Questa tecnologia rappresenta l’apice del controllo dei processi biologici dalla nascita alla morte e della manipolazione degli organismi viventi: sottoposti alla tecnica dell’ingegneria genetica diventano oggetto di sperimentazione per la ricerca scientifica e nuova merce per soddisfare gli interessi delle multinazionali dell’agri-business e chimico-farmaceutiche.
Le biotecnologie comprendono una varietà di tecniche: tecnologia del DNA ricombinante, terapie genetiche, che implicano la manipolazione di organismi viventi (compresi colture di cellule e tessuti) fino alla loro clonazione. I ricercatori nei loro laboratori ingegnerizzano dai microorganismi, alle piante, animali fino a mappare geneticamente interi ecosistemi grazie anche alle sempre più potenti tecnologie informatiche.
Dalla pannocchia di mais fino alla linea germinale umana, niente sfugge dall’assalto al vivente dell’ingegneria genetica. Questa porta una distruzione irreversibile della biodiversità, di antichi saperi e un immenso potere sul controllo delle sementi e della produzione alimentare mondiale. Le monocolture ogm e la selezione genetica vengono imposte prima nei campi e negli screening genetici, per poi diventare l’unico modello di esistenza possibile.

Video del Convegno I figli della macchina

Silvia Guerini
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Renate Klein
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Il biolaboratorio mondo – Costantino Ragusa

“L’ingegneria genetica è una tecnologia tanto radicale quanto quella nucleare, non solo perché entrambe affrontano gli elementi costitutivi “estremi”della materia e della vita, disintegrando ciò che era ritenuto fino ad allora “insecabile”(l’atomo o la cellula), ma anche perché nell’uno e nell’altro caso non si tratta più di vere e proprie prove, dato che non c’è più l’insularità del campo di sperimentazione, e che il laboratorio diviene suscettibile di avere la stessa estensione del globo”.
Enciclopédie des nuisances

Recentemente in Italia, seppur ancora in contesti molto marginali, si è iniziato a discutere dei pericoli legati alle ricerche di ingegneria genetica e più in generale alle ricerche con agenti biologici, soprattutto dopo le recenti mobilitazioni a Pesaro contro l’apertura di un Istituto Zooprofilattico con classificazione di pericolosità biologica di livello 3.

Per forza di cose per comprendere quello che sta effettivamente avvenendo bisogna fare un passo indietro, anche abbastanza lungo, ma fondamentale per non sbagliare pensando che sia stato il clima di emergenza degli ultimi anni ad aver portato questi nuovi Biolaboratori, quando al contrario sono invece sempre i laboratori a creare le emergenze.

Intanto, per cominciare, le ricerche condotte in questi nuovi Biolaboratori non rappresentano certo una novità, sia per l’Italia, ma ancora di più per tanti altri paesi per il mondo.

Sono decenni che, segretamente, poi ufficialmente e poi di nuovo segretamente, vengono effettuate ricerche ed esperimenti senza sosta in questa direzione, ogni paese con le proprie caratteristiche e i propri diritti umani e animali da tenere in considerazione. Senza girarci tanto intorno, queste ricerche “civili” sono sempre state collegate con applicazioni militari, anche se erroneamente negli anni sono state notevolmente trascurate sia dal movimento ecologista sia da quello pacifista, almeno finché le tragiche vicende della guerra tra Iran e Iraq non le hanno riportate tristemente alla ribalta, mettendo in evidenza la dualità della ricerca scientifica. Eppure certe produzioni chimiche e biotecnologiche rappresentano a tutti gli effetti delle armi di sterminio di massa che vanno a integrare gli arsenali atomici.

Storicamente abbiamo episodi precisi che tracciano un nuovo modo di fare la guerra, con una cura sempre più micidiale nello strumento di morte usato. Nonostante la conferenza dell’Aja del 1899 vietasse l’uso di gas tossici, il comando tedesco fece riversare sulle truppe francesi il 22 Aprile del 1915 ad Ypres 168 tonnellate di cloro. Questa grande nube di cloro che si produsse grazie al vento favorevole sorprese e soffocò 15 000 francesi, uccidendone 5000. A sovrintendere l’attacco dal punto di vista scientifico c’era Fritz Haber, un chimico al quale nel 1918 fu conferito il premio Nobel per il suo fondamentale lavoro sulla sintesi dell’ammoniaca da idrogeno e azoto. Chissà se questo scienziato, a cui se ne aggiungeranno tanti nel tempo, anche lui abbia avuto incubi distopici come più volte ha raccontato Jennifer Douden, premio Nobel per aver ideato il CRISPR/Cas9.

Questi episodi da sempre impregnano la logica più segreta della guerra portando questa ad una incessante e febbrile corsa alla ricerca verso l’offesa e verso la difesa. La corsa all’arma chimica, una volta iniziata, divenne difficilmente arrestabile. La ricerca in ambito militare si impegnò nella produzione di nuovi aggressivi chimici, di munizioni adatte alla loro diffusione e di mezzi adeguati di protezione, che come vedremo con le biotecnologie darà il via ad una spirale senza fine, puntando tutto sulla formula vaccino come antidoto universale.

Verso la fine del 1915 il fosgene salì di importanza come prodotto industriale e sostituì il cloro per la sua maggiore maneggevolezza e soprattutto per la sua forte tossicità. Venne immediatamente adoperato nei campi di battaglia con l’utilizzo di ben 150.000 tonnellate che andarono a riempire speciali munizionamenti, responsabili dell’80% di morti da arma chimica.

Anche l’Italia conosce un impiego significativo di aggressivi chimici, come quello effettuato dagli austriaci nel 1916, un anno dopo quello di Ypres, tra San Michele e San Martino del Carso, dove una densa nube di cloro e fosgene liberata da 3000 bombole da 50kg penetrò nelle trincee cogliendo buona parte delle truppe nel sonno. Questo disastro fu sicuramente un successo dal punto di vista scientifico e militare perché ben 8000 soldati furono neutralizzati e la metà di questi persero la vita.

Nel 1917 venne per la prima volta utilizzata dai tedeschi l’iprite o gas mostarda (solfuro di etile biclorurato) e l’iniziativa fu ben presto imitata da tutti gli altri belligeranti, che puntarono su ricerche sempre più micidiali di prodotti di morte, con risultati tra l’altro sempre effimeri, visto che ogni progresso raggiunto da una parte veniva presto superato dall’altra, spingendo gli scienziati a darsi da fare nei laboratori per trovare nuove formule sempre più tossiche e assassine.

