Contenuti:
1. Introduzione
2. Il corpo di genere (gendered body)
3. Un breve ma necessario sguardo indietro
4. Modifiche e cambiamenti
5. Lo specchio
5.1 Produttività, velocità, aggiornamento
5.2 Consumo, desiderio, feticismo
5.3 Internet, rappresentazione, mondi in connessione
5.4 Riepilogo
6. Alcuni importanti commenti e pensieri per il futuro/ Abbastanza fantasmi dal passato 6.1 Parlando dal margine
6.2 La lotta per l’uguaglianza nello sfruttamento
6.3 La parte della svalutazione femminile nel nuovo paradigma tecnologico
6.4 Gli invisibili di questa società
6.5 Posizioni di battaglia al giorno d’oggi
Ricorda il corpo…
Corpo, ricorda non solo quanto fosti amato
non solo i letti sopra cui giacesti,
ma anche quei desideri che per te
brillavano chiaramente negli occhi tremavano nella voce – resi vani
da qualche impedimento casuale.
Ora che tutto è parte del passato,
è come se ti fossi concesso anche a quei desideri – ricordali brillare
negli occhi che ti guardavano
come fremevano nella voce, per te, ricorda,
corpo.
Costantino Kavafis
- INTRODUZIONE
Qualcuno, un tempo, ha detto che tutte le storie dell’umanità si possono scrivere come una sola e con solo soggetto: il corpo umano. Il corpo vulnerabile con i suoi bisogni, forze, ferite, con la rispettiva identità e i segni di questa. Dalla scultura antica fino alle biotecnologie contemporanee, il corpo come un tutto organico visto all’interno della società, porta specifiche delimitazioni e divieti, come quelle di classe, di genere e la categorizzazione razziale imposte ormai secoli fa.
All’interno di questo vasto oceano di teorie sul genere, il corpo e la sessualità, seguendo la nuova ondata di narrazione sul corpo secondo la teoria femminista del mondo post moderno capitalista, ci hanno particolarmente interessato le posizioni di molti movimenti femministi della terza ondata [1] per quanto riguarda il genere e la sua relazione con il mondo della tecnologia e alle nuove macchine. Leggendo gli apripista di questa ondata è arrivato nelle nostre mani il “Manifesto Cyborg” di Donna Harraway, scritto nel 1983, riguardo al quale abbiamo fatto un piccolo evento-discussione lo scorso aprile sul tema del cyberfemminismo, tecnofemminisimo e al loro significato al giorno d’oggi. La discussione si è mossa intorno alle posizioni della Haraway rispetto alla natura liberatrice della tecnologia, ovvero una narrazione del corpo e delle questioni femminili incentrate sulla natura deperibile del corpo in contrasto con la perfezione della macchina, nonché sulla speranza che la diffusione della tecnologia e l’unione tra uomo e macchina porteranno il superamento del genere. Alla fine dell’analisi ci siamo soffermati su tre punti. Il primo riguardava il fatto che i corpi, per secoli incriminati dalla religione e dal patriarcato, continuano ancora ad essere sottovalutati con l’ascesa della macchina e, contemporaneamente, il sessismo rimane diffuso e si intensifica nei momenti di crisi. Il secondo punto riguarda l’idealizzazione e il feticismo nei confronti di ogni nuovo strumento tecnologico che si lega all’aspettativa che questo permetterà di superare o risolvere problemi di natura principalmente relazionale. Il terzo punto è stato una critica della tendenza postmoderna della decostruzione del passato, di una negazione della storia e della nostra memoria di classe che alla fine termina in un confronto miope con le stesse.
Nella discussione seguita era diffusa la distanza e l’incapacità di assimilazione o comprensione delle posizioni della Haraway ed il forte contrasto con la realtà era chiaro. Nel nuovo paradigma tecnologico è indubitabile come l’aumento dell’uso delle macchine ha facilitato le donne sotto diversi aspetti e il cyberspazio ha aperto un nuovissimo campo di comunicazione, negazioni e rivendicazioni. Questa nuova tendenza rende il mondo della tecnologia come un regno glorificato e idealizzato. Un regno che si trova tanto vicino (dalla prospettiva di accessibilità per le società occidentali) e allo stesso tempo tanto lontano dal mondo materiale.
Di tutte le verità basate sull’esperienza che abbiamo ascoltato e letto, dalle storiche narrazioni radicali sul corpo, fino allo sguardo fugace del mondo non virtuale, l’unico punto concreto a cui siamo arrivati nella conversazione, è stato che i nostri corpi, oggi come ieri così come domani, rappresentano la linea rossa e siamo chiamati a difenderli sostenerli costantemente in maniera materiale contro la barbarie del mondo capitalista e dalla quotidiana e multiforme svalutazione che viviamo. Questo pensiero ci ha guidati nell’organizzare questo evento, cercando di analizzare le contemporanee forme di svalutazione dei nostri corpi e di trovare dove esistono punti di intersezione tra realtà e teoria. Una parte di queste suggestioni per qualcuno risulteranno delle ovvietà, basi di cui è già a conoscenza o che forse ha già superato. Tuttavia, da quello che abbiamo constatato attraverso la mancanza di discussioni su questo tema, quando le ovvietà non vengono discusse per tanto tempo, alla fine cessano di essere evidenti. - IL CORPO DI GENERE
La teoria rispetto al corpo di genere è introdotta nell’era postmoderna principalmente dal movimento femminista. Già dall’epoca di Simone de Beauvoir, con il suo libro «Il secondo sesso» (1949) [2] e la famosa frase, «donna non si nasce si diventa», si creano le prime crepe e dubbi rispetto alla visione imperante della percezione del corpo, un’ideologia principalmente legata al corpo maschile bianco, definendolo chiaramente come la “normalità” e declassando o escludendo tutto ciò che si trova “al di fuori” di esso. Fino a quel momento, soprattutto attraverso la biologia del 19° secolo, la normalità era identificata con ciò che la scienza riteneva “naturale” in base alle misurazioni e la diversità fisica era collegata con la devianza sociale. Le teorie femministe del 20° secolo, soprattutto dalla seconda ondata in poi, spostano il dibattito, e tra le altre cose, rendono evidente che la normalità o la devianza sono concetti che vengono costruiti intorno a molti assi, come la razza, il genere, la classe o la disabilità fisica e in nessun modo biologicamente definiti. Il corpo è intrecciato e modellato da fattori sociali e politici del potere.
