazione del “corpo infetto” dell’intero percorso (dei virus) dalle narici e/o dalla bocca ai polmoni. La conoscenza tradizionale, “popolare”, se vogliamo, sapeva che il trattamento della maggior parte delle infezioni virali si fa in misura sufficiente con bevande calde – nella gola, nell’esofago, nella trachea, prima dei polmoni. Aveva anche ricette con varie bevande calde antisettiche.

Questa parte è scomparsa! E con essa tutte le cure tradizionali! Come se non fossero mai esistiti nella storia della nostra specie! E quando gli esperti cinesi hanno proposto e riproposto la propria medicina tradizionale come metodo efficace non solo per trattare sintomi lievi, moderati e/o minori; non solo per limitare “i ricoveri in ospedale e forse le cure intensive”; ma anche per rassicurare i soggetti a non ammalarsi per paura, hanno ricevuto un assegno in bianco. E gli esperti occidentali “eretici” che sostenevano, alcuni direttamente e altri indirettamente, che c’era un inganno strategico nella gestione del casino sono stati respinti. Erano/solo “complottisti”.

La scomparsa di parti così critiche del corpo umano, non solo per la salute ma anche per la consapevolezza di sé, non è stata un caso! La trasformazione dei corpi in “schede madri” è molto reale e molto tangibile!!! (Un secolo fa erano trasformati/intesi come “motori a combustione interna” e “elettricità/reti di telecomunicazione” ….) Ancora oggi ci sono medici in varie parti del mondo occidentale che si picchiano per l’estinzione di ogni vecchia o nuova conoscenza su come trattare una possibile infezione virale delle vie respiratorie superiori prima che diventi così grave da richiedere un ricovero in ospedale (che, tuttavia, non aveva altro da offrire che ossigeno…) Non era nemmeno “estinzione” dicono. Era un divieto. Per lasciare la strada aperta al grande trucco dell’applicazione delle piattaforme di modifica delle cellule genetiche e dell’ingegneria genetica in generale. Gli esperti del complesso bio-informatica-assicurazioni, quando parlano tra di loro, non si nascondono quando lo dicono: il corpo/scheda madre subirà ‘modifiche’ e ‘aggiornamenti’ di tipo genetico/informatico…

Così, i corpi umani sono stati espropriati in massa. Stanno diventando componenti del ‘grande corpo’, il ‘corpo’ della tecnoscienza. La grande bocca ha detto forte e chiaro che non potete decidere cosa fare di voi stessi, perché io vi dico che siete pericolosi; io e solo io so e posso “curarvi”.

Guarire ora, nel 21° secolo, significa nuove norme. Significa esperimenti di massa. Significa distribuzioni, ripartizioni, dati, curve, statistiche. Significa anche un comportamento “socialmente responsabile”. Gli “irresponsabili” sono uno spreco per il sistema; e quindi (dovrebbero) essere trattati come tali…

Ma in ogni caso, “la scienza va avanti” senza guardare le vostre preoccupazioni. Così a metà marzo 2021 è stato annunciato che mentre il covid-19 ruba vite, economie e interi paesi, gli scienziati continuano il loro lavoro per espandere le conoscenze a disposizione dell’umanità.

Uno dei recenti successi è annunciato come segue: Gli scienziati israeliani sotto la guida del professor Jacob Hanna dell’Istituto di Scienze Weizmnn sono riusciti a far crescere embrioni al di fuori di un corpo vivente. Gli scienziati hanno voluto o cercato di far crescere gli embrioni fuori dall’utero fin dagli anni ’30, ma i loro esperimenti non hanno mai avuto successo”. (Abbiamo capito qualcosa degli esperimenti dei “vecchi” eugenisti di allora…)

Non allarmatevi ancora. “Per il momento” è un utero artificiale di topo. “Il concetto di far crescere un embrione umano al di fuori del grembo materno rimane un sogno lontano per il momento” dice l’ articolo panegirico relativo. Ma i centri di ricerca sulla genetica molecolare e l’ingegneria genetica hanno ora obiettivi ambiziosi. E così, se gli embrioni e i bambini sono di proprietà delle aziende, dov’è la questione etica?

Sarajevo, numero 159/a, 2021.
www.sarajevomag.net


Nota generale: Abbiamo tratto molte informazioni dalle ricerche di James Corbett (corbettreport.com) sulla nuova eugenetica. Il relativo video (Bioethics and the New Eugenics) è disponibile su https://www.corbettreport.com/bioethics/.

Note:

  1. Chiunque si sia preso la briga di leggere l’ultimo Cyborg (n. 20) probabilmente ricorderà il nostro riferimento a questa istituzione nel testo “Biologia sintetica, genealogia: la vita costa poco!” Lo riproduciamo perché aggiunge alcuni spunti al nostro tema .
    L’American Hastings Center si raccomanda come:
    … Un’organizzazione apartitica e senza scopo di lucro, creata da varie discipline scientifiche tra cui la filosofia, il diritto, le scienze politiche e l’educazione.
    L’Hastings Center è stato determinante per stabilire il campo della bioetica nel 1969 e da allora è in continua evoluzione. Fondato dal filosofo Daniel Callahan e dallo psicoanalista Willard Gaylin, l’Hastings Center è il più antico istituto di ricerca indipendente, apartitico e interdisciplinare del suo genere al mondo… Questo centro ha incaricato quattro esperti
    nel 2008 di studiare “i rischi e gli esiti della biologia sintetica, vale a dire: questioni di biosicurezza, questioni ambientali e sociali, le questioni future, sui problemi di proprietà intellettuale e sulle possibili questioni teologiche. Tra i quattro c’era Drew Endy, lo stesso Drew Endy del “possiamo fare tutto quello che ci paghi per fare”… Degli altri tre, due (Michele Garfinkel e Robert Friedman) erano dirigenti di alto livello dell’insider J Craig Venter… che si vanta di essere il leader mondiale nella ricerca genetica… E per buona misura, il quarto membro del team incaricato di giungere a una conclusione sulla biologia sintetica (Gerald Epstein) apparteneva al famigerato CSIS (centro di studi strategici e internazionali), e anche al suo nucleo duro, il “programma di sicurezza interna” degli Stati Uniti… Cosa ci si aspetta che questo piccolo pappagallo concluda sulla biologia sintetica,
    i suoi pericoli e le questioni “etiche”?
    Per la “biosicurezza” hanno concluso che non c’è nessun problema al momento (nel 2008), potrebbe esserci tra 5 o 10, ma le aziende biotech ne sono consapevoli e stanno facendo attenzione…
    Per gli “effetti ambientali” non c’è problema, perché la FDA e il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti che hanno la responsabilità del controllo stanno attenti…
    Per i “problemi di proprietà intellettuale” l’unico problema è che le aziende che hanno o brevetteranno qualcosa di genetico potrebbero non voler collaborare tra loro, quindi questo potrebbe ritardare lo sviluppo del settore.
    Sulle “questioni teologiche” hanno concluso che i biotecnologi che lavorano nella biologia sintetica non hanno problemi etici. Hanno anche notato che ci sono “naturalmente persone che non sono d’accordo che la creazione di organismi sia un atto etico”, ma che non ci sono linee guida su cosa si dovrebbe fare, dato che “gli scienziati che sono a favore hanno più
    potere di quelli che non sono d’accordo”.
    Non c’è bisogno di commentare: i lupi fanno la guardia alle pecore… E questo è stato il caso
    in modo costante, permanente, incontrastato per decenni. Va da sé che sta accadendo anche durante la campagna di allarme sanitario, che è, insieme a tutto il resto (ha molti lati e molti beneficiari), un enorme psyop che promuove l’applicazione e l’accettazione di massa della biologia sintetica. Insieme, naturalmente, alla dimensione sperimentale del tutto. Così come la geopolitica.
  2. Disponibile su https://www.goldmansachs. com/insights/talks-at-gs/dr-zeke-eman
  3. Etica pratica, p. 170 – 171.

Tradotto dal greco da Daniela Danna


Pubblicato sul giornale L’Urlo della Terra, numero 9, Luglio 2021


Sinistra e pandemia. L’offerta di salute

La sinistra occidentale, erede di una lunga tradizione di pensiero, lotta e rivolta, di opposizione allo stile di vita capitalista e di desiderio di un mondo diverso costruito su altri valori di autonomia, uguaglianza e libertà, negli ultimi decenni ha condotto successive rinunce etiche e politiche, imitando sempre più il progetto egemonico di una società articolata intorno alle sfere del consumo, della tecnologia e del divertimento.
Ora, con la pandemia del covid-19, stiamo assistendo al culmine di questo processo: una sinistra per lo più allineata con la narrativa dei governi, delle istituzioni globali come il FMI o l’OMS, delle corporazioni farmaceutiche e delle grandi entità mediatiche, una narrativa secondo la quale siamo sotto la minaccia di un virus letale da più di un anno, la cui eradicazione giustificherebbe stati di emergenza, confinamenti domestici, restrizioni alla mobilità e alla vita sociale, pubblica e politica, vaccinazioni di massa quasi obbligatorie, e altre misure sanitarie. Questa storia è lontana dalla verità, ma i tentativi di promuovere un dibattito critico sono stati accolti dalla censura, dal silenzio o dall’indifferenza della sinistra.
In questo articolo cercherò di evidenziare le ragioni di questa posizione.

A sinistra? La necessità di un nuovo vocabolario politico

L’emergere, anni fa, di partiti politici come Podemos in Spagna, o 5 Stelle in Italia, sembrava portare con sé la messa in discussione delle classiche etichette di destra e sinistra. Con l’occupazione delle piazze nel 15-M, la tendenza a trascendere (presumibilmente) questa distinzione era già stata notata, ma gli ideologi populisti da cui queste nuove formazioni traevano ispirazione confermavano la pretesa di voler costruire opposizioni spogliate di chiari referenti ideologici, opponendo in modo più vago quelli in basso, il popolo, contro quelli in alto, le élite, la casta, i governanti, le banche, ecc. “Noi siamo il 99%”, si è sentito in molte delle loro mobilitazioni.

