DNA, schedature genetiche, banche dati

Avvertenza a chi legge: il genere utilizzato al maschile è da intendersi anche al femminile e viceversa

DNA, SCHEDATURE GENETICHE, BANCHE DATI
Quando parliamo di DNA parliamo di manipolazione del vivente. Questo punto, per noi, vuole essere chiaro: l’applicazione degli studi sul DNA, tramite l’ingegneria genetica, nella produzione di alimenti geneticamente modificati o in ambito medico o in ambito repressivo che dir si voglia, si basa sulla visione antropocentrica di poter manipolare la vita attraverso le tecnologie. Nello specifico, “le ricerche in ingegneria genetica tendono tutte -oltre agli interessi industriali e commerciali immediati- verso un fine eugenetico, che è la preoccupazione costante e sempre meno inconfessata dei genetisti: eliminare le imperfezioni, migliorare il patrimonio genetico umano in nome di obiettivi apparentemente incontestabili (sradicare le malattie, prolungare la vita…)” [Jean Marc Mandosio; Fine del genere umano?]. Il progresso delle biotecnologie e dell’ingegneria genetica, è sostenuto dagli investimenti sia da parte di grosse multinazionali (vedi Bayer, Monsanto, Syngenta, Pioneer Du Pont, ecc) che da parte di aziende statali e private che sempre più investono in questo settore. Così attraverso la manipolazione del DNA vengono per esempio usate le cellule come fabbriche di enzimi per ottimizzare i vari processi industriali, oppure per produrre farmaci, ormoni, proteine varie, oppure ancora per produrre piante e animali geneticamente modificati, che asserviscono totalmente gli imperativi economici, tecnologici, industriali del potere.
Negli ultimi venti anni si sta assistendo alla sempre crescente espansione del mercato biotecnologico in ogni settore, da quello energetico a quello militare, da quello agricolo a quello zoofilo o a quello farmaceutico; quest’espansione riguarda anche l’apparato poliziesco e repressivo degli Stati, il quale viene potenziato oramai non solo dal crescente utilizzo e dalla crescente diffusione di varie tecnologie come le telecamere, i biosensori, gli apparecchi GPS e le cimici sempre più piccole, ecc, ma anche dalla continua evoluzione delle tecniche di ingegneria genetica. Il DNA diventa così una delle molteplici armi che i governi pongono nelle mani di sbirri e magistrati, consacrandolo prima di quell’aura di verità assoluta che lo rende uno strumento incontestabile, almeno apparentemente.
Questo contributo si concentra principalmente su quest’ultimo aspetto visto il crescente dilagare dell’utilizzo del DNA in ambito processuale, l’accresciuto potere che conferisce alle autorità e viste le prospettive eugenetiche e di controllo che possono derivare dalla raccolta e dall’utilizzo dei profili genetici.
Negli anni è stato eseguito un grande lavoro di convincimento e legittimazione della pratica del prelievo del DNA, opera di convincimento resa possibile sia dal fatto che la prova del DNA è stata utilizzata inizialmente in processi che riguardavano efferati casi di stupro e di omicidi seriali, sia a causa del lavoro svolto dai media, sempre pronti ad omettere ogni caso riguardante persone condannate e poi rivelatesi estranee ai fatti e ad esaltare, invece, ogni caso in cui “l’inconfutabile” prova del DNA prestava servizio agli sgherri del potere. Così, lor signori potenti sperano di ottenere la schedatura genetica partendo quindi con l’imbastire la solita propaganda sulla sicurezza, sull’antiterrorismo, sulla garanzia del rispetto della privacy e assicurando tutti sugli enormi benefici sociali che deriverebbero dall’utilizzo, da parte degli sbirri e dei magistrati, del DNA per tutelare la popolazione da assassini, stupratori o anche da chi in generale, non vuole sottostare dentro i ranghi dell’ordine costituito.
Il passo che il sistema di dominio attuale sta compiendo va proprio in questa direzione: i governi si sforzano di raccogliere i profili genetici dei detenuti, di chi viene fermato o è indagato o viene arrestato. Contemporaneamente si sta assistendo ad un sempre maggior utilizzo del DNA in tribunale come prova certa di condanna: in questo modo la scienza stessa assume un ruolo sempre più prioritario nelle aule dei tribunali, ponendosi come fonte imparziale e neutrale, spacciando verità che poi non sono altro che ipotesi, tra l’altro manipolabili da chi porta avanti un impianto accusatorio. La scienza non è neutrale, è un prodotto dell’evoluzione del potere che ha finito per determinarne le logiche di dominio; essa inoltre si auto-legittima e viene legittimata dalla fede che le persone vi ripongono: se la scienza proclama una scoperta, subito questa viene concepita come verità assoluta. In questo modo la scienza si pone al servizio di tutti, quando invece resta sempre e solo al servizio dei soliti pochi, il cui numero viene al massimo accresciuto grazie al fatto che tra questi pochi che ne traggono beneficio, ci sono anche quei macabri individui vestiti con la toga. Nel caso specifico della genetica, essa pretende di decodificare un essere vivente in una serie di geni che gli scienziati vorrebbero far agire in modo meccanico e prevedibile, in modo da programmare un organismo vivente alla stregua di un computer, modificandolo attraverso innesti genetici (vedi gli OGM) oppure identificandolo a partire da una serie di lettere e numeri (vedi appunto la prova del DNA). Intendere un organismo vivente come una macchina programmabile non sembra possedere alcuna verità in sé, se non il fatto che gli scienziati ragionano in maniera binaria come i computer e per questo tentano di riprodurre un mondo misero come loro.
Le verità della genetica oltre che essere pure riduzioni del caos della natura che i genetisti si sforzano di far passare come fondamenta della vita, sono soltanto brutali sperimentazioni sugli animali e rappresentano il desiderio di poter manipolare la vita fin dalle sue parti più piccole.
In ambito repressivo la genetica permette all’élite al potere di estendere/imporre ulteriormente la loro violenza sbirresca verso chiunque travalichi i limiti imposti da questa società mortifera; in questo mondo di dati, bit e cavi, essa si innesta perfettamente nel sistema di controllo dei governi, che la sfruttano proponendo sistemi di schedatura genetica delle persone che vivono nei loro territori. Insomma dove la Giustizia del potere non può arrivare, ecco che si presentano DNA, schedatura genetica, banche dati genetiche ecc. D’altronde, il DNA non mente per scienziati e magistrati, anzi è considerato un’ottima macchina spara-sentenze da usare e manipolare a proprio piacimento dall’esperto/perito di turno, per asservire ed assistere nella repressione coloro che detengono il potere.
Attraverso la schedatura genetica i governi si coordinano a livello europeo ed internazionale nella lotta al crimine. Per arrivare a ciò, un requisito fondamentale è che un gran numero di profili genetici siano presenti nell’archivio nazionale per poter essere confrontati con il DNA sconosciuto rinvenuto sulla scena del delitto. “Più DNA si raccolgono, più è probabile trovare il colpevole (efficacia punitiva). Più DNA si conservano, più è probabile che diminuiscano i reati (efficacia dissuasiva). Estratto da: il mondo in uno sputo, sito web Finimondo. A tal fine nel 2016 viene istituzionalizzata in Italia, con qualche anno di ritardo rispetto ad altri paesi europei, una banca dati nazionale del DNA (Bdn-Dna), appartenente al Ministero degli Interni.
Come funziona? I vari laboratori delle forze di polizia o di altre istituzioni di elevata specializzazione raccolgono i reperti biologici nelle scene del crimine, questi reperti vengono poi inviati ad un laboratorio nazionale centrale, appositamente creato, facente capo al Ministero della Giustizia e situato all’interno del Polo scientifico del carcere di Rebibbia, che ha il compito di tipizzare e conservare i campioni. Una volta tipizzati, ossia identificati in base ad una serie di marcatori, i profili genetici vengono conservati nella Bdn-DNA. Dunque non ci sono più banche dati del Dna distinte per ogni singola forza di polizia, ma i dati confluiranno in un’unica banca dati nazionale. Il profilo del Dna verrà inserito nella banca dati utilizzando il software Codis (Combined Dna index system) fornito dal FBI ed utilizzato nel circa 80% dei Paesi europei che hanno una Bdn-Dna. Si attua così una standardizzazione tecnica ed informatica a livello internazionale, secondo le linee guida scientifiche usate negli USA.
