Su “La Riproduzione artificiale dell’umano” di Escudero

Ho volentieri accolto l’invito a presentare il lavoro di Escudero alla libreria Antigone a Milano.
“La riproduzione artificiale dell’umano” mi ha aperto orizzonti ancora più inquietanti dello scenario che da qualche tempo sto indagando, che è relativo alla “Gestazione per altri”. Due parole su questa: non è una tecnica, è un istituto giuridico che può avvalersi delle tecniche della riproduzione assistita oppure no – quindi la mia ricerca, critica quanto quella di Escudero, si sovrappone parzialmente al suo campo di indagine. Escudero mi ha dato uno sguardo lungo, illuminando le logiche conseguenze di quell’idea che, da lesbica, vedo con preoccupazione diventare un obiettivo del movimento Lgbt (lesbiche, gay, bisex, trans etc): che sia un diritto quello di riprodursi usando le tecniche medico-tecnologiche, addirittura a prescindere dal proprio effettivo stato di infertilità.
Come anche Escudero sottolinea, ci sono mille modi di relazionarsi tra i sessi per avere figli o anche procreare in prima persona senza ricorrere alla tecnologia e affidarsi ai suoi esperti: donazione di seme da parte di un uomo e autoinseminazione per le lesbiche, accordi informali per i gay con le donne, per tutti la richiesta della possibilità di essere valutati per le adozioni e anche gli affidi familiari.
Pur tenendo ferma la realtà della differenza sessuale, quindi le dovute differenze nel valutare da una parte le diverse pratiche di uso dello sperma, che naturalmente si stacca dal corpo, e di ovociti da estrarre o “uteri” cioè donne intere, dall’altra devo riconoscere che la china su cui si è messo il movimento Lgbt con un preteso “diritto all’omogenitorialità” di cui sempre più si sente parlare, è una china pericolosa. L’obiettivo dell’”uguaglianza” per le persone Lgbt rischia di diventare l’assimilazione completa agli imperativi matrimoniali e procreativi di una società tradizionale che non è più egemone: gli stessi eterosessuali vivono le loro relazioni sempre più senza sposarsi, non volendo tra le altre cose sottoporsi alle pressioni familiari per avere figli. Anche quando i figli nascono, i genitori rimangono liberi di stato, non volendo sottoporsi alle norme e agli stereotipi della vita da marito e moglie. Un terzo dei bambini che nascono in Italia hanno madri non sposate.
Le biotecnologie riproduttive rappresentano la possibilità di sfruttare economicamente il corpo delle donne estraendone chirurgicamente dopo pesanti trattamenti ormonali gli ovociti per la riproduzione e per altri usi, e considerandole come contenitori per la produzione e vendita di feti “altrui”. Posso anche dichiararmi felice che un uomo, non personalmente coinvolto nella critica a queste tecniche perché non incidono per nulla sui corpi maschili, abbia riconosciuto il problema e lavorato per aggiungere la sua voce a quelle femministe che rifiutano questa ennesima colonizzazione dei corpi femminili.
Daniela Danna