28 Febbraio Genova: serata contro le bio-nano tecnologie solidale con Billy, Silvia e Costa

Nell’aprile 2010 tre compagni /e vengono arrestati /e, ed in seguito condannati /e a lunghe pene detentive ed a numerose restrizioni in relazione al tentato attacco esplosivo al centro di ricerche nanotecnologiche della IBM nei pressi di Zurigo, in Svizzera. In un quanto arzigogolato tentativo di rendere lo stesso reato punibile per due volte in due diversi territori la procura di Torino sta provando a riportare a processo Billy, Costa e Silvia – estendendo le accuse mosse contro di loro in Svizzera ed applicando ad esse l’aggravante di terrorismo.
ll fatto che l’Istituto Politecnico di Zurigo si sia posto come parte civile offesa non lascia dubbi sulle origini di questa nuova operazione repressiva: la macchina dello Stato in collaborazione con le istituzioni che ne rendono possibile il funzionamento, trascendendo confini geografici e singole legislazioni, tenta di annichilire coloro che decidono di opporsi allo sfacelo imperante. Si intende creare un sistema di cose nel quale a coloro che alzano la testa e decidono di rendere esplicito il conflitto nei confronti di una progressiva alienazione e distruzione del vivente da parte della società industriale venga reso sempre più difficile continuare a portare a
vanti le proprie lotte.
Ad ogni tentativo da parte delle istituzioni dello sfruttamento di colpirci, rilanciamo la prospettiva di una solidarietà complice ed attiva.
Nessun compromesso in difesa della terra, Solidarietà a Billy, Costa e Silvia!

H 20:30: Presentazione + Dibattito su nano/ bio tech ed aggiornamenti sui procedimenti repressivi contro i/le 3 compagn*28febbraio-WEB_800x566

Intervista al collettivo Pièce et main d’oeuvre su Radiocane

Sognare pecore elettriche: le frontiere del tecnomondo

Quali sono le più inquietanti frontiere dell’attuale ricerca tecnologica? Quale soglia si sta varcando grazie alla convergenza tra nanotecnologia, biotecnologia e informatica? Quale fisionomia assume il paradigma del potere in virtù della triade controllo-sorveglianza-costrizione?
Abbiamo posto queste domande ai compagni francesi di Pièce et main d’oeuvre che da anni conducono inchieste sulla ricerca a Grenoble, punta di diamante nel settore della sperimentazione tecnologica in Francia.

Ascolta l’intevista:
http://www.radiocane.info/pecore-elettriche/

Il processo a Billy Silvia Costa si avvicina: rilanciamo la lotta alle nocività

Sono passati quasi cinque anni dal nostro arresto in Svizzera, quando ad un posto di blocco sul passo dell’Albis, nel Canton Zurigo, venne rinvenuto nell’auto su cui viaggiavamo dell’esplosivo, alcune bombole di gas propano, taniche di benzina e diverse copie di uno scritto rivendicativo a firma Earth Liberation Front Switzerland. Obiettivo dell’attacco rivendicato negli scritti era il “Binning and Rohrer Nanotechology Center”, una struttura allora in costruzione, di proprietà dell’ IBM e in collaborazione con l’ETH, il Politecnico federale di Zurigo.
Il processo si tenne un anno e mezzo dopo il nostro arresto con tre accuse a nostro carico: atti preparatori punibili di incendio intenzionale; occultamento e trasporto di materie esplosive; commercio non autorizzato (importazione) di esplosivi. Le richieste di pena formulate dal procuratore federale Hansjörg Stadler, tra i 3 anni e 4 mesi e i 3 anni e 8 mesi vennero ampiamente accolte dal giudice federale Walter Wütrich, la quale corte confermò tutti i capi d’accusa ad eccezione del traffico (importazione) illecito di esplosivi, accusa dalla quale fummo assolti.
Parallelamente, la procura di Torino aveva da subito dato avvio ad un’indagine a tutto tondo intorno alle cartucce di esplosivo che gli svizzeri ci trovarono addosso, con l’obbiettivo di poterne determinare la provenienza. Ad indagine conclusa, le accuse a nostro carico ipotizzate dal pm Enrico Arnaldi Di Balme, sono pure tre: atto di terrorismo con ordigni micidiali ed esplosivi, detenzione e trasporto in luogo pubblico di esplosivi e ricettazione per l’esplosivo, accuse tutte aggravate dalla finalità di terrorismo.