Chi viene sottoposto al prelievo del DNA? Chi si trova in custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari; chi viene arrestato in flagranza di reato o sottoposto a fermo di indiziato di delitto; i detenuti e gli internati per sentenza irrevocabile per un delitto non colposo; coloro ai quali è applicata una misura alternativa al carcere sempre per sentenza irrevocabile per un delitto non colposo; quelli che scontano una misura di sicurezza detentiva in via provvisoria o definitiva, oltre ai DNA ritrovati sui luoghi del delitto. Da questa estensione sono, invece, esenti le persone imputate o condannate per reati finanziari ed economici (i cosiddetti colletti bianchi).
Ad ogni persona sottoposta al prelievo, verrà effettuata una doppia tipizzazione del Dna con kit commerciali di diverse ditte ma che analizzano gli stessi marcatori genetici. Questo, a detta loro, al fine di ridurre la possibilità di errori.
Le nuove tecnologie utilizzate cercano di ottenere profili del Dna anche a partire da sempre più piccoli frammenti genetici. Quindi da una minuscola parte del corpo si ricava un profilo, “ossia una seria di dati che corrispondono a una parte del DNA dell’individuo. Non è tutta la sequenza del DNA, ma solo una parte di essa, quella scelta dagli esperti. Il profilo del DNA si ricava quindi dall’analisi di alcuni punti dell’intera sequenza del DNA. Ottenuto questo profilo, le autorità cercano delle corrispondenze, delle similitudini, fra quelli presenti nei loro archivi. Estratto da: IL MONDO IN UNO SPUTO, sito web Finimondo. Pertanto non è realistico parlare di verità assoluta ed inconfutabile, essenzialmente per due motivi: anzitutto in quanto i profili genetici non corrispondono ma potranno al massimo essere compatibili, ovvero una parte di DNA dell’imputato potrebbe essere compatibile con una parte del DNA rinvenuto sulla scena del crimine e poi ci sono tutta la seria di errori e contaminazioni che possono subire i campioni rilevati. Basti pensare al caso del fantasma di Heilbronn. A partire dal 1993, una serie di omicidi interessarono più Paesi, Austria, Francia e Germania, e tutti avevano un unico sospettato il cui Dna, appartenente ad una donna sconosciuta, è stato rinvenuto su reperti biologici ritrovati sulle scene dei crimini. Le sue tracce del Dna sono state trovate in almeno 15 scene del crimine nel corso di quindici anni. Nel 2009 il Dna della donna senza volto venne finalmente identificato ma qualcosa iniziò a non convincere gli investigatori che ben presto arrivarono alla conclusione che non esisteva alcun fantasma di Heilbronn, ma solo partite di cotton fioc utilizzati per il campionamento durante i sopralluoghi, che erano state contaminate durante la fase di produzione in quella fabbrica dove lavorava la donna. Questi bastoncini venivano poi acquistati e distribuiti alle polizie di diversi paesi europei per essere utilizzati durante i sopralluoghi ed ecco come il DNA della signora si era sparso ovunque. Un altro esempio di fallibilità e inaffidabilità della prova del DNA è quello che successe a Lucas Anderson nel 2012 che fu accusato di omicidio e condannato in seguito alla prova del DNA. Al momento dell’omicidio Lucas si trovava in ospedale ed aveva dei documenti che lo provavano. Ma anche gli sbirri erano convinti di avere una prova: il suo DNA, trovato sul dito dell’uomo morto. Com’è stato possibile? È venuto fuori che quello stesso giorno gli infermieri avevano usato lo stesso pulsiossimetro sul suo dito e su quello della vittima, ed è così che il DNA di Lucas fu trasferito sull’unghia della vittima. Lucas Anderson si è fatto cinque mesi di prigione prima che si accorgessero cosa fosse successo. Il test del Dna, in questi casi come in molti altri, si era dimostrato forviante. Tutti ripongono tanta fede nel DNA considerandolo la prova più credibile di ogni altra prova scientifica, specialmente se si ha una grossa quantità del DNA di una persona ben conservata. Nelle indagini della polizia trovare un campione perfetto di DNA non è affatto la norma, piuttosto è molto più probabile che gli analisti lavorano su campioni di DNA vecchi, deteriorati o che appartengono a più individui, per cui risulta difficile dire con esattezza di chi è quel DNA. Altre volte invece lavorano su piccolissime quantità di DNA, anche in questo caso risulta difficile da interpretare ed il margine di errore è molto alto. Gli sviluppi tecnologici probabilmente stanno risolvendo alcuni di questi problemi, facendo delle analisi più accurate o utilizzando materiale nano e biotecnologico per i prelievi o riconoscendo solo alcuni laboratori che hanno delle attrezzature specifiche e altamente specializzate. Ma questi avanzamenti produrranno inevitabilmente nuovi problemi. L’inaffidabilità è intrinseca a questa tecnica poiché il DNA si può trovare sia nelle cellule vive presenti nel sangue, nel sudore, nella saliva, nello sperma, ed è quello più preciso ma una volta che le cellule si staccano dal corpo si deteriorano facilmente, sia nelle cellule morte come in un pezzetto di pelle, questo dura più a lungo ma è più impreciso. Di conseguenza il nostro DNA lo si può lasciare e ritrovare ovunque e su chiunque anche in luoghi in cui non siamo stati o su persone che neanche conosciamo, perché mangiamo, beviamo, perdiamo peli e capelli, sudiamo, fumiamo, possiamo sanguinare, ecc ecc, per cui incastrare un individuo sulla base di un frammento di DNA rinvenuto sulla scena del crimine chissà come, chissà quando, rappresenta semplicemente un buon metodo, tra l’altro ben visto dal grande pubblico, di repressione e controllo da parte di chi detiene il potere e volto ad eliminare chi vuole e a rendere sempre più difficile ogni atto di ribellione. Altro che verità assoluta, l’unica verità è che micro frammenti corporei, errori, inquinamenti ed imprecisioni, possono costare anche anni e anni di galera e restrizioni, soprattutto se si pensa che basterà riporre un capello, qualche gocciolina di saliva o di sudore, o chissà cosa, sulla scena del crimine per tentare di incastrare chi si vuole.
Inoltre un’importante caratteristica che fa del Dna una tecnica identificativa superiore a quella delle impronte digitali, sta nella natura del suo carattere ereditario, ovvero la metà del profilo del Dna di un individuo viene da sua madre e l’altra metà proviene dal suo padre biologico, e pertanto, anche parenti biologici di primo grado possono essere utilizzati quali punti di riferimento per un’identificazione indiretta. Per cui, esiste la possibilità di andare oltre le informazioni disponibili dal campione, ottenendo ulteriori profili di DNA da archiviare nella banca dati.
In Italia questi prelievi sono partiti dai detenuti, infatti nel giugno del 2016 è stato effettuato il primo prelievo di DNA ad un detenuto di Regina Coeli; ad oggi sono più di 14mila i detenuti a cui è stata effettuata questa procedura. Nella banca dati sono anche presenti 35mila profili genetici ritrovati sulle varie scene del crimine e circa 8mila campioni provengono dai prelievi effettuati dalle forze dell’ordine su persone fermate o arrestate.
I laboratori che possono lavorare sulle tracce del DNA possono essere solo quelli accreditati a livello internazionale, in base ad una serie di parametri, e dotate di infrastrutture altamente specializzate. Attualmente i laboratori in Italia, la cui prova del Dna è accreditata a partire dall’analisi del campione o reperto biologico, sono poco più di una decina su tutto il territorio nazionale (Roma, Cagliari, Napoli, Palermo, Messina, Reggio Calabria, Firenze, Parma, Torino e Orbassano), la maggiore parte dei quali appartiene alle forze di polizia, mentre gli altri ad enti terzi.
Una volta raccolti, i profili genetici, ossia i dati più intimi di ogni persona, diventano manipolabili e manipolati, “di proprietà” di scienziati, sbirri, giudici, manager ed esperti di ogni sorta, che potranno servirsene come e per cosa vogliono, per interessi di ricerca, di controllo, di repressione, di mercato.