Era un messaggio che permeava facilmente, soprattutto in due paesi dove la corruzione politico-affaristica, lungi dall’essere un evento isolato, permeava e strutturava le relazioni di potere nel loro insieme. Era anche una ventata di entusiasmo dopo i due decenni trascorsi dalla “fine della storia”, cioè dal crollo dell’Unione Sovietica e dei paesi satelliti, accompagnato da una marea ultraliberista che ha lasciato la sinistra in parte bloccata in coordinate politiche obsolete, e in parte rifugiata in un attivismo marginale (anche se non senza grande coraggio e dignità in molti casi).

La “nuova politica” ha impiegato poco tempo per essere consumata e integrata nella vecchia politica. Tuttavia, la necessità di trascendere gli assi sinistra-destra, di interrogarsi su quale sia il progetto politico della sinistra, è ancora vitale, soprattutto per comprendere la devozione delle formazioni progressiste alla doxa salubrista. Per farlo, ci serviremo delle riflessioni di un radicale americano scritte non meno di tre quarti di secolo fa.

Nel 1946, La radice è l’uomo fu pubblicato da Dwight Macdonald, un saggista ben noto per la sua sfaccettatura di critico culturale, ma non tanto come istigatore – sulla via di Albert Camus, Simone Weil, Nicola Chiaromonte o George Orwell – di un socialismo critico dei due grandi totalitarismi del XX secolo: quello dello Stato e quello dell’Industria. Nel primo capitolo, Macdonald ha spiegato perché era urgente cambiare il vocabolario politico, proponendo la distinzione tra progressisti e radicali.

Secondo Macdonald, i progressisti sarebbero coloro che vedono il dominio dell’uomo sulla natura come qualcosa di positivo, e che considerano che i problemi del mondo derivano dal fatto di non fare abbastanza uso della scienza e della tecnologia. I radicali, invece, vedrebbero sopravvalutata la capacità della scienza di guidare gli affari umani, preferendo enfatizzare l’aspetto etico della politica; penserebbero anche che il controllo dell’uomo sulla natura può essere negativo, e che la tecnologia dovrebbe essere adattata agli esseri umani, anche se questo significa un regresso tecnologico.

Macdonald esortava la sinistra a proporre, di fronte alla frenesia sviluppista del progetto modernizzatore del capitale, una sorta di principio di precauzione tecnologica: pesare sempre i pro e i contro di ogni innovazione, non considerando che ogni progresso tecnico o scientifico debba implicare di per sé un progresso per l’umanità.

Questo era un percorso che aveva altri precedenti, come si riflette nel lavoro di Bernard Charbonneau e Jacques Ellul, precursori dell’ecologia in Francia. Già negli anni ’30 e ’40, consideravano vitale che le decisioni “tecniche” e “scientifiche” non dipendessero solo dagli esperti. Dopo lo sgancio delle bombe atomiche sul Giappone, Charbonneau rifletté:

La bomba atomica solleva il problema del controllo umano della tecnologia. Che mi ascoltino coloro che confondono l’avventura della conoscenza con l’istinto meccanico. Non si tratta di sottomettere la conoscenza, ma di controllare le sue applicazioni pratiche. Nella misura in cui è un’avventura solitaria, la conoscenza è libera; ma nella misura in cui le sue applicazioni pratiche trasformano le condizioni di vita degli uomini, spetta a noi giudicare. Perché se tutti gli uomini non sono competenti a giudicare in questioni di fisica, tutti sono competenti a giudicare come la loro vita sarà sconvolta dalla fisica, e in questo caso non è solo l’interesse della scienza che deve essere preso in considerazione, ma tutti gli interessi umani1.

La mutazione antropologica

Questo avvertimento – di straordinaria importanza nell’attuale contesto di restrizioni in nome della “guerra contro il virus” – non ha trovato quasi nessuna accoglienza a sinistra. Al di là di alcuni intellettuali isolati, e di alcune correnti dell’ambientalismo più radicale, le organizzazioni di profilo socialista, comunista e anarchico stavano incorporando nel loro immaginario, come qualcosa di positivo per i loro rispettivi progetti emancipatori, praticamente la totalità del repertorio offerto dalla modernizzazione capitalista. Lo sviluppo delle infrastrutture, l’esodo rurale e l’industrializzazione dell’agricoltura, la motorizzazione delle città, il consumo e la televisione – e, più tardi, l’informatica – come orizzonte di svago: la sinistra stava assumendo e facendo proprio un rapporto del tutto nuovo dell’essere umano e della società rispetto alle sfere del lavoro, della cultura e dell’ambiente.

Uno dei primi ad essere consapevole di questo cambiamento, negli anni ’60 e ’70, fu Pier Paolo Pasolini. Per lo scrittore e cineasta italiano, eravamo di fronte a una mutazione antropologica: la modernizzazione capitalista si stava diffondendo e imponendo un’egemonia totalitaria su tutto il pianeta, un modo di essere e di stare al mondo che stava spazzando via tutta una pletora di culture particolari, con le loro lingue, le loro tradizioni, i loro modi di coltivare la terra. Per Pasolini questo era un genocidio, e la sinistra taceva e collaborava alla sua realizzazione.

Il “progresso” aveva un prezzo. Diversi, in effetti, ma per la sinistra rappresentava la progressiva perdita di autonomia di fronte al potere esorbitante conquistato dagli Stati e dall’industria: Delegando loro la soddisfazione dei bisogni primari, così come dei bisogni “creati” (per dirla con Günther Anders), affidandosi al sapere di scienziati, tecnici ed esperti, le comunità e gli individui sono stati privati non solo della possibilità di provvedere autonomamente ai loro beni essenziali, ma anche di avere – o persino di sognare – un progetto politico con la capacità di emanciparsi dalle strutture capitalistiche. La sinistra aveva ingoiato il rospo del progresso, incapace di riconoscere la natura nociva e oppressiva dello stato e dello sviluppo tecnologico-industriale.

L’offerta di salute

La gestione della pandemia di covid-19 ha messo in evidenza la collaborazione entusiasta della sinistra in tutto l’apparato di misure messe in atto dai governi. In nome della salute e facendo appello all’evidenza scientifica, dal febbraio 2020 soffriamo di un autoritarismo sanitario che ingigantisce sia il potere degli Stati che quello di certi settori del capitalismo, soprattutto in campo farmaceutico e digitale.

Armati di un’epidemiologia punitiva, i governi approfittano del panico della morte e della malattia per stabilire quella che Edward Snowden ha descritto un anno fa come “l’architettura dell’oppressione del futuro”: in nome della guerra contro il virus, si attua progressivamente un controllo bio-sanitario della popolazione e, come ha sottolineato l’attivista americano, la storia dimostra che le misure che le autorità pretendono di adottare “temporaneamente” finiscono poi per rimanere a tempo indeterminato.

Le corporazioni farmaceutiche, nel frattempo, aumentano il loro potere, la loro influenza e i loro profitti (di vaste dimensioni già prima del febbraio 2020) impostando il vaccino come l’unica condotta sicura per “porre fine al virus” e per recuperare certe libertà e benefici che credevamo naturali, compreso l’atto stesso di camminare all’aperto o vedere e abbracciare i propri cari. Ci sono già molti paesi dove, anche se non è “obbligatorio” essere vaccinati per legge, senza il vaccino, cose come attraversare i confini nazionali, entrare in certi stabilimenti commerciali o partecipare a eventi di massa diventano impossibili.

E nel campo delle tecnologie dell’informazione stiamo assistendo a come il capitalismo digitale sta acquisendo una presenza ancora più vasta e straordinaria: le società note come GAFAM si stanno sfregando le mani alla prospettiva di vedere certe tendenze già presenti nella società affermarsi ancora di più, sia per imperativo legale che attraverso la macina della propaganda: in entrambi i casi, l’autonomia del cittadino di decidere è annichilita, che assiste in una postura tra il collaborazionista e il passivo vedendo come si impone la digitalizzazione dell’educazione, delle comunicazioni, del tempo libero e anche dell’attivismo politico, che non vede né come una castrazione né come una contraddizione le assemblee o le riunioni tramite videochiamate da Zoom o altre piattaforme analoghe.

Siamo arrivati, come abbiamo detto all’inizio di questo testo, al momento in cui la grande maggioranza della sinistra culmina il processo di espropriazione dell’autonomia e dell’indipendenza del suo progetto politico, consegnandosi, come se fosse un’offerta e un sacrificio, a una dittatura sanitaria e digitale che cerca, più che mai, di eliminare ogni traccia di opposizione al suo progetto totalitario.

Salvator Cobo, Giugno 2021
editore delle Ediciones El Salmòn e della rivista
Polìtica & Letras, www.edicioneselsalmon.com

1 Somos revolucionarios a nuestro pesar. Textos pioneros de ecología política, Jacques Ellul y Bernard Charbonneau, Ed. El Salmón, 2020.

Pubblicato sul giornale L’Urlo della Terra, numero 9, Luglio 2021

Dialogo tra Resistenze al nanomondo e Sarajevo

RN: Qual’è la vostra storia e quando avete iniziato a ritenere centrale sviluppare un’analisi critica verso gli sviluppi tecno-scientifici, vi poniamo questa domanda pensando al contesto italiano dell’autonomia operaia che nel tempo non è mai arrivato a elaborare delle analisi anche solo simili alle vostre senza comprendere le trasformazioni del capitalismo.
Troviamo importante anche capire se le vostre riflessioni sono state dibattute e se in qualche modo hanno influito nei contesti greci.

S: Non è facile fare una retrospettiva della mia vita (politica), e probabilmente non aiuterebbe chi non ha una comprensione diretta del percorso del movimento in Grecia negli ultimi 40 anni. Posso solo dire che sono stato politicizzato nel 1979, all’età di 19 anni, come studente del politecnico (architettura), in un’ondata di occupazioni studentesche nelle università di tutta la Grecia, da parte dell’allora estrema sinistra, anarchici, antiautoritari – contro la sinistra ufficiale di allora (pasok, kke, esterni al kke). Il governo era di destra.

Il mio interesse (e i primi approcci critici) per ciò che è “scienza”, “verità scientifica”, “tecnologia”, “neutralità tecnologica” ecc. è nato proprio allora, su quell’onda. E non era una cosa personale, dato che tutto il mio ambiente politico si occupava anche di questi problemi. C’era un quadro generale di critica nella vita quotidiana, ma come studenti politecnici abbiamo aggiunto la critica del sapere (universitario, tecnologico), il ruolo sociale degli esperti, ecc.