In questi 5 anni passati, la nostra analisi del presente ha solo continuato a confermarsi e, conseguentemente, il nostro sentire anarchico ed ecologista non ha potuto che rafforzarsi. Le nano – biotecnologie sono gli ultimi sentieri battuti dalla corsa del sistema capitalista tecno-industriale al saccheggio e alla devastazione della Terra. Sentieri che, come tutti quelli precedenti (si pensi all’era dell’industrializzazione), presentano come miracoli cio’ che, possiamo facilmente immaginare, in futuro è destinato a trasformarsi in incubo.
Tecnologie che nascono dal cambio di visione del mondo che l’era informatica ha portato con se, soppiantando la visione meccanicista delle leve e degli ingranaggi con una visione matematica fatta di bits d’informazione in cui la realta’ tutta deve poter rientrare in un algoritmo. Una visione nuova che si e’ affermata perche’ meglio risponde alle esigenze del sistema. Affermandosi, ha schiuso alla scienza delle possibilità fino ad ora pressoche’ inimmaginabili per adempiere a quel compito che i tempi e l’autofagia del sistema le richiedono con sempre piu’ impellenza: riuscire ad appropiarsi di ogni cosa nell’universo per scomporla nei suoi piu piccoli, infinitesimali componenti, nei suoi “bits”. Ovvero, arrivare ad ottenere una qualche unità di base universale, attraverso la quale gli scienziati possano ridurre tutto l’esistente ad un grado sufficiente d’interscambiabilita’ ed equivalenza, affinchè in seguito, con l’ingegnerizzazione di questa nuova (perche prima inaccessibile) materia prima, ogni cosa di questo universo diventi fruibile alle necessità del dominio. Queste tecnologie sono dunque per il sistema un pilastro su cui rifondare i processi produttivi e di approvigionamento, fondamentali per la sua crescita. Una crescita che si vorrebbe senza fine in un pianeta saccheggiato già oltre ogni limite delle sue possibilità. E la convergenza delle scienze, cosi come con gli OGM, è l’ultima delle promesse di uno sviluppo che avrebbe dovuto risolvere la crisi ecologica a cui ci ha portati lo stesso progresso ecocida.

Come già detto in un precedente scritto, il “Binning and Rohrer Nanotechology Center” è stato reso operativo ed inaugurato pochi mesi prima del nostro processo in Svizzera. Da quasi tre anni a questa parte offre 950m2 di superficie alla collaborazione per la ricerca di base su nuovi materiali ed elementi di costruzione in scala nanometrica. Un luogo di ricerca che permetterà ai ricercatori, tanto di IBM che dell’ETH e di altri partner, di spingere la conoscenza, ma sopprattutto le possibilità di applicazione delle nanotecnologie, ben oltre, ma molto ben oltre, l’attuale impiego raggiunto tra cosmetici, pneumatici o spray nanotech. Cosi assicura il direttore della struttura, Matthias Kaiserswerth. Per noi, per quanto quelli di IBM o dell’ ETH si vantino di avere tra le mani un laboratorio unico al mondo – e per certi aspetti hanno pure ragione – la realtà è che i luoghi dentro cui si sta spingendo l’ingegnerizzazione e la manipolazione del vivente e del pianeta sono molti e, soprattutto, sono un po’ ovunque. Dai centri di ricerca delle multinazionali alle università, dai poli scientifici alle istituzioni di ricerca sovranazionali, un mondo che si muove in parallelo alla realtà che viviamo, e che sulla nostra testa progetta e costruisce il futuro che ci verrà imposto e i cui lineamenti già li abbiamo sotto gli occhi. Un mondo che ha un nome e un indirizzo.