Siamo convinti che ci sia un ampio margine in cui poter agire per ostacolare quest’avanzamento tecnologico. Le radici riguardo l’utilizzo del DNA sono da cercare a partire dall’applicazione delle teorie eugenetiche fino ad arrivare all’uso sempre più massiccio dell’ingegneria genetica. Per quanto riguarda l’aspetto repressivo, diventa per noi sempre più chiaro il fatto, che coloro che ingabbiano, perseguitano, giudicano, arrestano non sono solo sbirri, magistrati e giudici, ma tra questi ci sono anche gli scienziati. Questi infimi esserini vengono rivestiti dal sistema di un potere tutto nuovo basato sulle loro scellerate ricerche e fomentato da governi e multinazionali, che li assoldano alla stregua di mercenari. I periti, i tecnici si pongono come garanti della verità pura e trasparente al servizio della giustizia. Ma se la scienza è un artefatto meccanico che atrofizza la vita costringendola in schemi di numeri, molecole, bit e quant’altro, la sua giustizia altro non può essere che falsa, paradossale, manipolabile e manipolatrice. Inoltre, sarebbe interessante approfondire i nostri studi in merito all’utilizzo del DNA sia in ambito repressivo che in quello più generale di applicazione dell’ingegneria genetica; nel primo caso identificare (termine che piace tanto ai tecno-sbirri) i responsabili di questo ennesimo passo dell’apparato repressivo, diventa sempre più impellente per costruire concreti percorsi di lotta: tra questi responsabili non vi sono solo i laboratori sparsi sul territorio ma anche le aziende che producono i tamponi per esempio, o i kit di marcatori e più in generale qualsiasi fattore/azienda/prodotto che permette il funzionamento di un laboratorio. Sicuramente, vista la struttura gerarchica e settaria del sistema, alcuni centri di ricerca sono più importanti di altri, vuoi perché sono di proprietà di grosse multinazionali, vuoi perché rappresentano veri e propri centri d’élite del potere tecno-scientifico, di quello repressivo, di quello militare ecc, vuoi perché i progetti che portano avanti particolari istituti rafforzano, potenziano, rinnovano, l’organizzazione e l’espressione dell’attuale sistema di dominio. L’elenco di questi centri di ricerca non è breve; negli anni alcuni istituti hanno subito varie contestazioni e varie azioni dirette. Ad esempio l’istituto di Patologia e di Genetica a Grosselies in Belgio è un importante centro di ricerca sulla genetica, dove alcuni ricercatori possono disporre di vari macchinari per analizzare la materia genetica, studiare il DNA, sviluppare tecnologie di microbiologia e di biologia molecolare. Inoltre, l’istituto da molti anni si occupa anche dell’analisi criminalistica del DNA e proprio per questo ha subito già due incendi di notevole ampiezza nel 2001 e nel 2003. La notte del 16 marzo 2016, è stato effettuato un altro attacco a questo centro di ricerca quando un’automobile ha sfondato le porte d’ingresso ed è stata fatta esplodere all’interno dell’atrio, distruggendo il pianterreno e riempiendo di fumo l’intero palazzo.
Per quanto riguarda l’ingegneria genetica più in generale e l’opposizione alle biotecnologie, numerosi percorsi di lotta sono già stati intrapresi negli anni, molti dei quali hanno fornito importanti informazioni sul funzionamento di un laboratorio per es. o sull’elevato grado di convergenza tra le varie scienze. Crediamo sia fondamentale non abbandonare questi percorsi e crearne degli altri che sappiano sempre più minare il progresso tecnologico-scientifico. Le biotecnologie, si diceva nella prima parte del testo, vengono applicate ormai in tantissimi settori, apparentemente slegati tra loro magari, ma che hanno come base comune il fatto di essere un punto nevralgico del sistema.
Infine, queste tecnologie vengono soprattutto rivolte verso chiunque si dichiari nemico dell’ordine costituito: negli ultimi anni, sono sempre più frequenti i compagni indagati o arrestati a seguito della prova del DNA. Solo recentemente, ricordiamo la nuova indagine su Alfredo Cospito, già in carcere per l’attacco ad Adinolfi ed ora accusato di una bomba ai RIS di Parma per il presunto ritrovamento di una goccia di sudore sull’ordigno, il caso delle due compagne che vivono in Spagna e in Olanda arrestate per rapine avvenute in Germania in base a presunte corrispondenze del DNA, e del compagno greco Tasos Theofilou accusato di aver commesso una rapina in base al presunto ritrovamento di un suo capello nel luogo in cui è avvenuta la rapina.
Tutto ciò fa sì che queste tecniche scientifico-repressive potenziano, tra le altre cose, quella struttura di difesa di cui il sistema si dota per proteggere apparati, istituzioni ed élite che rappresentano interessi di dominio e di prestigio. Proteggerli da ogni eventuale attacco affinché il suo funzionamento non venga minato. D’altra parte queste tecniche velocizzano ulteriormente quel progresso tecno-scientifico, finanziario, industriale, energivoro e di alienazione che è in atto e che sta devastando irreversibilmente la Terra e ogni essere vivente che la abita. Nello specifico, il prelievo del DNA non è affatto una tecnica nuova che scienza e repressione utilizzano in quanto in alcuni stati è già presente dalla fine degli anni novanta; invece più recente è l’istituzione di banche nazionali del DNA e schedatura generalizzate, di laboratori specializzati e il coordinamento a livello europeo ed internazionale, che rappresentano un ulteriore avanzamento da parte della dittatura tecnocratica basata sulla docilità e la pacificazione sociale, sulla manipolazione e il controllo del vivente e sull’accrescimento del potere capitalistico.
Arricchire la nostra consapevolezza riguardo gli strumenti di cui il sistema si dota per difendersi, reprimere e rafforzarsi, può essere utile per far sì che la nostra critica e la nostra lotta si infervorino sempre più.

Gruppo studio DNA! – Garage Anarchico Pisa

Hambach: sabotaggio linea ferroviaria

Il 21 febbraio 2017 abbiamo sabotato la ferrovia di Hambach. Abbiamo provocato un corto circuito alla linea aerea lanciando un cavo d’acciaio con due pietre fissate (con Gaffa-tape) ad ambo i capi. Deve anzitutto bloccare tutti i treni per il trasporto di carbone nei dintorni.

