Nuovo numero del giornale L’Urlo della Terra – Editoriale

E’ uscito il nuovo numero del giornale L’Urlo della Terra
Luglio 2020, numero 8, 36 pagine
In questo numero:

– Editoriale
– La società cibernetica e il suo mondo, Resistenze al nanomondo
– Pandemizzare il mondo per digitalizzare e vaccinare tutti.
ID 2020: una nuova operazione AktionT4 si appresta all’orizzonte, Costantino Ragusa
– La riproduzione artificiale dell’umano: la strada del transumanesimo, Silvia Guerini
– Il progetto Manhattan di riproduzione, Gena Corea
– Oltre i limiti del femminismo, Luana Martucci
– Politiche della natura, Giulio Sapori
– Primavera silenziosa, Resistenze al nanomondo
– Sguardo obliquo, Nella
– I loro virus, le nostre morti, Pièces et main-d’œuvre
– Sottomissione o insubordinazione?, Pipistrelli che propagano il fuoco
– Contro l’eugenetica e l’antropocidio. Appello per l’abolizione di ogni riproduzione artificiale dell’umano

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Intestata a Silvia Guerini
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Per contatti e richieste:
urlodellaterra@inventati.org
www.resistenzealnanomondo.org

EDITORIALE:
In pochi mesi, il tempo di pensare a questo nuovo numero del giornale e alla sua uscita in questi giorni, una nuova realtà si appresta la fuori. Abbiamo sempre sostenuto che le tecnologie non corrono e non fanno balzi improvvisi, ma ci sono delle “eccezioni”, degli “stati di eccezione”.
Ovviamente questo vale anche per altre questioni che contribuiscono a distruggere e restringere le nostre libertà, ma gli sviluppi tecno-scientifici e i connessi paradigmi medicalizzanti sono il motore preponderante che hanno quella possibilità di manipolare nel profondo e in modo irreversibile sia la natura che i corpi.
Negli ultimi anni, ma potremmo andare molto indietro, le “emergenze”, vere o presunte che siano, sono sempre state un modus operandi per il potere per far passare l’inaccettabile, in Italia sembra vi sia una vera e propria “scuola” in questo senso, da far invidia ai peggior dispotismi a livello internazionale.
Con i testi che proponiamo in questo numero cerchiamo di riflettere su tutte quelle manifestazioni che vanno oltre i meri strumenti e mezzi impiegati, trattandosi di veri e propri processi e assetti che si sono dispiegati con prodigiosa rapidità e che non sono il frutto di un lavoro improvvisato o di un raffazzonamento dell’ultimo minuto. Al contrario quello che abbiamo visto uscire come dei lombrichi dopo la pioggia è un qualcosa che covava, quando la pioggia non è arrivata è stata fatta cadere o è stato fatto in modo che due gocce si trasformassero in un acquazzone, da pensare come tale anche se in pochi si sono effettivamente bagnati.
Serviva qualcosa come una gran paura per la vita per permettere questo enorme stravolgimento delle nostre esistenze, che per altro è da considerare come un inizio. L’infezione digitale ben lungi da essersi arrestata si sta propagando ovunque non più con quelle modalità che potevamo ancora “quantificare”, ma con veri balzi, inusuali in tempi di normalità, ma abituali per questa nuova normalità con cui d’ora in poi ci sarà da fare i conti. Se già in tempi “precedenti” gli sviluppi tecnologici erano difficilmente comprensibili dai più, gli sviluppi di adesso lo sono ancora meno o, in gran parte, non lo sono proprio per niente.
L’esperimento di ingegneria sociale in corso non attende più l’esito dell’esperimento stesso, ma cambia programma e decide in un unico movimento, che si fa sempre più stritolante facendoci scordare del suo esito, facendoci vivere nella speranza che quella stretta si allenti un poco. E questa speranza è da condividere tra individui soli, distanziati e mascherati. Il feticcio della mascherina ha superato il suo originario scopo di diffondere e stabilizzare la paura. Perfettamente questa si inscrive nel nuovo modello antropologico. Con la mascherina scompaiono i tratti del volto e le espressioni, si riduce la comprensione e l’empatia verso l’altro. Con le mascherine le persone hanno preso maggiormente a guardarsi, ma non è per spirito solidale come ha erroneamente pensato qualcuno, è per riconoscere nell’altro la stessa conformità.