Nello stesso periodo di tempo, più o meno dal 1978 al 1984 (all’epoca avevo 24 anni), i movimenti femminista ed ecologista si sono sviluppati tanto quanto (…) in Grecia. Anche se non ero in grado, a causa della mia età e della mancanza di esperienza, di combinarli tutti, sono rimasti per molti aspetti come basi.

Negli anni successivi, a parte le lotte di strada con la polizia (uno sport giovanile divertente per qualche anno…), la mia presenza nel movimento è stata principalmente attraverso una critica all’urbanistica e poi partecipando e vivendo nelle occupazioni. Ho iniziato a valutare l’analisi dell’autonomia operaia italiana alla fine degli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90 – quando in Italia era stata sconfitta in molti modi. Come squatter e antifascisti abbiamo avuto anche una forte influenza di quella che è stata chiamata “autonomia tedesca”, un movimento forte durante tutti gli anni ’90. C’erano diversi elementi chiave dell’analisi politica/teoria dell’autonomia a cui sono stato esposto, dato che anche se mi sono laureato in architettura avendo un’origine operaia ho deciso di rifiutare un’ascesa sociale e rimanere un lavoratore. Per il tema che stiamo discutendo qui ho trovato importanti le analisi degli anni ’60 degli operaisti italiani (Panzieri, Tronti) sull’uso capitalistico delle macchine e della tecnologia – alcuni testi sono stati tradotti e pubblicati in greco nei primi anni ’80. Importante per me è stato anche il grande lavoro delle femministe autonomiste Mariarosa Dalla Costa e Selman James sulla centralità del lavoro femminile non retribuito (‘domestico’) per la più ampia riproduzione sociale.

I fondamenti teorici/politici degli anni ’80 hanno cominciato ad acquisire coerenza nelle mie scelte e nei miei punti di vista a partire dai primi anni ’90. Tuttavia, devo sottolineare che fino ad allora e per gli anni successivi la sintesi di visioni e pratiche individuali che poteva essere chiamata “autonomia” era, in termini greci, sparsa e fortemente minoritaria. Quello che in Grecia si chiama “spazio” [movimento n.d.c.] (e in Germania “scena”) era fondamentalmente anarchico, ma avendo subito una serie di spostamenti successivi dal 1980 al 1990 verso pratiche di “azione diretta” (principalmente contro la polizia), lontane dall’analisi teorica e dalla documentazione di opinioni. Di conseguenza, dopo essere stato anarchico per alcuni anni, ho cominciato gradualmente e metodicamente a diventare autonomo… (Senza voler sminuire, le opinioni di base del “movimento” tendevano già sempre più verso quelle di sinistra, con la differenza dell’uso della violenza. Quindi non c’è da stupirsi che in relazione al covid una gran parte di coloro che si descrivono come anarchici in Grecia abbia adottato le posizioni della sinistra, che erano le decisioni del governo di destra…)

Così, nel 1996-1997, gli unici che potevano avere un approccio più ampio a questioni non di esperienza diretta erano i/le pochi/e che potevano collocarsi sotto il termine “autonomia” – anche se evitavano ancora di usarlo.

RN: Viviamo una tale situazione in cui ogni aspetto del quotidiano e ogni possibile critica sembra non poter più prescindere dalla narrazione sul Covid-9 con il suo universo fatto di distanziamento, mascherine, digitalizzazione, medicalizzazione e “vaccini” a mRNA. Non considerando ovviamente le posizioni che sostengono questa tecno-dittatura sanitaria e nemmeno i silenzi sottomessi e impauriti, come destreggiarsi in mezzo a chi invece dissente, come riconoscere nuove complicità e quali punti fermi mantenere per non pedere di vista le questioni centrali su cui si sta giocando il prossimo futuro?

S: Ho la sensazione (piuttosto la certezza) che la gestione di sars-cov-2 abbia “tagliato”, attraversato in modo diagonale tutte le formazioni ideologiche e politiche originarie del XX secolo e si siano bloccate lì. È estremamente pericoloso, ma lo considero un fatto: coloro che non hanno seguito l’evoluzione del capitalismo e dello Stato dagli anni ’90 in poi sono stati colti privi di vestiti. La maggior parte di loro è andata dalla parte dello Stato, mezza spaventata e mezza ipnotizzata. Una piccola parte di loro ha reagito, e lo ha fatto istintivamente, cercando di capire cosa stesse succedendo. Ma all’interno di questo ci sono, in effetti, persone di destra, cristiani, di estrema destra – così come persone di sinistra, di estrema sinistra e anarchici, ma devono lottare contro le loro immediate relazioni politiche e sociali, cosa che stanno sperimentando come estremamente difficile finora.

Perché è successo questo? Perché le critiche (da una prospettiva femminista e/o ecologica) alle biotecnologie, che erano particolarmente ricche negli anni ’80 e nei primi anni ’90, sono scomparse, svanite?

Pertanto, a mio parere, ci occupiamo contemporaneamente delle due cose seguenti. Da un lato, non dobbiamo né possiamo ignorare la “campagna del covid” e tutte le sue implicazioni – ma sarebbe un errore soffermarsi solo su di esse senza evidenziare le basi di tutti questi colpi di stato tecnologico/politici che hanno avuto luogo e continueranno in una forma o nell’altra. D’altra parte, abbiamo bisogno di educare quanti/quante più persone possibile sull’intero spettro della transizione alla quarta rivoluzione industriale, le sue specifiche, la “normalità” che richiede per funzionare correttamente (per i capi).

Sono due compiti diversi. Per il primo dobbiamo intervenire nel contesto. Per il secondo dobbiamo puntare a ciò che ci sta dietro. Un lavoro duro, che richiede perseveranza e resistenza. E (forse è il mio innato pessimismo…) non pagherà facilmente, nel prossimo futuro, per un movimento dalle idee chiare e radicali.

Penso che sia quello che dobbiamo fare. E se posso dirlo, dobbiamo farlo “senza speranza ma con determinazione”…

RN: In Italia la quasi totalità della sinistra, sia quella democratica cyborg liberale, sia quella in apparenza più radicale, a parte poche eccezioni, sostiene e promuove la narrazione attorno al Covid-19, sostiene e promuove questi nuovi “vaccini” che sarebbe meglio definire piattaforme di riprogettazione cellulare, rimane indifferente verso le nuove antenne a rete 5G non volendo capire cosa rappresentano o annaspa nella mediocrità e superficialità affermando con flebile voce che nulla si può fare di fronte a questi cambiamenti epocali e tanto vale trovare una nicchia confortevole nel meno peggio. Ovviamente questo, almeno in Italia, rappresenta una certa eredità culturale della sinistra che per tanto tempo non ha voluto fare i conti seriamente con il processo tecnologico delegando totale fiducia alla scienza e ai suoi demiurghi, forse sperando in una sua prossima gestione.
In Grecia com’è la situazione? Come vi spiegate – e da dove ha origine – questo comportamento dei contesti di sinistra?

S: La mia opinione politica è che quella che si chiama “sinistra politica” (partiti, organizzazioni, ecc.) è un’illusione vecchia di almeno 30 anni! Certo ci sono “sinistre” e “estrema sinistra” con sensibilità sociale. Questo sembrava sufficiente negli anni passati – ma non lo era. Era a suo agio con la gestione micropolitica della vita quotidiana o l’opposizione ai governi, ma aveva trasformato l’antagonismo sociale in uno stile. Uno stile pienamente integrato nel più ampio manuale neoliberale.

Va da sé che questo stile non aveva né spazio né motivazione per la critica anticapitalista! E se questo è vero una volta in Italia, è vero cinque volte in Grecia, dove la sinistra è un partner chiave nell’esercizio del potere, e l’estrema sinistra è stata la “coda” della sinistra per decenni, e lo è ancora.

La spiegazione è stata data recentemente da un’estrema sinistra onesta, che giudica e critica l’alleanza di tutti loro con il terrorismo tecno-stato. Si tratta di persone della classe media e medio-alta con un alto narcisismo, un’alta opinione di se stessi e, come tutti sappiamo, “igienisti” in accordo con gli standard dell’industria della salute. Una volta “convinti” che la loro salute era a rischio, hanno dimenticato tutto il resto, che però era sempre secondario e decorativo nella loro vita. E, inutile dirlo, è ormai quasi impossibile per loro accettare di essere stati ingannati: si considerano intelligenti, onniscienti, ecc.

La sinistra e l’estrema sinistra ufficiale in Grecia, lasciatemelo ripetere, è solo eccezionalmente anticapitalista dal 1974. E mai contro lo Stato. D’altra parte, la corrente anarchica, che è stata entrambe fino ai primi anni ’80, ha cessato di esserlo sul serio non appena ha cominciato a dare più importanza alle pietre (contro la polizia) che alle opinioni e alle critiche. E la prova in Grecia non è solo il covid, ma tutto il decennio dopo il 2010, con la gestione della “crisi”. Ovviamente questo non è il posto per altro, ma devo dire che quando ho iniziato a scrivere su quanto fosse di destra il partito (e il governo) Syriza, sia la maggior parte dei sinistrorsi/di estrema sinistra che la maggior parte degli anarchici (che lo avevano votato!) mi hanno considerato un nemico…

Al di là di questo, dobbiamo rivalutare gli atteggiamenti sociali quotidiani senza prendere in considerazione le identità politiche fin dall’inizio. Negli ultimi 20 anni una serie di applicazioni tecnologiche sono intervenute nei comportamenti sociali a prescindere da qualsiasi identità politica o ideologica – eppure sono decisive. Dai videogiochi ai “social media” e alla fecondazione in vitro, e dalle carte di credito al neftlix e alla chirurgia plastica, il modo in cui le soggettività, le paure e i desideri si costituiscono, credo vada ben oltre le distinzioni “destra/sinistra” del XX secolo. Qui in Grecia abbiamo notato che i più fanatici favorevoli alla chiusura (lockdown) erano gli hipster (età 25 – 35 anni) e i sinistrorsi / estrema sinistra / anarchici e i più contrari erano gli immigrati. Ma mentre la sinistra “tradizionalmente” sembra essere amica degli immigrati, in questo caso ha completamente ignorato anche il fatto che i “campi di accoglienza” sono diventati per mesi delle vere e proprie prigioni! Questo può avere solo una spiegazione. Che le convinzioni sociali (comprese quelle della sinistra) sulla propria salute sono molto più determinanti nei loro comportamenti rispett alla filantropia ideologica…

Aggiungiamo che il loro rapporto con le tecnologie è quello del solo consumatore, e che la critica anticapitalista viene ignorata, e abbiamo tutto il substrato di questo pernicioso “feticismo tecnocratico”.