Quest’azione vuole essere una risposta ai lavori di deforestazione in corso nella foresta di Hambach.
Provateci, è divertente. Dovete semplicemente trovare un ponte sopra i binari. Quando il cavo tocca la linea aerea provoca un gran fulgore (che ti acceca un momento) e un gran botto. Perciò controllate prima se nelle vicinanze ci sono dei Security.

Free Turtle, Free Thunfisch, Freedom for all Prisoners!

Fonte: Linksunten
Traduzione mc, CH

Info da: www.contrainfo.espiv.net

Adesso tocca a noi – Resistenza dal Salento

ADESSO TOCCA A NOI

Il tempo della mediazione è finito.
L’avvio dei lavori di Tap, con l’espianto dei primi quattro alberi dall’area di cantiere dove dovrà essere realizzato il pozzo di spinta, ha strappato il velo – nel caso ce ne fosse stato ancora bisogno – alle ultime illusioni di chi credeva che la via burocratica, istituzionale e giudiziaria, potessero realmente bloccare i lavori. Che questo genere di opposizione non potesse fermare un’opera gigantesca, che coinvolge più Stati e potentati economici fortissimi era chiaro fin dall’inizio, così come era chiaro che qualche amministrazione comunale e qualche ricorso in tribunale non potessero bloccare un’opera considerata “di interesse strategico nazionale”.
Ora che la Legge si sta schierando con se stessa, ora che le amministrazioni comunali dovranno riallinearsi alle direttive degli organi superiori e sono state richiamate all’ordine, ora che il governo regionale, novello Ponzio Pilato, ha lavato per bene le sue mani per sentirsi ed apparire incolpevole, non possiamo più farci illusioni. Non basterà più appellarsi alla sopravvivenza di alcuni ulivi per fermare le ruspe difese da un apparato di vigilanza privato. Non servirà a nulla affermare che si deturperanno le coste per impietosire imprenditori che hanno il cuore a forma di salvadanai. Non avrà senso puntare sullo sviluppo del turismo per far ragionare un mercenario a capo della sorveglianza di Tap. Non sarà opportuno chiedere alla forze dell’ordine di intervenire a tutela dei cittadini: sarà lo Stato a chiedergli di tenere d’occhio i cittadini.
Una sola strada è rimasta percorribile: quella del nostro intervento diretto, a tutela del territorio che viviamo, della nostra salute, delle nostre vite e della nostra dignità. Metterci in mezzo in prima persona per bloccare un’opera inutile e nociva, ennesimo progetto di devastazione calato a forza sulle nostre teste per i soliti interessi di pochi. I lavori veri e propri sono appena partiti e, fino alla completa ultimazione, saranno ancora lunghi. Possiamo ancora fare tanto per bloccarli e rendere difficoltoso il loro progetto costruito sulla nostra sopraffazione.
Ci saremo tutti?
                                                                                                                          Nemici di Tap

Volantino distribuito al presidio permanente no tap
adesso tocca a noi 1

Biotecnologie riproduttive: dove si intersecano mercificazione della donna, corpi animali, attacco al vivente, eugenetica.

Contributo all’incontro del 16 marzo – Milano
“IL MERCATO DELLA GRAVIDANZA NON E’ UN DIRITTO”
organizzato da RUA – Resistenza all’utero in affitto

BIOTECNOLOGIE RIPRODUTTIVE:
dove si intersecano mercificazione della donna, corpi animali, attacco al vivente, eugenetica.

L’utero in affitto e la procreazione medicalmente assistita, che sarebbe bene iniziare a definire come biotecnologie riproduttive, non vengono fuori dal nulla, hanno una storia, si originano e si sviluppano in più piani che si sovrappongono.
Dal controllo e appropriamento patriarcale della sfera riproduttiva della donna, dai processi di contenimento, disciplinamento, normalizzazione dei corpi animali, dalla mercificazione capitalista e in ultimo dall’ingegneria genetica con un biopotere che è entrato fin dentro i corpi e nei processi vitali.

Lo sguardo femminile decentrato è nella posizione per cogliere il legame con gli altri corpi animali, con le altre differenze da sempre assenti e oggetto del potere normativo e dei dispositivi di potere che si iscrivono nei corpi.
Questo sguardo verso l’animale mette in luce quanto sia stato normalizzato, omologato, prodotto in serie, reso modello intercambiabile di specie, sottoposto a un processo di manipolazione del corpo, dalla selezione e l’incrocio alla fecondazione artificiale, all’ingegneria genetica. Tecnologie eugenetiche per un animale migliorato, funzionale all’allevamento e alla sperimentazione.
Se nell’immediatezza il campo sperimentale zootecnico sembra chiudersi dentro capannoni e recinti, di fatto tutto quello che viene sperimentato sugli altri animali successivamente si estende sempre alla società intera. Non dovrebbe stupirci che il ricercatore che ha fabbricato il primo bambino in provetta in Francia, come tutti i ricercatori specializzati nella riproduzione artificiale umana, si è prima fatto le ossa sugli altri animali, in questo caso sulle mucche da latte per aumentare la loro produzione.

Il capitalismo nella sua avanzata ha esteso i territori da accaparrare e sfruttare, rendendo merce ogni essere vivente e mercificando gli stessi elementi vitali, che diventano mera “risorsa” acquisendo un valore economico per ciò che producono di sfruttabile.
Il valore in sè è distrutto. Così un fiume non ha valore perchè parte integrante di un ecosistema e una foresta non è percepita come una fitta rete di interrelazioni vitali, ma fiume e foresta sono considerati e resi risorse da depredare. Così i semi terminator della Monsanto sono modificati geneticamente per essere resi sterili. Così ci facciamo inseminare, affittiamo l’utero e produciamo un figlio. Così ci facciamo bombardare da ormoni per produrre un sovrannumero di ovuli al fine di venderli. Dai semi vegetali arriviamo ai semi umani.
Come i cosiddetti semi miracolo, i pesticidi e le macchine imposti al sud del mondo nella Rivoluzione Verde degli anni ’50, come un batterio ingegnerizzato per ripulire i mari dal petrolio, come un microscopio a effetto tunnel per la modificazione a scala nanotecnologica, non rappresentavano e non rappresentano solo un salto tecnologico, ma sono un’imposizione di una precisa idea di mondo non negoziabile, se non nei loro tavoli truccati, così mantenendo il paragone, le pratiche di GPA e PMA non sono da considerare solo come delle semplici tecniche e non si possono scindere dalle loro conseguenze sull’intera società e dalle logiche che le sottendono.

In questo quadro si iscrive la mercificazione del corpo della donna e della sua capacità riproduttiva.
Si assiste con tristezza ad alcuni contesti anticapitalisti e femministi che fan proprie le logiche di questo sistema tecno-industriale rivendicandole come libertà di disporre del proprio corpo e come autodeterminazione: una servitù volontaria.