Questi passaggi sono fondamentali, perché quel percepire distanziato difficilmente si sradicherà, anche quando non avranno più bisogno di rendere obbligatorie le mascherine. Una volta instillata la paura il più è fatto, che cos’è infatti un microchip, una vita scandagliata e scansionata regolarmente di fronte ad un pericolo per la salute? Già in tante fabbriche si sta adottando per il distanziamento il braccialetto elettronico o tracciamenti RFID, quest’ultimi utilizzati anche prima, ma con molta discrezione. Adesso, la nuova paura ha fatto dimenticare il controllo aziendale e il ruolo del padrone, forse non siamo tutti sulla stessa barca? Più grave, anzi gravissimo quello che sta passando per il mondo dell’infanzia, si inizia come a Varese con i braccialetti e altre protesi elettroniche fin dagli asili e nei centri estivi. Si verrà a costruire una società in cui bambine e bambini si abitueranno al distanziamento sociale, in cui verranno minate le basi dell’empatia, della relazione, della solidarietà. È impensabile che tutte queste misure non verranno più utilizzare a “emergenza finita”, entreranno a far parte della normalità, per un mondo a misura di pandemia.
La cosa principale è come ancora una volta giocano sulla volontarietà: distruggere un pò della nostra libertà o, meglio, donarla alle compagnie per avere prima più sicurezza e adesso più salute.
Con le App di tracciabilità per il virus hanno sdoganato quello che già fanno da molto tempo nel campo della sorveglianza con la completa collaborazione delle compagnie digitali e di telefonia. Dopo l’omicidio di Floyd da parte della polizia negli Stati Uniti le sommosse scoppiate sono state represse anche utilizzando il tracciamento da App per il Coronavirus che in tanti hanno scaricato sugli smartphone, semplificando il lavoro poliziesco.
Il periodo di confinamento (Look down) almeno qui in Italia ha mostrato tutta la sua natura securitaria, l’apparato non era impegnato a contrastare il virus, ma era impegnato, a scopo preventivo, contro qualsiasi forma di dissenso seppur blando che potesse manifestarsi.
Assordante è stato il silenzio di tanto antagonismo di sinistra, anarchico, femminista…, se non con poche eccezioni, che ha confuso un buon senso di responsabilità, soprattutto all’inizio, con la responsabilità formato obbedienza imposta a livello istituzionale. Ci sono stati anche non pochi casi di centri sociali e spazi occupati che hanno reinventato gli spazi come la ministra Azzolina vuole fare per la nuova scuola a distanza.
Sicuramente è stato evidente, per chi aveva idee più chiare su quello che stava avvenendo, come i contesti di lotta fossero impreparati, anche solo a far girare dei pensieri dissonanti. Ci si è rivolti a internet, ma se ci fossero state delle limitazioni o delle censure più forti, magari con il solito sistema delle vie traverse come con la caccia alle cosiddette Fake news, cosa sarebbe stato usato come strumento di diffusione? Avremo stampato manifesti e volantini, ma con quali macchine?
Tante le domande che necessiterebbero di risposte e di serie riflessioni, senza aspettare sempre di trovarsi nel contesto in cui gli apparati statali-medicali-digitali dichiarino l’ennesima emergenza, cosa che prima o dopo non tarderà ad arrivare.
Nei limiti delle nostre forze dovremo cercare di capire bene quello che sta succedendo, senza bisogno di grandi fatiche intellettuali, l’apparato tecno-scientifico che di fatto pone le linee guida da seguire ha già dispiegato chiaramente quello che vuole fare e quelle che sono le sue intenzioni per il prossimo futuro. Le tappe intermedie, come per esempio le vaccinazioni anti-influenzali di massa, potrebbero già rappresentare alcuni arrivi, da cui seguirà molto altro ancora.
Trovare le complicità per resistere a tutto questo rimane il fattore più difficile, sempre se non si pensi di riuscire a contrastare tutto da soli in attesa di “affinità elettive” mai raggiungibili.
Il momento attuale porta a mettere in campo quello che non si avrebbe mai pensato prima, la semplice ragione di questo è la consapevolezza di ciò che si sta delineando oggi: senza precedenti e con una così forte determinazione da parte di questo sistema nel riuscire nei suoi obiettivi.
Che l’attesa del movimento di massa non diventi la scusa per non muoversi in pochi o pochissimi e che movimenti di massa privi di conflittualità non diventino un nascondiglio per nascondere la propria inerzia.
Bergamo, Luglio 2020

Alcuni disegni di Cristiana Pivetti che illustrano questo nuovo numero del giornale.
www.cristianapivetti.org