RN: Questa situazione d’eccezione con il pretesto della pseudopandemia sta accelerando dei processi che erano già in corso. ll Consiglio europeo con il pretesto della situazione d’emergenza ha adottato un regolamento per accelerare lo sviluppo e la diffusione dei “vaccini” per il COVID-19, una deroga – che si dice temporanea ma che vuole ben presto divenire definitiva – alla valutazione preventiva del rischio ambientale richiesta dalla legislazione dell’UE sull’emissione nell’ambiente e sull’impiego di organismi geneticamente modificati (OGM).
L’UE si prepara ad abrogare in modo definitivo la normativa anti-OGM e forti sono le pressioni delle compagnie biotech, della fondazione Gates, del mondo della ricerca per far passare a livello europeo organismi geneticamente modificati con la tecnica di ingegneria genetica CRISP/Cas 9 come „non OGM“ nella nuova classificazione.
In una delle vostre ultime riflessioni sul vostro sito internet ricordate le proteste che vi erano state nel maggio del 2015 in oltre 400 città in tutto il mondo contro le modificazioni genetiche e gli OGM. Come vi spiegate il silenzio di oggi dei movimenti ecologisti, per la biodiversità e contro gli OGM nei confronti di un attacco senza precedenti con tecnologie di ingegneria genetica nei nostri corpi?

S: Non ho una spiegazione completa… Mi colpisce questo incredibile oblio, anche da parte di persone che 10 anni fa incolpavano le biotecnologie e ora le difendono!!! Non ho una chiara comprensione di quanto possa essere corrosiva una (costruita) paura della morte, combinata sempre con la scomparsa per molti anni della critica radicale (e) alla tecnologia.

Dalla mia poca esperienza, tuttavia, (principalmente dal costante lavoro al sito web) posso dire che individui che “emotivamente” appartengono al “movimento” (in Grecia) ma non hanno avuto tempo per sviluppare un Io, cioè sono o più giovani o periferici (al movimento), hanno prestato una certa attenzione al ricordo del passato militante (ad esempio contro gli OGM). Ed esprimono una riluttanza a ricollegarsi a questo lontano passato – che, tuttavia, penso non sarà facile per loro. Avranno bisogno di pazienza e perseveranza.

RN: “Nessuno sfuggirà alla crepa del tempo. Al suo interno, per suo tramite, solo il materialista storico può vedere nel tempo il lampo del momento del pericolo” scrivete in una delle vostre ultime riflessioni sul vostro sito internet, facendo riferimento alla servitù volontaria sottesa alla retorica dell’autodeterminazione del corpo femminile che oggi chiede, come voi scrivete, “ingegneria genetica, trasformazione cibernetica e aumento digitale per caderci sopra con gioia”.
Questa retorica in Italia è usata dai contesti transfemministi e dal movimento LGBTQ per rivendicare sex-worker, utero in affitto, PMA per tutte, ormoni a bambini e bambine. Facendo propri i principi del libero mercato in cui anche i nostri corpi sono in vendita e in cui diventiamo imprenditrici di noi stesse, tutto è possibile perché non esistono limiti e la parola acquisisce più significato della realtà materiale dei corpi e la riscrive stravolgendo significati e distruggendo dei punti fermi come il fatto che nasciamo da donna. Queste tendenze in Italia sono trasversali e hanno invaso ogni contesto di sinistra e anarchico. Da tempo denunciamo le sovrapposizioni tra i principi transfemministi – queer e il transumanesimo e le conseguenze materiali sui corpi. Oggi, più che mai è evidente che corrono sugli stessi binari e si stanno gettando molteplici basi, non ancora tutte ben delineate, per far perdere significanza ai corpi, andando oltre alla mercificazione degli stessi, per costituire individui neutri infinitamente modificabili.
In Grecia queste tendenze transfemministe queer sono radicate? Hanno delle rivendicazioni politiche? C’è una consapevolezza su cosa rappresentano e una critica verso di esse?

S: Hai ragione! Assolutamente giusto! Sono dell’opinione che l’etica/estetica a favore della “trasformazione” dei corpi umani “dal basso” sia perfettamente in linea con le tendenze del capitalismo moderno… E che abbiano molto più a che fare con la strumentalizzazione (bio/tecnologica) dei corpi di quanto i loro proponenti vogliano ammettere.

Dopo tutto, il corpo/cyborg è stato un suggerimento molto specifico di esperti e organizzazioni per anni. Credo che questa sia ormai la forma standard di tutte le trasformazioni, soprattutto quando diventano ideologia.

In Grecia c’è una corrente queer che ha una certa influenza nel “movimento”. Mi tengo a distanza perché ho già abbastanza nemici! No, non c’è consapevolezza né all’interno né all’esterno dei pericoli. E no, non c’è nessuna critica…

RN: Le persone qui in Italia sono confuse, paralizzate dalla paura e irrazzionali, incapaci a soffermarsi ponendosi semplicemente dei dubbi e incapaci di vedere le più grandi contraddizioni e menzogne. Paradossalmente la paura per la propria salute sta paralizzando le capacità di autodifesa. Un’autodifesa che forse le persone hanno già perso da tempo, da quando hanno accettato che qualcuno potesse definire la morte e prelevare organi da un corpo vivo, da quando hanno consegnato in mano ai tecnici la gestione di ogni aspetto delle proprie vite sempre più medicalizzate, da quando hanno accettato di vivere in ambienti tossici e cancerogeni, da quando hanno accettato la degradazione del pianeta e dei valori, una degradazione che sembra correre parallela. In Grecia com’è la situazione?

S: Suppongo che la situazione sia la stessa. In Grecia (immagino che lo stesso sia successo in Italia come in molti altri paesi) quelli e quelle che si sono diversificati avendo una visione diversa del loro corpo (e della loro salute) sono stati quelli che fanno sempre trattamenti omeopatici. Ma i medici omeopatici non sono usciti a parlare pubblicamente, credo per timori professionali.

RN: In un vostro testo Corpi, malattie, poteri scrivete che “non può esistere alcuna forma di potere che sia indifferente al controllo (in un grado o nell’altro) dei corpi. Di conseguenza, ‘per definizione’, non può esistere alcuna forma di potere che sia estranea alla dicotomia salute/malattia – così importante per i corpi”.
Scrivete dell’emergere di un capitalismo igienico in nome della promozione della salute e di un aumento dell’intervento statale nella vita personale dell’individuo con la conseguente rigida regolamentazione del comportamento individuale.
Secondo noi il ruolo dello stato ha subito delle trasformazioni profonde: uno stato piattaforma di supporto al comparto big tech che detiene il controllo e la gestione dei nostri dati e quindi dei nostri corpi, anche nell’ambito della salute il potere dello stato è subordinato a quello di un comparto multinazionale.
Secondo noi dobbiamo comprendere il ruolo dei nuovi attori principali delle attuali trasformazioni: colossi agroalimentari-farmaceutici-bionanotecnologici, compagnie dei Big Data, poli di ricerca di importanza internazionale, comprendendo anche che il loro scopo non è meramente il profitto – considerando anche che queste multinazionali e la grande finanza muovono cifre in grado di superare il PIL di interi paesi – ma proprio portare a termine un’ideologia transumanista che rappresenta una precisa visione di mondo e di essere umano, con una strategia che si è riconosciuta anche nel filantropismo, ultimo arrivo il clan Zuckerberg-Chan. In questo orizzonte vanno inseriti anche i programmi per la salute e i programmi eugenetici ideati e portati avanti da filantropi come la Fondazione Gates. Fondazione al centro anche della gestione della pseudopandemia essendo la principale finanziatrice dell’OMS.
Cosa pensate di tutto questo?

S: Sono d’accordo. Aggiungerei solo che dovremmo stare attenti a non prendere i loro proclami alla lettera! Hanno un grande linguaggio e e molti mezzi di applicazione ideologica più di chiunque altro – penso che sia evidente ora con la spinta per l’ingegneria genetica e tutti i tipi di ostacoli che sta incontrando.

Inoltre, personalmente, evito il più possibile di concentrarmi sugli individui (tipo Gates…) perché c’è la facilità dell’estrema destra nel cercare i “centri oscuri”.

RN: Nel numero 152a-153a di Sarajevo, Corpi, malattie, poteri, fate riferimento a un testo di Franceschini e Curcio del 1984 in cui, secondo noi, bene anticipavano dei processi che si sarebbero sviluppati negli anni a venire. “Ogni proletario, nella rete inesorabile dei rapporti sociali metropolitani, proprio perché vittima e merce, rimane trans-multiplo, frammentato, mutilato, massacrato, disperso da linguaggi contraddittori e comportamenti ritualizzati che polverizzano la sua identità spontanea, la sua memoria e il suo immaginario. […] Così, insieme al movimento espansivo del capitale, che polarizza tutte le opposizioni, spingendole oltre i limiti della rottura, c’è anche il processo di riproduzione espansa della schizofrenia, come forma mostruosa di conformità forzata che è la moderna epidemia sociale delle metropoli… Dalla competizione assoluta a quella più compromessa tra i bi-individui separati, ognuno di loro è imprigionato in schemi, regole e divieti specifici, ogni violazione dei quali comporta una pena corrispondente.”