La GPA presuppone la tecnica della fecondazione in vitro (FIV) e la conseguente selezione degli embrioni. L’eugenetica è implicata e imprescindibile da tale tecnica.
La FIV è ciò che accomuna la GPA e la PMA che si situano e si attuano all’interno di un sistema medico e commerciale. Nello specifico, la PMA non ha nulla a che vedere con le pratiche auto-organizzate di donne lesbiche e desiderose di avere una/un figlia/o che decidono di fare ricorso a dello sperma di un solidale. Al contrario, ricorrendo alla PMA, è escluso ogni carattere di solidarietà.
Prima di impiantare l’embrione nell’utero della futura madre che ha fatto ricorso alla PMA o della madre che ha affittato l’utero, viene effettuata una diagnosi pre-impianto a livello genetico su una decina di embrioni al fine di selezionarne “il migliore”.
Anche per questo tipo di tecnica, il primo discorso che si produce, per giustificarla e promuoverla, è un discorso di tipo medico che si lega da un lato ai problemi di fertilità dei genitori e, dall’altro al tentativo di rintracciare patologie genetiche della futura/o nata/o.
L’analisi dei dati su chi fa concretamente ricorso alla PMA dimostra poi che già una parte di questo discorso medico è messa in crisi: negli Stati Uniti sempre più coppie fertili e senza problemi di trasmissioni di patologie genetiche, scelgono la fecondazione in vitro con il solo scopo di fare comunque ricorso alla diagnosi pre-impianto unendovi la possibilità, ad esempio, di selezionare il sesso e altre caratteristiche fisiche come il colore degli occhi.
Nella scelta di questi caratteri, resta sospesa una questione: per quanto tempo saranno ammessi degli “scarti”? Chi definisce i caratteri “migliori”, performanti? Ciò che sarà considerato anormale, deviante, non produttivo, non funzionale a questo sistema, verrà semplicemente eliminato all’origine.
Come pensiamo di poter rimanere soggetti attivi in grado di gestire o controllare l’intero processo? Come non si può gestire una centrale nucleare in un assemblea, la FIV esige un armamentario tecnologico non controllabile da una comunità.
Stiamo consegnando definitivamente la procreazione nelle mani di esperti, tecnici, biotecnologi, sottraendola così, definitivamente al potere femminile.
Una volta che la pratica sarà estesa a tutte e tutti si entrerà in un circuito in cui, in nome della libertà di scelta, si creerà un contesto in cui non si potrà fare altrimenti. In un domani non troppo lontano sarà definito prima irresponsabile e poi criminale mettere al mondo figlie/i senza ricorrere alle tecniche di riproduzione artificiale garantite e gestite da un apparato medico.
Allo stato attuale, non si effettuano ancora manipolazioni genetiche nel momento delle diagnosi pre-impianto, ma la fabbricazione del “bambino/a perfetto/a” sottende il mito dell’uomo perfetto tanto caro ai transumanisti.
Nel corpo delle donne, da sempre medicalizzato, invaso, reso luogo pubblico e squarciato dallo sguardo della tecnica, avverrà una sperimentazione biotecnologica con conseguenze per le future generazioni.
Le manipolazioni genetiche così come le modificazioni della linea germinale hanno conseguenze irreversibili: innescati questi processi non è consentito tornare indietro perché tutto viene programmato prima biologicamente e poi socialmente, verso un’unica direzione.
Forse, si pensa che non si arriverà mai a tanto, che le manipolazioni genetiche si fermeranno alle monocolture agricole. Ma tutto ciò che è possibile fare tecnicamente verrà fatto socialmente. E se anche non è possibile farlo tecnicamente nel mentre avremo interiorizzato una precisa idea di vivente, in un tecnomondo dove un ambiente naturale complesso sta diventando un ambiente semplice, programmato, ingegnerizzato e artificializato.
Non esiste nessun comitato etico, più o meno fasullo, che possa far qualcosa, oltre alla descrizione di quello che già stiamo subendo.
Fondamentale è non cadere nell’illusione della regolamentazione. Come per le nocività che non si possono regolamentare perchè equivarrebbe a diffonderle e universalizzarle, regolamentare vuol dire che il disastro è già avvenuto, perchè è già insito nell’emissione stessa, è già insito nella diffusione della pratica. Come ci insegnano gli sviluppi delle tecno-scienze gli effetti collaterali sono il normale procedere e diventano la normalità con cui convivere, così come è la normalità il mercanteggiare le soglie di contaminazione.

Cosa fare contro l’utero in affitto?
La recente sentenza del Tribunale d’Appello di Trento è una preoccupante svolta che mette in discussione il principio inderogabile secondo cui madre è colei che partorisce, questa dimensione è progressivamente inglobata dalle tecniche di riproduzione, da un sistema tecno-scientifico che risignifica la stessa maternità.
La dichiarazione di Arcigay: “Oltre la biologia, per realizzare il pieno interesse dei bambini e delle bambine” è alquanto ipocrita. Non prendiamoci in giro, gli interessi in gioco sono quelli di gay, come di eterosessuali che ricorrono all’utero in affitto. Il patriarcato ha molte facce, non facciamocele sfuggire… con il coraggio di prendere posizione in un contesto in cui basta poco per essere additate come fasciste e omofobe, con il coraggio di mettere in luce le false opposizioni e quelle dettate da opportunistiche agende politiche. La richiesta di legalizzazione delle tecniche di gestazione per altri di tipo solidale e non commerciale, di fatto apre le porte all’utero in affitto. Non può esistere una “gestazione per altri etica”: se legalizzata e generalizzata sarà commerciale. Così come abbiamo i consumatori etici e il mercato etico, così avremo il prestito etico dell’utero e magari a kilometro zero… Anche nella GPA “gratuita” ci sarà un contratto, una regolamentazione e anche se ci fosse la clausola che permette alla donna di poter decidere se tenersi il bambino o di interrompere la gravidanza, come possiamo essere così ingenue da pensare che dietro a quella che si chiama scelta, nella realtà non ci sia una situazione di necessità, come possiamo non pensare che da tali contratti e regolamentazioni non si arrivi a una degenerazione e a una situazione coercitiva.
Il no all’utero in affitto non deve essere parziale, possibilista o dare adito ad ambiguità, serve una posizione netta.