Contemporaneamente ciò che viene chiamato sesso, ovvero le caratteristiche anatomiche che si collegano al sistema riproduttivo e ormonale di ciascun corpo, si distinguono dal genere sociale e gradualmente dalla sessualità. Il genere sociale, ovvero l’insieme dei comportamenti che impariamo a corrispondere ad ogni corpo, si scaricano del peso del corpo biologico diventando malleabile nelle mani dei vari soggetti. L’identità di uomo o donna non si manifesta in modo evidente con una serie di caratteristiche imposte che determinano il loro comportamento e le loro pratiche quotidiane. Questo cambiamento libera così un enorme potenziale di emancipazione, autodeterminazione reclamata dai corpi oppressi e allo stesso tempo declina con molti toni intermedi le diverse sfumature di oppressione, le quali dipendono dalla posizione del soggetto nella griglia e gerarchia delle relazioni sociali. Infine così il genere sociale acquisisce così tante espressioni che le categorie di uomo e donna si decostruiscono e tendono a scomparire nella teoria contemporanea queer-femminista [3].
Secondo Judith Butler, una delle maggiori rappresentanti della terza ondata femminista e della teoria queer contemporanea, l’apparente coerenza dei comportamenti che costituiscono il genere dal punto di vista sociale, il quale crea la percezione che per davvero esista un nucleo biologico specifico che definisce e caratterizza i due sessi, non è altro che una sequenza di esibizioni continue, una genealogia di imitazioni sull’essere uomo o l’essere donna, che hanno a che fare con il modo in cui veniamo educati socialmente. Questo processo di imitazione del genere sociale, insieme alle pratiche che lo accompagnano, eccetto il fatto che crea chiaramente i limiti comportamentali di ogni genere, fa anche dell’altro: ri-modella le caratteristiche biologiche/anatomiche dello stesso corpo biologico. Il corpo, nella teoria femminista contemporanea, cessa di essere un luogo solido e materiale, ma si trasforma in un luogo fluido di contingenza. Un materiale che può essere ridefinito da ciascuno, senza essere limitato dalle già esistenti caratteristiche sociali e anatomiche. La sostanza fisica del corpo sembra smaterializzarsi, disincarnarsi e scomparire all’interno delle sue molteplici rappresentazioni [4]. - UN BREVE MA NECESSARIO SGUARDO INDIETRO
Qui apriamo una parentesi. Le teorie femministe contemporanee e il costruttivismo sociale [5] sono una parte della tendenza postmoderna che ha cercato di decostruire quella che era chiamata teoria cartesiana del corpo. E questa opposizione, come tutte le altre, ha una sua storia. Dal momento che la religione ha dato le redini dell’occupazione del corpo umano alla scienza, Descartes gettò le basi per la percezione meccanicistica del corpo e la sua separazione dalla mente, dal momento che il corpo è diventato “civilizzato” e le sue funzioni sono state testate e categorizzate, molta acqua è passata sotto il ponte dell’ interiorizzazione delle ideologie dominanti su “come siamo fatti”.
Non andiamo però troppo lontano. Nell’epoca della rivoluzione industriale, la biologia del 19° secolo, continuando la tradizione del pensiero cartesiano, consolida la biologizzazione assoluta del corpo-, il cosiddetto approccio naturalistico. Le disuguaglianze sociali e l’accesso alla ricchezza, i diritti legali e politici sono considerati come dati di fatto e fissi in base alle caratteristiche biologiche del corpo e non vengono considerati in nessun modo come risultato della posizione sociali di ognuno. È l’epoca in cui il corpo è soggetto a continue misurazioni con lo scopo di definire scientificamente cos’è normale o deviante e quindi la posizione chiara di ogni soggetto nella gerarchia della società industriale. La medicina pone forti fondamenti “oggettivi” per ri-creare la disuguaglianza e la gerarchia sociale, questa volta con la scusa della scientificità e non della religione. Per esempio, le prove dei luminari della metodologia medica si basano sulle misurazioni craniche su uomini e donne, o su bianchi e neri, con lo scopo di sostenere l’inferiorità dei secondi sulla base delle dimensioni o dello schema cranico e quindi del cervello. Da queste ricerche i crani dei cervelli femminili sono stati visti come più piccoli e questo si collegherebbe alla passività e alla mancanza di esperienze attive. Si è cercato di provare clinicamente delle forme di sottosviluppo delle donne rispetto a quello dell’uomo bianco civilizzato. Le mestruazioni sono state ritenute controproducenti in quanto l’aggressività delle donne, durante il periodo mestruale, sarebbe il risultato del fatto che non possono seguire il loro ruolo, ovvero quello riproduttivo. L’educazione e il lavoro spirituale sono ritenuti responsabili della diminuzione della capacità riproduttiva femminile e, di conseguenza, per tutti i loro problemi ginecologici; per questo bisogna che questi insegnamenti vengano dati o con parsimonia o per niente. In poche parole, gli uomini lavoreranno e parteciperanno alla vita sociale e le donne saranno madri e casalinghe, visto che sono nate per questo.
La misurazione e il confronto delle caratteristiche anatomiche, in accordo con gli standard meccanici dell’epoca industriale ha intensificato la loro crescente segmentazione in singoli componenti, la categorizzazione e la loro oggettivazione. Il corpo è diventato chiuso e strettamente controllato e questo ha coinvolto tutte le parti che è stato possibile classificare. La totalità del corpo è stata completamente disintegrata, dissolta, ma allo stesso tempo bisognava anche creare delle grandi categorie della normalità, che ha impegnato la scienza occidentale, per prima la medicina. Questo approccio naturalista sul corpo è stato rafforzato principalmente con la teoria darwinista della
selezione naturale, nel mezzo del 19° secolo, e con le teorie dei sociologi e biologi rispetto ai geni. L’eugenetica, insieme ad altre teorie moderne e l’applicazione della genetica si basano su questo concetto e alla sue origine cartesiana.