Negli anni abbiamo sempre più sentito l’urgenza di provare a costruire lotte contro questo sviluppo, partendo proprio dalla comprensione della sua imprescindibilità per il sistema, oltre che per la nocività che gli sviluppi bio e nanotecnologici rappresentano. Nocività, e conviene chiarirlo, non in quanto danno alla salute umana, problema ambientale, ma in quanto rapporto tra potere e tecnologia che si traduce in rimodellamento\sostituzione\distruzione degli ecosistemi e del vivente. Un concetto di nocività ben più ampio e che si ricollega a filo diretto all’unica vera nocività rappresentata dal sistema stesso. Un’urgenza che continuiamo a sentire e per cui, davanti a questo salto in avanti che il sistema tecnologico ed industriale sta compiendo, rimaniamo convinti di come questa si debba tradurre in una critica necessariamente radicale e che non possa prescindere dal contesto sociale e economico, di cui queste nocività sono il prodotto e per cui sono necessarie. Critica che a sua volta sappia trasformare i fiumi d’inchiostro e le parole, necessarie per esprimerla e svilupparla, in lotta e azione diretta. Rimaniamo dunque ancora convinti/e della necessità di sviluppare lotte ecologiste radicali per contrastare questo sviluppo tecno-industriale mortifero, tracciando però come linea chiara quella di vedere nella lotta unicamente una reale possibilità per rimettere tutto in discussione, e non uno spazio in cui provare a ritagliarsi la propria parte nel teatrino politico o per offrire alternative “eco-sostenibili” al sistema.
Quello che vediamo è come i luoghi del potere tecno-scientifico si stiano decentralizzando e molecolarizzando in una costellazione di interessi e progetti ultra specifici, nonostante poi tra loro siano sempre e necessariamente interconnessi. Intervenire e colpire là dove più nuoce è sempre meno evidente e facile da capire. Una continua fonte d’ispirazione in questo senso è rappresentata da chi, in tutto il mondo, continua a sentire l’urgenza della lotta, portando avanti progetti, campagne, mobilitazioni e lotte in difesa di quanto ci si sente parte, e di sabotaggio e attacco distruttivo contro quegli ingranaggi che compongono il sistema industriale tecno-scientifico, patriarcale e capitalista.
Mettersi in gioco attraverso la lotta, sappiamo bene che probabilmente, presto o tardi, significa dovere fare i conti con la repressione e da questo non si sfugge. Quello da cui pero’ si puo’ e anzi si deve sfuggire, è lasciare soli/e coloro che sono colpiti/e dalla repressione. Il sostegno ai/alle prigionieri/e e’ qualcosa a cui non si puo’ prescindere, e oltre alla solidarieta’ e supporto piu’ immediato, altrettanto importante e fondamentale e’ il dare seguito alle lotte per cui compagni/e stanno pagando.
Nel nostro caso, trovandoci fuori da quelle mura, abbiamo davvero apprezzato le energie di tanti/e che attraverso serate e iniziative negli ultimi mesi, oltre al calore del supporto piu’ immediato e necessario, hanno dato spazio al nostro caso ma, soprattutto, alle tematiche su cui ci preme un confronto e il trasmettere il nostro sentire. Questo per noi rimane fondamentale.
Il 23 aprile e’ la data in cui e’ stata fissata l’udienza preliminare, dove si deciderà se verrà fatto o meno questo processo “déjà vu”. Da parte nostra, quello che sentiamo, non e’ tanto un interesse a richiamare l’attenzione sul nostro caso specifico, sul processo nei nostri confronti, quanto più la voglia di riuscire a trasformare questo momento in un’occasione, anche di mobilitazione, per rilanciare queste tematiche e il sentire che ci accomuna.
Mettere al centro non la repressione, ma l’agire senza delegare ad altri/e contro le bio e le nanotecnologie, contro il nucleare, contro ogni altra nocivita’ di questo sistema mortifero e in sostanza: contro questo presente di annientamento e devastazione.

