29 novembre Torino: Incontro solidale – Riprendiamo le ostilità alle tecnoscienze

INCONTRO SOLIDALE IN VISTA DEL PROCESSO A BILLY SILVIA COSTA
RIPRENDIAMO LE OSTILITA’ ALLE TECNO-SCIENZE

Lanciamo un momento solidale in vista del processo che si svolgerà a Torino il 13 Gennaio. Billy Silvia e Costa sono accusati di possesso, trasporto e ricettazione di esplosivo, e per il tentativo di attacco al centro di ricerche nanotecnologiche IBM a Zurigo. Questo si collega al 15 Aprile 2010 quando vennero fermati e arrestati dalla polizia elvetica che, perquisendo la loro auto, aveva trovato materiali esplosivi e incendiari e dei volantini che rivendicavano un imminente attacco esplosivo a firma “Earth Liberation Front Switzerland” (Fronte di liberazione della Terra) contro il centro di ricerche all’epoca in fase di realizzazione.
Processati, erano stati condannati a pene detentive dai 3 anni e 4 mesi ai 3 anni e 8 mesi.
Nel mentre la procura di Torino aveva aperto un’indagine anche nel tentativo di imbastire un’associazione sovversiva tra numerose situazioni impegnate in lotte ecologiste ed anarchiche e che avevano creato una rete solidale attorno a Billy, Silvia e Costa. Di fatto questo tentativo, caduto dopo anni, è servito per un forte monitoraggio e controllo di queste situazioni.
Vorremmo partire dal senso che è stato espresso dalla solidarietà negli anni della carcerazione in Svizzera, per riportare nuovamente un’attenzione verso gli sviluppi delle tecno-scienze e sulla necessità di opporvisi. Su quel percorso, che non è iniziato in Svizzera e che non si è mai interrotto, ci piacerebbe incontrare altri pensieri per costruire progettualità comuni, per non fermarsi sul momento repressivo, ma trasformarlo in nuove possibilità di critica e lotta.

DOMENICA 29 NOVEMBRE
ORE 17 PRESSO RADIO BLACKOUT, VIA ANTONIO CECCHI 21/A
TORINO

 

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Aggiornamento da Marco Camensich

Novembre 2015: Aggiornamento “discesa”

Nell’ultima settimana di ottobre 2015 è arrivato il responso della “commissione specialista” che sorprendentemente dichiara d’accordo con tutti i punti per una “discesa” proposti dal DAP ZH. Questo significa anche tra i vari passaggi, per es. dai permessi scortati a quelli senza scorta, o dagli ultimi al lavoro esterno, non richiede nuovi esami propri.
È positivo in quanto scadono i relativi rallentamenti del percorso e che questo, sempre entro i margini previsti,
potrebbe ev. svolgersi in modo più “flessibile”. Alla fine dell’ultima settimana di ottobre ci fu anche un’ulteriore “audizione” con il “responsabile del caso”, nella quale essenzialmente fu confermato il trasferimento a Saxerriet che avverrà nel mese corrente. Infos/News seguiranno.

Marco Camenisch, 01.11.2015, galera Bostadel, Menzingen, CH

Una mappa per accedere al cervello

Dal 2013 ha preso avvio il Human Brain Project, un progetto di ricerca con l’obbiettivo ultimo, entro i prossimi 8 anni, di arrivare a creare una simulazione informatica del completo funzionamento del cervello umano. Un progetto mastodontico reso possibile unicamente dal finanziamento di un miliardo di euro stanziato dalla Commissione Europea nel quadro del suo programma “Tecnologie Future ed Emergenti” (FET- Future and Emerging Technologies).

Le tecnoscienze come investimento
Questo programma rappresenta una sorta di “New Deal” del nuovo millenio: spingere ulteriormente la convengenza scientifica in ambiti avveneristici, e quindi rischiosi economicamente, per tirare fuori sostanzialmente nuove applicazioni tecnologiche redditizie in campo sociale (leggesi controllo sulla societa’) ed economico.
I progetti in concorso per ottenere questo enorme finanziamento erano sei, uno piu` inquietante dell’altro. Come denominatore comune tutti avevano quello della convergenza tecnoscientifica per sviluppare nuove applicazioni tecnologiche “rivoluzionarie” per la distopia che stiamo vivendo. Ad esempio, uno dei progetti in concorso si pone come obbiettivo il ricostruire virtualmente tutti i processi biologici del corpo umano, cosi` da creare un modello di paziente standard universale, personalizzabile modificandone semplicemente le caratteristiche anatomiche, fisiologiche e genetiche1. Oppure, un’altro delirante progetto di quelli in concorso, mira a raccogliere il maggior numero di dati possibli sullo stato del pianeta terra, cosi da sviluppare un simulatore capace di predire le evoluzioni sociali, “rilevare e mitigare le crisi, identificare oppurtunita` in aree specifiche” e fornire un supporto nella presa di decisione in ambito politico, economico e sociale2.. Tra tutti questi progetti, l’hanno spuntata in due. Una ricerca nanotech sul grafene e, appunto, il progetto faro della neuroscienza: ricreare un cervello virtuale biologicamente preciso.

Progetti decisamente ambiziosi ma soprattutto costosi, e il fatto che un’ istituzione qual’e` la Commissione Europea decida di mettere in gioco miliardi di euro sottolinea almeno due punti importanti rispetto a queste ricerche. Il primo e’ la riprova, una volta di piu`, di come la ricerca scientifica, prima ancora di servire al “progresso dell’umanita`”, serva al potere. Un progetto praticamente identico esiste infatti tanto in Cina che negli Stati Uniti. Il corrispettivo statunitense e’ chiamato BRAIN Initiative (dove la siga Brain significa Research through Advancing Innovative Neurotechnologies) ed e’ finanziato anche dalla DARPA, l’agenzia di ricerca per le tecnologie militari. Per quanto i due progetti siano separati, essi si sono promessi reciproco aiuto, e sebbene il progetto europeo abbia all’apparenza esclusivamente finalita` “civili”, va da se` come nell’attuale societa` questa distinzione sia del tutto pretestuosa. Nella societa` attuale, dove la guerra e’ solo uno tra gli strumenti a disposizione delle economie per ampliare i mercati, un vantaggio nella corsa allo svilluppo Hi-Tech ha il suo peso nella scacchiera mondiale, anche quando non e’ direttamente uno sviluppo militare. In secondo luogo e` evidente, ma nemmeno questa e` una novita`, il rapporto di simbiosi tra economia e ricerca scientifica. Dietro al programma FET della Commissione Europea e` fatto palese come lo scopo di mettere in moto una tale quantita` di soldi sia non solo garantire all’europa una superiorita` tecnologica nel campo delle neuroscienze, ma pure dare un’accellerata alla trasformazione in applicazioni tecnologiche capitabilizzabili di quanto la ricerca sulle bio e nanotecnologie ha svelato ai ricercatori come conoscenze “teoriche”. Si capisce allora perche all’interno del progetto e’ previsto un piano per una fondazione privata (in Svizzera, dove ha sede il progetto) incaricata di sfruttare le opportunita’ commerciali che emergeranno dal HBP .