Per contrastare questo modello di uomo si sono sviluppate le teorie post moderne, con la corrente principale del costruttivismo sociale il quale, come le teorie femministe, ha posto il corpo all’interno del contesto sociale. Il corpo sociale quindi, come il genere, sono diventati campi sotto configurazione della cultura prevalente e delle sue istituzioni. Un ruolo chiave in questa visione, principalmente alla fine del 20° secolo, è stato lo sviluppo di nuove tecnologie in relazione alla medicina e alla biologia, le quali hanno portato improvvisamente grandi possibilità di modificare le caratteristiche anatomiche. E così, il corpo cartesiano è diventato di nuovo attuale, come una macchina che può e deve essere modificata e migliorata sulla base del desiderio. Un’acquisizione imperfetta, un piano di lavoro. - MODIFICHE E CAMBIAMENTI
Tornando a quanto detto rispetto alle teorie femministe contemporanee potremmo notare una contraddizione. Abbiamo detto che la relativizzazione e la decostruzione del sesso arrivano a destabilizzare consciamente il modello cartesiano, principalmente con i movimenti degli anni ‘70, ponendo la questione del corpo e del genere, sostenendo che sono definiti dal sesso, dalla classe, dalla razza e non sono biologicamente predeterminate dai geni. Questo pensiero, nel momento in cui è stato espresso, conteneva un’intera guerra contro l’establishment scientifico del 19° secolo, che come abbiamo detto prima, sosteneva la biologizzazione del corpo e del sesso, insieme ai comportamenti sociali associati a quest’ultimo. Lo stesso pensiero conteneva anche un grande contrasto alla violenza e al controllo imposto sulle donne con la crescente medicalizzazione e con le tecnologie riproduttive, inoltre si poneva in un’opposizione generalizzata con il concetto di normalità e devianza.
Con il passaggio alla piena epoca del consumo, dagli anni ‘80 in poi – ovvero più o meno fino ad oggi – le dinamiche che erano state aperte con questo cambio di visione, furono abbracciate e recuperate dal mercato. E il corpo stesso, inteso come fluido, diventa riconfigurabile e modificabile, aprendosi a queste
dinamiche e venendone catturato. Prigioniero di continui cambiamenti, prigioniero del proprio desiderio di autodeterminazione. La tecnologia sembra poter offrire tutte queste affascinanti opzioni di modifica, delle scelte personali di intervento sul corpo biologico e sociale. Ci sembra assolutamente normale questa continua fluidità, questa imposizione della nostra volontà (manteniamo una riserva sul “nostro”), ma questo non sarebbe stato possibile se non fosse maturata dentro di noi la teoria che effettivamente il corpo è separato dalla mente, se davvero il corpo è un macchina sul quale possiamo intervenire attraverso la scienza. Il cyborg di Donna Haraway assomiglia all’uomo-macchina cartesiano, illuminato con soddisfazione dalla tecnologia contemporanea. Il corpo contemporaneo è come piano di lavoro, è un corpo che rimane frammentato senza essere ricomposto in una salda normalità, poiché la normalità contemporanea sembra essere il flusso stesso. E i dipoli del passato, che si è tentato di superare, tornano in prima linea attraverso il cavallo di Troia della scienza occidentale e la sua accattivante tecnologia che produce.
Ancora una volta l’uomo produce e dopo misura con i suoi nuovi strumenti. Ma con una differenza essenziale: la tecnologia moderna e i suoi strumenti hanno conquistato così grandi pezzi della vita pubblica e privata, che sembrano essere ovunque e da nessuna parte. Sembrano invisibili e allo stesso tempo risflettono costantemente noi stessi nel nostro ambiente, come se fossero pre-esistenti, come una nuova versione di ciò che è considerato naturale. Quello che definisce più o meno il tutto, quello che si trova nelle nostre vite, nelle pratiche più semplici o personali, sembra alla fine evidente.
Certamente la tecnologia e la scienza che la produce, non sono affatto sistemi astratti, per nulla “fittizzi”. Esiste nelle regole, esiste materialmente e in modo definito. Le loro applicazioni possono essere governate da un superficiale pluralismo, caratteristica necessaria per diffondersi in una società spettacolare, ma le costruzioni umane per come le conosciamo hanno dei principi fondamentali, hanno disegni di montaggio e istruzioni per l’uso. Il nuovo paradigma tecnologico è quello che configura la nuova normalità, nella quale si adattano i nostri corpi e questa è una realtà che ha forti legami con il passato del dominio che molte volte pensiamo facilmente di aver superato.
Nel seguito proveremo di identificare le caratteristiche principali di questa normalità, le quali costituiscono le contemporanee ideologie dominanti sul corpo e delimita il campo della contemporanea forma di oppressione.
5. LO SPECCHIO
Prima di dire qualsiasi cosa riguardato alla normalità che stiamo provando a descrivere, dobbiamo chiarire qualcosa di fondamentale. In una società con un sessismo permeante e attraverso una scienza storicamente al servizio del potere, la tecnologia prodotta non può essere e non è neutrale. Pensiamo quindi che, tra le altre cose, la determinazione del sesso, con le sue caratteristiche, sono sicuramente più aggressive rispetto a corpi non-bianchi e non-maschili. Basta guardare ancora una volta la ragione medica che viene prodotta rispetto ai corpi femminili, insieme alle pratiche che la accompagnano, per capire la visione maschile che si trova profondamente radicata nel nucleo della scienza occidentale [6].
5.1 PRODUTTIVITÀ, VELOCITÀ, AGGIORNAMENTO
Tra gli elementi chiave delle nuove tecnologie vi è l’aumento della produttività e il tasso di intensità che è riuscito a penetrare sia nel lavoro che nella vita di tutti i giorni. Le macchine possono trovarsi in una situazione di operatività ininterrotta, mostrando un alto grado di complessità. Dalle macchine pesanti delle lamiere, vapori ed ingranaggi, siamo passati a versioni più ristrette, ma alla fine sono ancora accessibili per poter essere modificate, e siamo arrivati alle macchine complesse, i cui interni e lavorazioni rimangono sconosciuti e irraggiungibile per l’utente medio e comprensibili solo agli specialisti. La possibilità del costante aggiornamento di ogni singola parte, dall’hardware al software che lo accompagna, è un processo evidente. Non è più necessario ricostruire l’intera macchina ma ogni singola parte che potrebbe avere un problema.
