Come sbancarsi la vita. La Fondazione Mach in Trentino

La data di nascita della Fondazione Mach si può situare il 12 gennaio 1874, quando la Dieta tirolese di Innsbruck (il suo compito è quello di redigere e deliberare le leggi regionali e di eleggere il Governo Regionale) acquistò il monastero di San Michele all’Adige ed i suoi relativi beni, con lo scopo di aprire una scuola agraria con annessa stazione sperimentale. Il compito della nuova scuola e delle sue sperimentazioni era quello di lavorare alla rinascita dell’agricoltura in Tirolo. Il primo direttore fu Edmund Mach, il quale arrivava da un’altra stazione sperimentale, quella di Klosterneuburg presso Vienna, ed ebbe un’intensa carriera nel campo della chimica agraria e dell’enologia. Edmund era ritenuto un ottimo organizzatore sia a livello scolastico che sperimentale, tanto che gli viene riconosciuto il “merito” di aver costituito il binomio indissolubile tra ricerca e didattica. Nel 1919 l’istituto passò alle competenze della provincia di Trento e nel 1926 venne attivato il Consorzio con lo Stato italiano per la gestione dell’Ente. Uno dei successivi direttori dell’istituto fu Rebo Rigotti, il quale svolse una ricerca considerevole nel campo cerealicolo, frutticolo e viticolo, tanto che ottenne dai suoi esperimenti il riconoscimento di una nuova varietà autoctona di bacca rossa soprannominata Rebo, una bacca ottenuta tramite nuovi incroci tra le viti che le migliorava geneticamente.

Dopo la seconda guerra mondiale arrivò Bruno Kessler, il quale era anche Presidente della Provincia Autonoma di Trento, che diede nuovo impulso all’istituto agrario grazie al modo in cui considerava il progresso e lo legava alle nuove tecnologie, ossia una prospettiva di sviluppo intensivo dell’agricoltura locale e il suo perfezionamento attraverso la ricerca scientifica, intersecando il lavoro in loco con quello di altri istituti simili, soprattutto tedeschi. Un passo importante avviene con la legge provinciale n°28 del 1990, in cui viene delineata la linea attuale della scuola, l’incrocio tra didattica, ricerca ed assistenza tecnica. Nel 2008 l’istituto diventa fondazione con il nome del suo primo direttore, Edmund Mach.

Ma di cosa si occupa oggi la Fondazione Mach? A livello locale si potrebbe rispondere con un semplice “tutto”. Per tutto quello che concerne l’agricoltura, le montagne, le foreste, l’allevamento, l’apicoltura, le acque, e così via, la Fondazione ha voce in capitolo, una voce grossa, arrogante ma pacata, e nessuno fino ad ora sembra capire cosa comporti avere una struttura di potere così nella valle dell’Adige, così importante per le multinazionali agricole locali e per i poteri politici. La Fondazione viene interpellata a 360°, le vengono commissionati studi sui ghiacciai, sui cambiamenti climatici in regione, sulla salute delle risorse idriche, i contadini cercano l’aiuto dei suoi tecnici il giorno stesso delle gelate, come quelle pesanti verificatesi quest’inizio di primavera. Le multinazionali della mela, dell’uva e dei piccoli frutti come la Melinda, Cavit, Ferrari, Menz & Gasser collaborano in stretto contatto con il vecchio monastero.

È un centro di potere nel senso stretto della parola, perchè quello che esce dalle sue mura e dalla voce dei suoi addetti ai lavori è legge, nessuno guarda più in là delle sue parole. Se si gira per il Trentino, nei paesi ci sono tanti piccoli contadini che forse neanche sanno cos’è la Fondazione Mach, ma loro non sono un problema, non è necessario che seguano i consigli perché quello che producono è per il loro sostentamento, al massimo per la famiglia e qualche amico, quindi non sono fruttuosi dal punti di vista del guadagno. Gli altri, invece, cioè quelli che producono entro un certo tipo di economia, sì che rischiano di restare impigliati nella burocrazia provinciale e nelle scelte tecnologiche “imposte” dell’ex monastero. È molto difficile toccare in senso critico la Mach in Trentino: è un istituzione. Lì dentro puoi trovare il biotecnologo insieme al giovane contadino che non vuole utilizzare pesticidi e vuole lavorare la terra in nome del biologico e della salvaguardia dell’ecosistema, tutti insieme senza alcun occhio critico su cosa succeda veramente all’interno di quei laboratori tecnologici. Nessuno ha l’impressione che il mondo previsto ed elaborato dalla Fondazione sia un mondo che distacchi sempre più l’uomo dalla natura, in cui essa viene vista solo come fonte di guadagno, indifferentemente se il prodotto sia biologico o biotecnologico. La “salvaguardia” del territorio è un’argomentazione fasulla che alimenta questi due percorsi.

