27 Giugno Bologna – Presentazione del libro MECCANICI I MIEI OCCHI

27 GIUGNO BOLOGNA
Presentazione del libro

MECCANICI I MIEI OCCHI
Nati in laboratorio
Dall’utero in affitto alla manipolazione genetica

Uno sguardo femminista radicale contro la riprogettazione del vivente: l’utero in affitto, la procreazione medicalmente assistita e l’editing genetico.

Interverrano le autrici:
Cristiana Pivetti, Luisa Vicinelli, Angela Giuffrida, Silvia Guerini

17.30 merenda vegan 18.00 – 20.00 presentazione e dibattito

Presso: LIBRERIA NATURISTA Via degli Albari, 2/d

Organizza: Resistenze al Nanomondo, ArciLesbica Nazionale, ArciLesbica Modena

In questo libro sono raccolti gli interventi della Campeggia Femminista contro la riproduzione artificiale e il sistema che la rende necessaria tenutasi dal 22 al 24 giugno 2018 a Cecciola di Ramiseto (Reggio Emilia). Un’incontro autogestito di femministe, ecologiste, antispeciste. Nel condividere i loro saperi, le donne intervenute (donne provenienti dalle prime aggregazioni del femminismo della seconda ondata fino alle giovani donne) oggi come ieri, si interrogano su temi che travalicano la loro condizione individuale per contrastare una gestione del mondo sempre più legata al profitto, distruttiva e necrofila.

Le autrici, partendo dal dibattito sulla pratica dell’utero in affitto, sollevano dubbi e domande anche sulla procreazione medicalmente assistita che, con l’inseminazione in vitro, sposta la riproduzione umana dai corpi ai laboratori ove si manipola il vivente, riflettono sul sistema etero-patriarcale capitalista, lo sviluppo delle tecno-scienze, la condizione della donna, la salute umana, lo sfruttamento degli animali e del pianeta. La riproduzione artificiale degli esseri umani fa parte di un processo più ampio di assoggettamento, mercificazione e ingegnerizzazione tecno-scientifica del vivente; è uno degli aspetti più pericolosi della contemporaneità.

Ortica edizioni
per contatti e copie: www.resistenzealnanomondo.org

 

FERMIAMO LA RETE 5G E LA SMART CITY – PRESIDIO ALLA VODAFONE – Bergamo

FERMIAMO LA RETE 5G E LA SMART CITY
SABATO 29 GIUGNO
PRESIDIO ALLA VODAFONE

in Viale Papa Giovanni XXIII, 24/26 Bergamo
dalle 16.00 alle 19.00

a seguire
20.00 cena
21.00 conferenza e dibattito
presso lo Spazio di documentazione “La Piralide”
via del Galgario, 11/13 – Bergamo

Tra giugno e luglio è prevista in Italia l’introduzione della rete 5G con milioni di nuove antenne dopo la sperimentazione che era partita in diverse città nei mesi scorsi. Vodafone è l’unico operatore che offre una rete 5G per ora in cinque città: Milano, Bologna, Torino, Napoli e Roma per arrivare a coprire al più presto l’intero territorio.
Il mondo in 5G non solo sarà connesso, sarà iperconnesso, a una velocità che ancora non ci immaginiamo. Con l’introduzione della rete 5G ci sarà un vero e proprio stravolgimento della vita delle persone, per la definitiva e completa esplosione dell’”Internet delle cose” che rivoluzionerà il modo di vivere: la rete 5G sarà in grado di sostenere una quantità di informazioni in gigabyte tale da permettere il definitivo passaggio a un’immensa rete informatica nella quale tutto – umani, animali, ambienti naturali, decori urbani, oggetti, infrastrutture, servizi – sarà interconnesso e comunicante.
Sarà il punto di svolta per l’esplosione su larga scala di tecnologie che utilizzano l’Intelligenza Artificiale, la realtà aumentata, il virtuale, il calcolo quantistico, il riconoscimento facciale. Il controllo delle persone e degli ambienti con l’aiuto della tecnologia 5G sarà qualcosa di costante e pervasivo.
Se la rete 4G era già un grosso passo in avanti rispetto al 3G, per passare al 5G saranno aumentati i livelli di radiazioni previsti con tutte le conseguenze sul piano della salute nostra e degli altri animali e del pianeta intero in una società sempre più cancerogena, considerando che questi ripetitori irradieranno i territori con distanze di un massimo di cento metri.
Una smart city disseminata da sensori e telecamere è un esperimento a cielo aperto di ingegneria sociale in cui gli esperti di multinazionali come IBM, controlleranno e gestiranno tutti i dati, proprio coloro le cui tecnologie furono fondamentali per l’efficienza dello sterminio di milioni di persone durante il nazismo.
In questo scenario nulla potrà esistere al di fuori della grande rete globale con dispositivi tecnologici che sempre di più si confonderanno con i nostri stessi corpi: l’invasione digitale aumenterà solo la nostra dipendenza da questo sistema.