Notiamo con facilità come i corpi seguano questo modello. Dagli anni ‘80 in poi, con il rapido sviluppo della scienza medica, della biologia e delle tecnologie intorno ad esse, il corpo continua a perdere tutti gli elementi della sua interezza e viene concepito sempre più come una macchina moderna, frantumato in parti che le moderne tecnologie possono individualmente controllare, anatomizzare, riutilizzare o riparare. Anche nel nostro vocabolario, come parliamo di noi stessi, le espressioni che rimandano alle macchine che utilizziamo hanno prevalso. Il mio cervello non comanda, “ho fatto restart ” (un riavvio), “hai bisogno di un update ” (aggiornamento),“si è riempito il mio disco rigido” e molte altre, tutte queste frasi dimostrano quanto la percezione che si ha di sè sia connessa con la struttura degli strumenti che giornalmente si usano.
Inoltre l’individuo si sente responsabile di com’è costituita ogni singola parte, visto che le può migliorare e questo è ciò che è stato ordinato di fare. In questo modo, anche se il corpo sia apparentemente libero dalla sua vecchia demonizzazione riguardante all’anima pura, vediamo esattamente un nuovo modo del suo controllo sociale attraverso questa sua segmentazione. I corpi dovrebbero essere perfetti e uniformi, interiorizzando i modelli più intensi, come quello di un modello perfetto o del super atleta. Chiunque sfugge a tutto questo sarà indicato, socialmente puntato e con un pò di immaginazione possiamo arrivare a dire che le sue funzioni fisiche arrivano ad essere definite anormali. Il continuo aggiornamento della funzionalità e dell’aspetto diventano una preoccupazione quotidiana. Interventi medici, metodi chimici per mantenere costante la produttività sul lavoro e continui controlli sono ormai una routine. I corpi vengono dopati per continuare questa interminabile produzione, per la loro incessante operatività. In una società con ampie e diffuse caratteristiche sessiste, questa segmentazione dei corpi, la loro meccanicizzazione, non potrebbe avere avuto un impatto diverso se non con un’ulteriore imposizione sopra il corpo della donna e sui corpi con una sessualità diversa da quella maschile.
Questo è evidente se guardiamo ai modi in cui la medicalizzazione e il benessere sono diventati parti integranti della vita quotidiana. Ogni persona deve essere responsabile del proprio aspetto e della propria salute, per essere più controllabile, compatibile con i contesti sociali e produttiva. In questo contesto esistono diversi rami della medicina, i quali sono puramente o principalmente femminili, come la ginecologia. Anche se le malattie veneree non sono limitate dal sesso le donne sono obbligate a sottoporsi a controlli frequenti, un controllo che parte dall’inizio della loro vita sessuale e non finisce mai. Rispetto a queste questioni le donne vengono lasciate alle raccomandazioni degli specialisti e nello stesso momento si crea una tremenda inconsapevolezza su ciò che potrebbe accadere all’interno dei loro corpi, una voce che ha come unico scopo quello di generare del panico con la conseguente assunzione di ciò che è considerato scientificamente corretto e normale. Inoltre, attorno alla medicina, si sono sviluppate le varie industrie farmaceutiche del consumo, come per esempio, da anni i ginecologi prescrivono ancora a ragazze molto piccole le pillole anticoncezionali per ogni possibile ragione. Mentre negli anni ‘70 la pillola anticoncezionale era considerata come una vittoria del movimento femminista e modo di determinazione del corpo dalle stesse donne, nella nuova intensiva normalità della macchina, la pillola è arrivata ad essere uno strumento medico per regolare la gravidanza, gli ormoni e per mantenere il corpo femminile in costate produttività [7].
5.2 CONSUMO, DESIDERIO, FETICISMO
La seconda caratteristica che vedremo è la relazione tra desiderio e consumo, con la feticizzazione delle nuove macchine e la loro rappresentazione nei corpi umani. Le nuove macchine come merce, sono diventate parte integrante della vita, dal posto di lavoro fino alla comunicazione di ogni cosa attorno a noi. Il desiderio è la valuta di questo mercato. È quello che opprime i corpi, il desiderio incriminato e allo stesso tempo glorificato che deve essere costantemente soddisfatto. Le nuove macchine fanno questo lavoro, partecipano al ciclo infinito della produzione e alla realizzazione di nuovi desideri, che sono inestricabili dalla costruzione dell’identità di ogni singolo individuo, ecco perchè hanno un così grande impatto sia sul piano materiale sia sul piano emotivo. Ecco perché sono nella situazione dell’ideale così come nella contraddizione del temporaneo. Sempre nuovi desideri, costantemente consumati e pronti per la sostituzione, in un primo momento desiderabili e subito dopo obsoleti.
I modelli di progettazione e funzionamento di queste macchine stanno inevitabilmente plasmando la loro estetica dominante. Un’estetica del perfetto, del non deperibile, della standardizzazione e della sterilizzazione, del semplice e del morbido, dell’eterna giovinezza. Come scrive Haraway “Quanto sono pure e leggere le nuove macchine! I loro ingegneri sono mistici del sole che mediano per una nuova rivoluzione scientifica connessa al sogno notturno della società post-industriale.” L’estetica della purezza della macchina è perfettamente compatibile con la loro breve durata. Le interfacce che creano sono corrispondenti, standardizzate o di fantasia e hanno sicuramente nascosto la funzionalità sotto una superficie spogliata, per il minimo intervento umano e la massima automazione.
I corpi entrano nel processo di adattamento alle nuove interfacce secondo questa estetica. Nessuno può immaginare una vecchia donna in un villaggio che accarezza il suo Iphone senza mettersi a ridere di quest’immagine. Il tratto umano sembra inadeguato di fronte alla perfezione dei nuovi materiali “intelligenti” e delle loro superfici lisce. Quanto più sofisticato è il dispositivo tanto più modernizzato deve essere l’utente. L’esercizio continuo e le diete per ogni individuo per essere perfetti, insieme all’investimento in vestiti e cosmetici -soprattutto per le donne- al fine di essere moderni e compatibili con tali modelli. Non dimentichiamo che nella società moderna la donna non ha mai smesso di essere l’oggetto dello spettacolo; deve essere sempre impeccabile, bella e attraente per l’occhio dell’uomo, il quale può venire influenzato dall’industria del consumo rispetto all’aspetto, ma che rimane comunque il soggetto attivo. La chirurgia plastica e i trattamenti di bellezza appartengono alle pratiche di genere definite che contribuiscono all’espansione della diseguaglianza. Come donna bisogna essere pronta a ricostruire ogni pezzo del proprio corpo, per farlo diventare perfetto: il seno perfetto, il sedere perfetto, il naso perfetto e così via. Non è infatti casuale che le maggior parte di interventi di chirurgia plastica siano quelli al seno.