A tutto questo, almeno formalmente, si cercò di porre rimedio nel 1925, con la Conferenza di Ginevra che bandì l’uso dei gas asfissianti. Il protocollo – da cui gli Stati Uniti successivamente si sfilarono – fu sottoscritto da 32 paesi, ma l’assunzione di questo impegno non impedì all’Italia prima della seconda guerra mondiale di usare il suo gas mostarda contro gli etiopici.

Ovviamente le formalità dei protocolli non hanno fermato le ricerche seppur apparentemente confinate tra le mura dei laboratori. Ben presto si è arrivati ai primi gas neurotossici, scoperti nel 1936 da un chimico della Farben Industrie in Germania, mentre lavorava su nuovi erbicidi. Successivamente quella che sembrava una scoperta occasionale portò ad uno sviluppo di nuovi agenti tossici, che vennero prodotti a livello industriale e presero i nomi tristemente noti di Tabun, Sarin e Soman – tutte sostanze letali e in grado di agire in pochissimi minuti. Nonostante la Germania nazista avesse prodotto fino al 1945 17.000 tonnellate solo di Tabun questo non venne utilizzato, probabilmente per timore della risposta avversaria che poteva essere uguale o ben peggiore, considerato che i laboratori nel mondo erano tutti in piena attività a creare antidoti e quindi a sua volta nuove armi.

Il vero slancio a queste ricerche è stato dato dopo la guerra, in particolare dall’allora Unione Sovietica e dalla Gran Bretagna. Ma nessuno si è tirato indietro e qualche anno dopo il secondo conflitto mondiale scienziati svedesi e americani potevano annunciare con giubilo ai propri rispettivi governi che grazie alla sintesi di nuovi straordinari prodotti, i gas V, una nuova era di pace si stava aprendo. Nel frattempo, il colosso farmaceutico Merck gestiva i suoi affari con i prodotti farmaceutici e al contempo il programma di armi biologiche del Pentagono. I ricercatori della Merck si vantavano di poter produrre agenti di guerra biologica senza grandi spese e senza bisogno di particolare logistica. Ma soprattutto veniva ricordato il grande vantaggio dato dalle armi biologiche: queste potevano essere prodotte sotto le sembianze di una legittima ricerca medica.

La maggior parte degli storici fa risalire l’avvento del moderno “programma di biosicurezza” con gli attacchi all’antrace nel 2001, realizzati tra l’altro da scienziati interni al sistema biotecnologico di punta della ricerca. Ma già anni prima alcuni pianificatori del complesso militare-industriale e medico stavano già contestualizzando la biosicurezza come potente strategia volta a sfruttare potenziali pandemie o atti di bioterrorismo per fomentare un’enorme crescita di finanziamenti, e come strumento per compiere la metamorfosi non solo dell’America, ma del mondo intero. Dopo quegli attacchi all’antrace, “vaccini” divenne improvvisamente un eufemismo per armi biologiche, nonché un’ancora di salvezza per un’industria delle armi biologiche in alto mare.

Da quel momento tutto l’apparato militare del Pentagono con tutti i suoi pianificatori – come il ben noto DARPA che in Italia finanziava gli esperimenti sulle zanzare OGM a Crisanti – cominciò a far confluire fiumi di denaro e a far pressione con le sue lobby verso gli esperimenti sul “guadagno di funzione”. La ricerca “a duplice uso” era ormai pienamente lanciata.

Nel tempo tutti i vari possibili “incidenti” non sono da considerarsi come eventi casuali, ma sono insiti nella logica perversa che sta dietro la ricerca scientifica, al profitto e a precise ideologie scientiste che sostengono questi processi qualsiasi siano le possibili conseguenze, quando queste vengono ipotizzate. Se si sovrappone una cartina geografica dove sono presenti i laboratori chimici e di biotecnologia con livelli sicurezza 3,4 (almeno quelli noti) con una cartina degli incidenti degli ultimi anni, si vedrà come la geografia della morte non menta e faccia coincidere i centri di ricerca con i territori colpiti.

In questi settori parlare di incidenti è puro eufemismo. Ad esempio, la base navale Namru3 di livello 3 trasferitasi nel 2020 dall’Egitto a Sigonella in Sicilia dopo oltre 80 anni di attività non si porta dietro bei ricordi, considerato le cause legali aperte dallo Stato Egiziano che accusa i militari americani di aver fatto esperimenti incontrollati e di aver utilizzato la popolazione come cavia. Significativo è quello che pensano di fare qui in Italia se proprio ad inaugurare la stagione dei Biolaboratori sia stato proprio un centro con una simile storia.

Se nella diffusione delle bombe atomiche, di cui sappiamo avere anche in Italia un bel campionario, si è giustamente insistito molto sulla mistificazione insita nella distinzione tra bombe e reattori nucleari per produrre energia elettrica, dal momento che sempre il processo di produzione da vita al plutonio, elemento esplosivo base per realizzare ordigni atomici. Lo stesso processo lo si può ritrovare nelle armi chimiche batteriologiche, come ci hanno ricordato in modo drammatico le vicende di Bophal, ma era già emerso anche in casa nostra con Seveso e Avenza. Nel giornale l’Unità del 20 Dicembre 1984 si esprimevano dubbi che il gas sprigionato dalla Union Carbide “non fosse di metile, ma il ben più pericoloso fosgene, probabilmente destinato ad uso militare”. E se Assochimica si era affrettata a dichiarare che in Italia non vi erano produzioni di Isocianato di metile, dimenticava non solo che nel Dicembre del 1984 vi era stata una perdita di fosgene dall’impianto della Montedison di Brindisi, ma anche che il fosgene veniva prodotto alla Montedison di Porto Marghera e che l’Isocianato di metile era regolarmente in circolazione commerciale. Questo evidenzia come la “guerra sporca” da molto tempo è in fase di lavorazione, potremmo dire anzi, per maggiore chiarezza, che è parte integrante dei processi di armamento militare, dove gli obiettivi sono sempre gli stessi: avere armi sempre più efficaci dai bassi costi economici e dagli alti costi in vite umane.

Restando ancora nella chimica industriale il comparto militare con i suoi aggressivi nervini ha sempre preso dai cicli di produzione dei pesticidi, ben di poco si differenziano e solo negli stadi finali delle reazioni chimiche, prestandosi a semplici e rapide riconversioni degli uni negli altri e rendendo assai dubbia qualsiasi forma di controllo.

Parallelamente agli studi sull’arma chimica presero avvio quelli sull’arma biologica, si potrebbe dire che i gas nervini sono figli dei pesticidi come la guerra batteriologica è figlia della biotecnologia.