Il cervello fuori di testa
La mente dietro a questo progetto si chiama Henry Markram, professore e direttore del laboratorio di microcircuiti neurali presso il Politecnico Federale (EPFL) di Losanna e fondatore del Brain Mind Institute. Nel 2005 EPFL aquista a prezzo scontato il super computer “made IBM” Blue Gene/L e lo mette a disposizione di Markram per poter dare avvio ad una ricerca che da tempo gli frullava in testa, il Blue Brain Project, ovvero la ricostruzione artificiale della colonna corticale di un ratto, per potervi poi mappare ogni tipo di neurone e le loro connessioni all’interno della colonna. Ma il vero sogno di Markram e’ un’altro, quello di ricostruire pezzo per pezzo all’interno di un computer, niente po’ po’ di meno che il cervello umano. Gettare in pasto a supercomputer di nuova generazione (sempre sviluppati e installati da IBM, e a loro volta ispirati al funzionamento del nostro cervello) l’enorme mole di informazioni generata dalle neuroscienze, per arrivare a una macchina che riproduca il cervello umano a tutti i livelli, dai singoli neuroni alle funzioni cognitive principali. Un lavoro che ha del titanico e che consiste nella raccolta di un enorme mole di dati provenienti da ospedali e univesita`. Questi poi saranno compilati ed armonizzati all’interno del supercomputer BlueGene/Q Lemanicus, il nuovo gioiellino che Markram si e’ visto mettere a disposizione. Ecco che il Progetto Blue Brain fa` in questo modo un passo in avanti e diventa, nel 2012, il Progetto Cervello Umano, candidandosi e vincendo il finanziamento FET.

Lo Human Brain Project diventa a questo punto un progetto europeo, coordinato dal Politecnico Federale di Losanna e coinvolgendo 112 istituti di ricerca e universita`, per la maggior parte in Europa, ma pure in Canada, Cina, Argentina e Stati Uniti, per un totale di 24 nazioni coinvolte. La sua sede principale, in un primo momento situata a Losanna, presso il campo Neuropolis con i finanziamenti del Canton Vaud e dell’azienda orologiera Rolex, da un anno si e’ spostato a Ginevra, all’interno di uno stabile in disuso della farmaceutica Merck Serono ed acquistato dagli imprenditori Ernesto Bertarelli e Hansjoerg Wyss, il primo CEO di Serono e il secondo fondatore di Synthes e del Centro Wyss per la Bio- e la Neuro-Ingegneria. Qui i due sognano di creare una “silicon valley” per quanto rigarda le biotecnologie, attirando attorno al campus che ospitera` l’HBP aziende, industrie e start-up.

In questa corsa al cervello, dove Europa e USA si giocano il primeggiare nelle neuroscienze, l’Italia non ha certo voluto mancare all’appuntamento, e tra le file degli istituti coinvolti in questo super progetto spiccano diverse “eccellenze” del “bel paese”.
Innanzitutto, poiche’ piu` che di cervello umanamente inteso, qui si parla di supercomputers, vi partecipa il Cineca, il consorzio di Casalecchio di Reno (con sede anche a Milano e Roma) che raggruppa ben 70 universita` di tutto il paese offrendo i suoi supercalcolatori alla comunita` scientifica nell’ambito della simulazione numerica e la visualizzazione scientifica. Il LENS (il Laboratorio Europeo per la Spectrocopia Non-lineare) di Sesto Fiorentino, insieme all’universita` di Firenze si occuperanno di sviluppare un tomografo ottico capace di ricostruire l’intera rete del cervello ad un livello molto dettagliato. L’universita` di Pavia , in collaborazione con l’IRCCS Mondino, proveranno a sviluppare un primo modello realistico del cervelletto che verra` integrato nel modello di cervello che uscira` dal Human Brain Project. Nonche’ il Laboratorio di Neuroscienze Computazionali di Palermo, l’Istituto di Scienze e Tecnologie Cognitive di Roma, il Politecnico di Torino e il Sant’Anna di Pisa.

La Grande Scienza
Il progetto Human Brain ha in se’ tutti i tratti di quella che e’ definita “Big Science”: un progetto che mira a raccogliere ed elaborare un’infinita` di dati, che richiede un’enorme staff, grandi laboratori e costosi macchinari e che e’ reso possibile solo da ingenti finanziamenti. Condizioni queste che qualsiasi scienziato spererebbe per il proprio ambito di ricerca, ma che si realizza soltanto nel momento in cui il sistema intravvede una priorita` (o urgenza) nello sviluppare un certo settore scientifico. La nascita della “Big Science” e’ comunemente associata con il progetto Manhattan, ovvero il progetto statunitense per lo sviluppo della bomba nucleare negli anni ’40. Da questo momento inizio` un mutamento in quello che era il rapporto tra scienza e societa`, dove il governo diventa capo e patrono della scienza generando un cambiamento nel carattere stesso dell’istituzione scientifica. Se prima di questo momento gli scienziati dovevano infatti sapersi arrangiare per portare avanti le loro ricerche, di cui poi solo poche scoperte trovavano una reale applicazione, da questo momento in poi le ricerche vengono sempre piu` commissionate da governi, istituzioni e, piu recentemente, dalle multinazionali diventate parte dell’oligarchia. Non più “artigiani della scienza”, ma impiegati, scienziati arruolati. Ovvero, una sorta di processo di industrializzazione della scienza.
Non è un caso ovviamente che in un primo momento, nel primo dopo guerra, i settori che più trovarono sviluppo dall’emergere di questa nuova “Grande Scienza” furono l’astronomia e la fisica, entrambi settori strategici per quello che era la situazione storica in relazione alla guerra fredda. Negli ultimi decenni invece i settori che più stanno trovando spinta in questo genere di ricerca sono le scienze naturali, e in particolare le scienze della vita. Se in un primo momento, dal nascere di questa “Big Science”, la necessità era lo sviluppare la missilistica e le telecomunicazioni satellitari, in linea con le priorità dei tempi, oggi invece la necessità a cui la scienza deve rispondere, è la sopravvivenza del sistema stesso. L’ingegnerizzazione del vivente, per affrontare le ripercussioni sull’essere umano e sul resto della natura che i cambiamenti indotti dalla societa` industriale hanno provocato, nonche’ la ricerca di nuove “risorse” per mandare avanti la macchina industriale, per alimentare il sistema.
E se il Progetto Genoma Umano fu uno sforzo “in grande stile” per identificare e mappare tutti i geni del genoma umano (tanto dal punto di vista fisico che delle loro funzioni), in un’era in cui la manipolazione genetica non e’ piu` presentata come possibilita` ma come una necessita`, il Progetto Cervello Umano si presuppone di arrivare a capire il funzionamento di quella che puo essere vista la sede di tutto cio` che ci definisce come pensieri, emozioni o ricordi del vissuto.
Sebbene alla base di questa ricerca vi siano le solite nenie della “ricerca di base” e dell’ “importante contributo alla ricerca medica” (ormai diventate una sorta di rito incantatorio), date le premesse della societa’ in cui viviamo e che si realizza sul controllo, la manipolazione e lo sfruttamento, si puo’ ben intuire come “l’accesso alla conoscenza del funzionamento del cervello” sia solo un eufemismo per intendere la possibilita` di schiudere maggiormente la manipolazione di questo organo. E se e’ vero che le malattie neurodegenerative toccano gia` una fetta importante delle popolazioni e sono in costante aumento, la risposta che l’unica reale soluzione e’ provare ad addattarci noi (a suon di farmaci, terapie genetiche, rigenerazione di tessuti) all’ambiente reso ormai nocivo dalla societa` industriale, ha dell’infido e del perverso. Lo sviluppo di nuove tecnologie che potranno risultare da questa ricerca e’ il cuore di questo finanziamento miliardario. E la rassicurazione che queste tecnologie avranno solo usi civili non e’ certo qualcosa di realmente rassicurante, immaginando come una maggiore capacita` di decifrazione del cervello umano possa giocare un ruolo “rivoluzionario” nella societa` della costrizione che le bio e nanotecnologie stanno permettendo di mettere in atto, come altrove gia` ben raccontato.

