Convegno di ecoterroristi – Lecce

Quando il dito indica la luna lo stolto guarda il dito.

Che l’affare Xylella sia una grande truffa ai danni di questo e altri territori dovrebbe essere noto a tutti. Che non sia stato il batterio la principale causa scatenante il disseccamento rapido degli ulivi e che la caccia all’insetto vettore sputacchina suona un po’ da caccia alle streghe dovrebbe essere ancora più chiaro. Ma non è di dati tecnici che importa qui dissertare, perché questi, tra l’altro inesistenti, incerti, contraddittori, privati, “raccolti con sciatteria” non hanno rivelato nulla. Non era necessaria un’indagine della magistratura, che è servita a spegnere la protesta più accesa, per poi essere archiviata, per comprendere che dietro il disseccamento degli ulivi si nascondeva altro. Qualcuno, in alto, dietro qualche scrivania, di una multinazionale o di un ministero, ha deciso che l’agricoltura salentina e il suo territorio andavano trasformati, industrializzati, snaturati. Ciò comporta delle conseguenze nefaste: utilizzo massiccio di pesticidi e avvelenamento definitivo del suolo, sfruttamento intensivo del terreno, persistenza della monocoltura, utilizzo di tecnologie che possono essere impiegate solo da personale specializzato. Spossessamento dei saperi, delega costante verso professionisti e istituzioni, trasformazione irreversibile di un territorio, colonizzazione della sua terra e di coloro che vi abitano. Operazione simile a quello che viene definito accaparramento delle terre, adoperato in molte zone del mondo per espropriare gli abitanti dei luoghi in cui vivono e dei mezzi di sussistenza, costringendoli all’emigrazione (riflessione che bisognerebbe tenere a mente ogni volta che si parla di migrazioni a sproposito e si alimenta il razzismo). In altre parole lo sfruttamento dei territori a fini capitalistici. Nel convegno organizzato a Lecce il 10 maggio presso il distretto agroalimentare si alterneranno ricercatori universitari, europarlamentari, tecnici, politici e confederazioni agricole, per illustrare l’ennesimo progetto finalizzato al profitto e alla conquista dei territori, il cosiddetto progetto Demetra, l’utilizzo delle nanotecnologie per la diagnosi e il trattamento del Codiro e cioè il disseccamento degli ulivi. In parole povere l’utilizzo di ulteriore chimica e tecnologia per giustificare piani di ricerca internazionali finanziati dalle più grosse multinazionali agrochimiche, e finalizzati, ancora una volta, allo sfruttamento e al controllo di ogni singolo aspetto della vita e della natura; cos’altro sono infatti le nanotecnologie, se non l’intrusione e il dominio più completo della tecnica sugli esseri viventi? Può sembrare tutto molto complesso e invece è davvero tutto molto semplice. Qualcuno, con un nome e un cognome ben preciso, tra cui anche coloro che parteciperanno a questo convegno, insieme a chi in questi anni ha imposto l’eradicazione degli ulivi e l’uso di pesticidi, governi di vario colore, Unione Europea, Regione Puglia ecc, paventando il carcere per chi non l’avrebbe fatto, ha dichiarato guerra a questo territorio, alla sua natura, al suo ambiente, alla gente che lo abita. E alla guerra non si può rispondere con le carte bollate ma con l’autodeterminazione, il rifiuto, la diserzione per trasformare l’indignazione in azione e porre fine a ciò che è intollerabile.

Alcuni nemici delle nocività 
Lecce

volantino in pdf: convegno di ecoterroristi

 

Contro l’anarco-liberismo e la maledizione delle politiche di identità

Contro l’Anarco-Liberismo e la maledizione delle politiche identitarie

L’anarchismo in Gran Bretagna è una barzelletta. Un simbolo di dure battaglie per la libertà, questa parola è stata completamente svuotata per lasciare spazio a politiche identitarie ottuse, separatiste e cariche di odio da parte di attivisti della classe media desiderosi di proteggere i propri privilegi. Scriviamo questo opuscolo per riprenderci l’anarchismo da questi politicanti identitari.

Chi scrive si definisce anarchico e vede le proprie radici nelle lotte politiche del passato. Siamo anti-fascisti, anti-razzisti, femministi. Vogliamo vedere la fine di ogni forma di oppressione e prendiamo parte attiva a queste lotte. Il nostro punto di partenza tuttavia non è l’oscuro linguaggio accademico dei liberali di sinistra, ma l’anarchismo ed i suoi principi: la libertà, la cooperazione, il mutuo aiuto, la solidarietà e l’eguaglianza per tutti senza distinzioni. Le gerarchie del potere, in qualunque modo si manifestino, sono nostre nemiche.

Le politiche identitarie sono parte del mondo che vogliamo distruggere

Le politiche identitarie non sono liberatrici, ma riformiste. Non è nient’altro che un terreno di coltura per aspiranti politicanti identitari della classe media. La loro prospettiva a lungo termine è la completa integrazione dei gruppi tradizionalmente oppressi in quel sistema sociale competitivo e gerarchico che è il capitalismo, piuttosto che la distruzione di tale sistema. Il risultato finale è il Capitalismo Arcobaleno – una forma di controllo sociale più efficiente e sofisticata alla quale ognuno ha la possibilità di prendere parte! Confinati nei ‘safe spaces’ [spazi sicuri, ndt] di persone uguali a loro, i politicanti identitari diventano sempre più distaccati dal mondo reale.