Intorno a tutto questo c’è un territorio che difende, finanzia, giustifica e pubblicizza come necessaria questa collaborazione. L’annuale convegno GreenWeek a Trento si presta proprio a questo scopo, in quanto il ritrovo tra scienziati, politici ed industriali rafforza il loro connubio rifacendosi la facciata quanto a sostenibilità e rispetto dell’ambiente.

Questo luogo ha degli scopi ben precisi, e non sarà il singolo individuo a incrinare i rapporti di potere esistenti all’interno della Fondazione, così come la tecnologia utilizzata in quei laboratori non è imparziale, ma detta già il mondo che verrà. Lo scopo più o meno velato del Capitale è quello di crearsi una nuova facciata più pulita e più ecologica, continuando invece a distruggere tutto quello che tocca: oggi è il momento di investire in questa strada con una propaganda oculata.

Se ci pensiamo però, anche all’interno del movimento anarchico c’è voluto del tempo perchè si sviluppasse una critica alla tecnologia. Elisèe Reclus fu uno dei pochi che a fine Ottocento pose il problema del progresso tecnologico nell’analisi libertaria, criticando indirettamente, per esempio, le tesi positiviste di Kropotkin ed altri riguardo al problema. Qual è il punto? C’è chi si pone il problema della produzione in modo tale che gli uomini siano liberi ed uguali, ma con una credenza che il progresso sia la strada che salverà l’umanità dai pericoli e fatiche per le quali in tanti sono morti, altri invece ragionano sulla produzione ed il progresso in termini di profitto e sopraffazione. Purtroppo per decenni la critica al progresso tecnologico è stata sviata soltanto da una giusta questione di classe, ma ormai bisogna andare più affondo dei problemi.

Questo filo storico segue esattamente la storia della Fondazione. Essa voleva sì la prosperità della sua regione, ma nella direzione di un’innovazione tecnologica competitiva. Forse il nocciolo è proprio qui. Tutti questi studi sono legati all’aspetto economico, che oggi nel 2017 si tinge di verde: il linguaggio utilizzato oggi da padroni, scienziati, politici, filosofi, opinionisti, riesce a distoglierci dai problemi sociali legati a questo sistema tecnoindustriale: le caramelle zuccherate vengono distribuite gratuitamente a tutti gli sfruttati, facendo loro credere che l’alternativa “buona” ci sia, ma siano solo loro a poterla elargire. Ad esempio negli ultimi cinquant’anni in Trentino la temperatura dell’aria è aumentata di 1,5 °C, ed è come se il territorio fosse sprofondato di 200 metri, e chi risolverà i problemi? La Fondazione Mach, che da una parte con i suoi studi darà consigli alla Melinda ed alla Cavit nel momento in cui queste aziende dovranno sbancàre foreste sempre più in alto per far sì che i loro prodotti rimangano competitivi sul mercato e digeribili per i consumatori, dall’altra forniranno loro dei prodotti selezionati geneticamente tramite i biotecnologi.

Un altro slogan in voga in questi ultimi anni è “basta pesticidi”, questi sono veleni, e bisogna seguire le direttive europee in merito: ecco quindi la creazione in vitro di piante che resistono a caldo, insetti, grandine, gelate e così via. Il veleno è direttamente presente nelle piante, e non più sulla buccia, nella terra o nell’acqua.

Allo stesso tempo però è doveroso fare un ragionamento che vada più in là dell’aspetto naturale del problema, andando un attimo oltre la critica del come e cosa produrre in senso alimentare e il come convivere veramente con la natura che qui abbiamo solo abbozzato o criticato. Cosa sta accadendo in Trentino negli ultimi anni? C’è una massa di lavoratori, le cosiddette tute blu o colletti bianchi che stanno perdendo il lavoro, tante fabbriche chiudono, e noi non disperiamo, se non per la poca conflittualità dei lavoratori contro i padroni. Allo stesso tempo negli ultimi anni si assiste a una crescente richiesta di studenti, scienziati e simili che vadano a spremere le loro meningi in tutta una serie di strutture che qui in Trentino trovano spazio, soldi ed una certa cultura. Quindi questa terra sta diventando un laboratorio a tutti gli effetti in più settori, e uno di questi è proprio l’ex monastero a San Michele all’Adige. La crisi del lavoro in realtà non esiste, perché il capitalismo locale investe in quello che per lui è veramente profitto, cioè le nuove tecnologie e la ricerca: è qui che vengono investiti miliardi di euro ogni anno, quindi è qui che il Trentino si gioca le sue carte migliori, e chi non rientra in questo rinnovamento è tagliato fuori. Senza questo pezzo di ragionamento sul locale non si capirebbe cosa ci sta accadendo attorno e qual è il futuro di questa terra.