Come sempre al termine rimane la solita domanda in sospeso: cosa farcene di queste notizie? E cosa poterci fare contro? Stiamo parlando di una ricerca scientifica in piu` tra le migliaia di schifezze che portano avanti nei laboratori di mezzo mondo. Personalmene penso che l’utilita` di tenere un’occhio sui fiumi di notizie pubblicate di “scoperte miracolose”, “invenzioni eccezionali” e “nuove ricerche dalle mille e una promessa” non sia nulla di piu` delle informazioni che esse contengono, utili a capire chi, dove e come nelle “nostre” citta` porta avanti il progresso tecno-scientifico. Sul cosa poterci fare contro, invece, anche discutendone con altr@ compagn@ e’ venuta a galla la sensazione che a furia di parlare di cio’ che “stanno facendo” nei laboratori, di nuovi sviluppi etc.. si rischia di alienarsi nell’immobilita` data dal doversi confrontare con cose percepite come lontane e inaccessibili, dentro a universita` o luoghi di ricerca periferici, nell’intrigo di uno sviluppo quasi inafferabile, per niente lineare e assolutamente molecolarizzato. Davanti a noi invece la realta` gia` ci prende a schiaffi con tutto quanto, nella normalita` del quotidiano, permette il funzionamento della megamacchina: infrastrutture del trasporto, della comunicazione, dell’approvigionamento energetico, i primi tentativi che sorgono di “citta` intelligenti”, con le reti informatiche che ne permettono l’amministrazione. Guardare avanti, a quanto il sistema tecno-scientifico sta preparando e alle direzioni in cui ci vuole trascinare e’ importante. La realta` da attaccare nelle lotte e’ pero` quella presente, che gia sperimentiamo.

Billy

Note:
1 ITFoM, acronimo di “Information Technology Future of Medicine”, http://www.flagera.eu/?q=itfom
2 FutureICT Knowledge Accelerator and Crisis-Relief System, www.futurict.eu/

Da: L’Urlo della Terra, numero 3, Settembre 2015

Gli alberi geneticamente modificati e la bioeconomia: Affari come al solito sotto una verniciata di verde

Mentre il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità minacciano la vita per come la conosciamo, lo stesso sistema che ha creato i problemi non vede l’ora di trovare modo di risolverli mantenendo tutto sotto il suo controllo. Il sistema industriale con i suoi corollari di furto di terra, estrazione di risorse e oppressione di vite animali e umane cerca di sopravvivere a ogni costo. Gli scienziati finanziati dalle industrie continuano la loro crociata per un mondo di biotecnologia, condannando qualsiasi specie o comunità umana che sia d’intralcio. Proprio come i primi conquistatori europei esploravano terre nuove alla ricerca di nuove risorse, così l’industria del biotech si propone di conquistare il tessuto stesso della vita per assicurare un futuro alla società industriale. L’industria del biotech offre una soluzione alla crisi del cibo, delle risorse e del carburante all’interno dei paradigmi della società attuale per cui la mercificazione della natura deve continuare infinitamente.
Questa visione antropocentrica del mondo sorge dalla stessa filosofia che considera esseri umani in diritto di dominare ogni forma di vita, questo modo di pensare pericoloso offre soluzioni pericolose: brevetti sui semi, uso continuo di pesticidi e insetticidi, rimpiazzo della biodiversità con monocolture e agricoltura industriale.
Negli ultimi mesi compagnie come Monsanto e Du Pont hanno attirato ancora le attenzioni di molte persone preoccupate per come questi giganti dell’agrobussiness stanno costruendo una nuova epoca di controllo assoluto sul cibo, con un rapido cambiamento che vede sempre più la coltivazione di poche varietà basata su un uso smodato di derivati del petrolio e della chimica, per produrre in modo economicamente vantaggioso quantità enormi di qualcosa che ha solo l’aspetto del cibo. In risposta a questo milioni di persone si stanno mobilitando in tutto il mondo. Negli USA la Monsanto con un’abile strategia di pubbliche relazioni ha facilmente sbaragliato ogni tentativo statale di etichettare gli ogm e di vietare l’uso di qualche varietà particolare. Nel mentre e come d’improvviso un’altra trovata delle biotecnologie è emersa e senza tanto clamore si sta avviando verso una diffusione in grande scala.
Anche se meno famosa dei cibi ogm la modificazione di alberi è in corso da tempo e viene fuori dal matrimonio d’interesse tra multinazionali come Monsanto, International Paper, Wegerbauser, Suzano Paper e Celulose. L’industria promette di migliorare i tradizionali prodotti del legname attraverso il “design” di alberi “superiori”. Lo scopo è rilanciare il mercato dei prodotti derivati dagli alberi, non solo legno e carta, ma anche biocarburanti e nuove materie plastiche.
Nutrito dalla visione ultraliberista della bio-economia per vent’anni, nei laboratori e nelle università. Private o del governo, è cresciuto il sogno di alberi veloci nella crescita, facili da trasformare e più efficienti, qualsiasi cosa possa voler dire.
Questo sogno della bio-economia propone l’idea di un nuovo ordine industriale basato su materiali di origine biologica che fornirebbero risorse attraverso le tecniche della biologia sintetica e delle nanotecnologie trasformando le biomasse in carburanti, prodotti chimici, potere. La bio-economia non fa niente per andare alla causa della crisi attuale, del cambiamento climatico, ingiustizia sociale, patriarcato, antropocentrismo e colonialismo, né di certo servirà a alleggerire la pressione del sistema sulle aree naturali già pesantemente devastate. La logica della bio-economia vede la natura come un magazzino inesauribile di risorse sempre nuove per facilitare la crescita economica. E quindi arriva a proporre una intensificazione dell’estrazione di risorse, soprattutto nel sud del mondo. Gli indigeni e la gente che vive della terra in Africa, Sud America, Indonesia… hanno resistito a questi progetti sin dall’inizio. Di sicuro i progetti di questo nuovo modo di intendere l’economia aggraveranno i conflitto in queste zone del mondo tra le popolazioni e i governi controllati dalle multinazionali occidentali.
I prodotti ogm sono pericolosamente diversi dai loro relativi naturali, e questo vale anche per gli alberi modificati per essere più veloci nella crescita, resistenti a certi pesticidi, o resistenti a climi molto freddi… Le compagnie come la ArborGen, leader nella produzione di alberi modificati negli USA, sostengono che queste mosse del mercato contribuiranno a salvare le foreste selvagge. In realtà questi tratti imposti agli alberi migliorano solo l’efficienza della produzione e non assicurano niente dal punto di vista della conservazione. Anzi, piantagioni industriali hanno cominciato a sostituire boschi e praterie; dal ’90 al 2010 la superficie coltivata ad alberi negli USA è aumentata del 60% passando da 97 a 153 milioni di ettari. Il modo migliore di conservare le foreste non è quello di trasformarle in piantagioni ogm, né quello che fanno i governi quando chiudono a tutti un’area e la dichiarano parco naturale, ma è lasciarle come stanno, consentendo alle comunità che ci vivono di continuare a trarne sostentamento in modo tradizionale. E di certo porre fine all’industria del legname.
l’AlborGen stà usando eucalipti modificati nel mentre sostiene l’importanza delle sue pratiche nella salvezza delle foreste. Gli eucalipti sono perfetti per la produzione perché crescono veloci e si ottiene un’ottima polpa, ma sono invasivi ed una specie aliena negli USA. Sono anche dannatamente infiammabili, ed è per via della presenza di eucalipti che nel ’97 in California un incendio nei dintorni di Oakland divenne una catastrofe con migliaia di case bruciate e venticinque morti. Inoltre sono estremamente più assetati degli altri alberi e consumano circa il doppio dell’acqua delle piante native. In Sud Africa le piantagioni di eucalipti hanno aggravato l’effetto di siccità locali portando alla migrazione di comunità, in Cile gli indigeni Mapuche, sempre per via degli eucalipti, sono costretti in certe zone a rifornirsi d’acqua con autobotti dopo che le falde si sono abbassate. In Brasile i membri del movimento Sen Terra hanno più volte distrutto le pianticelle di eucalipti per via dell’impatto che le piantagioni hanno sulle loro comunità. Consentire agli eucalipti di crescere in climi più freddi grazie alle modificazioni genetiche vuol dire portare queste calamità in nuove bioregioni che fino ad ora ne erano esenti grazie al clima, non solo negli USA, ma a livello globale. Il dipartimento dell’agricoltura stà attualmente lavorando un cambiamento delle leggi per legalizzare il progetto della AlborGen di eucalipto resistente a climi rigidi, dopo di che, la AlborGen venderà centinai di milioni di piantine ai vari produttori in USA. Queste manovre non sono andate avanti senza opposizione. Nel 2010 varie organizzazioni hanno citato in giudizio il Dipartimento dell’agricoltura per aver consentito alla AlborGen di testare i suoi alberi in sette diversi stati americani. Nel 2013 una petizione contro gli eucalipti raccolse 37mila commenti che contestavano i programmi della AlborGen, solo quattro furono presi in considerazione dalla commissione del Dipartimento dell’agricoltura. Durante una conferenza sulle biotecnologie nell’industria del legname, tenutasi ad Asteville, in Nord Carolina nel 2013, più di duecento dimostranti hanno circondato il centro congressi inveendo contro l’AlborGen e altre imprese coinvolte, durante le successive manifestazioni che durarono quattro giorni di seguito furono arrestate cinque persone.