Questa analisi ci rimandano a dei nostri testi in cui analizzavamo il processo di frammentazione del soggetto in una miriade di identità che porta alla creazione di schiavi ideali, a una massa arcobaleno pacifica del totalitarismo glamour, a uno schiavo ideale che agisce per soddisfare i bisogni indotti dal sistema rendendoli propri. Un soggetto che prima si frantuma in una miriade di identità e poi viene ricomposto nel rapporto con le tecno-scienze che verranno così percepite come potenzialmente liberatorie, dalla Haraway al filosofo Sloterdijk le basi teoriche di una concezione antropotecnica e cyborg dell’essere umano che non permette di sviluppare una critica al paradigma biotecnologico.
Da tempo ormai vediamo lo svilupparsi di infinite microlotte in orizzontale, un’orizontalizzazione del conflitto funzionale al potere che ha tutti gli interessi a non permettere il conflitto dal basso verso l’alto. Alcune lotte che sono state all’origine di numerosi movimenti di liberazione hanno avuto al proprio interno, fino a un certo momento, una componente di classe che successivamente è stata annacquata e rimossa. Secondo i teorici dell’intersezione, la classe non ha peso ed è considerata riduttiva perchè nasconde caratteristiche particolari di particolari gruppi. Sicuramente non è solo una questione di classe, ma affermare che il potere “ci attraversa tutti” appiattisce e cancella le effettive responsabilità. “Il personale è politico” originariamente indicava la necessità di politicizzare la sfera della vita privata con il passare del tempo e la fine di una diffusa politica militante questo approccio ha portato a chiudere il proprio sguardo e di conseguenza il proprio agire si chiude all’interno di sè stesse/i con una ricerca infinita dell’oppressione principalmente dentro di noi credendo che il cambiamento sociale si possa raggiungere attraverso un cambiamento individuale. L’interpretazione del potere come trama di micro-relazioni gerarchiche solo all’apparenza è un’analisi più concreta, in realtà rende il potere astratto e inafferrabile perchè essendo ovunque non è più da nessuna parte. Così non si riescono più a individuare le diramazioni e connessioni del potere nelle sue strutture e nei centri che lo alimentano, che lo sviluppano e che lo rafforzano. Queste analisi portano a cancellare la dimensione, non privata, del conflitto.
Cosa pensate su questo?

In un vostro testo, “Questa è autonomia”, https://www.sarajevomag.net/entipa/teuhos_54/i54_p20_aut.html avete scritto del legame inscindibile tra teoria e pratica, pratica e teoria e del legame inestricabile tra cuore e mente. “Quando questo legame si spezza (e questo accade “non a caso”) allora possono accadere grandi gesta o esprimere pensieri brillanti – ma i primi degenerano facilmente nel praticismo ei secondi nella teorizzazione. Riconoscere questo legame significa molto, che non è il luogo per presentarlo. Ma non è tutto ciò che appare come “teoria” e tutto ciò che appare una “pratica” degna dell’antagonismo di classe; l’ideologia può essere facilmente mascherata da “analisi” e l’opportunismo da “progetto”, presumibilmente modellando la completezza della “teoria-pratica”. Ci sono almeno altri tre elementi che giocano un ruolo critico nell’autenticità (o meno) della teoria-pratica proletaria. Uno è l’apertura emotiva e mentale all’“ignoto” e all’incertezza che di fatto caratterizza l’antagonismo di classe. La seconda è la capacità permanente di autocritica, ovunque e sempre. E il terzo è il rapporto profondo, quasi “esistenziale” di ciascuno con la Storia e la Storicità; non quello personale ma quello collettivo, di classe”.
Potresti approfondire questa analisi?

S: Questa è davvero una lunga conversazione! Penso che un indicatore di questa costante “sintesi/scomposizione” dei sé siano quelli che in Occidente si chiamano “problemi psicologici”! Non voglio sottovalutarli. Ma in una recente analisi / contributo / pubblicazione che abbiamo fatto collettivamente (come “consiglio per l’autonomia dei lavoratori”) siamo riusciti a de-psicologizzare tutte queste situazioni e a reinterpretarle come manifestazioni interiorizzate del conflitto tra capitale “fisso” e “lavoro vivo” nel corpo di tutti e tutte coloro che hanno accettato di essere il “capitale di se stessi”.

Anche se mi sto allontanando dalla tua domanda, devo dire che durante l’inverno e la primavera scorsa la continuazione di questa analisi è arrivata alla questione della meccanizzazione-delle-cellule (dove per “meccanizzazione” si intende l’espropriazione biotecnologica e informatica dei corpi alla scala più piccola, quella delle cellule) da un lato come un’operazione di “correzione/gestione” (da parte dei padroni) dei problemi, degli attriti causati dalla liquidazione della soggettività (realizzazione del neoliberismo!) e dall’altro lato come un’impresa di usurpazione produttiva/consumistica della vita in generale ancora più totalitaria. È un approccio audace, lo ammetto! Ma ha risultati interessanti e degni di nota…

Tornando alla tua domanda, devo riconoscere che in base ai dati già stabiliti prima del covid (e diventati terribili da 16 mesi) l’unico tipo di pratica utile che trovo necessaria è il lavoro di propaganda e contro-educazione (di chi, ovviamente, è disposto a farlo). Penso che nel regno delle “macchine intelligenti” i “poveri di spirito” il massimo che i “poveri di spirito” possono fare è sfogarsi – facilmente gestibile dai padroni. Sono dell’opinione che solo quando ci sarà un numero sufficiente (minoritario ma competente…) di persone pienamente consapevoli di ciò che hanno davanti, altre pratiche, come il sabotaggio (pubblico), troveranno il loro posto.

Un tale approccio non suona particolarmente rivoluzionario, lo capisco. Ma mi conforta il fatto che anche i nostri lontani antenati, nel XIX secolo, ponevano grande enfasi sull’educazione della plebe del tempo, organizzando varie forme di autoeducazione collettiva. Hanno giustamente capito che l’oppressione e lo sfruttamento non bastano agli individui e alle classi o raggruppamenti sociali per acquisire capacità e obiettivi rivoluzionari/sovversivi veramente minacciosi.

Siamo, ora, in condizioni di vita simili a quelle di altri salti capitalistici? Penso che per certi aspetti lo siamo. Non sono particolarmente ottimista…. Ma chi sceglie il tempo in cui vivere e le condizioni in cui agire?

Sarajevo, www.sarajevomag.net

Pubblicato sul giornale L’Urlo della Terra, numero 9, luglio 2021

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Dialogo tra Resistenze al nanomondo e Pièces et main d’œuvre

Dialogo tra Resistenze al nanomondo e Pièces et main d’œuvre

RN: Qual’è la vostra storia, quando avete iniziato a sviluppare una critica agli sviluppi tecno-scientifici, quali sono stati i vostri ispiratori. E come le vostre riflessioni hanno influenzato i dibattiti e i contesti francesi.


PMO: Ci vorrebbe un libro per rispondere a questa domanda. Dato che non abbiamo il tempo, e nemmeno i vostri lettori, diciamo che un sentimento per la natura che risale all’infanzia si è unito alla lettura di autori che esprimono questo sentimento da secoli (alcuni di loro si possono trovare in “La nostra biblioteca verde”, la serie che stiamo pubblicando sul nostro sito1). E alcuni eventi, tra cui la prima manifestazione di massa antinucleare in Francia, a Bugey nel luglio 1971, hanno dato espressione politica a questo sentimento della natura, che era diventato un sentimento di rivolta. Per la generazione contemporanea dell’ultimo mezzo secolo, fu senza dubbio Pierre Fournier e il suo giornale La Gueule ouverte, che iniziò la lotta anti-industriale in Francia.

Dopo il lungo coma degli anni ’80, Jaime Semprun e l’Encyclopédie des Nuisances hanno il merito di aver fatto rivivere questa protesta e di averla riformulata in un linguaggio più letterario e intellettualmente più articolato. Oltre alle loro opere, il fatto che abbiano reso accessibile il manifesto di Theodore Kackynski (La società industriale e il suo futuro), Il giardino di Babilonia di Bernard Charbonneau e la traduzione dei Saggi, lettere e articoli di George Orwell, ci ha ricordato che non è inutile indagare, pensare, dire e che le idee hanno conseguenze.

Per quanto riguarda il nostro effetto negli ultimi vent’anni sul contenuto e lo sviluppo della critica anti-industriale in Francia, ci riserviamo la valutazione per un’altra volta.

RN: Iniziamo con il riconoscere i falsi critici, gli amici e i nemici travestiti da amici.

Un’ottima indicazione la date voi quando scrivete che «Non si può essere “ecologisti”, difensori della vita libera, senza essere antiindustriali. Non si può essere antiindustriali senza combattere tutta l’artificializzazione della produzione infantile».
Cosa aggiungereste a queste già significative parole?

PMO: Per decenni, ecologisti coerenti, come Ellul e Charbonneau in Francia, hanno spiegato come l’industria distrugga sia la natura che la libertà. Essere ecologista è difendere entrambi contro il sistema industriale. Ma il sistema industriale espande costantemente il suo impero su tutti gli aspetti della vita. Il suo nuovo campo di espansione è ora la specie umana, attraverso le biotecnologie, la produzione e la manipolazione in laboratorio di “bio-oggetti”2: cellule staminali riprogrammate, gameti, embrioni, ecc. La riproduzione artificiale è all’avanguardia di questo processo. La riproduzione artificiale è in prima linea in questa bio-industria, con la promessa sempre più miracolosa di figli illimitati che alimenta la domanda e quindi la ricerca. Presto, avere figli da soli, gratuitamente, liberamente e a caso, sembrerà incongruo come fare l’autostop senza un’applicazione Internet.

Tuttavia, la maggior parte di coloro che si definiscono “ecologisti”, che difendono la biodiversità, militano contro gli OGM, gli allevamenti intensivi e la standardizzazione degli animali da allevamento, difendono l’industria riproduttiva umana che si ispira ad essi. O la riproduzione artificiale incontra le loro inclinazioni liberal-libertarie (“ognuno fa quello che vuole grazie alla tecnologia”), o temono l’ostilità dei tecno-progressisti. Così si distinguono ecologisti e tecnologi, al di là della divisione tra la destra liberale e la sinistra sociale – ma entrambi sono ugualmente tecnologi e industriali.

RN: Vi chiediamo delle considerazioni sulla nuova legge di bioetica francese che estende a tutte le donne, fertili o sterili, l’accesso alle tecniche di riproduzione artificiale e che autorizzerà la creazione di embrioni transgenici, gameti chimerici e artificiali.

PMO: Dalla nascita del primo bambino in provetta in Francia nel 1982, ogni nuova legge cosiddetta “bioetica” (questa è la quarta) serve a ratificare i progressi tecnologici e a dare loro un quadro giuridico. Le leggi precedenti avevano appena posto dei limiti alla riproduzione artificiale, alla manipolazione genetica e alla ricerca sugli embrioni, che la nuova legge infrange. Apre la strada all’artificializzazione della specie umana, in accordo con i progetti di auto-machinazione dei transumanisti e le aspettative dei gruppi di pressione, che si battono per la produzione industriale di bambini per donne sole e coppie femminili – in attesa di uomini soli e coppie maschili.