Ovviamente tutto questo perché è un dovere essere giovane. Il corpo invecchiato è un problema, sembra una rottura sul delicato schermo LCD, come la sfilacciata superficie patinata del portatile. I segni del tempo e chi li indossa, creano avversione e paura, la paura dello spiazzamento, della propria sostituzione con il nuovo. Qualsiasi donna che abbia la possibilità economica alle prime rughe ricorre al botox e al lifting, cercando così di innalzare il livello del proprio capitale corporeo. I volti e i corpi plastici, impeccabili sono visti come naturali, mentre i corpi naturali con le loro scelte, i loro piaceri e difficoltà sono fuori dal normale e non socialmente compatibili.
5.3 INTERNET, RAPPRESENTAZIONE, MONDI IN CONNESSIONE
Come ultima caratteristica ci siamo interessati alla tematica di internet, dei social media e della digitalizzazione. Le nuove macchine sono connesse ad un mondo parallelo e apparentemente tangibile e la connessione dell’individuo con il suo proprio mondo reale avviene tramite la digitalizzazione. La persona è permanentemente iscritta in questa realtà parallela ha l’illusione di essere esentata dal suo corpo fisico. È concessa, per la prima volta con così tanta facilità, la possibilità di avere svariate personalità o anche di configurare la personalità scelta. Attraverso i social media si crea la sbagliata impressione della possibilità di estromettersi dal corpo e dalle proprie caratteristiche fisiche. Dal sesso, peso, età, aspetto fisico e dalla miseria della quotidianità. Anche se nella vita e nel tempo reali l’individuo non riuscisse a raggiungere la perfezione come descritto precedentemente, basta pensare che ci sia la soluzione pratica di una realtà che è possibile ricostruire più e più volte. E facilmente la persona dimentica che scrive, vede, accetta ed esprime commenti, sperimenta con le sue dita reali, i suoi veri occhi, i suoi veri sentimenti, il suo stesso corpo materiale. La persona da quando usa internet lo vive come se fosse dentro esso con anima e corpo, come se ci fosse dentro per davvero. E mentre le tecnologie di simulazione si sviluppano questa sensazione diventa più intensa. Ancora una volta si vede la separazione tra lo spirito, il quale riprende di nuovo il suo valore metafisico e il corpo, il quale essendo sbagliato, imperfetto, rimane prigioniero del mondo materiale.
Sempre più i limiti tra il privato e il pubblico si assottigliano. Le macchine costantemente connesse e i corpi costantemente connessi, sono perforati, sono costantemente esposti. Le informazioni sono lì per essere condivise e il sé digitale è lì per interagire. Il significato del silenzio o dell’assenza non esiste. Le donne sono i più principali oggetti esposti, come abbiamo già detto, si trovano maggiormente in una posizione difficile su internet, un campo in cui il valore è prodotto principalmente dall’aspetto. Prima di tutto perché le donne sono chiamate costantemente ad apparire e a rappresentare la loro disponibilità e prontezza alla socializzazione. Sono quasi obbligate a pubblicare come hanno passato la serata precedente o cosa fanno in ogni momento e anche come si sentono – sempre rappresentato dal rispettivo emoticon. Nei profili personali vengono caricate fotografie, quelle “riuscite”, in incredibili luoghi del divertimento, riprese dall’angolatura giusta per sembrare più femminili, per conformarsi al modello di bellezza femminile. E se qualcosa non va bene, comunque, c’è sempre Photoshop, il quale si è trasformato in uno strumento popolare.
Come abbiamo riportato nel precedente paragrafo, agli inizi degli anni ‘90, il mondo di internet era ritenuto di fatto liberatorio ed amichevole verso il movimento femminista, essendo ancora agli esordi. Le cyber-femministe hanno sostenuto con grande entusiasmo la ragione dell’anonimato e dell’invisibilità del genere o della razza, intendendo internet come uno strumento per oltrepassare la diffusione del sessismo e i problemi che una donna affronta quotidianamente. Non possiamo dubitare che questa libertà di selezione della personalità sia nei social media sia nei videogiochi abbia permesso a molti di sperimentare standard queer o femminili, oltre a dare il potenziale per creare spazi sicuri di espressione e scambio di opinioni. Non si poteva prevedere però il fatto che i modelli dominanti non sono quelli delle donne, per così dire, reali, con le loro imperfezioni, quanto il prototipo in stile Lara Croft e della sexy cyborg visto che, come abbiamo detto, i modelli che esistono nelle società sono rappresentati nei videogiochi e nel mondo digitale in generale; altrettanto non potevamo prevedere il fatto che l’anonimato funziona anche a rovescio, ricordando cosa succedeva alle donne che hanno provato a porre la questione in un’epoca lontana. Nel 2011-2012, Annita Sarkeesian, femminista canadese e Zoe Quinn, sviluppatrice di videogiochi, con la pubblicazione di qualche video e la creazione di un gioco, hanno posto la questione del sessismo all’interno dei videogiochi, con il risultato di ricevere attacchi attraverso internet, contro la loro vita reale e digitale. I loro telefoni ed indirizzi venivano fatti girare all’interno del web, i loro profili sono stati violati, i loro video personali rubati, a cui sono seguite minacce di violenze fisiche, stupri e minacce di morte. In qualche modo quindi, così bruscamente e crudamente, è stato reso evidente quale deve essere la posizione delle donne all’interno di internet e quale è il modello virtuale, e non solo, che dominerà.
5.4 RIEPILOGO
Questa è la nuova normalità, realtà che va creando. Corpi meccanizzati, dopati, drogati e frammentati. Corpi che aspirano a raggiungere i tassi produttivi della macchina, che si esauriscono per lo sforzo e allo stesso tempo si angosciano per rimanere giovani. Essi incriminano e idealizzano i loro desideri, sono autocontrollati, hanno paura di vivere gli alti e bassi della vita perché hanno imparato a mantenere stabili le loro misurazioni. Umore stabile, risultati dei test stabili, socialità stabile, efficienza stabile. Soddisfano l’impossibile di questi obiettivi attraverso mondi paralleli e digitali dove possono apparire come vogliono, dove vogliono e con quello che sembra loro giusto, in un mondo dove nessuno invecchia e nessuno muore.