Il noce americano come cavallo di Troia
La AlborGen ha affrontato molte opposizioni dalla società civile e dal crescente movimento contro la manipolazione genetica degli alberi. Questa opposizione è ancora più accesa dai legami di affari tra questa ditta e la Monsanto e dal fatto che molti dirigenti dell’uno sono ex dell’altra. Di conseguenza i fautori degli ogm si stanno preparano ad una campagna di pubbliche relazioni per conquistarsi la fiducia del pubblico. Facendo convergere conservazione ambientale e giochi pericolosi di alta tecnologia la AlborGen, la Monsanto Fundation e altri enti pro ogm stanno finanziando studi per rinverdire gli USA con noci resistenti alla ruggine, dopo che la specie americana è arrivata sull’orlo dell’estinzione. Come sanno chi segue le vicende di conservazione, questi benefattori stanno arrivando un po’ tardi; infatti per fortuna le popolazioni di noci americano si stanno riprendendo grazie alla propagazione di semi naturalmente resistenti alla ruggine e all’incrocio ottenuto in modo tradizionale. […] Tuttavia numerosi articoli recenti, apparsi soprattutto sull’Economist, stanno spacciando la convinzione che senza l’ingegneria genetica il noce americano sarebbe condannato a scomparire. Questo è probabilmente collegato agli improvvisi finanziamenti delle industrie nella ricerca sul noce americano.
La Duke Energy è interessata alle opportunità di Greenwashing che derivano dal finanziare ricerche del genere e dal fatto di poter fornire soluzioni fuorvianti ai problemi degli sconvolgimenti climatici. La reintroduzione di una specie a rischio è una maschera molto conveniente per un’operazione di piantagioni lucrose, utile per fornire un’immagine verde alla Duke Energy e nel contempo aiutarla a mantenere il controllo sulla Terra e nell’economia.
A differenza di altri alberi vittime di modificazioni genetiche come i pini e i pioppi, i noci americani sono manipolati lasciando inalterata la loro capacità di lasciare semi fertili in natura; in modo da potersi incrociare successivamente con i loro corrispettivi selvatici. L’impatto di una simile evenienza non è però studiato da nessuno, o meglio, da nessuno che sia indipendente dalle aziende coinvolte. Il dipartimento dell’agricoltura sta affidando la guardia del pollaio alla volpe, e ha garantito mezzo milione di dollari di finanziamento ai ricercatori della ESF (servizio ambientale forestale) per studiare gli impatti possibili delle loro stesse creature.
Se appunto per essere immesso nell’ambiente, il noce americano manipolato aprirà la strada ad altre versioni di alberi prodotti dagli scienziati, ecco un perfetto cavallo di troia che spingerà il pubblico a credere che con le biotecnologie si può anche dare una mano alla conservazione del mondo naturale.

Un segreto che deve essere nascosto
La ArboGen e l’università della Florida si sono messe in partnership per sviluppare pigne ad alto contenuto di terpene (altamente infiammabile) per la produzione di biocarburanti. La ricerca punta all’utilizzo del terpene per l’industria aereonautica. L’influsso dei soldi è il motivo che spiega il perché l’università ha recentemente messo a tacere l’opposizione agli alberi manipolati all’interno del campus di Gainesville.
Nell’ottobre 2013 membri del gruppo Global Justice Ecology Project sono stati cacciati dal campus e minacciati di arresto impedendo una conferenza che avevano organizzato per criticare le pratiche dell’università. Solo pochi giorni prima dell’evento previsto la sala è stata negata con varie scuse e quando gli interessati hanno provato ad entrare comunque è intervenuta la polizia privata. Solo pochi giorni dopo questo incidente le stesse persone sono venute a conoscenza del fatto che anche l’FBI se ne stava occupando per rovinare i loro tentativi, in particolare un contatto che avevano a Palm Beach è stato avvicinato da un ufficiale che indicava i membri di Earth Firts! come pericolosi.
Intanto il dibattito continua se sia giusto o no indurre in una pianta quantità cinque volte superiori al normale di terpene, ma di certo le amicizie istituzionali dell’industria si danno da fare perché se ne parli il meno possibile.
mentre gli sforzi per trasformare milioni di ettari di boschi e campi di piantagioni altamente efficienti di alberi destinati alla produzione di biocarburanti continuano, le implicazioni di un possibile successo degli alberi ogm risuonano nel mondo, insieme con la resistenza.
Gli impatti della modificazione genetica delle piante sono così potenzialmente imprevedibili che non possiamo nemmeno immaginare le conseguenze sul lungo periodo. Quello che sappiamo è che queste tecnologie non offrono una soluzione ai problemi della perdita di biodiversità o del cambiamento climatico. Questa industria che può essere sconfitta prima che distrugga le foreste del mondo e le comunità che da esse traggono sostentamento, questa industria ci pone un’importante questione: lasceremo che vada avanti la mercificazione di ogni cosa sacra, inclusa l’essenza stessa della vita, o movimenti di tutto il mondo insorgeranno sconfiggendo la bio-economia e le altre forme di dominio? A questa domanda va data una risposta, e presto!