L’idea di usare armi biologiche risale all’esperienza di infezioni e di epidemie che hanno rappresentato un serio problema militare nel corso delle passate guerre. Con lo sviluppo della microbiologia, l’acquisizione di nuove conoscenze sulla fisiologia batterica e virale e la possibilità di effettuare colture di microrganismi su vasta scala, l’idea di usare la malattia come arma è diventata possibile.

Già fin dal 1936 la Germania aveva intrapreso importanti ricerche in questa direzione, nel 1940 installò un centro di ricerca a Porton, il Canada fondò in quegli anni il suo centro a Suffield e tra il 1930 e il 1940 il Giappone aveva dedicato importantissimi indirizzi di ricerca e sperimentazione verso la guerra biologica. Nel 1942 gli Stati Uniti costituirono il Servizio per la ricerca sulla guerra biologica, aprendo l’anno successivo quello che sarebbe diventato il centro più tristemente famoso della biologia bellica, Fort Detrick. Un rapporto stilato durante la seconda guerra mondiale descrive la ricerca sulle armi biologiche degli Stati Uniti come superiore di quella dei nazisti.

Dopo la seconda guerra mondiale le grandi potenze USA e URSS diffusero informazioni circa i miglioramenti apportati alle armi chimiche e biologiche, ma la “trasparenza” durò poco, successivamente tornarono a nascondere le proprie ricerche. Questo avvenne soprattutto dopo che l’opinione pubblica cominciò ad interessarsi di queste questioni, in particolare riportando precise denunce da parte della Russia nei confronti degli Stati Uniti accusati quest’ultimi non solo di effettuare esperimenti di guerra biologica, ma avvalendosi dei migliori scienziati nazisti e giapponesi, ben presto ricollocati a servire altri criminali che evidentemente come i nazisti consideravano gli esperimenti effettuati su esseri umani nei lager come un’occasione irripetibile per trarre il maggior vantaggio ovviamente ai fini della scienza.

Nel 1955 una rivista di Tokio il “Bungei Shunju ” riportò la testimonianza oculare di atroci esperimenti fatti dai giapponesi nel corso della seconda guerra mondiale, dove si calcola che morirono tra le 1500 e le 2000 persone trasformate in cavie, ma l’informazione più significativa fu che tutto quel personale scientifico e altamente preparato fu trasferito negli Stati Uniti. Tutto quel prezioso personale venne quindi riadattato per i laboratori del vincitore che non solo voleva fare altrettanto, ma farlo meglio. Quel prezioso sapere scientifico quindi non solo non andava disperso, ma andava salvaguardato e, come si è visto negli anni successivi, incrementato per preparare nuove e più ricombinanti armi biologiche.

Questi pezzi storici, dove evidentemente la vita umana valeva meno di zero se equiparata agli “interessi superiori” della scienza e oggi delle tecno scienze, sono utili per ricordare ai critici di oggi quando ancora una volta abbiamo visto calpestare la dignità e la vita stessa degli esseri umani con il Programma Covid che forse non era da augurare nuove Norimberga per i nuovi assassini in camice bianco e mimetica. Il potere è pronto a sacrificare qualcosa, ma soprattutto è pronto a salvaguardarsi e gli scienziati nazisti e non di ogni risma e credo hanno continuato a fare il loro lavoro indisturbati negli anni successivi non come cosa straordinaria e marginale, ma sempre nei settori di punta della ricerca in grado di cambiare il corso di una guerra. Quella stessa ricerca che oggi facendo tesoro di quella eredità ha potuto attuare tecnologie di ingegneria genetica su milioni di persone con un controllo zootecnico di massa.

Ben lontani dall’abbandonare l’utilizzo di armi biologiche anche durante la guerra di Corea, gli Stati Uniti vennero accusati di aver sganciato bombe batteriologiche nel territorio nord coreano, accuse poi confermate da ricerche specifiche effettuate sul campo. L’interesse per gli agenti biologici da parte degli Stati e soprattutto dei loro apparati militari ha molteplici spiegazioni, ma le ragioni vanno da ricercarsi soprattutto nella loro ampia possibilità di intervento e modalità di sviluppo. Tanti singoli agenti per uno spettro enorme di situazioni legate alla biologia umana, ma più in generale alla vita in generale. A seconda del microrganismo usato, alcuni vettori biologici possono interessare il sistema respiratorio, altri le mucose dell’occhio e del naso, altri ancora vengono assorbiti attraverso il cibo o qualsiasi sostanza contaminata. E non bisogna dimenticare che prima delle armi atomiche sganciate sul Giappone, la ricerca militare statunitense aveva valutato interventi massicci di armi batteriologiche per distruggere l’economia del paese.

L’impiego di microrganismi a scopo di arma biologica ha il vantaggio per i suoi produttori che questi hanno un’enorme facilità di riproduzione, rendendo semplice ed estremamente economica la realizzazione di una catena di infezioni partendo da un singolo individuo infetto. La diffusione del morbo sarà ancora più efficace se il contagio si diffonde per via aerea durante il periodo di incubazione della malattia, quando essa, non essendosi ancora presentata nella sua forma conclamata, non è né riconoscibile, né curabile. Alcuni batteri e virus inoltre presentano un’elevata resistenza nei confronti di condizioni ambientali avverse, soprattutto quelli che hanno la possibilità di formare spore che possono mantenersi infettive anche per alcuni anni.

Già negli anni ‘60 su riviste militari si poteva leggere come queste armi si prestassero ad essere “modulate” opportunamente e intercambiate o miscelate tra loro per ottenere il massimo rendimento.

Il generale delle forze armate americane Rotschild, che a metà degli anni ‘50 fu incaricato di dirigere le ricerche inerenti al programma di guerra chimico biologica, scriveva in Tomorrow Weapons che le armi biologiche potevano essere un ottimo deterrente per la Cina che, avendo una situazione geografica particolare con correnti d’aria che la battono in tutte le direzioni, avrebbe dovuto sentirsi disincentivata dall’iniziare una guerra, considerando che ciascuna di queste correnti avrebbe potuto essere infettata da germi.

Al tempo veniva considerato come un grande problema per le armi biologiche l’aspetto meteorologico, per l’ovvia ragione di sbagliare il colpo o di vederselo restituire con i propri agenti biologici. Oggi, grazie alle manipolazioni del clima e alla possibilità che hanno i militari di intervenire sui processi atmosferici, questi problemi non sussistono più, anzi, potremmo dire che questi sono ancora più micidiali e invitanti per un uso sistematico e selettivo.