Spazio di documentazione La Piralide – Collettivo Resistenze al Nanomondo
contatti: lapiralide.nobolgs.org, www.resistenzealnanomondo.org

Folles (Haute-Vienne) Francia – Sabotaggio della ferrovia della discarica nucleare

Nella notte del 4 giugno, una cabina elettrica che contiene i comandi della segnaletica ferroviaira è stata incendiata, lungo i binari che portano verso le infrastrutture appartenenti a Orano (ex-Areva, gigante francese dell’energia nucleare) a Bessines. Cosa c’è al fondo di quei binari? Per quasi sessan’anni c’è stata una miniera d’uranio. Dopo la sua chiusura (costa meno farlo estrarre in paesi poveri e semi-colonizzati, come il Niger), la miniera è diventata… un “centro di stockaggio d’ossido d’uranio impoverito” (cioè una discarica di materiale radioattivo), immagazzinato in semplici capannoni. Orano, proprietario del sito, vorrebbe pure utilizzare i tunnel della miniera per seppellirvi altri rifiuti radioattivi (un po’ come l’ente statale ANDRA vuole fare a Bure). Per indorare la pillola di questa bella democrazia nucleare, su una parte del sito di Bessines, Orano ha aperto un museo… dell’industria nucleare.

Ma ricordiamo che nel luglio 2013 un sabotaggio della ferrovia aveva fatto deragliare un treno di scorie e che nell’aprile 2014 il museo era stato incendiato.

Ecco la rivendicazione di questo attacco, spedita via mail alla stampa di regime (il giornale locale “Le populaire du centre”) :

“Per un atto 30 [riferimento alle manifestazioni del sabato dei Gilets jaunes; N.d.T.], questa notte abbiamo sabotato l’installazione della linea del treno che rifornisce la discarica nucleare di Bessines. Areva ha cambiato nome, ma continua a produrre la stessa merda radioattiva, qui e altrove. Questa impresa partecipa all’andazzo generale della società capitalista, che porta il mondo verso un muro.
Non vogliamo il nucleare da nessuna parte, né qui, né a Bure, né in Niger. E dimenticatevi il vostro EPR”.

(tradotto da guerresociale)

Info da: www.anarhija.info

Trento – Blocco stradale in solidarietà con Silvia e Anna in sciopero della fame

Mercoledì 29 maggio un gruppo di compagne e compagni ha bloccato una delle vie del centro di Trento con un cavo d’acciaio e del filo spinato, in solidarietà con Silvia e Anna che in quel giorno hanno dato inizio allo sciopero della fame. Sono stati lanciati dei volantini, fatti degli interventi al megafono e delle scritte su un punto vendita Vodafone e su una filiale della Deutsche Bank. E’ stato lasciato sul luogo uno striscione con scritto: “Dalla Libia alle carceri: no alla società dei lager”
Di seguito, il testo riportato sui volantini.

IL PROGRESSO DELLA SOFFERENZA
«Come fa un uomo a ottenere il potere su un altro uomo, Winston?»
Winston ci pensò un po’ su. «Facendolo soffrire» disse infine.
«Esattamente…Il potere consiste appunto nell’infliggere la sofferenza e la mortificazione…Il progresso, nel nostro mondo, vorrà dire soltanto il progresso della sofferenza.»
George Orwell, 1984