Penso che il nostro piano non dovrebbe essere quello giuridico, non per una presa di posizione ideologica, ma per la semplice considerazione che non esistono soluzioni giuridiche, come non esistono soluzioni tecniche, a problemi sociali, ecologici, politici, nessuna presunta soluzione potrà eliminarne le cause profonde, solo smussare qualche effetto o peggio. Il pericolo è doppio: da un lato si alimenta la fiducia verso un sistema di potere pensando che al suo interno si possano trovare degli spazi in cui interagire, dall’altro tutte queste presunte soluzioni avvallano e rafforzano le stesse strutture e logiche che si dovrebbero abbattere. Pensiamo alla prostituzione, reputo totalmente controproducente appoggiare una legge che la regolamenti, lo sfruttamento dei corpi non si può regolamentare, dandogli dei margini, pur stretti che siano, così facendo si alimentano e rafforzano le logiche di oggettivizzazione della donna che si dovrebbero abbattere. Così come una gabbia più grande non porta come passaggio successivo l’eliminazione della gabbia e lo scardinamento di logiche antropocentriche, anzi ci fa solo abituare a quella gabbia, rendendola addirittura etica… la gabbia oltre a ciò che rinchiude l’animale è metafora di tutto ciò che rinchiude le reali possibilità di cambiamento.
Per la GPA, dal momento in cui non è legale, non ci si trova sull’impervio terreno abolizionista e proibizionista, ma non deve passare una legge. Il punto è che questo dovremmo ottenerlo con la costruzione di un contesto realmente critico e di rottura, che sappia generare nuove conflittualità devirtualizzando l’immaginario del possibile di fronte a noi. Bisognerebbe ripartire dalle donne, dal basso, in un ottica di attivismo, ripartire a riprenderci in mano ciò che ci appartiene. Pensiamo alle esperienze degli anni’70 dei consultori femministi autogestiti in cui le donne discutevano, si autogestivano, si autorganizzavano. Le giovani stanno perdendo memoria di queste esperienze come delle lotte femministe.
Una critica uscita da un giro di presentazioni contro la PMA portava il problema sanitario dell’autoinseminazione casalinga, come soluzione veniva portata la PMA medicalizzata. Mi chiedo quale logica ci fa delegare a esperti (uomini) e a un sistema medico una dimensione che riguarda i nostri corpi, nello specifico, per questa osservazione, penso che l’autoinseminazione sia possibile senza strutture al di fuori della nostra portata, in maniera totalmente autogestita e sicura. Questo è un esempio per far capire come le donne si siano abituate a delegare e a cercare altrove le alternative, invece che prendere in mano il problema.
Così come per le analisi, ci si affida alle parole della giornalista, dell’intellettuale, dell’esperta, senza più discutere, scrivere, andando così ad atrofizzare le proprie capacità critiche di interpretare e analizzare il presente e la realtà attorno a noi.
Cosa ci poniamo è una domanda fondamentale, la sinistra, un certo femminismo, sono imbrigliate nei soliti discorsi e rivendicazioni, non sanno guardare oltre e l’analisi è parziale. Non facciamoci sfuggire il presente, perchè i cambiamenti già in atto e sul prossimo futuro sono stravolgenti, una tecnologia che penetra i corpi, performativa, totalizzante, bisognerebbe iniziare a parlare anche di questo se no si lascia spazio solo alle femministe a favore, mentre quelle contrarie dove sono? E l’ecofemminismo dov’è finito?
Senza un’analisi critica che vada in profondità, che metta in luce le relazioni, le conseguenze, le logiche sottese, i rischi, come possiamo pensare di incidere sul presente? Che le nostre rivendicazioni non siano stroncate nella loro potenzialità e che sappiano sempre cogliere l’insieme che unisce lo sfruttamento dei corpi tutti.
Nel punto per l’8 marzo – Sui nostri corpi, sulla nostra salute e sul nostro piacere decidiamo noi – non è stato incluso l’utero in affitto, penso sia una grave mancanza, mi chiedo come si fà a unirsi quando ci si spaccherebbe su questo…
Essere donna non basta per un’unità d’intenti, ci sono dei principi base dai quali non si può prescindere, come l’anticapitalismo, per cominciare. Se un’alleanza con reazionarie e cattoliche è impensabile, facciamo anche attenzione a ciò che si nasconde anche sotto la bandiera progressista di sinistra. Un’identità comune compresa nel soggetto donna si sgretola davanti alla realtà storica, culturale, sociale, davanti alle differenze tra classi e davanti all’idea di mondo che vorremmo. Si dovrebbe respirare una tensione di rottura con questo sistema, non una convivenza, una rivendicazione femminista radicale non può passare attraverso le briglie di questo sistema patriarcale, antropocentrico e tecno-scientifico.
In gioco c’è molto di più, se non cogliamo le sfide che ci si pongono davanti, con il coraggio di allargare il nostro sguardo potremmo perdere tutta la partita senza che neanche ce ne accorgiamo…

Silvia Guerini
www.resistenzealnanomondo.org

La capacità riproduttiva della donna diventa oggetto di appropriazione

Il Tribunale d’appello di Trento, in data 23 febbraio 2017, doveva valutare la richiesta da parte di una coppia di uomini per essere riconosciuti entrambi come genitori dei gemelli nati da ovodonazione e affitto di utero in Canada.
Il Tribunale ha dato loro ragione. Non solo il padre biologico, ma anche il suo compagno dovrà essere riconosciuto come genitore.
Qui c’è una differenza sostanziale, riconoscendolo non come genitore adottivo, ma come genitore. Questo principio può valere sia per le coppie omosessuali, sia per quelle eterosessuali: è stato riconosciuto come genitore un padre né biologico né adottivo, così potrebbe essere riconosciuta come madre la donna che non ha partorito il figlio e non ha messo a disposizione i suoi ovociti.
Per la prima volta a proposito di una famiglia omogenitoriale con due padri, si è stabilito che madri e padri si diventa non soltanto grazie al corpo, o ai geni ma anche e soprattutto grazie all’intenzione, dunque al desiderio che sappia tradursi in consapevole assunzione di responsabilità.
Tutto questo cosa comporta?
La scomparsa della madre, ridotta a un utero preso in affitto.
Si sta man mano mettendo in discussione il principio inderogabile secondo cui madre è colei che partorisce, questa dimensione è progressivamente inglobata dalle tecniche di riproduzione, un sistema tecno-scientifico che risignifica la stessa maternità.
La madre è colei che ha l’esperienza della gravidanza, a prescindere dall’origine dell’ovocita.
La maternità è una dimensione che appartiene alla donna, non si possono annullare le differenze intorno al materno tra uomo e donna. Si sta lasciando libero il campo ad appropriarsene all’uomo, al sistema medico, allo stato, alle aziende della riproduzione.
Gli uomini non possono portare in grembo un figlio, il loro desiderio di paternità non può trasformarsi nel diritto di averlo passando sui corpi delle donne.
La dichiarazione di Arcigay: “Oltre la biologia, per realizzare il pieno interesse dei bambini e delle bambine” è alquanto ipocrita. Non prendiamoci in giro, gli interessi in gioco sono quelli di gay, come di eterosessuali che ricorrono all’utero in affitto. Il patriarcato ha molte facce, non facciamocele sfuggire…
Questa sentenza non è da sottovalutare per le sue conseguenze, sicuramente è un passo avanti verso la scomparsa della madre e verso un’appropriazione della dimensione procreativa. Spalanca la porta all’utero in affitto.
Contro le biotecnologie riproduttive!
                                                                                                       Resistenze al Nanomondo

Processo d’Appello contro Silvia, Billy e Costa Torino, 15 Febbraio 2017

Questa mattina si è svolta l’udienza di appello contro Silvia, Billy e Costa.
Nelle motivazioni di sentenza di 1° grado era stata evidenziata una non procedibilità per difetto di giurisdizione che si può appellare solo per Cassazione. E’ stato quindi respinto l’appello del PM e rinviato alla Cassazione per la decisione definitiva.
La Cassazione dovrà pronunciarsi sulla validità dell’appello, se non sarà ritenuto valido il tutto finirà in niente, diversamente si tornerà al processo d’appello.

In vista del processo ci troviamo a sostenere numerose spese legali, chiediamo a tutte e tutti supporto con iniziative benefit e donazioni al conto corrente postale intestato a Marta Cattaneo codice IBAN: IT11A0760111100001022596116,
dall’estero: Codice BIC BPPIITRRXX
specificare la causale: solidarietà a Silvia Billy Costa

Per contatti:
www.silviabillycostaliberi.noblogs.org

Salonicco – Attacco incendiario dell’ELF contro IIRSA

Prima della chiamata dal Sud America contro nuovi piani distruttivi del progetto IIRSA cui preoccupazione principale è lo sviluppo e l’apertura degli scambi tra reti stradali, le telecomunicazioni, mare e aria, abbiamo deciso di agire.
Mercoledì 15/2, alle 2 del mattino, abbiamo incendiato due macchine di scavo nel centro di Salonicco.
Il nuovo piano economico procederà a una massiccia distruzione dell’Amazzonia, tra cui la deforestazione, l’eliminazione di fauna e flora, la persecuzione delle popolazioni indigene e la contaminazione delle acque destinate per la crescita economica nel complesso industriale.
Un complesso che è indissolubilmente connesso con l’autorità e maestria, mentre gli spread nella società che a sua volta alimenta, la maggior parte del tempo volontariamente. Una società che riproduce le norme sociali imposto, perpetuare il regime di schiavitù del salario, che è un osservatore l’assalto di dominio. Una torbida interamente dalla propaganda, costituita per seguire percorsi dettati dalla sottomissione.
Contro i loro miserabili viaggi, vi proponiamo l’azione anarchica rivoluzionaria. La diffusione di parola e di azione, e la destabilizzazione dei social pace, l’ordine e la sicurezza.
Come dominio, obiettivi fisici sono ovunque. Il complesso è costituito da autoritaria delle istituzioni e delle strutture diverse ma interconnesse. La scommessa per noi è l’attacco, qui e ora, contro tutti gli aspetti di autorità e di empowerment delle azioni dirette, in modo che le nostre lotte sono caotica come possibile.
Contro i progetti di sviluppo e le strutture complesse tecnico-scientifica.
Per la distruzione della civiltà.
Forza anarchici ostaggi di guerra.
Un segnale di fuoco a tutti i nostri compagni in lotta contro l’autorità con tutti i mezzi.
Fuoco alle macchine.
Viva l’anarchia.
Earth Liberation Front (ELF) – Cell agitazione anti-civiltà.