Rising Tide Vermunt (Earth Firs! Autunno 2014)

Da: L’Urlo della Terra, numero 3, Settembre 2015

Francois Kepes: razionalizzatore delle macchine viventi- parte seconda

Il programma genetico
Nell’articolo di François Képès, c’è un’idea che non cita mai, allorché è presente in filigrana lungo tutto l’articolo, ossia l’idea di programma genetico. Ogni cellula vivente, e di seguito, gli organismi pluricellulari interi, sarebbero soltanto una specie di fabbrica biochimica pilotata dal centro di comando che costituisce l’informazione contenuta nel genoma, l’insieme dei geni registrati sulla molecola di DNA. Quest’informazione genetica sarebbe allo stesso tempo il codice per la composizione delle proteine, il sistema di regolazione dell’espressione dei geni e infine il programma che dirigerebbe il funzionamento di tutte le cellule viventi e il piano di organizzazione degli organismi.
Ciò è molto per una sola molecola. Eppure, quest’idea, sempre molto popolare presso i biologi, ha almeno 60 anni e durante tutto questo periodo, mai è stata giustificata in nessun articolo scientifico né da nessuna validazione sperimentale di alcun tipo. Sorprendente, no?!
Ricordiamo come il biologo americano Ernst Mayr (1904-2005) la enuncia per la prima volta in un articolo scientifico in una sola frase:
“Il codice DNA, interamente proprio all’individuo eppure specifico alla specie di ogni zigote (la cellula-uovo fertilizzata), che controlla lo sviluppo del sistema nervoso centrale e periferico, degli organi di senso, degli ormoni, della fisiologia e della morfologia dell’organismo, è il programma del computer comportamentale dell’individuo.”
Articolo della rivista Science, « Cause and effect in biology », 1961.
Come si può passare così velocemente dall’idea di codice genetico (che certo esiste) all’idea di controllo dello sviluppo dell’organismo (che si manifesta a volte), poi senza transizione all’idea di programma determinante tutte le manifestazioni dell’individuo (dalla proteina fino – l’autore sembra volere insistere particolarmente su quest’aspetto – al comportamento dell’individuo)? Ernst Mayr non lo precisa da nessuna parte in questo articolo e neanche altrove- benché secondo lui l’esistenza di questo programma sia la caratteristica più notevole degli esseri viventi; ciò che sosterrà fino alla fine della sua vita. [14]
Eppure le nozioni di codice, di regolazione e di programma non hanno nessun legame necessario: è un po’ come se si pretendesse che poiché una locomotiva segue i binari e che è attrezzata di un regolatore di velocità, sarebbe “programmata” per fare tale tragitto a tali e tal’altri orari!
Già più di 10 anni fa, il male era stato diagnosticato: “Detto in un altro modo, la genetica si è ritrovata con una teoria che desidera una cosa, e dei risultati sperimentali che ne desiderano un’altra. La teoria vuole che l’eredità sia la trasmissione di una sostanza ordinata (DNA) che comanda l’organizzazione dell’essere vivente. Ma, man mano che i risultati sperimentali si accumulavano, l’ordine di questa sostanza è diventato sempre più incerto e la sua corrispondenza con l’organizzazione dell’essere vivente sempre più vaga. Al punto che oggi, non rimane quasi più niente, né di quest’ordine, né di questa corrispondenza.
Il quadro teorico della genetica è così caduto a pezzi senza che chiunque abbia mai cercato di correggerlo o di sostituirlo. Si è semplicemente fatta sparire la referenza a Schrödinger e, grazie al vago che circonda la nozione di informazione, si è continuato a parlare di “programma genetico” aggrappandosi, in mancanza di meglio, a ciò che si sapeva essere una formula vuota, molto comoda per la sua capacità di spiegare qualsiasi cosa (basta inserire delle regolazioni sulle regolazioni, come l’astronomia medievale impilava gli epicicli sugli epicicli). […]
Nell’incapacità di proporre un nuovo quadro teorico, si lanciarono allora due grandi programmi di ricerca: la decrittazione dei genomi e l’ingegneria genetica; programmi che hanno entrambe la particolarità di mettere in sospensione le questioni teoriche.
La decrittazione dei genomi le lascia da parte per interessarsi alle difficoltà tecniche dell’analisi delle macromolecole di DNA. In quanto all’ingegneria genetica, non è, contrariamente a ciò che si potrebbe credere, l’applicazione di teorie genetiche all’industria, all’agricoltura e alla medicina, ma la trasformazione di metodi di laboratorio (in particolare quelli della transgenesi) in procedimenti industriali, agricoli o medici. La principale difficoltà essendo che questi procedimenti hanno esigenze di rendimento, di redditività e di sicurezza che non hanno niente da vedere con quelle dei laboratori. Ossia, qui ancora, un abbandono delle questioni teoriche e una rifocalizzazione sui problemi tecnici.”
André Pichot, Mémoire pour rectifier les jugements du public sur la révolution biologique, 2003.
Detto ancora più crudamente : la biologia moderna non sa cosa è un essere vivente, e l’idea di «programma genetico» è soprattutto servita a continuare a fare come se fosse una macchina. E, in questo caso, una macchina simile a quelle che sono le più prestigiose, le più moderne e le più perfezionate del secondo dopo guerra mondiale, ossia i computer.
L’insistenza dei biologi sul DNA come centro di comando della cellula proviene in parte dal metodo delle scienze che ricerca, prima di tutto, degli elementi stabili, calcolabili e prevedibili e che ha molte difficoltà ad afferrare gli elementi dinamici, qualitativi e caotici come il metabolismo. Ma l’idea di programma genetico proviene anche da una proiezione dell’ordine sociale sull’ordine biologico (che serve, in cambio, a giustificare il primo con il secondo): un centro di comando dirige una macchina ed i suoi ingranaggi non fanno altro che eseguire gli ordini; questa organizzazione gerarchica ricorda furiosamente quella dello Stato, dell’Esercito, delle aziende, delle fabbriche, ecc.; proviene in linea retta dalla società divisa in classi, tra i dirigenti ed i subalterni…
Képès non ne parla, perché sa che l’idea è superata e troppo semplicista. Eppure, uno spettro assilla proprio la biologia sintetica: quello del “programma genetico”. Il programma genetico non esiste, ma la biologia sintetica ha per ambizione di incarnarlo, di dargli corpo e realtà a dispetto del vivente: si tratta, per essa, di mettere gli esseri viventi in conformità con la “teoria” sensata di spiegarlo.
“Oggi più che mai, la concezione dell’essere vivente come macchina è indissolubilmente legata al fatto che viviamo in una società capitalista e industriale: riflette ciò che le istanze che dominano la società vorrebbero che il vivente sia, al fine di poter farne ciò che vogliono.” [15]