In Italia lo Stato tortura. Non parliamo soltanto delle brutalità commesse dalle forze dell’ordine nelle varie caserme e prigioni. C’è dell’altro.
In questo paese esiste un regime di carcerazione speciale chiamato 41 bis. Ad esso sono destinati principalmente gli accusati di reati di mafia e “terrorismo”. Il 41 bis consiste nell’isolamento pressoché totale, nel restare chiusi in cella 22 ore al giorno, nel non poter vedere nessuno o al massimo una o due persone durante l’ora d’aria, nella censura e limitazione della posta, dei libri e dei giornali, nel non poter vedere i propri cari che dietro i vetri. Una forma di tortura “bianca” e legalizzata.
Questo regime infame viene giustificato come un modo per recidere i legami tra il prigioniero e l’organizzazione d’appartenenza. Falso. Dalle telecamere ai microfoni ambientali, fino a fittissime reti di spionaggio, lo Stato ha oggi tutti i mezzi per tenere sotto controllo le vite di tutti persino “fuori”, figuriamoci nelle prigioni. Le carceri speciali hanno tutt’altro scopo: piegare l’individualità del prigioniero per spingerlo a collaborare. Tortura, appunto. I tanti che si rifiutano di parlare e mandare qualcun altro al loro posto, lo fanno pagando un prezzo altissimo.
Da almeno vent’anni lo Stato cerca di estendere sempre più la tortura della carcerazione speciale. A questa logica corrisponde la recente assegnazione di diverse anarchiche e anarchici carcerati a sezioni di Alta Sorveglianza collocate all’interno di carceri 41 bis, come L’Aquila, Opera e Tolmezzo. La prossimità con strutture e guardie “programmate” per il carcere speciale fa sì che le restrizioni del 41 bis dilaghino anche nelle altre sezioni. È questo, tra gli altri, il caso di Silvia e Anna, due anarchiche che da aprile si trovano detenute nella nuova sezione AS dell’Aquila, sperimentando l’inizio del “nuovo corso”: blindo sempre chiuso, letto saldato a terra, massimo 4 libri in cella e 7 capi di abbigliamento, controlli col metal detector all’uscita o entrata in cella, all’andata e al ritorno dalla socialità, dalla doccia e dall’aria, posta bloccata per mesi, rapporti disciplinari per ogni sciocchezza (spegnere la luce elettrica da sole, portare una biro all’ora d’aria…). Perciò queste compagne hanno deciso di entrare in sciopero della fame dal 29 maggio: per essere trasferite e perché quella sezione AS sia chiusa per sempre.
Sono tempi cupi. Tra morti in mare e lager per immigrati, tra licenza d’uccidere alle forze dell’ordine e decreti sicurezza che promettono anni e anni di carcere per chi porta un casco a una manifestazione, lancia un fumogeno o blocca una strada, a sempre più persone viene promessa anche la tortura dell’isolamento: un “carcere nel carcere” che si completa con i processi in videoconferenza (resi possibili dalla collaborazione di TIM-Telecom). La maniera forte contro i ribelli fa il paio con la persecuzione dei più poveri, braccati nelle strade dalla polizia e spesso spediti tra il filo spinato dei lager libici finanziati dai “nostri” governi. Cosa sapremo opporre a questo progresso della sofferenza?
SPEZZIAMO L’ISOLAMENTO!
SOLIDARIETÀ CON ANNA E SILVIA IN SCIOPERO DELLA FAME!

Anarchici e anarchiche

 

 

Pisa e Livorno – Campagna contro-pubblicitaria ENI

Nei giorni scorsi, sono apparsi a Pisa e a Livorno, una ventina di manifesti contro l’Eni alle pensiline degli autobus e nelle stazioni.
Eni, già famosa per perpetrare il colonialismo italiano in Libia e altri paesi del mondo, avvelena e uccide anche nel nostro territorio. Infatti a Livorno, grazie alla sua raffineria di petrolio, elargisce a piene mani sfruttamento e tumori per tutti.
Info da: www.roundrobin.info

Incontro con L’Âge de Faire – Intervista a Pieces et Main d’Oeuvre

Incontro con L’Âge de Faire

Intervista a Pieces et Main d’Oeuvre

Maggio 2019

L’Âge de Faire: Sono ormai molti anni che date l’allerta in merito all’«inferno verde» e ai pericoli della Smart city. Ho l’impressione -ma sta a voi dirmelo- che la presa di coscienza abbia raggiunto una certa ampiezza grazie, o a causa, dell’arrivo del Linky. Lo avete percepito anche voi? E come lo spiegate? Si può dire che Linky, presentato come «la prima pietra degli Smart grids (reti intelligenti n.d.t.)», ha finalmente mostrato agli occhi del grande pubblico un progetto globale di società, quello delle città intelligenti, e tutto quel che le riguarda?