Questa è la nuova normalità in cui una grande parte rimane ancora inesplorata, ed è molto importante per noi riconoscere questa nuova “normalità” e capire come funziona, se non vogliamo diventare ancor più identità per il consumo in questo mondo spettacolare. Se vogliamo proteggere i nostri corpi, come donne e come lavoratrici dobbiamo prendere sul serio la loro corporeità, apprezzando i nostri corpi e imparando a proteggerli dalle intercessioni insidiose e dalle illusioni fantasiose. Come ciò sia possibile ha tante risposte quante sono le battaglie individuali e collettive che si fanno quotidianamente. E abbiamo alcuni primi pensieri in questa direzione, influenzati dalle nostre esperienze come donne e dalla nostra memoria di classe.
6.ALCUNI IMPORTANTI COMMENTI SUL PRESENTE/ DIVERSI FANTASMI DAL PASSATO
6.1 PARLARE DAL MARGINE
In questo mondo impeccabile e molto efficiente del nuovo paradigma tecnologico – come abbiamo sostenuto diverse volte in passato come assemblea – l’umano con il suo corpo imperfetto e deperibile è l’unico produttore e amministratore della memoria. È un punto nello spazio e nel tempo che, volendo o no, funge da ricevitore e trasmettitore di informazioni. Il modo in cui trattiamo e difendiamo il nostro corpo nel contesto del biopotere contemporaneo è determinato da ciò che viene chiamato coscienza di classe, conoscenza e coscienza situate e somatizzate. Per quanto avvincenti siano le teorie sugli umani cyborg o la logica del continuo aggiornamento/ modifica del corpo umano, esattamente questo pensiero commovente è il principale strumento di critica per la difesa del corpo e per l’affermazione delle attuali posizioni di battaglia. Pertanto, nel contesto di ciò, sembra che vi siano due prospettive dell’imposizione generalizzata e forzata sui corpi. Da un lato questa nuova idea di normalità che abbiamo descritto e dall’altro l’azione invisibile dell’oppressione contemporanea, la quale sembra appartenere al passato come qualcosa di obsoleto.
Parlando delle relazioni di genere è impossibile che qualcuno non percepisca l’idea di come funziona il mondo della mercificazione, un mondo che è costruito e si nutre delle divisioni sociali e di classe. Il genere di per sé si dimostra quindi uno strumento di comprensione insufficiente, visto che i nostri corpi sono sottoposti quotidianamente a una composizione di diverse forme di oppressione razziale, sociale, religiosa. Ha dunque importanza per noi evitare ogni narrazione assistenzialista del primo mondo e ricostituire le parti frammentate della nostra classe, specialmente quando parliamo della difesa dei nostri corpi.
Parlare come donne dai margini della cultura dominante trincerata, guardando fuori da ogni identità privilegiata, non si pone solo come esperienza di vita, ma allo stesso tempo comprende un campo scelto, non per ragioni di mitezza o di vittimizzazione, ma per ragioni di coscienza della nostra classe. Comprendere chi vive le nostre stesse pressioni così in famiglia come a scuola, al lavoro, per strada ci fa vedere anche più in là dell’attimo e dall’Io, e ci fa guardare al “noi”, in questa apparentemente ingannevole realtà delle nuove tecnologie che immagina il mondo a due velocità.
6.2 LA LOTTA PER L’UGUAGLIANZA NELLO SFRUTTAMENTO
Abbiamo iniziato l’attuale discussione dal fatto che l’uso e l’integrazione dei nuovi strumenti da parte delle donne – come sostenevano le rappresentanti teoriche del femminismo – non hanno raggiunto la liberazione e il raggiungimento dell’uguaglianza, al contrario, erano e rimangono lontani dal mondo materiale e dai nostri stessi corpi, come dicono Silvia Federici e George Caffentzis nella loro descrizione dell’utopia capitalistica: “un mondo di lavoro senza salario, dove le ore lavorative e l’oppressione rappresentano una ricompensa per sé stessi”. Certamente finché si parla da una posizione privilegiata è facile non rendersi conto di questo disintegrazione del corpo, del passato e delle caratteristiche di classe, che serve solo a una modernizzazione della classe operai che viene continuamente offerta per lo sfruttamento. E questa condizione nasconde molta più intensità e violenza di quanto si possa capire attraverso i salti logici e le discontinuità delle fantasie tecnofile. In poche parole, le opportunità di eguaglianza attraverso la familiarità coi nuovi mezzi tecnologici, molto spesso, finiscono solo per essere diritti ineguali in un mondo di diseguaglianza di classe.
6.3 LA PARTE DELLA SVALUTAZIONE FEMMINILE NEL NUOVO PARADIGMA TECNOLOGICO
Dalle macchine da guerra alle telecamere termiche installate sui confini fino ai social media, le nuove tecnologie non saranno mai neutrali ma sempre definite dalla classe e dal genere. Tanto il postfordismo quanto le tecnologie informatiche e altrettanto le trasformazioni nei rapporti di genere, non portano ad una separazione della relazione lavoro-capitale, piuttosto a un’estensione e alla produzione di derivati di relazioni di classe che si basano sulla sistematica svalutazione del proletariato.
In mille modi i nostri corpi nel nuovo paradigma tecnologico sono nella linea del fuoco.
Le nuove macchine al servizio della merce sono il modello di produttività, perfezione e funzionalità e tutti quelli che hanno accesso a questi strumenti sono diventati il nuovo bisogno del capitale, il quale si impone non solo nel processo di adattamento dei soggetti alle macchine, o all’obbedienza, ma anche a far sì che queste vengano amate.
“La guerra contro la fabbrica della memoria scritta e audiovisiva, contro i rapporti sociali di riproduzione e circolazione, per un altro tipo di memoria, è un processo estremamente decisivo.”
Scriveva Renato Curcio nell’80. Parte di questa guerra per la difesa di questa “altra memoria”, del proletariato fino ad oggi è, in poche parole, la gestione critica e dialetti dei nuovi strumenti tecnologici. Il modello di donna cyborg, sia con la fantastica descrizione della Haraway, sia con le caratteristiche di cui abbiamo parlato nel testo, creano una nuova visione del mondo che è arrivata a respingere queste tensioni ed imperfezioni dolorose del mondo materiale. Questa è la barbaria contemporanea, con i suoi multipli volti e diverse sfaccettature, orientati verso la visione di un futuro tecnologico/culturale alla quale noi ci confrontiamo.