Un buon esempio è la ‘teoria queer’, ed il modo in cui si sia svenduta ai dirigenti delle multinazionali. Il concetto di queer era fino a non troppo tempo fa qualcosa di sovversivo, che suggeriva una sessualità indefinibile, un desiderio di sfuggire ai tentativi della società di definire, studiare e diagnosticare tutto, dalla nostra salute mentale alla nostra sessualità. Ad ogni modo, con poco da dire in termini di critica di classe, il concetto è stato rapidamente cooptato dai politicanti e dagli accademici identitari per creare una nuova etichetta esclusiva per un ristretto gruppo trendy che è, ironicamente, tutto meno che liberatorio. Queer è sempre più un bel distintivo sfoggiato da alcuni che fingono di essere anche loro oppressi, e evitano in questo modo di essere messi in discussione per le loro politiche borghesi di merda.

Non ci interessa nulla del prossimo evento DIY, notte queer o squatter fest che esclude tutti quelli che non usano il linguaggio, l’abbigliamento o le frequentazioni giusti… Tornate quando avrete qualcosa di genuinamente significativo, sovversivo e pericoloso per lo status quo.

Le politiche identitarie sono ottuse, elitarie e creano divisioni. In un momento in cui più che mai dovremmo sforzarci di uscire dai nostri piccoli circoletti, le politiche identitarie non fanno che spingerci a guardare verso l’interno. Questa probabilmente non è una coincidenza. Mentre affermano di essere a favore dell’inclusione, sono altamente escludenti, dividendo il mondo in due grandi gruppi: gli Indiscutibilmente Oppressi e gli Innatamente Privilegiati. Nella pratica sono contemplate poche aree grigie e tra questi due gruppi viene costantemente alimentato il conflitto.

Lo sappiamo, non tutto dipende dalla classe, ma se non riusciamo neppure a metterci d’accordo nel riconoscere chi realmente tiene le redini del potere allora non abbiamo una sola speranza di andare da nessuna parte. Se la loro visione fosse realmente una di liberazione per tutti, allora la loro non sarebbe una politica di divisione, intenta a contrappore costantemente un gruppo contro l’altro in una maniera simile a capitalismo e nazionalismo. Quelle cose che confondono la semplice dicotomia di oppresso vs. Privilegiato, come le esperienze personali o traumi (che non possono essere semplicemente riassunti dall’identità di una persona come membro di un gruppo oppresso), o cose con le quali alcuni potrebbero non sentirsi a proprio agio, come la salute mentale o la classe, sono spesso deliberatamente ignorate dai politicanti identitari.

Come, ovviamente, viene ignorato il punto più vistosamente ovvio: che i problemi che affrontiamo vanno molto oltre la queer-fobia o la trans-fobia, ma abbracciano tutto il fottuto sistema di schiavitù, distruzione, sfruttamento e prigionia globali. Non vogliamo più vedere nessuno nel sistema penitenziario, siano donne nere trans o uomini bianchi cis (che, per inciso, costituiscono la stragrande maggioranza delle persone in carcere). Non sorprende che le politiche basate su una simile esclusività sfocino in costanti scontri interni e nel percepirsi reciprocamente come nemici, soprattutto data la facilità con cui possono essere sfruttate dai politicanti identitari della classe media.

Le politiche identitarie sono uno strumento della classe media. Sono usate ed abusate sfacciatamente da gruppi istruiti ed eloquenti per consolidare e mantenere il proprio potere attraverso la politica, i dogmi e la prepotenza. L’estrazione agiata di questi attivisti è tradita non solo dal loro uso di un un linguaggio accademico, ma anche dal loro senso di importanza e sicurezza nell’usare il tempo e le energie degli altri attivisti nello spostare l’attenzione su sé stessi e sulle proprie emozioni. In effetti, la mancanza di etica del lavoro, una certa fragilità e la preoccupazione per la sicurezza ed il linguaggio più che per le condizioni materiali ed un cambiamento significativo sono altri aspetti che rivelano la provenienza sociale di molti politicanti identitari.

Questo può essere facilmente riscontrato quando questi individui ‘denunciano’ altre persone alla minima deviazione da codici di comportamento che essi hanno unilateralmente imposto, ritenendo che tutti dovrebbero pensarla come loro o avere il tempo per dedicarsi ad impararlo. Ignorando in questo modo la realtà della quotidiana lotta di classe.

Esiste una falsa equivalenza tra l’appartenenza al gruppo degli Indiscutibilmente Oppressi e l’appartenere alla classe lavoratrice. Al contrario molti Indiscutibilmente Oppressi sposano valori liberali radicati nell’ideologia capitalista invece che valori realmente libertari.

Una politica basata sull’utilizzare il linguaggio e il tono corretti e sull’attenersi ai codici giusti è intrinsecamente uno strumento di oppressione. Non è senz’altro rappresentativo di coloro per i quali essa afferma di parlare, quelli ai margini della società. Un’analisi anarchica riconosce che benché qualcuno possa appartenere ad un gruppo oppresso, le sue politiche, o le rivendicazioni avanzate in nome degli Indiscutibilmente Oppressi, possano comunque risultare puramente liberali, borghesi o pro-capitaliste.

Le politiche identitarie sono gerarchiche. Consolidando il potere e lo status dei meschini politicanti della classe media, le politiche identitarie sono gerarchiche. Al di là dei cavilli, imporre determinati dogmi permette inoltre a tale potere di sfuggire alla critica. Questi includono: gerarchie di oppressione implicite; la creazione e l’utilizzo di termini caricati di significato per provocare una risposta emotiva (‘triggering’, ‘sentirsi a disagio’, ‘TERF’, ‘fascist’); a chi non appartiene a determinati gruppi viene negato il diritto ad avere un’opinione sulle politiche più ampie di tali gruppi; l’idea che i membri del gruppo non debbano in nessuna circostanza fare lo ”sforzo” di spiegare la propria politica ai non-appartenenti al gruppo; etichettare come “violenza” i punti di vista differenti; e l’idea che un rappresentante o un membro di questi gruppi non possa mai essere messo in discussione (non importa quanto sia pessima la loro politica) in virtù del fatto che sono degli Indiscutibilmente Oppressi.