PMO: la carcerazione dell’uomo macchina nel mondo-macchina, questo è il modo in cui abbiamo riassunto la traiettoria della fuga tecnologica per vent’anni. Da una parte il progetto transumanista di auto-macchinazione dell’umano, dall’altra, «il pianeta intelligente» e le sue declinazioni, oggetti connessi, big data, smart city, smart home, etc. Le due cose sono legate, dall’interfaccia elettronica degli individui con il loro «tecnotopo»: lo smartphone, chiave d’accesso ai servizi urbani, amministrativi, sanitari, di consumo, lascerà senza dubbio il posto a dispositivi incorporati -più «pratici». Il tutto, ormai, sotto la bandiera promozionale della «transizione ecologica», in effetti una transizione nuerica liberticida, che non ha nulla di ecologico: l’Inferno Verde.

Quando spiegavamo il progetto di «pianeta intelligente» concepito dall’IBM alla fine degli anni 2000, prendendo come esempio l’arrivo imminente dei computer ad elettricità comunicante, ci ascoltavano con circospezione. Sembrava improbabile, o troppo astratto. Come spesso accade, c’è stato bisogno che Linky venisse impiegato perchè una parte dell’opinione vi si opponesse. Ed è così che i movimenti di opposizione reagiscono invece di anticipare, perdendo il beneficio del vantaggio e la forza di slancio. Ma è la regola: prima, non siamo qui, poi non siamo più qui. Siamo stati i primi felicemente sorpresi dal movimento di rifiuto dei sensori comunicanti, dalla sua ampiezza e dai suoi contenuti.

Tuttavia fatichiamo a far capire perchè, ai nostri occhi, il vero soggetto del Linky, è la «città intelligente» ed il pilotaggio centralizzato delle nostre città e delle nostre vite ad opera dell’apparato cibernetico. E’ più facile preoccuparsi per la tua salute, la tua fattura e la sicurezza della tua installazione elettrica (delle domande pertinenti, ma che non hanno niente di specifico).

Se il tema della «città intelligente» progredisce all’interno del movimento anti-Linky, non siamo sicuri che tocchi il «grande pubblico». Detto questo, Linky è un buon «oggetto pedagogico per una lezione politica» (vedere infra): tiriamo il filo e arriviamo all’invenzione del Carbone bianco come al nucleare e al tutto-connesso. A partire da quell’oggetto insignificante che è un computer, possiamo smontare la società elettrica e numerica, farne la storia, decriptarne gli aspetti economici, politici, sociali, e riflettere sulle ragioni e i mezzi di liberarcene.

L’AdF: Quali sono le due o tre principali obiezioni che fate alle città intelligenti?

PMO: La città «intelligente», o città-macchina, è un prodotto del numero e della densificazione – provocata – delle popolazioni urbane (la «metropolizzazione»). Ques’ultima realizza, in senso proprio, il progetto cibernetico – di kuber in greco, che significa «pilota».

Si tratta di eliminare l’umano del processo decisionale, individuale o collettiva, rimpiazzandola con il pilotaggio centralizzato ed automatizzato della vita urbana, nelle quali siamo trattati dei flussi e degli stock. Questo progetto è reso possibile dall’interconnessione di tutti gli oggetti connessi (smartphone, GPS, tablet, etc), dei sensori, e dei microchip RFID disseminati nell’arredo e nell’ambiente urbano, delle reti (smartgrids), dei sistemi di bigliettazione dei trasporti, delle camere di videosorveglianza, con o senza riconoscimento facciale e lettura della targa d’immatricolazione, il tutto supervisionato da un cyber-torre di controllo. La quale può accelerare o rallentare i flussi (compreso il vostro ritmo di camminata in una stazione della metro [1]), orientarli verso una certa direzione, innescare dei dispositivi (illuminazione,semafori, apertura/chiusura di stazioni metro), tra gli altri automatismi, in funzione dei dati raccolti massivamente e analizzati in tempo reale (il numero di smartphone rilevati in una certa strada, o il tempo di evacuazione di un binario della stazione, per esempio).

