Appello alla solidarietà internazionale per il 16 Novembre – Presidio di fronte aula bunker carcere “le Vallette” (TO)

Il 16 novembre, alle ore 10.00, davanti all’aula bunker a Torino, si terrà la prima udienza del processo “Scripta Manent”, che avrà un lungo percorso di giudizio, e che vede imputat* 22 compagn* anarchic*, di cui sette attualmente in carcere.
L’apparato repressivo dello stato accusa parte del movimento anarchico di attaccarlo con pratiche di: azione diretta distruttiva contro le sue strutture e i suoi uomini, realizzazione e diffusione di stampa anarchica e sostegno ai prigionieri ed alle prigioniere rivoluzionarie.
Il teorema del P.M. Sparagna è quello per cui le posizioni delle compagne e dei compagni indagati sono isolate e lontane dal contesto anarchico.
Il suo è un chiaro tentativo di parcellizzare e rinchiudere l’anarchismo entro determinati recinti, giudiziari ed interpretativi.
Scardiniamo il tentativo di isolare questi compagni e queste compagne e sosteniamo che le pratiche e le posizioni di cui sono accusat* sono patrimonio di tutti e tutte gli anarchici e rivoluzionari, e riaffermiamo la nostra vicinanza e solidarietà agli imputati ed alle imputate.
Facciamo un appello a partecipare al presidio di giovedì 16 novembre alle ore 10.00 di fronte all’aula bunker del carcere “le Vallette” di Torino e rilanciamo, per quel giorno, una chiamata alla solidarietà internazionale con tutti e tutte gli anarchici, ribelli e le rivoluzionarie prigionieri; nei luoghi e secondo le modalità che ognun* ritenga più opportune.

Info da: www.autistici.org/cna

Francia – Ripetitori in fiamme

Quando si raggiunge la cima della collina c’è l’Orso Grande sopra la tua testa. E poi, sotto, vedi le luci di Issoire, che fanno guerra alle stelle del cielo. E soprattutto, al di sopra di tutto, c’è un ripetitore accanto a te, che ti ricorda che non sei venuto a recitare la poesia. Accendi il fuoco …

Nelle prime ore del 22 agosto abbiamo fatto fuoco sulla collina. In Moidias, due ripetitori che servono la linea telefonica da Issore a Brioude e la trasmissione di molte frequenze radio sono salite in fiamme. Poiché non potevamo spegnere le luci della città, almeno abbiamo spento gli smartphone.
Poiché questo mondo è troppo stretto, essa mira alla normalizzazione, al controllo, alla sterilizzazione e alla digitalizzazione di ogni individualità. Perché volevamo darci un soffio d’aria, sentivo vivo piuttosto che soffocare. È vero, questo desiderio di distruzione potrebbe essere stato soddisfatto di un attacco alle strutture della Croce Rossa, a una fattoria riproduttiva oa un centro di detenzione migranti. Ci attacchiamo per non essere ancora un altro architetto delle strutture del potere. Noi attacchiamo per piacere immediato e non per un ipotetico futuro radiante.
Come sottolineato in altre affermazioni, la tecnologia – che ci tiene immobile e colonizza la nostra immaginazione – è uno dei pilastri della civiltà. Se siamo d’accordo con questo, non possiamo essere soddisfatti di un semplice scambio di idee. Così abbiamo cercato punti sensibili su cui agire. Bruciando i ripetitori, non solo vogliamo infliggere i più grandi danni ai promotori della protesi tecnologica. È un modo di comunicare, interagire, sabotare la civiltà.
Per interrompere la routine di cittadini onesti, lavoratori, consumatori, persone ricche o povere, giovani o vecchi, super-collegati o techno-scettici, che contribuiscono allo sviluppo della civiltà profonda, dove continuiamo a inviare informazioni, discutere via internet e scopare via SMS. Così coloro che dipendono dagli schermi e dalle cuffie sono immersi nel silenzio angoscioso della comunicazione fallita e sono proprio coloro che stanno costruendo e perpetrate questo tipo di relazione con il mondo, garantendo così che quest’ultimo non esegue rischi.
Ma questo attacco deriva anche dalla volontà di mettere in discussione la relazione che abbiamo con la mediazione tecnologica dei viventi (umani e non umani) e la digitalizzazione dell’esistente. Ci permette di criticare in atto la costruzione di tutte le regole (sessista, razzista, omofobica, specista …) diffusa dal continuo flusso di immagini e informazioni e che hanno quasi schiacciato le nostre individualità.
Se aggiungiamo il fatto che molti compagni sono colpiti da procedimenti repressivi in ​​cui, anche grazie alla collaborazione degli operatori telefonici, i mezzi di comunicazione diventano strumenti per catturare coloro che rivoltano, ecco alcuni motivi per i ripetitori di barbecue. Poche ragioni per le quali nessuna delle quali contempla la prospettiva di aprire una fessura nella normalità in modo che la rivoluzione accada. Se questa speranza ci abbracciasse in passato, ora è morta nei nostri cuori.
Volevamo che questo attacco risuonasse con la stringa di altri barbecue (di ripetitori, veicoli e locali di Enedis [un ramo di Electricité de France, la rete elettrica nazionale …)), che si è svolto nell’estate del 2017 su cui condividiamo molti delle critiche e delle proposte. A questo proposito ci siamo chiesti cosa dobbiamo fare per non cadere in una dinamica della concorrenza. Come essere ispirati dalle azioni altrui senza che questa sia una sfida per vedere chi fa il più grande (ripetitore)?
Questo è ciò che ci ha portato ad analizzare, progettare e realizzare questo attacco. Ciò che ci ha portato giorni è stata la definizione degli aspetti pratici del piano (come avviare un fuoco senza bruciarsi, per esempio), ma anche la condivisione di ciò che era in gioco, le specificità, i desideri e i limiti di ciascun individuo che ha partecipato dentro. Ci siamo messi in gioco e abbiamo trovato i mezzi per i nostri desideri, anche se è stato difficile fisicamente ed emotivamente. La bellezza del processo attraverso cui abbiamo cercato di unire la violenza dell’intento con la benevolenza dell’attenzione, ci dà tanta soddisfazione come quella di aver riuscito a distruggere quei ripetitori. Non siamo soldati, in momenti come questi, le nostre individualità diventano reali, si incontrano e si discutono tra di loro. Che facciamo la nostra sintesi tra teoria e pratica.
Abbiamo distrutto i ripetitori forzando le porte o le recinzioni che li proteggevano e mettendo dispositivi incendiari su diverse parti dei cavi. I dispositivi erano semplici bottiglie di plastica di una e una mezza litro piene di benzina, su cui un buon pezzo di candelabro era collegato con filo.
Non metteremo fine a questo comunicato senza prima esprimere la nostra solidarietà con Krem e Kara e coloro che attaccano il mondo e non dimenticano che essi stessi potrebbero essere parte dei suoi meccanismi.