Quindi la Fondazione Mach è una delle punte di diamante di questo territorio, ma con chi collabora? Se si guarda la scaletta di Greenweek edizione 2016 possiamo trovare la Fondazione Bruno Kessler che insieme alla Fondazione Mach quest’anno è arrivata prima, secondo l’ANVUR1, in chimica, ingegneria, scienze della formazione, agraria-veterinaria, biologia, e avanti così. La collaborazione della Fondazione vede anche altri organi d’élite dell’innovazione tecnologica militare, del controllo, della repressione, come FBK, Eurotech (Finmeccanica ne possiede 11%), ENI. Ma non finisce qui. Nel 2005 a San Michele è stata presentata un’applicazione informatica per la catalogazione e gestione dei prodotti chimici, reagenti, microrganismi in laboratorio, e la gestione di esperimenti mediante il sistema di etichettatura a codice a sbarre. Chi ha prodotto questa applicazione? Quest’applicazione è stata creata da una collaborazione tra il centro Safecrop e l’Università di Haifa, università che collabora con quella di Trento nello studio di nuove tecnologie di controllo e repressione. Un comunicato stampa della Fondazione del 9 agosto del 2007 afferma che due ricercatori hanno attivato un procedimento per limitare l’utilizzo del rame nella viticoltura. La collaborazione è avvenuta tra il Dipartimento di Protezione delle Piante dell’Istituto agrario e il MIS (Department of Management Information Systems) dell’Università di Haifa. E dove è andato nel 2010 l’ex direttore della Fondazione Francesco Salamini? Proprio ad Haifa assieme ad una delegazione trentina. Un’altra collaborazione della Fondazione Mach è con il gruppo Eledia: insieme stanno applicando ad un meleto a Cles (TN) alcune tecnologie wireless: i nodi wireless nel terreno hanno il compito di rilevare la temperatura e l’umidità del terreno. La crescita dei fusti viene fatta con dei dendrometri, cioè dei chip applicati alle piante, che comunicano grazie ad una tecnologia chiamata WSN (Wireless Sensor Network). Hanno creato quindi un ambiente intelligente e pervasivo.

È evidente che la Fondazione Mach non ha niente di etico, di naturale, di “green”, non si fa scrupoli nel collaborare con guerrafondai patentati, teorici dell’atomo e petrolieri, la sua ricerca va sempre più a limitare la capacità dell’uomo ad avere un senso critico rispetto a come convivere con la natura, a come nutrirsi, è una direzione sempre più accentratrice di saperi e degli strumenti, riuscendo tramite la politica a darsi una facciata “trasparente”, coprendo quello che fa tra le sue mura; niente viene nascosto, ma tutto viene distorto, e il fine ultimo è sempre il profitto ed il controllo. Ma, oltre a questo, detta anche la linea di come sarà l’alimentazione del domani. Questo a profitto dei padroni a livello di denaro, ed a profitto dello Stato per la capacità sempre più sottile di un controllo intimo e pervasivo, come avviene nei meleti di Cles.

Questo articolo è un primo approccio alla questione della Fondazione Mach, perché non si può svincolarla dal potere locale e altro, potere che arriva a toccare l’essenziale, cioè l’alimentazione e l’ambiente, che continua a offrirci cose indispensabili come legna, cibo, acqua. Vorremmo riuscire a far intravedere che quello che sta succedendo nel paesino di San Michele all’Adige è in realtà un’innovazione nello sfruttamento tra uomini, ed è uno sfruttamento che non ha niente a che vedere con un rapporto etico uomo-natura come loro vogliono far credere in tutte le loro manifestazioni di propaganda. Il problema rimane complesso perché vuol dire avere una reale alternativa a quello che sta creando la Fondazione a livello di immaginario, ma qui vorrebbe dire parlare di rivoluzione: un luogo liberato non ha bisogno di niente di ciò che pensa e produce questa Fondazione. Ne riparleremo.

Stecco

1 L’Agenzia per la valutazione del sistema Universitario e della ricerca (ANVUR) sovraintende al sistema pubblico nazionale di valutazione della qualità delle Università e degli Enti di ricerca. Essa cura la valutazione esterna della qualità delle attività delle Università e degli Enti di Ricerca destinatari di finanziamenti pubblici e indirizza le attività dei Nuclei di valutazione. Infine, valuta l’efficacia e l’efficienza dei programmi pubblici di finanziamento e di incentivazione alle attività di ricerca e innovazione.

Dal giornale ecologista L’Urlo della Terra, num.5, luglio 2017