Questi dogmi vengono usati per mantenere delle norme, sia nelle sottoculture che nella società in generale. Gli anarchici dovrebbero guardare con sospetto ogni tendenza che sia basata su principi che non possono essere messi in discussione, in particolare quelli che tanto evidentemente creano delle gerarchie.

Le politiche identitarie spesso sfruttano la paura, le insicurezze e il senso di colpa. E’ doppiamente importante riconoscerlo: da un lato perché sono utilizzate per indebolire invece che, come viene sostenuto, per rafforzare. Rinforzano l’idea che le persone siano fragili vittime piuttosto che agenti di cambiamento, e pertanto hanno bisogno di un leader. Nonostante degli spazi maggiormente sicuri e un linguaggio più attento siano importanti, il livello di ossessione per queste cose non è un sintomo di forza ma di un vittimismo auto-perpetuantesi.

Attraverso l’ansia sociale, gettano su tutti gli altri la colpa di essere in qualche modo privilegiati e di poter essere ritenuti in tutto e per tutto responsabili dei giganteschi sistemi di oppressione che in realtà vanno a beneficio solo di una piccola minoranza. Essi permettono anche a quelli che fanno parte di questa ristretta minoranza di individui che trae effettivamente beneficio dalle strutture statali e capitalistiche di sfuggire a qualunque tipo di responsabilità per le proprie azioni oppressive o comportamenti basati su dei pregiudizi.

Un’analisi anarchica implica la capacità di riconoscere che membri dei gruppi oppressi possano anche assumere posizioni repressive o in favore dell’élite, e dovrebbero essere criticati allo stesso modo, non semplicemente ricevere un’accettazione codarda.

Le politiche identitarie hanno infettato gli spazi anarchici.

Malauguratamente, l’anarchismo sta venendo svuotato nella foga di dare un segnale di buone intenzioni, di presentarsi come “validi alleati”. La ricerca acritica di alleati è fin troppo spesso attuata con la cieca accettazione delle politiche di coloro che sono Indiscutibilmente Oppressi o che affermano di esserlo, a prescindere da quanto schifo facciano le loro politiche o i loro comportamenti personali. Questo è l’assoggettamento volontario alle politiche degli altri, la meno anarchica delle posizioni che si possono assumere, priva di qualunque dignità.

Non dovremmo concedere sostegno agli autoproclamati leader che non approvano le nostre posizioni. Quindi è ironico che sia stato permesso a gruppi con politiche poco o nulla radicali di entrare nei nostri spazi e di porre fine ad ogni dibattito affermando che tutto ciò che è in disaccordo con i loro punti di vista debba essere considerato fascista. Non dovrebbe essere necessario spiegare che il fascismo non è qualcosa che possa essere banalizzato in questo modo.

Ci meraviglia anche che gli ovvi paralleli con le politiche di destra passino inosservati, non ultimo nel modo in cui le femministe, bollate come ‘nazifemministe’, rifletta l’attuale uso da parte degli attivisti per i diritti trans della parola ‘fascista’ contro le femministe radicali, oltre agli slogan che incitano all’uccisione delle ‘terf’ che regolarmente spuntano fuori negli spazi anarchici sia virtuali che reali. E’ scioccante che la violenza di questa misoginia venga celebrata piuttosto che condannata.

L’anarchismo è contro gli déi. Esiste forse una parola che sintetizzi il pensiero anarchico meglio di ‘né dio né stato’? La gerarchia e l’esclusività sono antitetiche all’anarchismo. Gli anarchici un tempo assassinavano i politici, un numero imprecisato di compagni ha dato la propria vita nella lotta contro il potere. Noi rifiutiamo ancora i politici di ogni colore, siano essi conservatori, progressisti o quelli che si credono leader di movimenti basati sull’identità. Accettare la leadership di qualcuno va contro i più basilari principi dell’anarchismo, perché crediamo che tutti siano uguali. Allo stesso modo non accettiamo l’idea di non poter criticare o mettere in dubbio le posizioni di altri anarchici – cosa su cui sfortunatamente molto spesso le politiche identitarie insistono.

L’anarchismo non sostiene le religioni patriarcali e gli anarchici hanno una lunga storia di conflitto con quest’ultime. E’ imbarazzante il modo in cui buona parte di ciò che oggi passa come anarchismo in Gran Bretagna finisca per fare apologia di quelli che non vogliono mettere in discussione il proprio sessismo e patriarcato o persino continuare con le loro religioni oppressive soltanto perché i conservatori e i reazionari li trattano come capri espiatori.

La distruzione dei progetti anarchici è messa in atto e celebrata nel nome delle politiche identitarie, semplicemente per accontentare chi non ha alcun interesse nell’anarchismo stesso. E se qualcuno alza la testa e critica tali politiche, viene affrontato con violenza verbale e fisica – comportamenti che un tempo venivano condannati ma che ora sono condonati quando provengono da quelli considerati oppressi. Qui più che mai il completo fallimento dell’anarchismo da parte di chi dovrebbe rappresentarlo è più evidente. Cominciamo facendo il nome di Freedom News, il cui sostegno acritico a gruppi che poco hanno in comune con l’anarchismo è vergognoso.

L’anarchismo non è una politica identitaria. L’anarchismo non è soltanto un’altra identità, come ad alcuni piace affermare. Questa è una reazione impulsiva grossolana e sciatta da parte di chi porta avanti politiche identitarie, che serve ad evitare di affrontare questioni politiche concrete. Tale risposta dimostra anche una mancata comprensione di come le politiche identitarie siano usate per sovvertire e manipolare gli spazi anarchici per fini personali. Certo, anche quella anarchica può essere rivendicata come un’identità, e gli anarchici tendono ad assumere comportamenti stereotipati (che vengono giustamente criticati). Ma le somiglianze finiscono qui.