BARJO – Barbecue d’Antennes Relais Joliment Osé

Info da: www.325.nostate.net

Fiamme a EDF in solidarietà alla lotta di Bure

30 settembre 2017
Azione a sostegno dei compagni che hanno subito l’irruzione a Bure. [Lotta contro il progetto di discarica nucleare (CIGEO) in Bure – Francia n.d.t.]
In risposta alle ricerche di Bure, EDF (società francese di energia elettrica nucleare, in gran parte di proprietà dello stato francese), è stata riscaldata. Una vettura EDF è stata incendiata durante la notte di venerdì 22 settembre fuori del centro EDF vicino alla DGSI (Direzione Generale per la Sicurezza Interna) e alla Camera di Agricoltura.
Alla scena si potrebbe leggere: fermare le ricerche in assoluto! Solidarietà con la lotta a Bure e i compagni che stanno sottoposti a repressione.
LE MANI VIA DA BURE!
Continua …

Info da: www.325.nostate.net

In cassazione si conclude la vicenda processuale contro Silvia, Billy e Costa

In cassazione si conclude la vicenda processuale contro Silvia, Billy e Costa

Dopo cinque anni di udienze si è concluso in questi giorni a Roma il processo in cassazione contro Silvia, Billy e Costa accusati dalla Procura della repubblica di Torino di trasporto e ricettazione di esplosivi tra l’Italia e la Svizzera con finalità di terrorismo.
Dal momento in cui Silvia, Billy e Costa avevano terminato di scontare le pene inflitte nel processo in Svizzera, la Procura di Torino, nelle vesti del Procuratore Arnaldi Di Balme, ha cercato di imbastire un processo prima per associazione sovversiva (coinvolgendo anche altre persone facenti parte della Coalizione contro le nocività) e successivamente, con più appelli, ha cercato di dimostrare che un pezzo del tentativo del sabotaggio in Svizzera fosse stato preparato in Italia, perlomeno nel recupero e trasporto dei materiali necessari.
La cassazione ha invece confermato la precedente sentenza di improcedibilità secondo il principio “Ne bis in idem”, ovvero non poter giudicare una persona più volte per lo stesso reato, appellandosi dunque ad un principio di difetto di giurisdizione.
Per chi volesse approfondire rimandiamo alla lettura della pubblicazione “Solidarietà e complicità”: raccolta di testi intorno al tentativo di sabotaggio del centro IBM sulle nanotecnologie in Svizzera e sulla solidarietà espressa da realtà di movimento anche a livello internazionale.

www.silviabillycostaliberi.noblogs.org