Non possiamo abbandonare la critica – Note sul movimento no tap

Da qualche tempo sentiamo la necessità di esprimere alcuni pensieri su quella che è una parte della opposizione a Tap. In un vorticosa corsa, povera, ci pare, di riflessioni interessanti, vediamo ripetersi iniziative che mischiano contenuti e pratiche recuperando tutto nel calderone riformista.
Tra le ultime iniziative, la presentazione di un libro, a cura del giornalista fascio-leghista Gianluigi Paragone sui rapporti tra Tap, le lobbies finanziarie e le banche.
Cortei dal forte sapore cittadinista come quello dell’8 dicembre a Lecce, promosso dal movimento no tav, che ha invitato tutti i movimenti italiani a organizzare iniziative nei propri territori.
E poi presentazione di libri che raccontano di un Salento paradisiaco, che gli svizzeri cattivi vorrebbero portarci via e ancora giornate di narrazione e apologia di ciò che è stato il presidio esistente fino a poco tempo fa. Serrate dei commercianti di Melendugno, sfilate di gruppi partitici di cui capofila sono i 5 stelle. Un movimento no tap, quindi, di cui fanno parte amministratori, commercianti, associazioni, cittadini, comitati e anarchici, che pare essere la fotocopia di cose già viste.
Le giornate trascorse nella primavera scorsa, quando nessun movimento esisteva ancora, sembrano essere lontane anni luce, con la loro spontaneità e determinazione da parte di una pluralità di persone, tutte in prima fila a bloccare i lavori. Oggi invece si organizzano eventi, incontri, e anche ciò che cerca di passare il limite, viene subito recuperato da un discorso democratico. Come le passeggiate attorno alla zona rossa, tra l’altro osteggiate dai capoccia del comitato no tap, che in un’occasione specifica, quella del 6 dicembre, mentre gli abitanti del posto e altri manifestanti si dirigevano verso la recinzione del cantiere, hanno esplicitamente provato a dissuaderli, invitandoli a proseguire in un’inutile manifestazione in una località deserta. Per una volta non sono ascoltati.
Che i movimenti del no abbiano questa composizione non ci stupisce. Insieme a tante belle persone conosciute in questi mesi, spontanee e arrabbiate, ma fortemente condizionate dal sistema statale in cui si trovano immerse, (lo Stato dentro difficile da mettere in discussione, seppure non da tutti), la presenza di sindaci, parlamentari, politici di vario genere, associazionismo di sinistra e di destra, che non esita a prendere le distanze da ciò che alza minimamente il livello del conflitto, pacifisti di varia natura, giornalisti e altro, il recupero è sempre dietro l’angolo, ma soprattutto è sempre dietro l’angolo lo scivolamento verso un miscuglio aberrante che mette insieme ciò che dovrebbe stare agli antipodi.
E gli anarchici? Crediamo sia necessaria chiarezza e sia necessario porre una riflessione sulle dinamiche che vengono riproposte anche in Salento e già viste in altri contesti. “Strategie” e “alleanze” che aumentano il brivido del quantitativo, ma alla fine cosa lasciano? Un impoverimento generale, poiché a furia di abbassare contenuti, pratiche e critica, si finirà per perdere la bussola. L’esperienza valsusina non è lontana, eppure vediamo anarchici ripercorrere le stesse strade senza alcuna riflessione in merito. Ma la teoria e la pratica, i mezzi e i fini, la conflittualità permanente, l’orizzontalità, non sono slogan da ripetere tra compagni, sono ciò che crediamo non farà perdere l’orizzonte della libertà che abbiamo nel cuore. Il pericoloso scivolamento verso la rappresentazione e la narrazione, di cui anche il movimento no tap – e non solo – si caratterizza, ci fa letteralmente paura, poiché vediamo manifestarsi in un movimento (autoproclamatosi tale) una perdita di contenuti e non un aumento, il recupero delle pratiche più incisive e non il loro affermarsi. Una centralizzazione che rischia di diventare gerarchia. La riproduzione di un mainstream che sta stritolando l’individualità e la particolarità.
Per fermare Tap dobbiamo agire ma non possiamo abbandonare la critica.

Alcuni nemici di tap
Dicembre 2017