Questa descrizione disgusta ogni essere umano sensibile e attaccato alla libertà, a una certa facilità della vita quotidiana – ovvero sempre meno persone. Nello stesso modo che gli algoritmi di Amazon influenzano le vostre scelte di lettura, o che Facebook chiude i suoi membri in cerchi di interesse limitati, distruggendo tutte le iniziative o scoperte improvvise d’altre cose, la città «intelligente» ci priva del nostro libero arbitrio in maniera insidiosa. A modello di razionalizzare tutto, tende ad eliminare l’imprevisto, il caso, quello che è il sale della vita. Ognuno constata a che punto già questo sistema, presentato, come più pratico, complica al contrario tutte le pratiche. E’ che l’ingegnosità, l’improvvisazione, il legame umano ne sono escluse. Non ci saranno più accordi né debolezze. Provate a negoziare con l’automa della SNCF(Trenitalia francese), o con la piattaforma Linky.

Come nell’automobile autonoma, siamo obbligati a diventare i passeggeri della nostra stessa vita. L’umano, è l’errore, e il mondo-macchina non tollera errori.

L’Adf: Quello che spiegate molto bene attraverso i vostri testi, è che questa orientazione verso le smart cities e il mondo ultra-connesso non è stata mai discussa democraticamente. Ma si mette pertanto in piazza… La lotta contro Linkiy è anche una lotta per avere più democrazia?

PMO: Che Linky sia un oggetto connesso imposto, a domicilio per di più, rinforza l’opposizione che suscita. Molte persone detestano questa intrusione forzata. In questa occasione, prendono coscienza di quello che chiamiamo il tecno-totalitarismo. Nessuna legge vi costringe a comprare un telefono portatile o un computer, ciononostante la vostra vita si complica, al punto da diventare quasi impossibile, se non vi sottomettete alle tecnologie della vostra epoca. A meno di rinunciare a tutta la vita sociale nonché alla ricerca di un lavoro. Non soltanto ognuno è costretto ad adattarsi, ma inoltre, nessuna delibera collettiva ha deciso tale innovazione. E’ inteso che la storia, è la storia del progresso, e che non fermiamo più né l’una né l’altra. Il «progresso» considerato solo dal punto di vista tecno-scientifico, e non umano e sociale, è determinato da quelli che padroneggiano i mezzi/macchine (in greco, «mekhanè») della potenza: gli esperti, o piuttosto i tecnocrati. Il governo della competenza è il contrario della democrazia. Si tratta seguendo il termine di Saint-Simon (1760/1825) di «rimpiazzare il governo degli uomini con l’amministrazione delle cose». Non c’è dubbio, l’opposizione a Linky e ai sensori comunicanti è un movimento democratico e «antropologico».

L’AdF: Pensate che l’opinione pubblica, allertata grazie a Linky, estenderà la sua lotta al di là del rilevatore e rifiuterà più globalmente, questo progetto del «mondo intelligente»?

PMO: Niente può prevedere gli effetti di una rivolta d’opinione. Potrebbe essere sia la goccia che fa traboccare il vaso che un fuoco di paglia. Ma in ogni caso, questo allarga la coscienza della disumanizzazione e della macchinizzazione che ne è il corollario. Prepara al minimo le condizioni di un movimento più esteso e più radicale. C’è bisogno per questo che gli elementi più attivi e più radicali del movimento anti-Linky, approfondiscano la loro critica del progetto di società sottostante ai computer comunicanti ; e che siano capaci di condividere questa critica con l’insieme della società. Tra le prospettive figurano la questione degli oggetti connessi, quella del 5G e più, semplicemente, la società elettrica che da sola merita un’inchiesta completa dalle sue origini ai giorni nostri.

Non ci sarà il «pianeta intelligente» senza il 5G. Questo permette l’interconnessione generale, l’impiego di automobili autonome (elettro-nucleari) e di miliardi di oggetti connessi tra loro ed a Internet, che devono funzionare al nostro posto. La sola critica dei pericoli sanitari del 5G, sebbene giustificati, lasciano intatto questo progetto di mondo-macchina. Tutto quello che chiedono gli uomini-macchina, è che non gli si faccia del male. Quello che vogliamo noi, è di non diventare uomini-macchina. E’ dunque da un punto di vista politico e antropologico che bisogna attaccare questa questione politica ed antropologica.