Per la liberazione della Terra. Per la liberazione animale.
Billy, Costa, Silvia, Febbraio 2015

In vista del processo ci troviamo a sostenere numerose spese legali, chiediamo a tutte e tutti supporto con iniziative benefit e donazioni al conto corrente postale intestato a Marta Cattaneo codice IBAN: IT11A0760111100001022596116, specificare la causale: solidarietà a Silvia Billy Costa
Per contatti: info@resistenzealnanomondo.org
www.resistenzealnanomondo.org, www. silviabillycostaliberi.noblogs.org

L’Urlo della Terra: nuovo giornale ecologista radicale

urlo copia (1)In questo numero:
L’ecologismo radicale e il selvatico
Le conseguenze sociali e politiche dell’esposizione e dell’uso dei social network
Memorie dal futuro: la singolarità tecnologica che viene
Hambach la foresta che resiste: intervista
Un’altra campagna è possibile…
Attacco alla Bayer
Repressione di stato: autorepressione di Nicole Vosper

Editoriale:
In tempi di social network, di relazioni frettolose e più in generale dove il senso delle cose sfuma in una moltitudine quantitativa, rilanciare con un giornale cartaceo può sembrare perlomeno fuori luogo o fuori tempo, secondo quale è lo spazio da dove facciamo partire il nostro sguardo.
Questo strumento non ha alcuna pretesa di essere la soluzione di una qualche mancanza, definita o indefinita, di un preteso movimento o contesto. Sicuramente non ci interessa riempire quel calderone dell’informazione alternativa, che per sua stessa costituzione non  può mai riempirsi per lo sconcerto dei suoi maggiori promotori. Intendiamoci, la controinformazione ha la sua importanza, ma pensiamo che questa non deve rimanere mera informazione e deve essere capita nei contesti dove va ad operare per poter essere successivamente agita nel vivo delle lotte. La consapevolezza critica non è da confondere con l’accumulo di informazioni. Nel pieno dell’informazione mai ci si è ritrovati così poco informati e spaesati come di questi tempi, dove la vecchia cassetta degli attrezzi non contiene strumenti utili e precisi, ma un calderone di attrezzi per tutti gli usi, anche quelli che non conosciamo. Dobbiamo ancora capire qual’è la relazione possibile tra ogni singolo strumento e quel determinato problema che ci troviamo ad affrontare.
Per affrontare i problemi che  di fronte a noi non vanno certo a diminuire, ma semmai si moltiplicano e convergono tra loro lasciandoci sempre indietro, di strumenti ne servono, non se ne può fare a meno se si vuole mettere insieme una progettualità, seppur limitata e circoscritta al momento. I tempi corrono con tutte le possibili esperienze che si possono fare e incontrare: tutti questi momenti e situazioni sono li a dimostrarlo, dotarsi di un progetto, che non è da confondere con le strategie, si rende fondamentale se si vuole essere per questo sistema qualcosa di più di un semplice fastidio occasionale.
L’urlo della Terra si fa sempre più lacerante, tanto che ormai sembra diventata l’abitudine. Questo urlo però non parla soltanto di un pianeta che muore sempre di più sotto i colpi della
civilizzazione, che si degrada e si impoverisce anche di senso insieme ai suoi abitanti animali e non. C’è anche una Terra che si ribella, che lotta e resiste nonostante tutta questa situazione. Di fatto quello che fa la differenza, che è immediatamente comprensibile senza tanti sofismi, è il non essere complici di quella distruzione e degradazione del vivente che è stata portata avanti fino adesso e di quella che verrà, che è decisamente più tenace e soprattutto irreversibile nelle sue conseguenze ultime.
La non collaborazione con questo sistema di morte non è abbastanza: la disobbedienza è di fatto tollerata perché recuperata o recuperabile, al contrario invece della conflittualità permanente, quella insuscettibile di ravvedimento che non trova soluzione ai problemi sedendosi allo stesso tavolo con chi sfrutta e bombarda nella nuova veste democratica.
Il nuovo tecno-totalitarismo non è solo quello dell’imposizione, ma soprattutto quello della partecipazione, della coesistenza: si è chiamati tutti e tutte a collaborare su base volontaria al proprio sfruttamento, perché un’altra possibilità non esiste. Di fatto l’alternativa è già inclusa nell’unico pacchetto che può contenere una centrale atomica insieme ad una centrale eolica che si fanno un’ottima compagnia in un bel prato verde. La de-responsabilizzazione si è diffusa largamente in ogni parte interessata, fino ad insinuarsi anche nelle nostre teste: la crisi ecologica e sociale non è causa nostra e neanche del sistema. Da una parte c’è chi con la crisi ne ha fatto il nuovo business, dall’altra c’è chi subisce tutte le conseguenze di un sistema al collasso che fa pagare a vite ed ecosistemi il proprio sfacelo. Niente si salva dalla megamacchina che tutto trita sotto il proprio sostentamento. Come quegli animali resi meri corpi che il dominio ha destinato a un’infinita catena di riproduzione e morte.
Affronteremo delle questioni che ci stanno particolarmente a cuore e che consideriamo della massima importanza come gli sviluppi, le diramazioni e convergenze delle tecno-scienze, la crisi ecologica e con essa la degradazione del vivente. Tratteremo le questioni da vari aspetti e vari sguardi per permettere di costruire un pensiero ed una critica radicale che possa essere una traccia per capire quello che sta avvenendo e soprattutto che non avviene nelle lotte.
Non pubblicheremo di tutto, cosa per altro poi abbastanza improbabile considerando l’esistenza di siti internet e bollettini che già svolgono l’importante lavoro della controinformazione. Punteremo su singoli aspetti:  uno scritto, un’azione che a nostro avviso possa essere utile per capire, per portare dei dubbi e degli interrogativi. Saranno infatti dubbi e interrogativi la nostra prerogativa e non le solite risposte facili e buone solo per fare degli slogan.
L’Urlo della Terra vuole essere una voce di quella resistenza che dura da generazioni e che unisce in un unico filo un Penan del Borneo a chi difende le ultime foreste in Europa, una contadina indiana che protegge la biodiversità dai semi terminator ad un falciatore di campi ogm di una moderna stazione sperimentale in Inghilterra…