Tra i requisiti delle armi biologiche bisogna ricordare che la difesa da queste non è per niente agevole, proprio perché spesso è complessa l’identificazione dell’agente responsabile e quindi di un antidoto adeguato. Quando esplose la fabbrica chimica di Bhopal i morti furono tantissimi anche perché la multinazionale non dette indicazioni precise sulle effettive sostanze prodotte nell’impianto, rendendo le possibili cure meri tentativi frutto di ipotesi. Ancora una volta un “incidente” permetteva di vedere in vivo e su vasta scala, sui corpi della poverissima popolazione indiana, gli effetti della guerra chimica.

Le biotecnologie al servizio della guerra cambiano completamente la situazione e per guerra non è da intendersi solo quella scatenata da un paese ad un altro, ma anche quella che la tecno-scienza sferra quotidianamente sui corpi. Della frontiera di cui non si parla mai è quella tra il laboratorio e il resto del mondo: la ragione è molto semplice, non esiste più. Nella vasta estensione di un ambiente artificiale che ormai ci circonda è in corso una grande sperimentazione volta a estirpare ciò che rimane di imprevedibile e incontrollabile non con scosse violente e traumi, ma con continue manipolazioni, volte a stravolgere la natura e tutto ciò che può rappresentare spontaneità e autonomia.

Anche con la dichiarata pandemia da Sars-Cov 2 l’attesa è stata lunga prima di intervenire, ma poi si è intervenuto in modo sbagliato, sapendo di sbagliare, apparentemente senza un senso logico. La biotecnologia attuale permette di intervenire sulla vita nascondendo anche il proprio operato, la formula dell’artifizio tecnologico è in mano esclusivamente ai suoi creatori e sviluppatori che potrebbero essere stati così originali o spregiudicati per le tecniche utilizzate da aver realizzato una novità. Come spesso accade nella ricerca scientifica, un risultato arrivato per caso mentre si cercava altro. Successivamente vengono date formule, nomi e si prepara la catalogazione, ma non si lavora su qualcosa di concreto, si imbriglia qualcosa che non si conosce nelle varie ricombinazioni e conseguenze ultime, soprattutto se il campo di intervento è la moderna biotecnologia. Nonostante questo vediamo classificare laboratori BSL1, 2, 3, 4, ecc… dando all’esterno un’impressione di sicurezza, non tanto della struttura, ma dei suoi emissari in camice bianco: il messaggio è sempre lo stesso, che costoro sanno in ogni caso quel che fanno, sia nello scoprire qualcosa di nuovo andando a frugare fin nei processi più intimi della vita, sia nel rimediare ad un disastro figlio della biotecnologia stessa.

La logica della preparazione della guerra biologica segue esattamente quella della cosiddetta guerra tradizionale, dove in campo viene messo un armamentario più “normale”, dove l’immaginario già tante volte si è posato e ha fantasticato. Se la ricerca militare è una continua innovazione tecnologica e strategica – per essere sempre più avanti verso nemici veri, immaginari o possibilmente futuri – sullo stesso piano viaggia quella ricerca militare interessata alla biologia degli organismi viventi che costantemente scandaglia l’innovazione degli sviluppi della biotecnologia per progredire. Così abbiamo da un lato più di mezzo mondo nel pieno di una dichiarata pandemia da Sars-Cov2 in cui si elogiano i vaccini come prodotti salvifici necessari per evitare una catastrofe sanitaria con numeri incalcolabili di morti, e dall’altro lato il Pentagono che definisce i vaccini come armi biologiche e di distruzione di massa. La spirale in questo senso non ha mai fine perché si lavorano nei laboratori con gli agenti più patogeni al mondo, non contenti della loro tossicità si producono ceppi ancora più virulenti, ufficialmente per proteggere gli stessi militari sul campo in teatri di guerra da minacce che vengono create costantemente e in continuo crescendo e aggiornamento. Così quello che resta alla fine è un intero sistema di armi biologiche, un organismo potenzialmente infetto, un siero genico contro di esso e il suo sistema di diffusione.

Le nuove tecnologie di ingegneria genetica contemplano una versatile forma di armamenti che possono essere usati per un’ampia varietà di scopi militari, dal terrorismo alle operazioni contro insurrezionali fino a guerre su larga scala per distruggere intere popolazioni.

Le buone intenzioni sbandierate dai governi nel tentativo di camuffare le possibilità dell’apparato farmacologico e biotecnologico fanno acqua da tutte le parti. A differenza delle tecnologie nucleari, l’ingegneria genetica può essere prodotta e sviluppata a buon mercato, richiedendo meno infrastrutture e abilità scientifiche e apre la possibilità a vasti impieghi, rendendo impossibile distinguo tra quello che può essere difesa o attacco. In tutto questo un ruolo fondamentale l’avranno quelli che sono chiamati vaccini, avendo forme di produzione molto vicine a quelle delle armi biologiche. Come abbiamo già visto con la chimica e i pesticidi, il passaggio è breve a fare altro da quanto dichiarato e possiamo essere certi che quell’ultimo tratto non solo è stato fatto, ma lo si vuole anche ufficializzare e normalizzare nell’indistinto della nuova neolingua e perdita di senso, facendo della tecnologia genetica una nuova arma del futuro da usare anche contro i popoli come abbiamo visto nella dichiarata pandemia.

Abbiamo intorno una pletora di gran scienziati, opinionisti, politici, ambientalisti, intellettuali di ogni sorta che si interrogano sul prossimo futuro, su dove potrà andare la scienza e se potrà mai superare delle soglie critiche. Lo stesso avveniva subito dopo la scissione dell’atomo che ci ha regalato le bombe atomiche. Adesso siamo in piena era biotecnologica, dove la legislazione europea ha autorizzato che gli esseri umani possono essere OGM con le terapie geniche prima di approvare gli OGM in agricoltura, rendendoci quindi di fatto una sottospecie sperimentale della zootecnia agricola.

Il lento ma inesorabile proliferare di nuovi biolaboratori (BSL3) anche in Italia ha sicuramente implicazioni molto diverse tra loro. Se da una parte è fuori di dubbio che questi centri si apprestano a fare da luoghi di stoccaggio e ricerca dopo la chiusura di tanti laboratori della stessa natura prima in Egitto con il Manru3 e adesso con quelli ucraini sotto la supervisione americana, quello che si vuole far passare è una nuova convivenza.