(Incontro da ritrovare nella Parte staccata n°.88: «E se tornassimo alla candela? Il mito nero del “Carbone bianco”»)

Nota:
1. Questo dispositivo è utilizzato in particolare nelle metro di Londra dove, secondo l’affluenza e i bisogni di scorrimento dei flussi, le macchine (biglietterie e tornelli automatici) accelerano o rallentano il ritmo dei pedoni. Insomma, la stazione della metro è pilotata secondo dei principi della meccanica dei fluidi.

Tradotto dal francese da: Pieces et Main d’Oeuvre

versione stampabile in pdf: intervista PMO

http://www.piecesetmaindoeuvre.com/spip.php?page=resume&id_article=113
 http://www.piecesetmaindoeuvre.com/IMG/pdf/entretien_avec_l_age_de_faire.pdf

Da Lecce – All’ombra del barocco

ALL’OMBRA DEL BAROCCO

Cosa hanno in comune il ticket per visitare a pagamento le chiese di
Lecce e lo sgombero di una Biblioteca Anarchica da uno stabile occupato
da tre anni? Nulla, apparentemente.
Invece no. Questi due atti, che sembrano scollegati tra loro, ci parlano
di un cambiamento della città e del modo di viverla, un cambiamento che
coinvolge tutti. Due operazioni che mirano ad attuare sempre più quel
processo, conosciuto col nome di gentrificazione, teso a trasformare i
centri storici in una vetrina a solo uso e consumo di ricchi fruitori;
una vetrina che può essere semplicemente guardata, visitata e fruita
nelle ore diurne, e consumata in quelle notturne, tramite gli
innumerevoli locali in cui si sviluppa la movida. Una città che non può
più, quindi, essere vissuta.
La vita reale svanisce assieme ai vecchi modi dello stare assieme
tramite cui si sviluppava la socialità tra gli individui – magari col
giocare e mangiare assieme all’aperto di un piazzetta –, per mezzo di un
movimento centrifugo che la spinge fuori dai centri storici, un
movimento attuato col lievitare degli affitti e del costo della vita da
un lato, e le norme “per il decoro” dall’altro; quelle norme che
stabiliscono che non è più possibile mangiare o bere per strada, ma solo
nei costosissimi locali. Un decoro ben strano, teso a guardare solo gli
avventori poveri delle strade del centro, e non dentro il mondo della
ricchezza, laddove i camerieri vengono sfruttati a 20 euro per una
serata di lavoro.
Il paradosso che non vedono coloro che chiacchierano del turismo come
forma di ricaduta economica sul territorio è questo: a fronte di uno
sfruttamento enorme e di paghe da fame, ad arricchirsi sempre più sono i
soliti padroni e speculatori. Non a caso, lo sgombero della Biblioteca
Anarchica è arrivato perché una nota speculatrice ammanicata con la
politica, Beatrice Baldisser, ha acquistato uno stabile enorme per farne
un resort di lusso, come altri ne possiede, in cui per dormire occorrono
centinaia di euro. Non proprio una somma a portata di tutti… E per far
questo buttano per strada anche un nordafricano residente lì da un
quarto di secolo.
È il totalitarismo dell’Economia e del Denaro che stende il suo manto
funereo sulla vita di tutti i poveri, gli indigenti e gli sfruttati, in
stretto accordo con la Politica. Un “Decreto Sicurezza” dopo l’altro,
varati dalla sinistra come dalla destra, rappresentano proprio il
braccio armato dell’Economia teso a vigilare su quel “decoro” ci cui si
è parlato. Una vigilanza sempre più ossessiva e restrittiva costruita
con norme, polizia, telecamere, ZTL, eserciti nelle strade delle città,
militarizzazione massiccia delle nostre vite e pensieri e maggiori
poteri e armi a ricchi e loro difensori, come testimoniano la legge
sulla cosiddetta “Legittima difesa” o il taser in dotazione alla
polizia.
Tacere o limitarsi a mugugnare su tutto ciò significa arrendersi.
Opporsi è l’unica strada percorribile per chi abbia a cuore la libertà.
Opporsi ed aprire spazi di libertà.

Biblioteca anarchica Disordine

In pdf: OmbraBarocco