Diversamente dai politicanti identitari o dal SWP [Socialist Worker Party, ndt], la maggior parte degli anarchici non cerca di arruolare seguaci, ma piuttosto prova a diffondere idee che forniranno un sostegno alle comunità in lotta per trovare percorsi di lotta che non possano essere recuperati. La nostra prospettiva è radicalmente differente e unica per il fatto che la nostra progettualità non riguarda il perseguimento del nostro potere e status personale. L’anarchismo incoraggia le persone a mettere in dubbio tutto, persino ciò che noi stessi diciamo, con spirito libertario.

A differenza delle caratteristiche intrinseche di esclusione proprie delle politiche identitarie con i loro gruppi in e i loro gruppi out, l’anarchismo per noi è un sistema etico che guida la nostra comprensione del mondo ed il nostro agire al suo interno. E’ aperto a chiunque voglia guardare o ascoltare, è qualcosa che chiunque può sentire, a prescindere dal proprio background. Spesso i risultati saranno diversi, perché le persone lo combineranno con le proprie personalità, esperienze di vita ed altri aspetti delle proprie identità.

Non è necessario conoscere la parola anarchia per sentirla. E’ un insieme di idee semplici e coerenti che possono fare da guida in qualunque situazione, dal prendere parte ad una particolare lotta alla fondazione di società future. Riferirsi ai principi anarchici quando c’è un conflitto sulle politiche identitarie ha dunque senso quando siamo uniti sotto questi principi.

Essere gay o avere la pelle marrone dà origine ad esperienze simili a quelle di altri che hanno le medesime caratteristiche, e ovviamente significa che uno avrà relazioni sociali, empatia o un senso di appartenenza verso tale gruppo. Ad ogni modo la vita è in realtà molto più complessa e uno potrebbe avere in realtà molto più in comune con una donna queer che con un suo compagno uomo cis dalla pelle marrone.

Le politiche identitarie a volte mimano lo sciovinismo del nazionalismo, con diversi gruppi che cercano di ritagliarsi un proprio spazio in base a categorie derivanti dall’ordine capitalista. Noi, d’altro canto, siamo internazionalisti che credono nella giustizia per tutti. L’anarchismo cerca di dare voce a tutti, non solo a chi appartiene ad una minoranza. La nozione che l’oppressione colpisca soltanto le minoranze piuttosto che le masse è il prodotto della politica borghese che non ha mai avuto alcun interesse nel cambiamento attraverso la rivoluzione.

Le politiche identitarie alimentano l’estrema destra. Come nota finale, vale la pena evidenziare come le politiche identitarie facciano il gioco dell’estrema destra. Nel migliore dei casi, le politiche ‘radicali’ appaiono sempre più irrilevanti e intente a guardarsi l’ombelico. Nel peggiore, i politicanti identitari della classe media stanno facendo un ottimo lavoro nell’allontanare da noi le persone bianche e cis oppresse, che per inciso sono la stragrande maggioranza della popolazione britannica, e che cominciano a gravitare sempre più verso le destre.

Ignorare questo fatto e continuare a cimentarsi in lotte intestine riguardo le politiche identitarie sarebbe il picco dell’arroganza. Eppure, in un’epoca in cui vediamo i movimenti fascisti moltiplicarsi, gli anarchici sono ancora distratti da politiche di divisione. Per troppi le politiche identitarie sono semplicemente un gioco, ma tollerarlo porta alla continua disgregazione dei circoli anarchici.

Nota finale. Per noi l’anarchismo è cooperazione, mutuo aiuto, solidarietà e lotta contro i veri centri del potere. Gli spazi anarchici non dovrebbero essere a disposizione di chi vuole soltanto combattere quelli che gli stanno intorno. Abbiamo una fiera storia di internazionalismo e differenze, quindi rivendichiamo le nostre pratiche per un futuro realmente inclusivo.

wokeanarchists@protonmail.ch – wokeanarchists.wordpress.com

 

Testo in pdf in italiano: Opuscolo Politiche Identitarie

Testo originale in inglese:
https://wokeanarchists.wordpress.com/2018/11/25/against-anarcho-liberalism-and-the-curse-of-identity-politics/

Testo in pdf in inglese:
https://wokeanarchists.files.wordpress.com/2018/11/aal-a5_brochure1.pdf

Testo tradotto in spagnolo:
http://alasbarricadas.org/noticias/node/41054

Programma – Tre giornate contro le tecno-scienze

TRE GIORNATE CONTRO LE TECNO-SCIENZE

26-27-28 Luglio 2019

Al Parco Tematico Capo di Ponte, località Prada – Capo di Ponte (BS) Italia

VENERDÌ 26

13.00 pranzo
14.30 Presentazione dell’incontro
15.00
Nel tempio di giano. Sul rapporto tra tecnologia, sfruttamento e razzismo
Per gli italici Giano aveva due facce: una barbuta che raffigurava il sole e una imberbe che raffigurava la luna. Per i Romani sole e luna divennero ben presto pace e guerra. Il tempio di Giano, nel Foro Romano, restava chiuso in tempo di pace e aperto in tempo di guerra. Oggi la porta di quel tempio è sempre chiusa perché la guerra e l’innominato del tempo presente. Incorporata nell’apparato tecnologico e nelle sue ingiunzioni mute, la guerra è il movimento planetario della democrazia digitale. Il razzismo è il suo “momento di verità”, in quanto afferma esplicitamente ciò che le sue macchine non hanno mai smesso di fare ai popoli coloniali. Il comando degli algoritmi prepara gli ordini del Capo. L’Astrazione dal corpo, dalla terra, dalla natura produce come contraccolpo il comodo baluardo dell’appartenenza nazionale e il desiderio di linciare il diverso. Quello che è stato sperimentato nelle colonie torna indietro.
Alcuni redattori della rivista anarchica ” I giorni e le notti” (Italia)
19.30 cena
21.00
La non neutralità della tecnica
Il pensiero dominante tratta le tecniche e le tecnologie come semplici strumenti al servizio dei desideri umani.
A questa idea, normalmente, è solito aggiungere quella di un progresso indefinito e continuo che rende la traiettoria di sviluppo tecnologico un destino universale e indiscutibile dell’essere umano.
Queste nozioni rafforzano il paradigma della neutralità della tecnica.
In questo dibattito cercheremo di distruggerle e costruire una proposta più amplia che ci permetterà di capire le tecniche come creazioni sociali, come elementi non neutrali.
Adrián Almazán Gómez, membro del Collettivo Cul de Sac e la casa editrice Ediciones El Salmón (Spagna), Nicolas del groupo Écran total (Francia)