Questa legge elimina il divieto di embrioni transgenici, in particolare per consentire la produzione di bambini “a tre genitori”. Quando la madre è portatrice di una malattia mitocondriale (i mitocondri sono organelli presenti nelle cellule, e che hanno il loro proprio DNA), si può prendere il nucleo di un ovocita della madre, portatore del DNA materno, fecondarlo con uno spermatozoo del padre poi trasferirlo in un ovocita enucleato di un donatore, ma conservando i mitocondri e il DNA mitocondriale di questo donatore. Il bambino porterà così il DNA di tre persone.

La legge del 1994 proibiva “ogni ricerca sull’embrione”. La legge del 2021 permette l’uso di CRISPR-Cas9, lo strumento di modifica genetica, su embrioni “soprannumerari” per scopi di ricerca. Le barriere legali alla fine cedono sempre il passo ai progressi tecnologici e alle trasgressioni scientifiche. Per ora, la modifica genetica degli embrioni non ancora nati è vietata, ma è solo una questione di tempo. Il Comitato etico consultivo nazionale francese ha emesso un parere nel marzo 2020 incoraggiando la ricerca sulle modifiche mirate del genoma3.

La nuova legge autorizza anche la creazione di gameti artificiali da cellule staminali, il che significa che alla fine sarà possibile produrre ovociti e spermatozoi indipendentemente dal sesso. Sarà quindi possibile produrre quantità illimitate di embrioni per selezionare i migliori. È anche la realizzazione del sogno dei neo-sessisti di abolire ogni partecipazione maschile alla riproduzione, e quindi la sessuazione della specie umana. Il risultato è la creazione di un uomo-macchina in laboratorio, secondo i desideri dei suoi sponsor. La tecnologia alimenta la fantasia di auto-fabbricazione – di auto-macchinazione – e la volontà di onnipotenza.

RN: In un recente seminario, che si è svolto qui in Italia, dal titolo Scienza ed etica del controllo riproduttivo: come sarà la riproduzione umana nel 2050?, i tecno-scienziati e filosofi transumanisti tra loro si chiedevano semplicemente quando tutta la riproduzione sarà artificiale, quanto tempo ci vorrà a questo passaggio, affermando che quando ci sarà la terapia genetica sugli embrioni nessuno vorrà più fare figli naturalmente. E nel loro Manifesto per una responsabilità genitoriale per una riproduzione umana risignificano le nuove tecniche di riproduzione assistita che diventano responsabilità genitoriale. Insomma, è evidente la spinta verso la riproduzione artificiale dell’umano.
Scrivete come non comprendere quanto la nascita sia sovversiva, noi siamo profondamente convinti che bisogna strappare la nascita dai laboratori e che sulla nascita si sta giocando un profondo cambiamento antropologio e ontologico dell’essere umano.
In Italia in ambito femminista da tempo si è acceso il dibattito attorno all’utero in affitto, con posizioni contrarie a questa pratica, ma con un silenzio attorno alla procreazione medicalmente assistita (PMA). Adesso si vede un debole inizio di dibattito interno, ma rimane una questione scomoda. In Francia com’è la situazione?

PMO: Tutta la sinistra francese, compresi i Verdi, difende il “diritto a un figlio” in nome dell’uguaglianza, mentre la maggior parte di coloro che si dichiarano anti-industriali preferiscono tacere o parlare d’altro, e deplorano a malincuore le nostre tendenze a “dividere” e “provocare”. Ovviamente, l’uguaglianza dei diritti non ha niente a che vedere con la riproduzione sessuale degli esseri viventi, che comporta l’incontro di due individui di sesso diverso. Anche il Consiglio di Stato, la più alta giurisdizione francese, ricorda che l’apertura della MAP alle donne sole e alle coppie non è una questione di uguaglianza, ma una scelta politica.

È ovviamente la tecnologia che permette questo imbroglio politico: non si tratta più della possibilità biologica di avere un figlio, ma del diritto di accesso a un servizio tecno-industriale. Questo equivale a fare del bambino un prodotto fabbricato e porterà naturalmente a richieste di controllo della qualità e di miglioramento di questo prodotto, e quindi del miglior prodotto disponibile.

Si tratta di scambiare la possibilità della nascita – che viene da natura, “natura” in latino – con meccanismi programmati e standardizzati. La macchina per fare i bambini impone le sue procedure tecnificate. Non c’è libertà in questo trasferimento di potere: credendosi liberi dalle esigenze della natura, i tecno-progressisti si sottomettono alla dipendenza dall’industria e dai suoi biocrati.

Tra le femministe in Francia, le poche che criticano la riproduzione artificiale, come Marie-Jo Bonnet, sono emarginate. Non c’è dibattito all’interno del movimento femminista, dove i neo-sessisti esercitano una tirannica polizia del pensiero. Ogni sfida è equiparata all'”estrema destra reazionaria”. Siamo tanto più sorpresi, ma soddisfatti, quando Anselme Jappe, riconosciuto teorico della “critica del valore”, finisce per pubblicare in questi giorni sul suo blog4, una tribuna che riassume in modo eccellente le critiche che abbiamo portato dal 2014 in tre libri5.

RN: In Italia la quasi totalità della sinistra, sia quella democratica cyborg liberale, sia quella in apparenza più radicale, a parte poche eccezioni, sostiene e promuove la narrazione attorno al Covid-19, sostiene e promuove questi nuovi vaccini che sarebbe meglio definire terapie genetiche, rimane indifferente verso le nuove antenne a rete 5G non volendo capire cosa rappresentano o annaspa nella mediocrità e superficialità affermando con flebile voce che nulla si può fare di fronte a questi cambiamenti epocali e tanto vale trovare una nicchia confortevole nel meno peggio. Ovviamente questo, almeno in Italia, rappresenta una certa eredità culturale della sinistra che per tanto tempo non ha voluto fare i conti seriamente con il processo tecnologico delegando totale fiducia alla scienza e ai suoi demiurghi, forse sperando in una sua prossima gestione.

In Francia com’è la situazione? Come vi spiegate – e da dove ha origine – questo comportamento dei contesti di sinistra?

PMO: In Francia, come in Italia, la sinistra porta l’eredità tecno-progressista della tradizione marxista e saint-simoniana, è banale ricordarlo. Tutte le tendenze di sinistra condividono la dottrina che non sono i mezzi di produzione che contano, ma la loro proprietà. Basterebbe “riappropriarsi” di questi mezzi di produzione, “collettivizzare” le centrali nucleari, l’industria chimica ed elettronica, i satelliti, l’intelligenza artificiale, ecc. e farli funzionare a beneficio del popolo. – Basterebbe “riappropriarsi” di questi mezzi di produzione, “collettivizzare” le centrali nucleari, l’industria chimica ed elettronica, i satelliti, l’intelligenza artificiale, ecc. e farli funzionare a beneficio del popolo (in assemblee generali o agorà elettroniche), per eliminare allo stesso tempo i loro danni ecologici e i loro effetti politici, sociali e antropologici. L’anticapitalismo dominante nega gli effetti intrinseci della tecnologia e dell’organizzazione industriale del mondo. La volontà di potenza non è un problema per i fanatici il cui programma è proprio quello di “trasformare il mondo” e di trasformare noi stessi. Che sia capitalista, comunista o “ecosocialista”, il progetto di dominare e possedere la natura risponde al desiderio di rendersi potenti come gli dei – sicut dei – e porta alle stesse devastazioni contro la natura e la libertà. Che si tratti di proprietà collettiva o privata, la “macchina generale” (Marx) detta le sue leggi e “cambia la vita” (Rimbaud). Questo è il programma comune delle varie correnti di sinistra, per le quali la tecnologia è il progresso, e il progresso è la Storia, che non può essere fermata.

RN: In Italia in alcuni importanti contesti che si oppongono alla rete 5G il sindaco di Grenoble, Eric Piolle, ex ingegnere di Hewlett-Packard, viene considerato come il sindaco “ecologista” che ha fermato la rete 5G nella propria città e che ha sostenuto e promosso una moratoria contro la rete 5G.

Voi vi eravate occupati di lui già da Marzo del 2014 e più recentemente a Marzo del 2020, mettendo in luce «la brutale accelerazione, estensione e intensificazione che stava avvenendo della macchina urbana, con il pretesto di una “transizione ecologica e digitale”,”tecnologie verdi” e per una “razionalizzazione amministrativa ed economica”».

Cosa direste a questi contesti italiani su Eric Piolle, e più in generale sul partito dei Verdi francese, che si proclama contro la rete 5G facendo finta di dimenticarsi che nel mentre sta portando avanti un progetto di smart city che può solo esistere grazie alla rete 5G? E ricordiamo che Grenoble è sede dei maggiori poli hi-tech, tra cui Minatech, il primo centro di ricerca europeo sulle nanotecnologie.
Questo entusiasmo nei confronti di Grenoble ci ricorda il progetto di smart city “democratica e partecipativa” a Barcellona che è sostenuto anche da ambientalisti e femministe. Cosa ne pensate?

In questa mistificazione della realtà hanno un importante ruolo riferimenti alternativi come Zuboff e Morozov, funzionali a diffondere delle critiche parziali, circoscritte, recuperabili, funzionali a far passare certi processi, rivestendoli con una veste “verde, sostenibile, inclusiva, sicura “, ma fondamentalmente gli stessi. Una nocività e un’idea di mondo rimane tale sia che venga gestita dalle multinazionali, sia che venga gestita da apparati pubblici. Il nucleare avrebbe dovuto insegnare qualcosa a riguardo. La critica a questi sviluppi e processi dovrebbe essere sempre inconciliabile con le istanze e i valori di questo sistema tecno-scientifico. Se si parla contro la smart city e si sostiene l’universo che l’alimenta immancabilmente si passa dalla parte di chi questo stato di cose lo vuole confermare e rafforzare.