Gli ultimi anni hanno visto il nome di Wuhan associato al suo laboratorio (BSL4), sede di misteriosi e sicuramente pericolosi esperimenti, con informazioni concesse neanche troppo velatamente dai media occidentali. La vetrinizzazione della scienza ha portato a una ricerca biotecnologica che non è stata per niente sommersa o marginalizzata – pensando alle ricombinazioni pandemiche e ai nuovi sieri a mRNA che facevano notizia tra entusiasmi e pentimenti come quello di Robert Malone – e si è presentato il nuovo paradigma che parte proprio dalla biotecnologia, dal CRISPR/Cas9 e dalle tecnologie mRNA. Il messaggio è molto chiaro o forse è talmente chiaro che non è compreso dai più: queste saranno le nuove basi di partenza legate alle cosiddette Scienze della vita. Non è un caso che in Italia nei laboratori di Trieste e in quello che si vuole costruire a Pesaro si parla espressamente di ricerca sulle biotecnologie e sui vaccini. Questi centri puntano su una ricerca d’emergenza, diventata ovviamente la normalità, perché quello che si crea e che si mette a punto per una guerra non torna mai indietro, soprattutto quando nel suo cammino questa ricerca va a toccare nel profondo gli organismi viventi. Nella sua propaganda divulgativa la scienza continua ancora a parlare di ricerca sul cancro, malattie rare, malattie genetiche, ma tutto è sempre subordinato al nuovo paradigma che parte dalla biotecnologia e si applicherà con presunte terapie vaccinali che ormai sappiamo bene non hanno niente a che fare con quelle stesse malattie. Parlare di vaccino rimanda a qualcosa che previene, che immunizza da qualche malattia, magari grave e mortale anche se ormai ci siamo abituati pure a quella farsa del vaccino influenzale pensato per gli anziani, fascia di persone che sappiamo stare molto a cuore ai neo malthusiani.

Quello che si vuole far passare e far introiettare prima nel linguaggio comune, e poi come senso generale, è un nuovo modo di affrontare qualsiasi questione legata alla salute. Un nuovo ed unico paradigma darà la traccia al modo con cui si sta a questo mondo, ovviamente anche in sintonia con la nuova era verde e ambientalista. Una costante opera preventiva di ricerca che deve andare oltre a quelle che possono essere le minacce presenti, perché il nuovo paradigma guarda in avanti, con il particolare non da poco di stravolgere però il presente. Così la biotecnologia con le ricerche di guadagno di funzione aggrava agenti poco patogeni e banali virus rendendoli terribili e catastrofici; la geoingegneria si prepara all’emergenza climatica intervenendo sul clima per modificarlo; la biologia sintetica si appresta alle minacce ambientali e alla scarsità di cibo sviluppando alimenti artificiali sostenibili nei confronti degli altri animali tanto da far cantare la prossima liberazione animale agli animalisti. Questo è ovviamente solo l’inizio di quello che si prospetta all’orizzonte nel breve tratto. Faremo l’abitudine ai biolaboratori e si vuole che siano guardati con timore, ma allo stesso tempo con spirito di riconoscimento, perché l’emergenza è sempre dietro l’angolo. La particolarità delle ricerche ivi condotte è che queste non sono neutrali, ma sono pienamente in assetto con la grande Trasformazione, pensare che ci sia o ci possa essere un possibile argine o appiglio al loro procedere è semplicemente ridicolo o tragico. La ricerca è già tutta in quella direzione, il resto poco per volta viene marginalizzato fino a farlo sparire del tutto. Il modo è molto semplice, i grandi capitali messi a disposizione dagli organismi internazionali, dalla finanza e dai grandi filantropi sono disponibili unicamente per determinate direzioni e sappiamo che i tecno-scienziati sono avidi di finanziamenti, possibilità di pubblicare e magari potere decisionale e politico nelle varie accademie e istituzioni.

Quello che ci resta da fare è non far realizzare questi centri dove vengono proposti, ma questo non è assolutamente sufficiente, è necessario comprendere che la logica che vuole normalizzare quei particolari centri è la stessa che da tempo ci ha costretto ad un’esistenza in un biolaboratorio. Questa consapevolezza potrà farci comprendere il programma in corso e da questo trarne le giuste considerazioni su come organizzarsi e intervenire. Perché è ormai evidente che pestilenze, carestie e diffusione di nuove forme di malattie in tutto il mondo prima sconosciute potrebbero trasformarsi nell’atto finale del copione preparato dai vari potentati transnazionali e dei loro accoliti per questo secolo della biotecnologia.

Costantino Ragusa- Resistenze al nanomondo (www.resistenzealnanomondo.org),
Giugno 2023, Bergamo
Pubblicato nel giornale L’Urlo della Terra, n.°11, Luglio 2023

Video del convegno Costruire emergenze per governare il mondo – 15 Ottobre Milano

Video degli interventi al Convegno Costruire emergenze per governare il mondo – 15 Ottobre, Milano
Resistenze al nanomondo
www.resistenzealnanomondo.org

Introduzione – Silvia Guerini: https://www.youtube.com/watch?v=tBko13ss8YA

Maria Heibel: https://www.youtube.com/watch?v=aYR3wr73V5U

Philippe Pelletier Parte 1: https://www.youtube.com/watch?v=Jn1x0nj0hfY
Philippe Pelletier Parte 2: https://www.youtube.com/watch?v=XaSIY3Nuyfk

Cristiana Pivetti: https://www.youtube.com/watch?v=YNddbMQVXwE

Costantino Ragusa: https://www.youtube.com/watch?v=P7gs7igZ53c

Intervista a Philippe Pelletier per 1984 – Piano di fuga, dal minuto 54.30: https://www.byoblu.com/2023/10/24/1984-piano-di-fuga-vietato-riflettere/

Testo dell’intervento di Maria Heibel: https://www.resistenzealnanomondo.org/necrotecnologie/sistemare-il-cielo-la-storia-accertata-del-controllo-del-tempo-e-del-clima-maria-heibel/

Maria Heibel, Philippe Pelletier, traduttrice, Cristiana Pivetti, Costantino Ragusa

Disegni di Cristiana Pivetti, www.cristianapivetti.org

La nave dei folli – Bollettino radiofonico di critica radicale alla società cibernetica

La nave dei folli – La società cibernetica globalizzata che procede verso l’inevitabile naufragio

Bollettino radiofonico di critica radicale alla società cibernetica

Trasmissione registrata nell’estrema periferia montana della città metropolitana, affronta le molte questioni sollevate dall’applicazione di quei principi cibernetici che oggi trovano la loro definitiva realizzazione, nella società nel suo complesso come in ogni singola persona, attraverso il pilotaggio del sistema mondo in stato di allerta: ibridazione biomeccanica, gestione informatica, militarizzazione, controllo tecnologico, tirannia sanitaria.