La fuga in avanti etica e responsabile
Verso la fine del suo articolo, François Képès ci fa balenare il «potenziale economico considerevole» delle «applicazioni industriali» della biologia sintetica. Ma da ricercatore responsabile, finisce con il solito ritornello: “Aprendo tutte queste possibilità, la biologia sintetica rinnova le questioni etiche che concernono la responsabilità degli uomini a “artificializzare” il vivente. Fino a che punto vogliamo modificare o ricreare il vivente? Quale governo della biologia sintetica adottare perché corrisponda alle nostre attese? È indispensabile che queste domande siano fin da ora continuamente dibattute.” (PLS)
Di chi parla François Képès?Chi sono questi “uomini” responsabili dell’“artificializzazione” (strumentalizzazione o asservimento sarebbero stati più corretti, ma meno neutri…) del vivente? Cosa designa questo “noi” che vuole “modificare e ricreare il vivente”? chi condivide queste “attese” che necessiterebbero di un “governo” specifico della biologia di sintesi?
François Képès, da buon imbonitore scaltro, ci fa qui il colpo del «siamo tutti responsabili» di quello che solo alcuni fanno e hanno deciso senza avere mai chiesto nulla a nessuno. Numerosi ricercatori lavorano nella biologia sintetica e non tollererebbero che venisse limitata la loro «libertà di ricerca». Che questa «libertà» sia comandata dai finanziamenti degli Stati e dei loro Eserciti, dell’industria e della borsa, questo non li disturba affatto. Perché certamente, ad ogni modo, “siamo tutti responsabili” della loro disinvoltura e delle loro compromissioni…
“Possiamo essere sicuri che la biologia sintetica indurrà nuovi dibattiti e sfide, che occorrerà assumere in tutta trasparenza e in buona fede. Come ogni tecnologia, sarà ciò che gli uomini ne faranno, non è intrinsecamente né benigna, né maligna.” [16]
Ecco una grande scoperta di François Képès: la tecnologia è neutra, tutto dipende dell’uso che “gli uomini” ne fanno! Dagli anni 1940, con la nascita dell’industria nucleare, sappiamo -dovremmo sapere- che non lo è.
La tecnologia è una forma particolarmente elaborata della tecnica, che per la sua complessità e la sua dismisura riserva la sua messa in opera a dei corpi specializzati e gerarchizzati, ciò che induce delle forme politiche e sociali che rinforzano il potere dello Stato e dell’industria a scapito del potere degli “uomini”, della società nel suo insieme. Gli esperti, la burocrazia, la tecnocrazia e le loro diverse istituzioni si trovano così consolidate; le questioni politiche sono sempre più subordinate a delle soluzioni economiche e tecniche; la democrazia è ridotta al simulacro di consulti su delle decisioni già prese altrove, ecc.
Ricordiamoci ad esempio, come il Commissariato all’Energia Atomica (CEA) fu concepito come uno Stato nello Stato fin dal 1945 da un generale de Gaulle preoccupato di ottenere la Bomba atomica. Come la Francia fu nuclearizzata durante gli anni ’70 e ’80 a manganellate nei confronti di tutte le opposizioni popolari che si sono manifestate intorno ad ogni sito. Come i governi successivi hanno ratificato le scelte fatte dai tecnocrati dell’atomo, per l’essenziale provenienti dal Polytechnique e l’Ecole des mines (scuole d’ingegneria statali molto prestigiose). E come oggi, la Commissione Nazionale del Dibattito Pubblico (CNDP) sul progetto Cigéo (seppellimento delle scorie nucleari a 500 m di profondità) a Bure fa finta di non sentire gli oppositori che hanno perturbato e impedito lo svolgimento di questi “dibattiti” …
Ricordandovi che il plutonio (3 kg all’anno in ogni reattore nucleare) ha una “mezza-vita” (perde la metà della sua radioattività) di 24 000 anni (le più antiche tracce di civiltà risalgono a 10 000 anni), che è un elemento chimico tra i più tossici che esiste e un radionuclide tra i più pericolosi, provate a pronunciare senza soffocarvi dal ridere la frase seguente:
“Come ogni tecnologia, l’industria nucleare sarà ciò che gli uomini ne faranno, non è intrinsecamente né benigna, né maligna.”
Per ignorare tutto questo, per avere una riflessione così povera sulla tecnologia ed essere a tal punto cieco alle sue conseguenze sulla società, François Képès probabilmente sbarca dal pianeta Kripton; a meno che non si debba mettere in dubbio la sua “buona fede” … Pierre-Benoît Joly, direttore dell’Institut Francilien Recherche, Innovation et Société (IFRIS), benché noto accettologo [17], lui, non prende i suoi lettori per degli imbecilli: «La potenza dei gruppi delle biotecnologie –che sono i veri attori di queste trasformazioni- pone un problema di legittimità. Non potendo valersi di una legittimità di tipo democratico, la legittimità di questi gruppi deriva dai risultati che producono, ciò che porta a mettere la focale sul contributo delle loro attività dal punto di vista della razionalità economica. Siccome l’ideologia del progresso ha fatto cilecca, questi gruppi si prevalgono della sound science e dello sviluppo sostenibile.” [18]
Tradotto, significa che gli industriali («gli uomini»?) tentano di far passare la loro ricerca di profitto per delle opere filantropiche. Ricordatevi, gli OGM di Monsanto dovevano eradicare la fame nel mondo, ecc. Oggi, la produzione da un batterio geneticamente modificato dell’artemisinina, la principale molecola del trattamento contro la malaria, ha lo stesso ruolo nell’accettabilità della biologia sintetica: “La produzione proveniente da una o due unità industriali di artemisinina potrebbe bastare a produrre tanto quanto le migliaia di agricoltori che avevamo incoraggiato a produrre artemisia annuale; l’impatto sulle risorse di questi agricoltori potrebbe essere considerevole. […]
Un’argomentazione in apparenza inattaccabile («non ci sono abbastanza medicine»); la collusione tra scientifici-imprenditori (Jay Keasling) che innovano nelle loro università ma brevettano le loro innovazione via le loro start-up (Amyris), poi cedono le licenze d’esercizio a gruppi multinazionali (Sanofi); il rischio di captazione da parte di una multinazionale –già dominante sul mercato mondiale- di profitti generati da risorse genetiche naturalmente disponibili… Altrettanti elementi incontrati in modo ricorrente nel contesto della biologia sintetica.”
Catherine Bourgain et Kévin Jean, “L’artémisinine : emblème du meilleur des mondes de la biologie de synthèse”, scheda scritta per la Fondation Sciences Citoyennes, 13 octobre 2013.
Quindi, già qui, vediamo ciò che « gli uomini » fanno della biologia sintetica : è soltanto una nuova forma di accaparramento delle risorse naturalmente disponibili, della privatizzazione del vivente e della captazione della sua attività autonoma al profitto del capitalismo industriale.
François Képès, che fa finta di non sapere in quale mondo vive, si preoccupa ovviamente molto di «Etica», questa falsa coscienza del dominio. Dichiarava in una intervista: “Per essere accettata dalla società, la biologia sintetica deve essere demistificata. I dibattiti relativi a dei progressi tecnici possono finire presto, come si è potuto vedere nel caso delle nanotecnologie. Per non riprodurre gli stessi errori, è necessario dedicare un tempo alle questioni etiche e sociali durante ogni conferenza e di invitare le organizzazione non governative al dibattito.”
Industrie & Technologie, “Il faut démystifier la biologie de synthèse”, www.industrie-techno.com, 1er février 2012.
François Képès, che ha collaborato alle audizioni pubbliche dell’Office Parlementaire d’Evaluation des Choix Scientifiques et Technologiques (OPECST-Ufficio Parlamentare di Valutazione delle Scelte Scientifiche e Tecnologiche) sulla biologia sintetica, lo sa bene: per fare accettare, bisogna far partecipare. [19]
Occorre, fin d’ora, dibattere continuamente della nostra responsabilità e delle nostre attese collettive verso la biologia sintetica… al fine, soprattutto, di non concludere mai niente. E mentre i confusionisti fanno il loro lavoro, mentre la coscienza regredisce sprofondando nella controperizia e nella valutazione costi/benefici caso per caso delle applicazioni, la ricerca può progredire e i poteri pubblici e gli investitori essere rassicurati.
Perché, in fin dei conti, il principio che sottende questi dibattiti rimane quello già applicato da altre imprese industriali che hanno dato prova della loro nocività da tutti i punti di vista: “Ecco quindi confermato ciò che la catastrofe di Chernobyl aveva già permesso di stabilire: tutti i rischi sono accettabili quando si fa in modo di non lasciare a chi li prende la possibilità di rifiutarli.”
Thierry Ribault, “Le désastre de Fukushima et les sept principes du national- nucléarisme”, rivista Raison Présente n°189, 2014.
Perché uno spettro assilla i dibattiti pubblici sulle tecnoscienze e le necrotecnologie; lo spettro del sabotaggio degli esperimenti OGM e del dibattito pubblico sulle nanotecnologie nel 2010. Ossia lo spettro del rifiuto radicale.
I scientisti e i loro mercenari non temono niente fintantoché della gente si alza e afferma forte e chiaro:
“Non vogliamo le vostre belle schifezze!”