Info da: www. 325.nostate.net

Nulla di piu’ lontano dalla liberta’. Dove siamo arrivate? Dove stiamo andando? Verso un presente e un futuro alienato, artificiale e di dominio. Sul Manifesto Xenofemminista

Inquietanti e pericolose fusioni stanno avvenendo tra alcune aree antispeciste e un femminismo che porta alla ribalta la metafora del cyborg della Haraway che, tra l’altro, con le sue argomentazioni offre una copertura ideologica e una giustificazione alla sperimentazione animale, all’allevamento, addestramento, uccisione di animali per scopi di ricerca e alimentari e all’ingegneria genetica. Nello specifico consiglio di leggere il saggio “Le promesse disattese dei mostri”, nel libro “Nell’Albergo di Adamo”. 1

Il soggetto si frantuma, al suo posto emerge il/la cyborg, figura post-genere, che dovrebbe scardinare il sistema dominante fondato sulle dicotomie sè/altro, femmina/maschio, natura/cultura, mente/corpo, uomo/macchina. La macchina attira, è libera dal genere, così come attirano le potenzialità delle biotecnologie per eliminare ogni diversità di genere, andando a confondere libertà con pratiche di dominio, prevaricazione e controllo sui corpi e sulle menti.
Una vicinanza trans-xeno-femminista, queer, antispecista, una moltitudine e grande famiglia di compagni di specie: alieni, ibridi, surrogati, strumenti viventi, oncotópe, queer, cyborg. La potenzialità che vedo è quella di cancellare ogni avversione a questo mondo, di cancellare anche solo il sogno di un mondo diverso, selvatico, corporeo, in grado di cancellare l’animale che siamo. Il cyborg è una metafora che si incarna. Che ha conseguenze. Un futuro, che è già presente, fatto di cavi in silicio, di macchine, di lotte virtuali, di rivoluzioni fatte a ormoni… In tutto questo un assente, l’Animale, niente di più lontano da una macchina. Dovremmo solo riscoprirci animali e carne del mondo.

“Alleanze transfemministe e queer in vista di una liberazione tecno-scientifica dei corpi e delle relazioni – di parentela, sessuali, genitoriali – dalle catene del biolavoro globale, allora è esattamente lungo i sentieri di questi processi e di questi desideri che la scienza e la tecnologia possono, forse, trovare la propria strada.” Federico Zappino, parole emblematiche. 2

Lo Xenofemminismo è figlio di questa società alienata e ipertecnologica e mi chiedo di quale libertà stia parlando, considerando che passa attraverso le tecnoscienze, proprio quelle che hanno portato all’attuale degradazione noi e l’intero pianeta in cui viviamo.

Si percepisce una fobia del corpo, della natura fino ad arrivare a negarla, “è solo una costruzione per reprimere il diverso, è reazionaria” si sente dire da un pò di tempo e sempre più spesso. E così, al di fuori dalla natura diventiamo macchine, anzi lo siamo già, “perchè in fondo siamo già soggettività ibride, siamo già tutte cyborg” pensiero che si è originato dalla Haraway e che sta trovando un terreno fecondo in cui svilupparsi. 3

L’ideologia del cyborg e il manifesto Xenofemminista rappresentano la fine della liberazione animale così come di ogni possibile liberazione. Sono ben evidenti vicinanze, punti di contatto e sovrapposizioni con le stesse logiche e strutture di dominio che si vorrebbero scardinare.
Dovremmo respingere e combattere queste posizioni, chi le appoggia e chi le diffonde. Anche se in veste diversa, non si è mai arrivate così vicino alle istanze, ai desideri, ai bisogni di transumanisti e biotecnologi, così vicino da fondersi con gli stessi imperativi di questo sistema. Un ibrido mal riuscito di un femminsmo hi-tech che spaccia istanze liberatorie e che si pone come forza in grado di scardinare il sistema, ma che in realtà ne è sostenitore e parte integrante.

  • Il nostro destino è legato alla tecnoscienza, dove nulla è tanto sacro da non poter essere riprogettato e trasformato in modo da allargare la nostra prospettiva di libertà, estendendola al genere e all’umano. […] Non vi è nulla, sosteniamo, che non si possa studiare scientificamente e manipolare tecnologicamente.

Riconoscere che siamo circondate e pervase da protesi tecnologiche non vuol dire accettarle, il punto è che le stesse premesse delle tecnoscienze vengono assunte come proprie e rivendicate.

La riprogettazione e modificazione degli elementi vitali, strettamente interconnessi alla sopravvivenza stessa del pianeta, la modificazione e riprogettazione dei corpi tutti, è il paradigma e l’operare di questo sistema.

Lo Xenofemminismo vuole schierare strategicamente le tecnologie esistenti per riprogettare il mondo, anche tecnocrati, transumanisti, bio e nano tecnologi… mi chiedo quale idea di mondo lo Xenofemminismo porti con sé.

Mi chiedo quali sarebbero questi fini progressisti di genere quando nel manifesto si parla di riprogettare il mondo, e i corpi, ammaliate dalle potenzialità delle biotecnologie. Non sarà possibile un’emancipazione con pratiche e tecniche che manipolano il vivente, il danno e il dominio sono insiti nella tecnica stessa insieme all’idea di mondo che le rende necessarie. Il danno è tanto più grave in quanto nessuna di queste tecnologie consente la valutazione dell’eventuale vantaggio che potrebbero apportare, non è negoziabile un limite “quantitativo” poiché il limite è “qualitativo”. Nessuna regolamentazione è accettabile perché la pratica stessa è inaccettabile.

Tutti quei rischi evidenziati dal manifesto Xenofemminista non sono semplici effetti collaterali, ma parte integrante di questi sviluppi tecnologici, gli effetti collaterali sono il normale procedere e diventano la normalità con cui convivere. Non può esistere un mondo liberato e tecnologico, non può esistere una tecnologia al servizio della libertà. Come possiamo pensare di rimanere soggetti attivi e di gestire o controllare certi processi? Questi processi non si possono gestire e comunque noi non li vogliamo, così come non si può gestire una centrale nucleare in assemblea e come, a prescindere, non vorremmo una società atomica.

Si legge un elogio alla razionalità, quando c’è un mondo infinito e indicibile che sempre sfugge alla nostra ragione e alla nostra concettualizzazione, la stessa natura, in fondo è un qualcosa di inspiegabile, di non conoscibile… Una presunzione e un’arroganza che mi rimanda a Bacone e Cartesio, in cui la natura era tutto ciò che la ragione e la scienza potevano conoscere per dominarla e sottometterla all’uomo. Pensiero, tra l’altro, estremamente antropocentrico.