Per contatti e richieste
urlodellaterra@inventati.org

3 euro a copia più spese di spedizione 1,30 euro
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Per L’estero: Codice BIC BPPIITRRXXX
Intestato a Marta Cattaneo, specificare la causale L’Urlo della Terra

 

Il campo del controllo

Una raccolta di scritti contro la ricerca biotech e il dominio

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L’intenzione di questa raccolta di testi sull’ingegneria genetica è di tirare fuori dal dimenticatoio questa questione, dopo che la moratoria sugli ogm in Svizzera ha funzionato nel calmare gli spiriti. Si tratta di rompere il silenzio e la tranquillità che circonda gli esperimenti portati avanti oggi, così come il ruolo di primo piano della ricerca scientifica. Cosa ce ne facciamo di fermare gli ogm quando le disseminazioni incontrollate e il proseguimento della ricerca e dello sviluppo si accordano per metterci davanti al fatto compiuto? Partendo da una prospettiva che nasce in Svizzera, questi testi vogliono incoraggiare una discussione più ampia e globale che possa essere un’adeguata base per delle pratiche di lotta.

La Svizzera si profila come un terreno prezioso per quanto riguarda le nuove tecnologie (ingegneria genetica, nanotecnologia, ecc….) e la loro accettazione, con una solida esperienza nella fabbricazione del consenso in ambito democratico, mezzi sostanziosi e professori eminenti in camice bianco ma dall’aspetto verde. Qui come altrove le istituzioni e l’economia sono così coinvolte da contare solo gli interessi monetari, mascherati dall’aurea del Progresso Scientifico. I ricercatori non hanno inibizione nell’appropriarsi del vivente e pretendere di risolvere in questo modo tutti i problemi sociali.
Attraverso l’ondata di nuove tecnologie genetiche che affrontiamo qua, si ha la percezione che la transgenesi non è che l’inizio di una guerra per il controllo di tutto il vivente. Vogliamo trarre una lezione dalle lotte passate e contribuire ad una rimessa in causa più radicale di tutto quanto ci ha portati a questo approfondimento del dominio.

Abbattiamo i recinti del campo del controllo, distruggiamolo e buttiamo i semi dell’autodeterminazione!

Questo opuscolo di 44 pagine è presente nella nostra distribuzione, per riceverne una o più copie inviateci una email.