SABATO 27

8.00 colazione
9.00
Le macchine possono produrre comunicazione?
Comunicazioni automatiche in reti digitali e mediazione elettronica della fabbrica sociale
Le reti sono un’infrastruttura basilare delle società sviluppate occidentali, per le quali sono necessari importanti investimenti, sia materiali che ideologici. Il progresso dell’intelligenza artificiale porta avanti il quesito se le macchine possono essere più intelligenti degli esseri umani. La moderna comunicazione digitale, che stabilisce la macchina come centro al posto degli esseri umani, contribuisce alla trasformazione delle relazioni sociali in un modo che ci sfugge. Le segretarie digitali appaiono così come i salvatori che organizzeranno la nostra vita quotidiana attraverso algoritmi. Alla fine, nel gioco dell’automazione, saremo giocatori o pedine?
Collettivo GameOver (Grecia)
12.30 pranzo
15.00
I pericoli del postmodernismo, ripensare la natura nell’era dell’artificiale
Sono passati diversi decenni da quando il paradigma dominante del pensiero è quello che noi conosciamo come “postmodernità”.
Uno degli effetti più pericolosi della sua egemonia è stato il modo nel quale si ha attaccato il concetto di natura.
Con la scusa di porre fine a tutto l’essenzialismo protetto dall’idea di “naturale”, i pensatori postmoderni hanno attuato una crociata contro la natura che pretende di ridurre tutto ad un artefatto sotto il nostro controllo. Oggi tutto il pensiero che si dice critico ha l’obbligo di criticare questa idea delirante e tornare a dare spazio alla natura.
Adrián Almazán Gómez, membro del Collettivo Cul de Sac e la casa editrice Ediciones El Salmón (Spagna), Nicolas del groupo Écran total (Francia)
19.30 cena
21.00
È ora di far tacere la macchina per tornare a far parlare i corpi
La notizia delle bambine editate in Cina rappresenta un’altra delle soglie che sono state oltrepassate da cui nessuno può pensare di tornare indietro. La riproduzione artificiale è una questione centrale: è mettere in mano al sistema tecno-scientifico la dimensione della procreazione, in gioco c’è una trasformazione profonda e radicale dell’umano e dell’intero vivente.
Il corpo, i corpi sono al centro e sempre più sotto attacco, presi in una morsa: da un lato il sistema tecno-scientifico e il biomercato ne hanno sempre più bisogno e se ne accaparrano fin dentro i loro processi vitali, dall’altro lato le loro ideologie li decostruiscono e li frammentano. Un corpo fluido, senza confini, senza limiti, proteiforme, poroso, malleabile e infinitamente manipolabile.
In tempi di risignificazione transumanista e cancellazione della stessa realtà, una riflessione per capire e far fronte alle nuove sfide del presente e al non senso che dilaga con la consapevolezza ardente e profonda di un’urgenza e di una priorità. Nella dissoluzione e indeterminatezza postmoderna non servono dubbi sulla strada che il potere sta delineando sempre di più e sulla strada da intraprendere per far deragliare la macchina.
Silvia Guerini, Resistenze al Nanomondo (Italia)

DOMENICA 28

8.00 colazione
9.00
La necessità della resistenza
Lottare contro gli sfruttamenti ai tempi del nuovo tecno-totalitarismo significa prima di tutto rendersi conto che ad essere erose sono le stesse premesse che ci fanno sentire e desiderare un mondo libero. Ad essere erose sono le stesse condizioni che rendono possibile la vita sul pianeta e ci ricordano che siamo animali tra una moltitudine di altri animali che a loro volta necessitano di un’ambiente integro in cui vivere. Il mondo artificiale sta cambiando le relazioni ed emozioni in sogni virtuali e ambienti sintetici, questo può produrre solo chimere OGM e mondi di Intelligenza Artificiale. Il tecno-mondo distrugge e manipola ogni libertà fin dalla radice, riscrivendo una storia che nasce dal laboratorio e che utilizza il linguaggio della guerra per sopravvivere.
I resistenti in questo processo non solo rischieranno di rimanere indietro, persi in lotte senza contenuto, ma tarderanno sempre più a comprenderlo, a decifrarlo per poterlo anche spiegare. In questo non senso generalizzato urge una reazione che non può più farsi attendere; non esserne solo complici non è più sufficiente. E chissà se il seme della libertà sarà quello duro a morire.
Costantino Ragusa, Resistenze al Nanomondo (Italia)
12.30 pranzo