Con riflessioni, approfondimenti, contributi dall’Italia e dall’estero, letture, musiche e brani cinematografici, solcherà i mari burrascosi della realtà in cui viviamo fatta di 5G, manipolazioni genetiche, trattamenti sanitari obbligatori, centrali nucleari… e di Stati e aziende che le impongono e ci lucrano sopra; ma anche di tutte le forme di resistenza e lotta nate per opporsi a questo inevitabile naufragio e seguire fin da subito rotte radicalmente diverse.

email: lanavedeifolli@protonmail.com

Sito internet
Leggi e ascolta qui: https://lanavedeifolli.noblogs.org/

Dialogo tra Resistenze al nanomondo e FINRRAGE – Renate Klein e Gena Corea

Resistenze al nanomondo: In tempi di perdita di memoria, dove movimenti e contesti sembrano nascere sul niente – a volte proprio per risignificare e distruggere lotte e significati profondi – è fondamentale ricollegare il senso dei percorsi di oggi con quelli da cui derivano, con quelli sviluppati nel passato le cui analisi critiche, come le vostre, hanno oggi tutta la loro più forte conferma.
Potete raccontarci come nasce FINRRAGE e il suo percorso? Qual’era il vostro contesto politico e culturale di riferimento e attualmente è ancora lo stesso?

Renate Klein: FINRRAGE è nata nel 1985 in occasione della “Conferenza d’emergenza” di Vällinge, in Svezia, organizzata dai membri della neonata rete FINNRET. La FINRRAGE ha fatto seguito a una tavola rotonda tenuta al 2° Congresso interdisciplinare sulle donne a Groningen, in Olanda, nel 1984, che abbiamo chiamato “La morte della donna” (pubblicata con il titolo Man-Made Women nel 1985). Il titolo si riferiva al rapido sviluppo di tecnologie riproduttive come la FIV (fecondazione in vitro), che aveva prodotto la prima bambina in provetta, Louise Brown, nel 1978. Avendo appena finito di curare la prima antologia femminista internazionale su questo tema, Test-Tube Women: What Future for Motherhood (1984, con Rita Arditti e Shelley Minden, in cui anche Gena Corea aveva un capitolo, seguita nel 1985 dal suo brillante libro The Mother Machine: Reproductive Technologies from Artificial Insemination to Artificial Wombs), ero sempre più convinta che queste interferenze tecnologiche patriarcali con il potere delle donne di creare nuovi esseri umani rappresentassero una massiccia minaccia all’esistenza femminile, piuttosto che una “liberazione” per le donne come sostenevano alcuni sostenitori.
Gli oltre 500 spettatori di Groningen sono apparsi altrettanto allarmati per la minacciosa presa di controllo tecnica della vita delle donne. Ci hanno esortato a creare una rete femminista internazionale. È nata così la FINNRET (Feminist International Network on the New Reproductive Technologies). Era chiaro che questa rete doveva includere donne del Sud e del Nord del mondo e comprendere le “vecchie” e le “nuove” tecnologie riproduttive. Non lasciandoci ingannare dalle promesse dei “tecnodoc” – come abbiamo iniziato a chiamarli – di portare la felicità alle donne infertili che desideravano un figlio proprio, abbiamo sottolineato la realtà: queste tecnologie sono state spinte in modo aggressivo sulle donne occidentali bianche e benestanti, mentre le donne povere e nere sono state sottoposte a feticidio femminile (soprattutto in India, il che ha portato a un enorme squilibrio nella nascita di bambini maschi e femmine). Non c’erano bambini in provetta per loro: erano invece sottoposte ad aborti forzati e a nuovi dannosi contraccettivi a lunga durata d’azione (come il Norplant, denunciato da Farida Akhter del Bangladesh, il cui libro rivoluzionario Resisting Norplant sarà pubblicato nel 1995).
Nell’aprile 1985, alcune femministe autonome tedesche, insieme al Partito dei Verdi, organizzarono un Congresso: “Donne contro le tecnologie riproduttive e genetiche” a Bonn. Come a Groningen, il pubblico, composto da 2000 femministe, donne di chiesa, sindacalisti, studenti e semplici cittadini, ha espresso un forte “NO” all’appropriazione tecnologica della riproduzione e della vita delle donne. È stato esaltante vedere l’ampio sostegno a questa posizione, che ha coinvolto anche i media tradizionali. Impensabile oggi! Senza dubbio la resistenza a queste tecnologie era particolarmente forte in Germania, poiché era ovvio che esse rappresentavano l’eugenetica e sarebbero state utilizzate di conseguenza. In effetti, Robert Edwards, che si definiva il “padre” di Louise Brown (e che ha ricevuto il Premio Nobel nel 2011 per le sue imprese di fecondazione assistita), è stato a lungo membro della British Eugenics Society e sostenitore dell’idea che le tecnologie riproduttive potessero produrre bambini “superiori” quando i presunti geni “cattivi” venivano individuati in embrioni che poi non venivano impiantati ma scartati. Per noi era chiaro che queste tecnologie, nelle mani degli uomini, avrebbero potuto essere usate per decidere quali donne, in quali Paesi, avrebbero avuto il “permesso” di avere figli e a quali altre donne sarebbe stato impedito di “produrre” bambini inferiori (si veda un articolo di Scientific American su Edwards, https://www.scientificamerican.com/article/eugenic-legacy-nobel-ivf/).
Dopo il Congresso tedesco, la nota sociologa femminista Maria Mies e altre donne tedesche si unirono alle donne della FINNRET alla Conferenza di emergenza in Svezia. Maria ha insistito particolarmente – e a ragione – affinché la nostra Rete globale includesse anche l’ingegneria genetica di altri animali e piante. Questo ha portato al cambiamento del nome in FINRRAGE: Feminist International Network of Resistance to Reproductive Technologies and Genetic Engineering.
La FINRRAGE ha avuto un enorme successo. Avevamo migliaia di membri in quasi 50 Paesi. Ogni Paese aveva il proprio capitolo, ma c’era un ufficio centrale che costituiva il punto di collegamento e si spostava ogni 2-3 anni in un nuovo Paese. Sono stata la prima coordinatrice FINRRAGE con sede in Gran Bretagna dal 1985 al 1987. Organizzammo molte conferenze in Germania, Spagna, Austria, Australia, Brasile e, soprattutto, due incontri in Bangladesh nel 1989 e nel 1993 con Farida Akhter come organizzatrice, la quale era sia la referente FINRRAGE del Bangladesh sia la direttrice della sua rete di ricerca UBINIG (che comprende la casa editrice Narigrantha Prabartana).
La filosofia della FINRRAGE è sempre stata chiara: vedevamo la totalità delle riprogettazioni e dell’ingegneria genetica come un tentativo patriarcale da parte di uomini bianchi (all’inizio erano pochissime le donne coinvolte) di usurpare il potere riproduttivo delle donne e di dettare quali bambini “sani” potessero nascere da quali donne. Allo stesso modo, consideravamo l’ingegneria genetica delle piante un attacco alla capacità dei piccoli agricoltori di fornire cibo nutriente ai poveri. Sapevamo già che la modificazione genetica delle piante produceva piante inferiori ma enormi guadagni finanziari per le multinazionali come la Monsanto (ora fusa con la Bayer). Abbiamo sempre voluto l’abolizione – per fermare queste tecnologie – e questo ci ha messo in contrasto con i liberali, comprese le femministe liberali che volevano una regolamentazione. Questi quadri politici e sociali sono gli stessi oggi.