La mistica della biologia sintetica
« Occorre de-mis-ti-fi-care », ci dicono tutti i mistificatori della biologia sintetica. Ma chi smentisce e ridicolizza i Craig Vanterie [20] dei promotori della biologia sintetica? Non i nostri ardenti “demistificatori”, perché anche loro vogliono mangiarne…
E quindi, ci vantiamo di fare qui questo lavoro di demistificazione, ma questa volta a loro spese: abbiamo dimostrato- e dimostreremo meglio ancora in seguito- l’inanità della loro concezione del vivente, l’inconsistenza del loro pensiero, l’ignavia dei loro compromessi e la bassezza dei loro accomodamenti con il peggio- tutte le penose realtà che vorrebbero che condividessimo con loro per accettare la biologia sintetica e il mondo che ne consegue…
Poco importa, quindi, che le ambizioni della biologia sintetica si concretizzano o no. Ciò che conta, ai nostri occhi, è prima di tutto che queste ambizioni siano affermate e sostenute da numerosi ricercatori, che altri, o gli stessi, collaborano alla loro “accettabilità sociale” ed a neutralizzare ogni critica e opposizione radicali. Queste ambizioni sono presenti, e significano una concezione della vita e un progetto politico e sociale in radicale rottura con tutto ciò che si è fatto da millenni.
Questo si chiama il transumanesimo, cioè la fusione dell’uomo con delle macchine. La realizzazione di questa ideologia scientifica inizia con la riduzione del vivente alla macchina, e quindi con la biologia sintetica. Qualcuno se ne difende (ad esempio, l’associazione La Paillasse), perché la connessione è troppo solforosa con lo scientismo più fanatico. Ma questo non cambia niente all’affare.
L’ambizione rimane, che è quella di svincolarsi- nel senso religioso del termine, in riferimento alla concezione della salvezza come superamento radicale dei mali legati alla condizione umana sulla Terra [21]- dalla pena di dover fare le cose da e per noi stessi affidandole alle buone cure della Megamacchina capitalista e industriale…
Macchine che lavorate per noi, che i vostri prodotti siano santificati, che il vostro regno venga, che le vostre Necessità siano fatte, come nel Cyberspazio così in Terra. Dateci oggi il nostro steak in vitro quotidiano, Perdonateci le nostre insufficienze Come perdoniamo a chi gestisce le nocività, Non sottometteteci alla dipendenza verso l’Altro, Ma liberateci della Natura. Perché appartiene a Voi Il regno, la potenza e la gloria Per i secoli dei secoli. Amen!

Libertà e autonomia
Il rapporto attuale al vivente è, prima di tutto, tecnologico e macchinico: mira alla strumentalizzazione, al dominio, allo sfruttamento degli esseri viventi- e degli esseri umani con loro- e alla loro alienazione al ritmo e agli imperativi delle macchine da parte dell’apparecchio capitalista e industriale. Con il pretesto di renderci “come maestri e possessori della natura”, questa macchineria sta ovunque distruggendo le condizioni dell’autonomia e della libertà dei viventi: è questo, e nient’altro, che genera le nocività e gli spossessamenti ai quali la biologia sintetica e altre necrotecnologie pretendono di rimediare.
Un altro rapporto al vivente è da inventare a partire da ciò che è già stato praticato e sperimentato spontaneamente dagli allevatori, i contadini e gli artigiani nel passato. Passa, prima di tutto, dal riconoscimento e dal rispetto della specificità del vivente, della sua autonomia come condizione della nostra libertà.
Ma questo significa che bisogna rinunciare a questa pretesa “padronanza del vivente” per sviluppare una cooperazione con gli esseri viventi, accettare di comporre con il loro carattere incerto e mutevole, ecc; rinunciare a delegare tutto alle macchine per accapigliarsi con la “materialità un po’ sporca” degli essere viventi, accettare di implicare il proprio corpo in uno sforzo, in un confronto sensibile con il lavoro della materia, della vita e degli altri. [22]
In breve, tornare ad occupare se stessi in un’attività vivente nella realtà piuttosto che continuare a sviluppare le mediazioni tecnologiche che la mettono sempre più a distanza. Ossia tornare indietro[23] per uscire dal vicolo cieco industriale al fine di potere sperimentare e sviluppare nuove forme di vita sociale e di organizzazione politiche in diverse direzioni.
Quale Stato, quali gruppi industriali, quali investitori accetterebbero di finanziare una tale ricerca che non sfocerebbe in prospettive di produzione di merce e di conquiste di quote di mercato, cioè su nuovi spossessamenti delle condizioni della nostra esistenza?
Cari scientifici, così attaccati alla vostra “libertà di ricerca” al punto di collaborare all’“accettabilità sociale” delle necrotecnologie, andreste ad avventurarvi in tali contrade selvagge e inesplorate?
Molti tra di voi, come questo François Képès, razionalizzatore delle macchine viventi, sono dei ponderati fanatici dell’alienazione e dei gentili collaboratori del dispotismo industriale che si fanno volontariamente i promotori della fuga in avanti etica e responsabile…
Ci si permetterà quindi di dubitare che possa ancora uscire qualcosa di buono e di utile per l’umanità dalla “comunità scientifica”
La vita è altrove.

Tradotto dal francese, tratto da Andréas Sniadecki, ottobre 2014.

Da: L’Urlo della Terra, numero 3 Settembre 2015

Francia: Attacco incendiario contro centro di ricerca Monsanto

Il 28 ottobre, attorno all’una di notte, è andato in fiamme un centro di ricerca della Monsanto nei pressi di Rennes (Ille-et-Vilaine) nel comune di La Mézière. Risultano distrutti circa cento metri quadri di uffici, il resto si è salvato in seguito all’intervento dei pompieri. Secondo gli inquirenti si tratta di un incendio doloso visto che risultano due differenti punti di innesco.
La multinazionale americana Monsanto, nota per la sua commercializzazione di sementi OGM a livello internazionale, in territorio francese, commercializza mais e colza convenzionali destinati all’alimentazione animale, oltre all’erbicida Roundup.