PMO:
A Grenoble, come altrove, il fumo (verde) segnala il fuoco: non lo spegne. I tecnologi verdi sono considerati i più capaci di attuare soluzioni per acclimatarsi al caos ecologico. La loro competenza tecnica e il “buon uso” delle tecnologie dovrebbero garantire una gestione razionale delle risorse residue. Come dice il sindaco verde Eric Piolle, “Ogni volta Grenoble è in vantaggio… è nel suo DNA6! “

Eric Piolle, un ingegnere della Hewlett-Packard, ha fatto campagna sulla sua esperienza di manager “internazionale” capace di gestire milioni di euro. Niente nelle azioni dei Verdi alla testa di Grenopolis dal 2014 rompe con “il modello di sviluppo di Grenoble” costruito sull’innovazione tecno-industriale. Piolle si vanta di questo quando parla agli affari e all’industria. Ha inaugurato un edificio della Schneider Electric dedicato alle “soluzioni smart city” e all’Internet of Things, e la città è lieta che Huawei, il campione cinese del 5G, abbia creato un centro di ricerca sul suo territorio. Grenopolis sta diventando una città intelligente ad un ritmo accelerato sotto la guida dei Verdi. Gli Smartians di Grenoble pagano l’autobus con i loro smartphone, gettano la loro spazzatura nei bidoni chippati e presto prenderanno in prestito libri chippati dalla biblioteca; sono filmati e “catturati” nella corsia del carpooling per assicurarsi che non stiano guidando da soli nelle loro auto. Le loro case sono dotate di contatori di liquidi collegati (non il banale Linky, ma le cimici “ancora più intelligenti” (sic) dei distributori locali). Piolle e i Verdi non sono ambientalisti ma tecnologi. Essi corrispondono alla loro base sociale, questa classe tecnocratica (ingegneri, ricercatori, manager, imprenditori, ecc.), che non ha alcun interesse a mettere in discussione l’organizzazione tecno-scientifica del mondo.

Questo non impedisce a Piolle di utilizzare un discorso opportunistico anti-5G, se sente che l’opposizione sta crescendo nella popolazione e che questo discorso (in cui a volte troviamo le nostre stesse parole) serve alle sue ambizioni. Un classico tentativo di recupero: i tecnologi verdi vogliono il mondo delle macchine; tutto il loro verde consiste nel portarlo a norme sanitarie e legali. Sarebbero abbastanza felici con un 5G “sano” e accessibile a tutti; nel frattempo, stanno facendo campagna per il 4G e la fibra ovunque.

RN: Potete aggiornarci sulle proteste che si sono sviluppate e dei gruppi che sono nati contro i contatori intelligenti Linky? Queste proteste stanno proseguendo anche ad esempio per la diffusione di RFID e più in generale contro una società cibernetica?

PMO: Lo spiegamento di Linky è quasi completato in Francia, secondo il calendario previsto. Quelli che hanno protetto i loro contatori hanno potuto evitare di essere sostituiti forzatamente finora, ma è difficile contarli: Enedis, il distributore di elettricità, non comunica su questo argomento.

L’opposizione ha seguito il piano di schieramento, nel tempo e nello spazio. Ogni volta che una regione cominciava ad essere attrezzata, sorgevano collettivi e individui ferocemente opposti a Linky. Innumerevoli incontri pubblici, volantinaggi, dimostrazioni, lettere a funzionari eletti, interventi nei consigli comunali furono organizzati, sorprendentemente, spesso da persone che non erano mai state attiviste. Poi, una volta che l’installazione del Linky è completata in un settore, la protesta generalmente si placa. Tuttavia, questo movimento fondamentale ha permesso ad almeno alcuni dei suoi leader di approfondire e ampliare la loro critica alla vita digitale e al tutto connesso. Da qui le proteste contro il 5G, spesso portate da questi ex comitati anti-Linky, poi riprese da altri, o addirittura recuperate dai Verdi o da certi eletti di sinistra.

Siamo stati i primi a essere sorpresi di vedere l’emergere di una protesta più ampia contro la smart city e la società delle macchine che abbiamo portato avanti dal 2008. Tuttavia, l’opposizione è troppo spesso basata sui rischi per la salute (onde) e sui rischi ecologici, che sono reali ma classici: come ogni industria, la tecnologia digitale porta la sua parte di fastidi. Se non vuoi l’inquinamento, non vuoi l’industria. Ci risulta più difficile far capire la rottura rappresentata dall’incarcerazione dell’uomo-macchina nel mondo-macchina: disumanizzazione, presa in carico e spossessamento da parte delle macchine, rinuncia all’autonomia e alla libertà. Di nuovo, come osserva Engels nel suo articolo per Almanaco Republicano7, se si rifiuta l’autorità, si rifiuta l’industria. Ma tutto quello che i nostri contemporanei vogliono è che non vengano danneggiati e che la Macchina Madre assicuri il loro benessere.

RN: Abbiamo sempre sostenuto che gli sviluppi tecno-scientifici non facessero salti, ma questa situazione d’eccezione li sta accelerando nella direzione che da molti anni prevedevamo e che voi prevedevate ancora prima di noi. Questa direzione per una totale realizzazione di determinati processi – pensiamo al “pianeta intelligente” di IBM ora possibile con la rete 5G – non ci crea stupore, è la stessa di prima, dal momento in cui pensiamo che una situazione d’eccezione non crea una nuova situazione, ma velocizza dei processi che erano già in corso, li rende più visibili senza il bisogno di travestirli da qualcosa d’altro e senza il bisogno di porsi come prioritario il problema di creare un’accettazione sociale dal momento che questa è sostituita da una paralizzante paura che fa obbedire ciecamente. Cosa pensate su questo?

PMO: La crisi sta accelerando le tendenze di fondo, la principale delle quali è l’accelerazione dello sconvolgimento delle nostre vite attraverso l’innovazione perpetua. Le abitudini imposte durante la pandemia non si perderanno; non ci sarà un ritorno alla “e-life” (scuola a distanza, telelavoro, e-commerce, ecc.), all’abbandono del contante in favore del pagamento “senza contatto”, o ai dispositivi di tracciabilità digitale. I tecnocrati hanno colto l’opportunità della crisi sanitaria per spingere il loro vantaggio. Così il piano di ripresa della Commissione Europea, che finanzia in gran parte i piani di ogni Stato, impone investimenti in settori “strategici” (spazio, difesa, salute, intelligenza artificiale, digitale, ecc.) e riforme strutturali – cioè nuovi sconvolgimenti nei nostri modi di vita: macchinazione e virtualizzazione.

Il pianeta intelligente ha fatto un salto inaspettato per i suoi promotori. Gli Smartiens pensano di essere “sopravvissuti” grazie a Internet e si congratulano per questo. Hanno perso la capacità di affrontare una situazione di crisi senza il sostegno della macchina. L’accumulo di accelerazioni si trasforma in una fuga tecnologica; l’aumento quantitativo produce salti qualitativi, che portano infine a questa mutazione.

RN: Tutto oggi diventa Green e vediamo sorgere un nuovo ambientalismo alla Friday for Future che è stato accolto al Word Economic Forum e dai vari tecnocrati. Un nuovo ambientalismo prudente, ragionevole, privo di contenuti, che si riduce ad una mera responsabilità individuale – come se la nostra responsabilità sia la stessa di un’industria di carbone – che si mette nelle mani dei tecnoscienziati, ovviamente scelti con cura per la loro sensibilità ecologica.

Cosa pensate di come questi nuovi ambientalismi si sposano con i tecnocrati transumanisti, di come ne sono funzionali e di come spesso nei loro discorsi e nelle loro pratiche non mostrino tra loro più alcuna differenza.

PMO: La cosa che più colpisce dei giovani che manifestano “per il clima” il venerdì è la loro aggressività nei confronti di quelli che li hanno preceduti. Credono di essere la prima generazione a voler cambiare il mondo, come se tutto fosse solo una questione di età e di tempo, non di rapporti di potere. Poiché i boomers sono collettivamente responsabili della catastrofe climatica, basterebbe prendere il loro posto per salvare l’umanità. Una tale ignoranza della storia dei movimenti ambientalisti, delle ragioni dei loro fallimenti e della storia stessa, esaurisce qualsiasi illusione su questi movimenti. Ma questa ignoranza è anche il prodotto sociale e storico della generazione dei loro genitori e dei loro nonni (i soixante-huitards), che non solo non hanno trasmesso nulla, ma hanno svalutato ogni trasmissione a favore di un’autoeducazione “presentista”. Giustizia storica: i “boomers” stanno prendendo come un boomerang l’arroganza e l’ostilità che loro stessi avevano mostrato nei confronti dei loro “old-timers”, come chiamavano i loro genitori all’epoca.

I “Giovani per il clima” sono i prodotti del loro tempo e della cultura delle reti “sociali”, che privilegiano i riflessi e la velocità rispetto alla riflessione e al pensiero laterale. Così le stesse persone che manifestano per il clima rivendicano il “diritto a un bambino” prodotto industrialmente e non vedono alcuna contraddizione.

RN: In una vostra recente intervista a La Décroissance avete affermato: “Mentre molti sembrano aver capito cosa sono i droni di sorveglianza di massa, la geolocalizzazione degli smartphone per seguire i flussi di popolazione, il tracciamento digitale della contaminazione, ecc. – per noi, la principale aggressione del mondo delle macchine rimane la disumanizzazione.”

Molte analisi e pensieri critici interpretano le attuali trasformazioni in corso con chiavi di lettura che a volte sembrano non percepire l’attuale situazione con tutto il carico delle sue conseguenze nel presente, ma soprattutto per le future generazioni. Non siamo nel campo di una legislatura politica con i suoi umori effimeri, ci troviamo verso un cambiamento epocale, antropologico dove una volta salpati non sono previste scialuppe per il salvataggio, ma soprattutto non sono previste per un eventuale ritorno indietro. Che i prossimi tempi saranno decisivi per il dispiegamento di questo programma tecno-medicale emerge con forza dalla riprogrammazione su base genetica attuata non solo con i nuovi vaccini – questi rappresentano l’ennesimo apripista per programmi su vasta scala che vertono all’ingegneria genetica, e non solo, sui corpi tutti – ma con programmi che non avranno la durata di un’emergenza sanitaria, ma di una nuova convivenza, non tanto con i virus, ma con il sistema tecno-scientifico che ci trasforma in docili pazienti a vita.