Come arrivare

In treno:
Treno da Brescia per Edolo, scendere a Capo di Ponte (1 ora e 35, nove fermate)
proseguire a piedi 1,2 Km Procedi in direzione sud su Via Nazionale verso Via S. Martino
Alla rotonda prendi la 1ª uscita e prendi Via Sebastiano Briscioli
Svolta a sinistra e prendi Via Santo Stefano
Svolta a sinistra e ancora a sinistra, trovi il Parco Tematico Capo di Ponte, località Prada
In auto:
Da DIREZIONE SUD/OVEST: A Bergamo prendere la SS42 in direzione Edolo, fino a Via Breda a Ceto. Da Via Breda svoltare in Via Nazionale a destra, alla rotonda imboccare la seconda uscita in via Sebastiano Briscioli, svoltare a sinistra per via Santo Stefano e poi ancora a sinistra per il Parco Tematico Capo di Ponte.
Da DIREZIONE SUD/EST: A Brescia prendere la SP510 in direzione Edolo, fino al congiungimento con la SS42 verso Costa Volpino (indicazioni per Darfo B.T./Lovere) ed entrare in SS42 fino a Via Brada a Ceto. Da Via Breda svoltare in Via Nazionale a destra, alla rotonda imboccare la seconda uscita in via Sebastiano Briscioli, svoltare a sinistra per via Santo Stefano e poi ancora a sinistra per il Parco Tematico Capo di Ponte.

PER TUTTA LA 3 GIORNI:
– CAMPEGGIO LIBERO, PORTA LA TENDA
– CIBO SENZA SFRUTTAMENTO ANIMALE E SENZA VELENI A SOTTOSCRIZIONE
– SONO PRESENTI I BAGNI E UNA STRUTTURA AL COPERTO IN CASO DI PIOGGIA
– DISTRIBUZIONI DI MATERIALE INFORMATIVO: PORTA LIBRI, GIORNALI, TESTI CHE VUOI CONDIVIDERE
– MOSTRE

Gli interventi e i dibattiti saranno tradotti in inglese

Aiutaci ad organizzare l’incontro al meglio, facci sapere in anticipo della tua presenza

Per informazioni e contatti:
www.resistenzealnanomondo.org, info@resistenzealnanomondo.org
www.facebook.com/3giornatecontroletecnoscienze/

 

Le bugie hanno le gambe corte

Qualche tempo fa è apparsa una scritta nei pressi dell’abitazione del rettore Pierdomenico Perata: titoloni sui giornali e articoli isterici. Si è urlato allo scandalo per il riferimento alla collaborazione del Sant’Anna nei progetti di ricerca bellica, che veniva espressa nelle frasi vergate sul muro.
A quanto pare, si vogliono nascondere le responsabilità di quest’istituto nella collaborazione con la guerra o ribadire invano la neutralità delle loro ricerche e l’innocenza dei loro intenti. Eppure i vari studi portati avanti e le varie conferenze mostrano chiaramente quali sono le direttive del Sant’Anna e le sue tante malefatte: ad esempio, l’istituto TeCIP insieme a GEM elettronica, che collabora con la Guardia Costiera, Esercito Italiano e Marina Militare, hanno costruito radar fotonici che sono stati forniti alla Guardia Costiera libica per il controllo del mare, così, chi scappa da guerre, stupri e fame, può essere trovato e riportato nei lager libici oppure lasciato affogare nel Mediterraneo; o ancora, il famoso esoscheletro dell’istituto di BioRobotica, cofinanziato dal Ministero della Difesa, progettato per garantire la protezione balistica del soldato e ottimizzarne le capacità motorie, altro che robot indossabili per assistere gli anziani e i disabili! Se i suddetti esempi non dovessero bastare, eccone un altro: un gruppo di ricercatori del Sant’Anna ha sensorizzato la mano artificiale del robot “soccorritore” RoboSimian, quest’ultimo progetto della Nasa e finanziato dalla DARPA, l’agenzia governativa del dipartimento della difesa degli USA, che si occupa dello sviluppo di nuovo tecnologie per uso militare.
Che le finalità di queste ricerche e progetti abbiano anche uno scopo civile oltre che militare, poco importa. Ciò che importa è ribadire che la scienza non è neutrale, che un ricercatore non può tenersi lontano da qualsiasi “peso morale” o negare le proprie responsabilità, poiché sono gli interessi politicoeconomici del potere che indirizzano le risorse affinché le ricerche vadano in una determinata direzione piuttosto che in un’altra. Si vuole davvero mettere a confronto la “pericolosità” di una scritta con i mezzi sempre più sofisticati e letali a disposizione degli eserciti, resi così efficienti anche dall’ottimo lavoro di ricerca portato avanti da istituti come il Sant’Anna?
Una scritta può essere cancellata, ma le loro responsabilità no.
Ancora una volta la stampa si dimostra docile, serva dei potenti e strumento di propaganda per criminalizzare le lotte e chi le porta avanti senza compromessi.

Garage Anarchico

L’Ascesa dell’Intelligenza Artificiale

L’Ascesa dell’Intelligenza Artificiale

Il 15 e 16 maggio 2019 si terrà a Berlino la fiera annuale “RISE OF AI“ (L’ascesa dell’intelligenza artificiale). Si tratta della più grande fiera per l’intelligenza artificiale (AI) in Europa. Oltre alle aziende che operano per la ricerca e lo sviluppo di AI, ci saranno anche rappresentanti politici che vogliono fare della Germania il luogo di sviluppo leader per AI. I politici hanno dichiarato quest’anno come “l’Anno del l’AI“ e Berlino svolge un ruolo importante in questo campo a livello mondiale. Questa è un’altra ragione per affrontare questo attacco tecnologico contro l’autodeterminazione, in opposizione alle idee e alle strutture di aziende leader, istituzioni e le loro masse sacre. Un punto focale per tutti coloro che vogliono interrompere il dominio, il controllo e l’eteronomia. Verso “RISE DI AI“ e oltre.

Comunque, cos’è l’AI?