Monsanto

Info da: www.autistici.org/cna

Pisa: Resoconto iniziativa per la settimana contro le biotecnologie

In supporto alla settimana di mobilitazione contro le biotecnologie e la ricerca scientifica lanciata dal 12 a 18 Ottobre e in solidarietà con Billy, Costa, Silvia, Marco Camenish, Alfredo, Nicola, Marius Mason (e tutti gli altri che sono da aggiungere), si è svolto a Pisa un presidio con volantinaggio.
La contemporanea presenza del presidente dell’Assobiotech Leonardo Vingiani che si sarebbe dovuta svolgere nei locali del CNR è stata rimandata a Gennaio, non sappiamo per quale motivo.

Seguono i volantini distribuiti:

NO agli O.G.M. – NO alle BIOTECNOLOGIE

Oggi Leonardo Vingiani, direttore dell`Assobiotech, sarebbe dovuto venire qui a Pisa per promuovere un maggior impiego delle manipolazioni genetiche nell’economia. Secondo i loro sostenitori queste tecnologie consentiranno di risolvere il problema della fame nel mondo se applicate all’agricoltura o magari di garantire a tutti un’ottima salute applicate nel campo della medicina. Come si è visto nel corso degli anni questi sostenitori sono un po` pochi: scienziati che le sviluppano e industriali che li pagano.
Dietro alla loro propaganda infatti c’è solo l’ennesimo imbroglio nei confronti di tutti e il supremo scopo di questa gente: il profitto.
Ormai è risaputo, le conseguenze della diffusione nell’ambiente degli O.G.M. (organismi geneticamente modificati) sono disastrose e imprevedibili. Nemmeno i professoroni che torturano animali nel chiuso dei loro laboratori possono prevedere che effetti sulla salute avranno tra dieci o vent’anni cibi ricavati da piante O.G.M. . Invece gli effetti sulla società si sono già verificati: ovunque queste nuove varietà sono state adottate i contadini hanno perso il controllo sulle loro attività diventando degli ingranaggi schiavi delle multinazionali. Non c’è da meravigliarsi se in India, in Brasile, in tutto il sud del mondo l’opposizione è stata fortissima. Anche in Europa le mobilitazioni e una sana sfiducia nelle promesse degli aspiranti stregoni hanno rallentato questo enorme esperimento in cui le cavie sono intere popolazioni.
Ma per noi molto più semplicemente l’opposizione alle manipolazioni genetiche si basa sul fatto che esse sono un attacco alla libertà e alla dignità di ogni essere vivente perchè tendono a trasformarci tutti in prodotti dell’industria. Sono un’insopportabile arroganza contro milioni di anni di evoluzione delle specie che non hanno mai avuto bisogno di nascere in un laboratorio per essere adatte alla vita. Gli ecosistemi hanno sempre funzionato in modo equilibrato e meraviglioso e se adesso il pianeta è ridotto ad una discarica è proprio grazie agli sforzi di qualche scienziato e alla sete di profitto di pochi industriali.
Hanno promesso mari e monti ma l’aria inquinata, l’acqua inquinata, la terra inquinata ce le dobbiamo sorbire tutti e molte delle malattie che pretendono di curare sono il risultato di questa società che produce veleni a tonnellate.
Leonardo Vingiani, e quelli come lui, possono stare certi: di fronte ad ogni nuova trovata delle loro troveranno sempre la critica e la resistenza.

Garage Anarchico.

Lo studio e l’applicazione delle scienze convergenti (ingegneria genetica, scienze dell’informazione, robotica, biotecnologie, scienze cognitive, nanotecnologie) rappresentano i più temibili attacchi che il progresso tecnologico porta alla natura e a tutti gli esseri viventi.
La loro presenza viene imposta dai mercati, dai laboratori, dalle istituzioni e più in generale da tutti coloro che concepiscono il pianeta come qualcosa da sfruttare, migliorare, governare.
E’ il sistema capitalista tecno-industriale e i suoi ingranaggi progressisti che spacciano le nuove esigenze tecnologiche come essenziali e inevitabili per la specie umana; essenziali perchè la convergenza delle scienze garantisce a chi detiene il potere un controllo molto più pregnante ed invasivo della vita e delle risorse di questo pianeta; inevitabile nella misura in cui l’essere umano viene concepito come un essere superiore, più capace, più competitivo rispetto a tutti i fenomeni viventi e non della natura; questa è la visione antropocentrica della natura, largamente accettata dalle popolazioni civilizzate a causa del fatto che queste persone devono in qualche modo giustificare gli scempi, le guerre, i saccheggi e i massacri che servono per far funzionare la macchina capitalista di cui fanno parte, accettando tutta una serie di compromessi in cambio di qualche vergognoso benessere.
Quelli che vengono considerati i vantaggi del progresso tecno-scientifico trovano terreno fertile tra le persone attraverso argomenti quali la medicina (per far dipendere la nostra salute malata da essa e per renderci adattabili alle nocività che lo stesso sistema produce), l’introduzione di sempre più giocattoli tecnologici, informatici o altro (per renderci sempre più automi incapaci di comunicare all’infuori dei canali che il sistema ci impone come per esempio internet, la tv, gli apparecchi telefonici ecc), la produzione di sistemi per l’energia pulita (che pulita non è affatto viste le varie nocività che compongono e che comportano questi sistemi che inoltre e soprattutto aggiungono linfa vitale al sistema tecno-industriale), nella ricerca scientifica (moralista, serva delle multinazionali, causa di guerre ed epidemie, brutale torturatrice e assassina di milioni e milioni di animali ogni anno nei laboratori) e si potrebbe continuare ancora, perchè la rete che ci intrappola in questo mondo di sfruttatori (a dir poco) è sempre più intricata.
Bisogna comprendere che ciò che ci viene offerto come un futuro perfetto e intelligente innanzitutto non ci viene offerto ma ci viene imposto, poi, sia nel passato che ancora di più nel presente (attraverso la tecnologia) sta causando la morte di ogni ecosistema su questo pianeta e sta tentando di sopperire alla distruzione delle foreste, all’inquinamento dell’aria, al suolo e alle acque contaminate, con le possibilità che proprio la convergenza delle varie scienze e la tecnologia mettono a disposizione, che in questo modo passano come salvatrici del pianeta che esse stesse in realtà hanno seviziato; infine sul fatto che il futuro sarà perfetto e intelligente occorre dire che non è altro che una menzogna, non un inganno, ma una manifestazione molto concreta della sadicità dei padroni del mondo; tecnologia e scienza non garantiscono altro che un futuro di morte: gli effetti degli OGM, la diffusione delle nanoparticelle (basti pensare in campo bellico), delle radiazioni elettromagnetiche e nucleari, dell’ingegneria genetica attraverso la medicina ecc ecc non sono un bel presagio per il futuro della vita su questo pianeta, anzi già da ora ne rappresentano la sottomissione e l’annichilimento.
E’ estremamente importante non considerare l’invasione delle biotecnologie, delle nanotecnologie e delle altre scienze convergenti come un qualcosa di irreversibile come vorrebbe far passare la propaganda delle multinazionali e degli stati, ma al contrario esistono ancora degli spazi in cui la critica ma soprattutto l’azione possono ricordare ai signori tecnocrati che non avranno terra dove spargere i loro semi e i loro veleni.

Da www.informa-azione.info