6.4 GLI INVISIBILI DI QUESTA SOCIETÀ
Dall’altra parte, il sessismo e la violenza di genere continuano ad esistere in tutto il mondo materiale nella loro forma tipica. Non può avvenire in nessun modo il parlare del nuovo paradigma sociale, di classe e delle coercizioni di genere, senza inserire quelle parti della nostra classe che continuano ad essere sottovalutate con la stessa intensità e crudezza, perché per quanto riteniamo il sessismo, e l’oggettivazione che fa del corpo femminile, qualcosa di sorpassato, tanto questa sottovalutazione rimarrà invisibile e produttiva per i padroni; perché il progresso della tecnologia sui nostri corpi, come descritto riguarda un salto tecnologico -che coincide con un certo rigore di vita- che poggia sulle spalle di alcune “altre” lavoratrici che hanno carne, ossa e memoria, così ben incise su di loro che non gli permette di disintegrare il loro corpo e la loro storia. Questa memoria significa sapere che cosa significa oppressione in qualsiasi aspetto della vita di tutti i giorni; per affrontare commenti misogini in strada, per potersi farsi belle e vestirsi femminili ma non per essere“provocante”, per essere produttiva al lavoro come un robot ma sempre anche disponibile sessualmente, per il dover servire con il sorriso che nasconde il disgusto, per evitare di essere cordiale con i commenti e sguardi maschili disgustosi. Nel rimanere disoccupate a causa della gravidanza o delle preferenze sessuali, nel vedere, a causa del lavoro, le tue membra, il volto e la forma del corpo cambiare col tempo. Nell’odiare il tuo corpo perché lo guardi con lo sguardo degli altri, come spettacolo, oggetto, macchina da soldi o come devianza.
È importante, quando parliamo del genere, il comprendere quelle donne che non hanno accesso al magico mondo delle nuove tecnologie, questo lato volutamente invisibile e sottovalutato della società in tempi di crisi, della diminuzione della produzione e della diversa organizzazione del lavoro a livello globale, che spinge all’assunzione dei ruoli tradizionali (moglie-madre-casalinga) del modello patriarcale [8].
Le contraddizioni che circondano “la riproduzione della forza lavoro”, come hanno definito le femministe autonome italiane (che i marxisti ortodossi hanno ignorato e in gran parte ignorano ancora) continuano ad esistere. Con alla base la divisione del lavoro negli stati occidentali, questi ruoli sono stati in gran parte ripresi da lavoratrici immigrate “invisibili”. La cura dei bambini e degli anziani, il lavoro domestico e l’obbligo di soddisfazione sessuale, non sono diventate condivise e uguali come sostenevamo i movimenti degli anni ‘60 e ‘70. Piuttosto sono diventate istituzioni tipiche della costituzione metafisica, sono diventati merci e le donne proletarie dalle zone di produzione di nuovi gadget tecnologici fino alla loro tratta (traffiking) nel territorio greco e come madri surrogate nel Terzo Mondo che affittano il loro ventre ai paesi del primo mondo costituiscono la parte più sottovalutata della nostra classe, che deve soddisfare questi bisogni del primo mondo occidentale, civilizzato e tecnologicamente avanzato.
6.5 POSIZIONI DI BATTAGLIA AL GIORNO D’OGGI
Questo è l’esempio più materiale della svalutazione di classe e di genere di oggi, in combinazione con il modello imposto della donna cyborg, che definisce la realtà del doppio livello di cui abbiamo parlato nella presentazione.
Sia nel vecchio sia nel nuovo paradigma, che prende di mira i nostri corpi, il non dimenticare che parliamo da una prospettiva di classe è quello che riteniamo essenzialmente importante. È l’elemento vitale che è sopravvissuto anche nelle più potenti società patriarcali e crea la base dell’esistenza, della forza e del valore sociale di quella che, la definizione contemporanea chiamerebbe “rete di donne”. Un mondo femminile di relazioni affitate che è sempre stato liquidato come irrilevante ma anche estremamente pericoloso, un mondo che ha raggiunto alcune delle più grandi vittorie nella storia dei movimenti delle donne. Dalle donne della Comune di Parigi, fino alle insurrezionaliste zapatiste, all’interno della questione femminista sono nate e nascono modi di lotta e di creazione di basi radicali per la nostra liberazione e spesso affermate in classi sempre più ampie. Queste relazioni, vittorie e sconfitte del passato, l’esperienza di vita e la coscienza della svalutazione di genere, dei rifiuti e della nostra classe sono i nostri strumenti e barricate per la continua lotta di difesa del nostro corpo.
Game Over _ για τη διάσωση της αμήχανης σκέψης
Atene 17 Aprile, 2016, www. gameoversite.gr
Pubblicato sul giornale L’Urlo della Terra, numero 7, luglio 2019
Note:
1. La terza ondata del movimento femminista è l’insieme delle teorie e pratiche che si sono sviluppate intorno al femminismo, e in generale al tema del genere, il quale si è sviluppato principalmente dagli inizi del 1990 in poi. Questa terza ondata continua a discutere molte delle questioni della seconda ondata, come l’uguaglianza della donna con l’uomo nel mondo del lavoro, oppure il tema della pornografia e delle sex workers insieme al tema dell’abuso sessuale, e anche la questione della riproduzione (contraccezione, aborto); ma ciò che la distingue dalla seconda ondata è la proliferazione di nuovi concetti rispetto al sesso, centrati sulla teoria queer, e l’incorporazione dei cambiamenti proposti dalla tecnologia e dalle nuove macchine.
2. Il libro di Simone de Beauvoir “Il secondo sesso” (1949), è stato scritto al limite della prima ondata femminista, ponendo per la prima volta il tema nel suo tempo. Mentre la prima ondata del femminismo, in cui l’obbiettivo principale era l’”emancipazione”, incentrandosi maggiormente sul diritto di voto e più in generale dei diritti politici delle donne, il libro “Il secondo sesso” affronta la questione del sesso socialmente e biologicamente definito, in pratica se i vari atteggiamenti e posizioni dei due generi, all’interno della gerarchia sociale, sono qualcosa di definito dalla nostra nascita, oppure se è qualcosa che si impara e costruisce all’interno di ogni cultura. La forza di questo pensiero è stata rivalutata e apprezzata più tardi, nella seconda ondata del femminismo, il cosiddetto movimento “Liberatorio”, rafforzando il dubbio sull’esistenza dei due sessi per quanto riguarda l’atteggiamento, il profilo sentimentale e la preferenza sessuale.