Al giorno d’oggi, intelligenza artificiale è una parola d’ordine che attira l’attenzione di aziende start-up tecnologiche, investitori e simili. Nel corso degli anni è diventato una sorta di credenza magica proiettando i sogni e gli incubi sulle macchine che diventano intelligenti e sostituiscono le persone… In realtà, il termine “AI“ descrive molti modi diversi in cui i computer sono programmati (algoritmi) per produrre modelli e informazioni, fare scelte e decisioni.
Un particolare tipo di algoritmo “AI“ è diventato una delle nuove ammiraglie del capitalismo: gli algoritmi “Machine Learning“ (apprendimento automatico). Gli algoritmi di apprendimento automatico sono formati sulla base dei set di dati iniziali per determinare i modelli che saranno utilizzati ulteriormente per identificare e classificare oggetti, immagini, parole, comportamenti, ecc. Tali insiemi di dati di formazione di solito non sono oggetto di indagine e sono formati da persone in base ai loro pregiudizi esistenti. Ad esempio, le donne e le persone colpite dal razzismo sono molto meno presenti nei dati di formazione, in quanto sono spesso invisibili e privi di potere nella società. In pratica, gli algoritmi di apprendimento automatico spesso producono i loro risultati in ambienti completamente non trasparenti (algoritmi non pubblici e dati di formazione in esecuzione remota su server farm di una società) agendo come una “scatola nera magica“ che anche gli stessi creatori non capiscono e che nel tempo rafforzano le distorsioni.
Questi algoritmi sono ora regolarmente associati alla raccolta e allo sfruttamento di massa (per lo più involontaria) di dati personali e comportamentali che costituiscono la base del capitalismo di sorveglianza. Modelli di apprendimento automatico sono quindi utilizzati per prendere decisioni che possono potenzialmente avere un impatto critico su molti aspetti della vita delle persone.

La diffusione nel tutto

AI, tra gli altri fattori, fa parte del processo di cambiare l’economia e la società attraverso forti processi di automazione. Che sia utilizzata in assemblaggio, istruzione, medicina, servizi come call center o driver, e anche nell’ulteriore tecnologicalizzazione dei militari, come per la navigazione dei droni, l’AI prende il sopravvento. Le intelligenze artificiali sono utilizzate dalla maggior parte dei principali fornitori di servizi in rete, come Google, Facebook e Amazon. In futuro, ci si può aspettare che la maggior parte dei dispositivi sarà dotato di sensori che sono collegati via Internet alle server farm di grandi aziende (“Internet of Things – IoT“). L’AI è necessaria per elaborare questa enorme quantità di dati, e l’AI ha bisogno di questi grandi dati, così come l’infrastruttura che può essere una rete 5G o cavi a fibra ottica. Inoltre, i consumatori si sono abituati a certi standard poco a poco, che poi diventano rapidamente indispensabili. Attualmente stiamo vedendo questo, per esempio, con la connessione costante tramite telefono cellulare, smartphone o per “stabilire relazioni“ via Facebook. Presto sarà il controllo vocale di tutti i dispositivi o l’assistente personale che gestisce la vostra vita. Entrambi hanno bisogno di AI per analizzare, elaborare e reagire al vostro input. Beh, molte persone lodano questi sviluppi come utili, progressisti e come uno strumento per promuovere l’individualità e la comunicazione condivisa. Ma diamo uno sguardo più da vicino a ciò che AI sta comportando e a come viene utilizzato.

La raccolta della tua vita

Una AI di auto-apprendimento sempre bisogno di Big Data, cioè, enormi quantità di dati della rispettiva funzione si suppone di imparare. Tali dati si basano sul nostro ambiente, sulla la vita delle persone e le loro azioni. Quindi tutto viene catturato, convertito in dati e memorizzato. Soprattutto “autonomi“ concetti come guida autonoma catturano tutto ciò che è a portata di mano con ogni possibile fotocamera e sensore, e memorizzano questi dati nel cloud del fornitore. AI significa quindi sempre raccolta, conservazione e categorizzazione totale. Nessuno sa cosa accadrà a tutte le foto, geodati e contenuti memorizzati sui server di AI. Non c’è più alcuna intenzione di dimenticare. Il controllo è un aspetto importante, perché è essenziale per ogni dominazione, concentrando sempre il potere invece di consentire il conflitto e il processo, il libero accordo e la mutualità come base della vita libera. Il controllo permette un processo a favore di coloro che hanno il potere o stanno utilizzando il controllo per ottenere potere. Il riconoscimento facciale automatizzato, la ricerca di contenuti web, o qualsiasi altro controllo basato su un’ampia raccolta di dati ha bisogno di AI. Più dati sono disponibili per una AI, più efficiente questa diventa. Così paghiamo sempre per l’AI e per i Big Data con la divulgazione di dati privati e la limitazione della nostra libertà di scelta e libertà di movimento. L’AI a sua volta ordina i dati e lo rende utilizzabile e controllabile. Dopo tutto, lo sfruttamento digitale di tempo, abitudini, relazioni, ecc. attraverso la raccolta di informazioni si basa non solo sulla raccolta e il controllo, ma anche su feedback, influenza e guida. Non è che siamo tutti interamente controllati da AI. Ma AI ha già una notevole influenza sulle informazioni che troviamo, sulle nostre decisioni, con chi comunichiamo, e a volte sui bisogni e desideri creati. Dobbiamo imparare che le cose piacevoli e pratiche non sono pari e spesso impediscono persino l’indipendenza, l’autodeterminazione e la libertà.
Inoltre, le ai sono destinate a sostituire le funzioni e le abilità umane. In futuro, il lavoro diventerà probabilmente più automatizzato e sarà quindi svolto da persone meno specializzate. E ancora i materiali richiesti saranno probabilmente tolti dalla terra e anche smaltiti da persone in nazioni non industriali in condizioni terribili. Un’ulteriore concentrazione di potere, il cui sviluppo si manifesta già oggi nella crescente influenza delle grandi imprese. La specializzazione pone sempre questi prescelti in posizioni potenti e questo sviluppo si intensificherà drasticamente.