Tutti questi processi di cui già ne vediamo gli effetti soprattutto tra i giovanissimi spingono la nostra riflessione verso il punto cardine della questione: se il processo di disumanizzazione si diffonde e soprattutto si normalizza cosa ci resta da fare? A chi parleremo quando i nostri discorsi non avranno senso per chi ci ascolta? Ecco allora che non si può discutere su cosa faremo dopo, ma su cosa fare adesso. Cosa ne pensate?

PMO: Dopo tutti questi anni di indagini e di diffusione testuale con mezzi non sempre efficaci nel senso della comunicazione moderna, vediamo che le nostre idee circolano nonostante tutto. Li vediamo riemergere a volte in forme distorte, mutate, in luoghi molto diversi, come durante questa pandemia in cui le questioni sollevate dalla critica anti-industriale hanno anche circolato viralmente. Forse Covid-19 è uno di quei momenti in cui possiamo farci sentire di più, nonostante il randellamento mediatico delle autorità, a condizione di forgiare le idee giuste.

Con chi possiamo parlare? Le idee che noi ecologisti radicali, anti-industriali, della decrescita, naturalisti, portiamo sono generalmente impiantate in menti sensibili alla distruzione del mondo e del pensiero, e che hanno già fatto un passo indietro, anche rispetto ai circuiti militanti. Individui o piccoli gruppi isolati ci scrivono spesso per raccontarci il loro percorso intellettuale, e tutti testimoniano di questo necessario passo indietro per pensare da soli, in compagnia di vari autori. Ma testimoniano anche la loro solitudine e il loro isolamento.

Eppure, quelli che leggono. Per quanto tempo e in quali proporzioni si riprodurranno i lettori? Régis Debray – che non è certo un ecologista – contrappone nel suo ultimo libro8 la “comunicazione”, da pari a pari, orizzontale, all’interno dello stesso gruppo di età, alla “trasmissione”, da chi insegna a chi impara, verticale, dal vecchio al nuovo. Cerchiamo di trasmettere più che di comunicare, ma questa è una delle cose per cui siamo più criticati. La società postmoderna e i suoi pensatori sono riusciti a convincere le giovani generazioni che la trasmissione – non la società delle macchine – è “autoritaria”. Di conseguenza, produce la popolazione di cui ha bisogno: senza memoria, senza cultura, senza difese. A giudicare dalle generazioni che si sono succedute dagli anni ’60, le “generazioni future” saranno ancora più vulnerabili e confuse delle precedenti. Fino ad ora, sono stati ascoltati solo per chiedere ciò che è stato detto loro di chiedere: “Ascoltate gli scienziati! “Da lì, possiamo solo mettere in fila dei luoghi comuni: “la storia non è scritta”, “l’autoconservazione può salvarci in extremis”, ecc. Ma in ogni caso, anche se queste famose generazioni future (o presenti) si rivoltassero, lo farebbero in grande confusione, sotto la spinta del panico, e probabilmente per chiedere uno stato di emergenza eco-tecnologica. Niente di ciò che è stato perso sarà recuperato, e per quanto riguarda ciò che rimane, il meglio che si può dire è che è meglio di niente per coloro che rimangono.

RN: Da sempre avete sostenuto questioni ritenute dai più scomode, ma oggi più che mai alcune vostre riflessioni appaiono nella loro più grande evidenza. Come non rendersi conto che la direzione è la distruzione dei valori, della memoria, della famiglia, dei legami, per un individuo senza identità, frammentato, sradicato, isolato e vacuo.

Pensiamo al discorso di Ida Auken, parlamentare della Danimarca, al WEF del 2016 “Benvenuti nel 2030. Non possiedo nulla, non ho privacy e la vita non è mai stata migliore”: un futuro nel quale non ci sarà più la proprietà privata (e non come intendeva Proudhon…) in cui ci sarà un redditto universale per tutti e in questo scenario ad esempio scompare il legame con il proprio territorio, visto che può rappresentare radici, legami, relazioni, solidarietà e perché no, complicità per lottare. Cosa pensate su questo?

PMO: La tecnocrazia funziona e ci costringe a funzionare in un tecnotopo, non a vivere nel nostro biotopo. Le macchine che assicurano la nostra sopravvivenza sono le stesse da un capo all’altro della Terra e sono sempre più interconnesse, fino a creare una sfera tecnicamente unificata, il mondo-macchina. Google e Elon Musk stanno distribuendo le reti di comunicazione mobile in modo tale da non lasciare alcuno spazio al di fuori della rete digitale.

Quanto alla “valorizzazione dei territori” che i tecnocrati difendono, significa la trasformazione di luoghi ancora un po’ incontaminati in parchi di svago per il turismo e riserve di biomassa per le metropoli, dove si prevede di stipare l’80% della popolazione mondiale entro il 2050. La stessa parola “territorio” tradisce il progetto di razionalizzazione, quando si parlava di terroirs o di paesi (da dove viene il contadino).

In questo tecnotopo, tutti, ogni numero, deve essere mobile e spostarsi da una zona all’altra in completa fluidità, sempre in movimento, attaccato a niente. Questo colpisce a Grenoble, dove una popolazione di ingegneri e dirigenti di tutto il mondo si rinnova continuamente (turn over) nei laboratori di ricerca, nelle start-up e nelle multinazionali dell’alta tecnologia, attratti dall'”ambiente di vita” (il paesaggio montano come sfondo di uno schermo gigante), ma esigendo gli stessi servizi, gli stessi negozi e gli stessi standard di vita di qualsiasi metropoli globalizzata. Questo popolo non difenderà con noi ciò che resta della nostra vecchia città e della sua vecchia campagna, che non hanno conosciuto e che non significano nulla per loro – per non parlare della nostra lingua, del nostro vero paese. È così che si sono perse vecchie conoscenze storiche, politiche, culturali o pratiche, conoscenze che potrebbero nutrire complicità, aiuto reciproco, ma anche ostinati risentimenti e controllo sociale che non devono essere nascosti. Non esiste una società ideale. Preservare l’autonomia individuale e collettiva, la solidarietà, l’attaccamento all’ambiente naturale e gli scambi tra persone diverse è un equilibrio che senza dubbio dipende dalle dimensioni delle comunità9. È ovvio che un mondo globale unificato, che distrugge la biodiversità umana, può solo indebolire le nostre “difese immunitarie”.

RN: Ci fu posta una domanda: “Ma allora le nostre lotte fin’ora sono state vane?”, noi abbiamo risposto che le nostre lotte non sono state vane e che continuano a non esserlo. Se ci troviamo in questo pantano è anche a causa di tutte quelle lotte non centrate che si soffermavano attorno ad aspetti marginali e secondari, con analisi vecchie non in grado di comprendere le trasformazioni e con rivendicazioni ancora più inadeguate. Approcci che ancora oggi vediamo. Voi come rispondereste?

PMO: Abbiamo già espresso il dilemma che affrontiamo come nemici della corsa tecnologica e della sua perpetua ricerca di efficienza. Come gli indiani d’America, abbiamo due modi di perdere. O consideriamo che il fine è nei mezzi, o ci rifiutiamo di usare i mezzi del nemico e siamo sconfitti da questi mezzi, il cui potere cresce ad ogni innovazione. Oppure consideriamo che il fine giustifica i mezzi, che possiamo usare i mezzi del nemico contro di lui e meglio di lui, e siamo sconfitti diventando quegli schiavi del Progresso che abbiamo rifiutato di essere.

Per quanto ci riguarda, non facciamo le cose con l’obiettivo della vittoria, anche se ovviamente siamo felici quando otteniamo qualcosa. Facciamo cose per l’igiene mentale. Perché sarebbe peggio non farli. Perché, costretti sulla nave dei pazzi, dobbiamo resistere alla follia generale. Perché non fare nulla è il modo migliore per non ottenere nulla. E per esprimere il nostro rifiuto, non possiamo dire che acconsentiamo al destino che ci viene fatto, e che saremmo tutti responsabili dei disastri in corso. Perché, nel migliore e nel peggiore dei casi, possiamo e dobbiamo vivere contro il tempo – non “combattere”, che sarebbe una parola più grande di quella che è – ma lottare, come un animale preso nelle sabbie mobili.

Noi ereditiamo una famiglia di pensiero che, fin dall’inizio dell’industrializzazione, ha difeso altre vie e altre idee. Risalendo a questa fonte, abbiamo scoperto le biforcazioni proposte in ogni epoca di questo putsch industriale permanente. Il loro fallimento non significa che dobbiamo arrenderci, anche se le possibilità di un fuori dal tecno-mondo sono diventate infinitesimali e lo spazio politico è invaso da litigi identitari. Ci sarebbe molto da dire sulla gigantesca operazione diversiva che queste “guerre culturali” costituiscono e sulla falsa coscienza che dimostrano di fronte all’autentica crisi che l’umanità sta attraversando.

Che le nostre idee siano progredite negli ultimi venti anni è ovvio, ma ancora una volta la coscienza della catastrofe è sempre dietro la catastrofe. Lo segue come la sua ombra, quindi non può impedirlo.

Pubblicata sul giornale L’Urlo della Terra, numero 9, luglio 2021

1Cf. http://www.piecesetmaindoeuvre.com/spip.php?page=resume&id_article=1320

2 Cf. C. Lafontaine, Bio-objets. Les nouvelles frontières du vivant, Seuil, 2021

3« Enjeux éthiques des modifications ciblées du génome : entre espoir et vigilance », CCNE, avis 133

4https://blogs.mediapart.fr/anselm-jappe/blog/190421/le-droit-loncle

5La reproduction artificielle de l’humain (2014), Le Manifeste des Chimpanzés du futur contre le transhumanisme (2017), Alertez les bébés ! Objections aux progrès de l’eugénisme et de l’artificialisation de l’espèce humaine (2020).

6Cf. “Retour à Grenopolis” (2020), sur www.piecesetmaindoeuvre.com

7F. Engels, “De l’autorité”, Almanaco Republicano, 1874

8R. Debray, D’un siècle l’autre, Gallimard, 2020.

9Cf. Olivier Rey, Une question de taille, Seuil

Documento in pdf:

In francese sul sito di Pièces et main d’œuvre: https://www.piecesetmaindoeuvre.com/spip.php?page=resume&id_article=1541