3. La teoria queer è nata nella terza ondata del femminismo dei primi anni ‘90, rispetto a una serie di campi di studio sulle e delle donne, vale a dire basandosi ed evolvendosi dalla “vittoria istituzionalizzata” per la partecipazione delle donne nel lavoro e nell’istruzione. Questa teoria arriva ad incorporare una vasta gamma di identità e pratiche discrepanti rispetto al sesso biologico, genere e orientamento sessuale. Nella teoria queer, questi tre poli formano una rete con infinite combinazioni intermedie, eliminando sostanzialmente il concetto stesso di sesso e abbracciando l’identità marginale di “bizzarro” e “strano”, che non si adattava facilmente categorizzazioni femministe del passato.
4. Tuttavia, una tale lettura del corpo, come ad esempio la teoria sulla performatività, non aveva lo scopo di decostruire il corpo, ma piuttosto di costruire una linea critica verso l’eterosessualità su cui il femminismo si era mosso fino a quel momento. In particolare, in un’intervista, la Butler dice, a proposito del primo e molto popolare libro “Gender Truble”, su cui si fonda la teoria queer: “Una delle interpretazioni fatte circa i Gender Trouble è stata: non v’è alcun sesso biologico, c’è solo il genere e il secondo è performativo. Le persone poi continuano a pensare che se il genere è performativo, deve essere libero in maniera radicale. È ormai chiaro a molti che la materialità del corpo è diventato oggetto di ignoranza, rifiuto e abbandono – persino ripudio. (C’è anche una lettura sintomatica di questa come somatofobia. È interessante “patologizzare” il testo di qualcuno). Ciò che ci è sembrato importante nella stesura di Bodies that Matter era ritornare alla questione del sesso biologico e al problema della materialità e chiedersi come il sesso stesso può essere interpretato come una norma.”
5. Il costruttivismo sociale riguarda un insieme di teorie che si sono sviluppate principalmente negli ultimi decenni del XX secolo e che si sono poste come critica al carattere indiscusso, fino a quel momento, di conoscenza empirica, collocandola invece nei loro contesti sociali, politici e culturali.
Rappresentanti tipici della tendenza sono Mary Douglas, Michel Foucault, Erving Goffman.
6. Il tecnofemminismo, con la sua principale portavoce, la sociologa Judy Wajcman, ha criticato il genere sociale della tecnologia dovuto alla genealogia patriarcale della scienza, ma anche a causa del ridotto accesso delle donne alla produzione e al consumo. Anche se non siamo d’accordo su molti punti con i prototipi del tecnicismo, citiamo l’estratto dell’articolo della Wajcman intitolato “From Women and Technology to Gender Technology”, che afferma: “Le tecnologie hanno un’immagine maschile, non solo perché sono dominate dagli uomini, ma perché hanno incorporato i simboli, modi e valori maschili. La riluttanza delle donne ad entrare in questo mondo ha a che fare con la definizione della tecnologia definita dal genere e dagli stereotipi, come attività adatta agli uomini. Come per la scienza, il linguaggio della tecnologia stessa, il suo simbolismo, è maschile. La questione quindi per noi non è solo di acquisire competenze, perché queste abilità sono incorporate in una cultura maschile che confina con una vasta gamma di culture tecnologiche.”
7. Qui è importante fare riferimento al problema delle gravidanze artificiali e in vitro. Ogni donna sa che nel mondo del lavoro dalla parte dei padroni la gravidanza è un problema, in quanto in questi nove mesi, più i giorni per il parto e di convalescenza, diventano terribilmente controproducenti. Meglio non reclutare preventivamente donne sui posti di lavoro (perché può rimanere incinta allora come ci si occuperà il vuoto che lascerà?), oppure, se si viene scelte, si deve sottostare ad una serie commenti sprezzanti e domande indiscrete come “sei sposata?” e “prevede di avere figli?” e se sì, licenziamento durante o subito dopo la gravidanza, questo era ed è tuttora il trattamento delle donne sul posto di lavoro. Vediamo di nuovo come si sia invertita, in favore dell’intensificazione del lavoro, la provocatoria priorità di una parte del movimento femminista radicale degli anni ‘60, che si rifiutava di rappresentare il ruolo di macchina riproduttiva volendo mostrare come la tecnologia della riproduzione, attraverso le gravidanze artificiali, avrebbe potuto alleggerire la donna dal suo ruolo e dal peso sociale dettati dal suo sesso. Eccetto a quanto sembra traumatica l’idea di una società alla Matrix, il fatto che gli uomini possano nascere all’interno di macchinari non sembra essere studiato scientificamente ai nostri giorni per poter superare le diseguaglianze tra donne e uomini, ma forse per allontanare il controllo della riproduzione dalle mani delle donne e per farle lavorare ininterrottamente, senza interruzioni indesiderate. Come questo si sia trasformato in una merce che porta al paradigma delle madri surrogate è un altro grande problema. Quanto facile e interessante diventa così per la cultura contemporanea il processo sperimentale per sviluppare tali tecnologie rispetto al pagare la classe operaia impoverita per fare il lavoro (in questo caso il bambino in questione)?
8. Bell Hooks, nel suo libro “Feminism is for Everybody” scrive per il periodo dopo gli anni ‘70: “Dal momento che le donne privilegiate stavano ottenendo un maggiore accesso al potere economico degli uomini nella loro classe, le discussioni femministe sulla classe non erano più comuni. Invece, le donne sono state incoraggiate a vedere i benefici economici delle donne ricche come un segno positivo per tutte le donne. In realtà, questi benefici raramente stavano cambiando la vita delle donne e delle donne povere della classe lavoratrice. E poiché gli uomini privilegiati non diventavano equivalenti nella cura della famiglia, la libertà delle donne della classe privilegiata richiedeva l’intensificazione della sottomissione delle donne della classe operaia e delle donne povere. Negli anni ‘90, la collaborazione con la struttura sociale esistente era il costo della “liberazione delle donne”. In definitiva, il potere di classe si dimostrò molto più importante del femminismo. E questa collaborazione ha contribuito alla destabilizzazione del movimento femminista.
Ringraziamo Cristiana Pivetti per i suoi disegni