L’isolamento artificiale dentro di te

Inoltre, attraverso l’IA, il dominio e il potere interferiscono sempre più con le nostre esigenze, preferenze e vita sociale. Essi assumono efficacemente azioni che in precedenza richiedevano sforzo e impegno sociale. Tale assistenza priva l’individuo di ulteriore autodeterminazione e autonomia. Se alcuni compiti non rappresentano più una sfida per l’individuo, la capacità di affrontarli si affievolisce. Coloro che principalmente conducono relazioni online avranno problemi sociali offline, coloro che utilizzano sempre un routing AI non sarà in grado di trovare la strada senza di esso, per non parlare dell’idea di chiedere ad altre persone. Questi sono esempi molto semplici delle dipendenze che vengono create e a cui ci si abitua. Diventa sempre più difficile fare a meno di protesi tecnologiche, fino a quando forse un giorno diventeremo noi stessi la protesi dell’IA. Dobbiamo anche occuparci l’uno dell’altro, soprattutto se vogliamo vivere insieme a livello visivo. Questo include conflitti e interazioni che possono, tuttavia, essere semplicemente cliccati via sui nostri dispositivi. Quindi si potrebbe dire che AI promuove la pigrizia e la codardia, mentre la libertà richiede coraggio e iniziativa individuale. Inoltre, le AI determinano il quadro in cui operiamo e dirigono la nostra attenzione quando, per esempio, utilizziamo google o otteniamo suggerimenti su Facebook per le persone che potremmo conoscere. Coloro che si abituano dimenticano la libertà di sviluppare, valutare e decidere da soli. La scelta, tuttavia, è il momento cruciale, non quello in cui il dito preme il grilletto. La libertà di azione richiede libertà di decisione, e le strutture AI sono sempre spazi chiusi che dettano quanto lontano io posso muoversi. E se non ci fosse più l’elettricità? Quanto indifesi si può diventare? L’estrema dipendenza dalle strutture capitalistiche, dagli specialisti e dagli assistenti limita sempre la mia autodeterminazione con il pretesto di rivelarmi un mondo nuovo e coraggioso. Ma è il mondo di coloro che traggono profitto, mantengono il controllo e ci trasformano in drogati avvolti in una rete.

Generare: La felicità

Ma se immaginiamo come lo sviluppo di hardware e l’accumulo di dati sta progredendo, AI potrebbe guadagnare un’enorme potenza in futuro. O quelli che li hanno programmati o li controllano. Oggi le AI sono ancora lungi dall’essere veramente intelligenti, ma cosa succederebbe se un giorno saranno in grado di riscrivere se stesse? E se avessero accesso a infrastrutture sensibili come le centrali nucleari e considerassero gli esseri umani troppo inefficienti? La totale fiducia nel progresso, il miglioramento delle tecnologie è guidato da queste stesse persone e strutture perché sanno che ne beneficeranno. Ma l’efficienza e il progresso non sono la stessa cosa di libertà, gioia e felicità. Queste qualità non dipendono necessariamente dalle cose materiali; esse derivano dallo sviluppo individuale, dall’intelligenza collettiva e dall’interazione sociale. Quindi queste teorie devono essere messe in pratica, e se l’attacco tecnologico lo impedisce, bisogna prendere l’iniziativa e tagliare le corde della rete.
Lo sviluppo e l’uso di AI è uno strumento di attacco tecnologico. Le strutture del potere si riorganizzano, lo sfruttamento e il controllo diventano più raffinati, sottili, psicologicamente sofisticati, inizialmente più piacevoli, più confortevoli e, soprattutto, più pratiche. Allo stesso tempo, il grado di controllo e di influenza su tutti i settori della vita sta aumentando. Un sogno per tutte le persone e le organizzazioni che detengono il potere sugli altri. Le complesse tecnologie che sono così pratiche, eppure ci privano della nostra autonomia, sono usate per espandere o ristrutturare le gerarchie esistenti, e non per dare qualità alla nostra vita. Sono progettate per aggiungere valore a scapito di utenti e produttori che sono pesantemente ingannati. Questa è la precisione e la perfezione che fortunatamente la vita umana non potrà mai avere.
Le idee, le persone e le strutture che stanno trasformando il mondo in questo senso sono vulnerabili. Idee e pratiche di responsabilizzazione e auto-organizzazione possono essere espresse in testi e attacchi contro i responsabili, in conflitto con gli altri, così come sabotando telecamere e reti, che si stanno diffondendo sensibilmente ovunque.

Aziende che lavorano per lo sviluppo di AI e altri spregevoli: maps.fuckoffgoogle.net

Altri articoli sul tema:
“Die Rückkehr der künstlichen Intelligenz” bei capulcu.blackblogs.org
“My little Big Brother” bei anarchistischebibliothek.org
“Schöne neue Welt” bei anarchistischebibliothek.org

 

Traduzione da: https://de.indymedia.org/node/32270

Chi fa la guerra non va lasciato in pace

L’abitazione del rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa è stata coperta di scritte: “Chi fa la guerra non va lasciato in pace” e “Sant’Anna = Ricerca di morte”.
Questa storica istituzione è nota per la sua collaborazione con le forze armate, fatta di ricerca scientifica e sostegno diretto alle politiche securitarie e di guerra.
Il rettore Perata in un intervista al giornale locale parla di cattiva informazione e falsità  da chi critica il Sant’Anna. Alla domanda se quello che è stato progettato dal Sant’Anna ha avuto un uso bellico risponde: “Assolutamente no. In astratto l’uso potenziale può essere sempre corretto o scorretto. La tecnologia può essere usata anche per scopi bellici, ma se ragioniamo così allora fermiamo tutto. Pure i telefonini possono essere usati per scopi bellici.”

Info tratte da: “Il Tirreno” del 4 maggio 2019