Gena Corea: Alcune donne provenienti da Paesi e ambienti diversi, e poi molte altre, hanno riconosciuto la minaccia che le nuove tecnologie riproduttive (NRT) rappresentavano per le donne e hanno scritto, parlato, agitato e organizzato.
Questo è ciò che vedo ora, stupita da come ci siamo riunite. Ma non è quello che sono stata in grado di riconoscere mentre accadeva.
Vi dirò quindi come è emerso dalla mia prospettiva di allora. E Renate Klein, che è stata un’attivista vorticosa, un’agitatrice, sempre e ovunque, per decenni e decenni, ci si ritroverà molto di più.
Come giornalista e femminista, avevo scritto un libro intitolato The Hidden Malpractice: How American Medicine Mistreats Women as Patients and Professionals. Per la ricerca, leggevo regolarmente riviste mediche come il Journal of Obstetrics and Gynecology e intervistavo i medici che scrivevano articoli su quelle riviste. Oltre a riferire di interventi chirurgici non necessari sugli organi riproduttivi delle donne, dell’aborto e delle orribili pratiche ostetriche che i medici maschi hanno istituito dopo aver cacciato le ostetriche dalla loro attività, il libro trattava della sperimentazione sulle donne nello sviluppo dei contraccettivi. Descrive in dettaglio i contraccettivi particolarmente orrendi che hanno preso di mira le donne di colore, le donne disabili e a basso reddito e quelle che allora venivano chiamate “donne del terzo mondo”. Questi contraccettivi davano alle donne del Sud globale una capacità limitata di eliminare i farmaci o i dispositivi dal proprio corpo. (Cioè, piuttosto che un diaframma che una donna poteva inserire o meno ogni volta a suo piacimento, i tecnodoc e i sostenitori del controllo demografico spingevano verso contraccettivi iniettabili o impiantabili a lunga durata d’azione). Il libro denunciava anche la sterilizzazione forzata di donne nere e indigene.
The Hidden Malpractice uscì nel 1977 e l’anno successivo, in Inghilterra, nacque il primo bambino in provetta, un bambino FIV. Il Woodrow Wilson Center for Scholars dello Smithsonian di Washington organizzò uno spensierato simposio di San Valentino sui bambini in provetta e invitò tra i relatori la femminista Gloria Steinem, la quale aveva fondato la rivista femminista Ms. Una delle redattrici di Ms era la poetessa Robin Morgan, editrice di Sisterhood Is Powerful e scrittrice di molte opere femministe appassionate. Robin disse a Gloria che, invece di accettare l’invito, avrebbe dovuto chiedere al Woodrow Wilson Center di invitare me al suo posto, perché avevo il background necessario per comprendere la tecnologia e le politiche sulla salute delle donne. Gloria lo fece.
Robin mi invitò poi a pranzo e durante quel pranzo non solo mi parlò dell’invito di Woodrow Wilson che sarebbe arrivato, ma mi esortò a scrivere un libro sulle nuove tecnologie riproduttive. Mi disse che avevo il background per farlo, come aveva detto a Gloria, dato che avevo passato anni a fare ricerche per The Hidden Malpractice. Robin vide la necessità di un libro del genere e lo realizzò. Guardandomi indietro, mi stupisco delle donne brillanti che sono emerse in questa lotta.
Non sapendo nulla delle NRT, ho accettato di scrivere il libro. I tecnodoc stavano annunciando al pubblico che stavano sviluppando la tecnologia della fecondazione in vitro per la loro compassione verso le sofferenze delle donne infertili. L’unica cosa che ho capito subito è che non era vero. Avevo letto le loro riviste per anni. Non avevo mai trovato traccia di tale compassione. A volte i medici maschi attribuivano l’infertilità di una donna alla sua resistenza ad accettare il suo ruolo naturale di madre. Vedevo colpevolizzazione, non compassione.
Così ho tenuto la conferenza di Wilson e poi ho iniziato cinque anni di ricerche e di scrittura di quello che è diventato The Mother Machine. È stato come entrare in un lungo e terrificante incubo. Erano tempi in cui non c’era il computer, quindi battevo a macchina gli appunti su articoli di riviste, libri, eccetera, li fotocopiavo e poi mi sedevo sul pavimento del mio ufficio tagliando una copia e mettendo i pezzi tagliati nella pila per il capitolo a cui apparteneva. Descrivo questo perché spesso, mentre ero sul pavimento, con le forbici in mano, a leggere e a tagliare gli appunti, mi sono resa conto dell’orrore di ciò che stava accadendo alle donne. Mi sentivo parecchio sola.
Ma dopo circa un anno di ricerche, nel 1979, fui invitata a partecipare a una conferenza sulle tecnologie riproduttive ad Amherst, nel Massachusetts, Stati Uniti. Intitolata “Ethical Issues in Human Reproduction Technology: Analysis by Women” (EIRTAW). Lì ho conosciuto Janice Raymond, che è diventata un’altra delle promotrici di FINRRAGE. Professoressa di studi femminili e di etica medica all’Università del Massachusetts, Jan ha co-organizzato la conferenza. Ricordo sempre il suo intervento all’EIRTAW perché è stata la prima volta che ho vissuto questa esperienza: quando qualcuno dice la verità con forza, l’aria nella stanza cambia. Oh, come è cambiata l’aria quando Jan ha parlato!
Il mio intervento non riguardava una “nuova” tecnologia riproduttiva, ma una vecchia tecnologia, un contraccettivo. L’ho intitolato “L’arma Depo-Provera” perché i suoi sostenitori usavano un linguaggio da armi. Parlavano di “popolazioni bersaglio”, che erano donne di colore, donne del “terzo mondo”, donne disabili.
Credo che FINRRAGE abbia sempre visto, fin dal primo momento, la connessione tra la tecnologia della fertilità per le donne del “primo mondo” e la tecnologia anti-fertilità per le donne del “terzo mondo”. Erano due facce della stessa medaglia: il controllo su chi può venire al mondo. Attraverso il dominio e il controllo sul corpo delle donne. Un’agenda eugenetica.