  • Se la natura è ingiusta, cambiala!

    In sottofondo scorre il solito ritornello: avvalersi delle discriminazioni per arrivare a dire che la natura è ingiusta. Se, per secoli, il concetto di natura è stato usato dal potere per distinguere chi era ritenuto diverso, anormale, deviante, in base a norme sociali, culturali e politiche, per reprimerlo e normalizzarlo, questo non vuol dire che la natura in sè, e non resa concetto e potere normativo, sia portatrice di tali disuguaglianze e soprusi. Nessun culto della natura da parte nostra, e invece culto di una scienza emancipatrice e salvatrice che traspare da questo testo…
    Applicare i nostri valori e i nostri giudizi morali alla natura è evidente espressione del nostro antropocentrismo e nulla ha a che vedere con la “natura” intrinseca della natura.

Il problema non è certamente la natura, la crisi ecologica in atto mette in evidenza proprio la sua indispensabilità e l’impossibilità di sostituirne o di artificializzarne i processi.

Leggere che il femminismo deve essere un razionalismo mi fa rabbrividire, visto che nella storia del patriarcato è stato anche proprio il razionalismo a reprimere la donna.
Il patriarcato come nuovo potere scientifico e tecnologico fu una necessità politica dell’emergente capitalismo industriale.

Il sistema tecno-industriale nella sua avanzata ha esteso i territori da accaparrare e sfruttare, rendendo merce ogni essere vivente e mercificando gli stessi elementi vitali, che diventano mera “risorsa” acquisendo un valore economico per ciò che producono di sfruttabile.

Il valore in sé è distrutto. Così un fiume non ha valore perché parte integrante di un ecosistema e una foresta non è percepita come una fitta rete di interrelazioni vitali, ma fiume e foresta sono considerati e resi risorse da depredare. Così i semi terminator della Monsanto sono modificati geneticamente per essere resi sterili. Così ci facciamo inseminare, affittiamo l’utero e produciamo un figlio. Così ci facciamo bombardare da ormoni per produrre un sovrannumero di ovuli al fine di venderli.

Nessun essenzialismo, ma un’opposizione alle logiche di mercificazione di questo sistema tecno-industriale dove tutto è merce, tutto è quantificabile e soggetto al criterio dell’utile, tutto è in vendita, tutto è ingranaggio in una mega macchina che stritola i corpi e il mondo intero.

  • […] dobbiamo progettare un’economia che liberi il lavoro riproduttivo e la vita familiare[…]

A parte che mi sembra assurdo includere in un linguaggio economico la procreazione, ma mi chiedo cosa voglia dire liberarci dal lavoro riproduttivo: non fare più figli? Ricorrere alla procreazione artificiale e sognare mondi futuri di gravidanze extrauterine? Esperimenti in questa direzione già sono stati fatti, facendo nescere in uteri artificiali dei vitelli. Se i nostri desideri vanno pari passo con gli scenari da incubo di questo sistema, forse bisognerebbe porsi qualche domanda…

Interessante inoltre questa futurità femminista dello Xenofemminismo che si sposa con la domotica, e perchè no, magari un bel microcip impiantato nel braccio. Trovo a dir poco agghiacciante il collegamento logico dalla casa al corpo, proprio ben situato nel paradigma di dominio. Compagnie come l’IBM e Google sarebbero molto in sintonia con questi pensieri e appoggerebbero senza dubbio questo nuovo femminismo… Mi sembra di sentire i maggiori sostenitori delle tecnoscienze: già abituati alla protesi del telefono cellulare non sarà difficile far passare un microcip da impiantare nel nostro corpo per esempio per un’analisi dei livelli di alcune sostanze, un continuo monitoraggio e controllo con l’illusione di farci vivere in salute e più a lungo. Ci facciamo anche noi ammaliare da queste promesse? Il fall-out radioattivo non ci ha insegnato proprio niente?

Siamo animali tra altri animali. Abbiamo dei limiti come esistono dei limiti nel pianeta che ci ospita. Ci ammaliamo, muoriamo. Un desidero di onnipotenza è insito nel voler superare a tutti i costi malattia e morte. Il postumano dei transumanisti, le nuove soggettività in divenire dello Xenofemminismo ci libereranno da ogni male, amen.
La sofferenza, la malattia, così come anche il desiderio di avere una figlia di una donna con difficoltà a procreare, non possono rappresentare il criterio con cui costruire la nostra analisi, altrimenti sarà fuorviata da sofferenze, bisogni e interessi personali.

Se il nostro sguardo va oltre un piano personale, la proposta avanzata circa la primaria importanza della “libera e autogestita” distribuzione di ormoni mi sembra eccessiva. Leggere che gli ormoni hackerano i sistemi di genere attraverso una portata politica mi fa risuonare l’eco di Beatriz Preciado secondo la quale prendere testosterone è un atto politico e ci fa diventare dissidenti.4 Penso che i problemi ecologici-sociali-politici che si pongono davanti a noi siano ben altri e ben altre le possibilità di rottura con questo sistema eteronormativo, sessista, patriarcale.

“L’incrocio transgenico inquina, sfida la sacralità della vita, destabilizza, mette in discussione le specie, così come l’oncotopa. Confini che spariscono e nuove soggettività in divenire.” 5 In questa lettura attenzione a non far sfuggire un particolare fondamentale. Si sta parlando di un qualcosa che si crea in un laboratorio, un laboratorio che apre il proprio campo sperimentale al mondo intero. Il laboratorio, così come l’allevamento, è una struttura di potere: all’interno del quale l’animale, a differenza di quello che afferma la Haraway, non può avere uno spazio di libertà, ma solo essere oggetto di coercizione, così come tutto ciò che esce da un laboratorio non può essere considerato quale elemento potenzialmente in grado di scardinare una struttura di potere di cui è intriso. Che logica perversa.
Non dimentichiamo che si sta filosofeggiando sui corpi e, nel mentre, nuove oncotópe nascono per l’industria della biotecnologia e all’orizzonte nuove chimere transgeniche ci ricordano che non c’è tempo da perdere.

                                                                                                      Silvia Guerini, Marzo 2017
                                                                                                      www.resistenzealnanomondo.org

1 Weisberg Zipporah: Le promesse disattese dei mostri. La Haraway, gli animali e l’eredità umanista in Massimo Filippi e Filippo Trasatti (a cura di) Nell’Albergo di Adamo. Gli animali, la questione animale e la filosofia. Mimesis Edizioni.

2 Federico Zappino: Una riflessione a partire da “Biolavoro globale. Corpi e nuova manodopera” di Melinda Cooper e Catherine Waldby (a cura di Angela Balzano, DeriveApprodi 2015) www.lavoroculturale.org/sulla-maternita-surrogata

3 Donna J. Haraway: Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo. Feltrinelli.
Rosi Braidotti: Il postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte. Derive Approdi.
Rosi Braidotti: Per amore di zoe. Intervista di Massimo Filippi ed Eleonora Adorni. Liberazioni, rivista di critica antispecista, numero 21, estate 2015

4 Judith Butler e Beatriz Preciado a dibattito, intervista su:
www. incrocidegeneri.wordpress.com

5 Per approfondimenti rimando a un testo significativo, anche se è una lettura che si è diffusa oltre la stessa Haraway:
Donna J.Haraway: Testimone_Modest@ FemaleMan©_incontra_Oncotopo. Femminismo e tecnoscienza. Feltrinelli.