Nello sviluppo di entrambi i tipi di tecnologia, i tecnodoc hanno mostrato scarsa considerazione, o anche solo pensiero, per i danni arrecati alle donne nei loro esperimenti. Nel caso della fecondazione in vitro (FIV), le donne non solo sono state sottoposte a esperimenti, ma hanno dovuto pagare per questa sperimentazione sul loro corpo. Cioè, pur essendo soggetti sperimentali, venivano chiamate “pazienti” che ricevevano “trattamenti” e dovevano pagare per questo.
Ora, in Inghilterra, Jalna Hanmer – forse all’epoca era all’Università di Bradford – stava esaminando criticamente gli NRT. Sebbene Shulamith Firestone, nel suo libro del 1979 The Dialectics of Sex, sostenesse che le NRT, compreso l’utero artificiale, avrebbero liberato le donne dal fardello della gravidanza e della maternità, Jalna e la sua collega Hilary Rose non ci credevano nemmeno per un minuto. A loro avviso, la tecnologia non avrebbe liberato le donne. La scienza, alleata con il capitalismo, avrebbe messo il controllo della riproduzione femminile nelle mani degli uomini, avvantaggiando gli uomini e minacciando le donne. Jalna sarebbe diventata un’altra delle fondatrici/promotrici della FINRRAGE.
Non ho idea di come Jalna abbia saputo cosa stavo facendo (forse la voce si è sparsa a EIRTAW?), ma lo ha fatto. Mi ha contattato.
Doveva fare delle ricerche a Manhattan.
Io vivevo appena fuori Manhattan, nel New Jersey. La invitai a venire a stare da me mentre faceva le sue ricerche.
Jalna è morta poco più di un mese fa. Che donna coraggiosa e brillante! Penso non solo alla sua mente acuta, al suo impegno per la piena dignità e libertà delle donne, ma anche alla sua determinazione. La vedo uscire da casa mia la mattina presto e camminare alacremente verso la stazione ferroviaria per la sua giornata di ricerca in città.
Anche Renate Klein, in qualche modo, sapeva cosa stavo facendo, sebbene The Mother Machine non fosse ancora stata pubblicato. Mi telefonò. Mi disse che stava curando un’antologia sulle NRT e mi invitò a scriverci un capitolo. Credo che sia stato durante la redazione di quell’antologia, che è poi diventata Test-Tube Women: What Future for Motherhood, che si è radicalizzata sulle NRT. Renate, una forza che non ha mai smesso di lottare contro queste tecnologie per permettere alle donne di sopravvivere, è stata un’altra delle promotrici di FINRRAGE. Lavora così duramente e a lungo, in modo allegro e feroce. Senza Renate, non riesco a immaginare dove saremmo ora.
Un’altra delle fondatrici e promotrici è stata Robyn Rowland, che ho conosciuto al Secondo Congresso Interdisciplinare sulle Donne di Groningen, in Olanda, nel 1984, dove tutte e cinque siamo intervenute in una tavola rotonda intitolata “La morte della donna”. Robyn aveva lavorato in un comitato con alcuni dei principali sperimentatori di fecondazione assistita in Australia e aveva contestato ciò che stavano facendo alle donne. Era una pensatrice, un’emotiva, una scrittrice, un’oratrice potente. E una poetessa straordinaria.
La nostra tavola rotonda ha davvero allarmato e galvanizzato le donne presenti al Congresso. Fino a quel momento, mi sembrava che stessimo lavorando in modo isolato per resistere alle NRT. Soprattutto negli Stati Uniti, non avevo sentito molta risonanza a questi temi tra le femministe. Ma ora c’erano centinaia di donne che riconoscevano i pericoli esistenziali di queste tecnologie per le donne e volevano organizzarsi. Così, insieme, a Groningen, abbiamo formato il Feminist International Network on the New Reproductive Technologies (FINNRET).
Forse sto saltando alcuni eventi perché mi sto stancando, ma in seguito noi cinque (Renate, Jan, Jalna, Robyn e io) abbiamo organizzato la Conferenza Internazionale di Emergenza delle Donne sulle Nuove Tecnologie Riproduttive in Svezia a Vallinge, Svezia, fuori Lund, nel luglio 1985.
Circa 100 donne sono arrivate da molti Paesi, tra cui Bangladesh, Giappone, Israele, Cile, Bolivia, Brasile, Canada, Australia, Stati Uniti e tutta Europa. Donne straordinarie, potenti, brillanti e impegnate.
Sono diventate fondamentali per la guida della FINNRAGE. In particolare Farida Akhter, cofondatrice dell’organizzazione e attivista UBINIG in Bangladesh, il cui lavoro allora e negli anni successivi non può essere sottovalutato. E Maria Mies, in Germania, che ha sostenuto la necessità di includere la resistenza all’ingegneria genetica nel nostro lavoro. Fu così che in quella conferenza d’emergenza (oh, era un’emergenza!), cambiammo il nostro nome da FINNRET a FINNRAGE: Feminist International Network of Resistance to Reproductive and Genetic Engineering. Avrei molto altro da dire, ma il mio corpo chiede riposo. Almeno questo copre gran parte di come FINRRAGE è iniziata, se non di come è continuata. Concludo con un’immagine che mi è rimasta impressa della conferenza di emergenza.
In una delle cinque notti a Vallinge abbiamo fatto una festa. Io e la brasiliana Ana Regina Gomes dos Reis eravamo sedute a gambe incrociate sotto un tavolo per qualche motivo che non ricordo. Ana era molto spiritosa e se ne usciva con commenti su commenti che mi facevano esplodere dalle risate. Eravamo sedute insieme sotto il tavolo, ridendo e ridendo, ascoltando la musica e guardando le gambe delle donne che ballavano che ci passavano davanti. Così pieni di vita. Ridendo, ballando, riconoscendo il valore dell’altra e il valore profondo di tutte le donne, insieme resistevamo alla “morte della donna”.

Resistenze al nanomondo: Siete state una delle poche esperienze femministe radicali che fin dall’inizio del suo percorso aveva avviato una più ampia discussione critica all’ingegneria genetica comprendendo non solo lo stretto legame tra questa, l’eugenetica e le tecnologie riproduttive, ma comprendendo che facevano parte dello stesso orizzonte. Così come all’inizio dello sviluppo delle tecnologie di riproduzione artificiale avevate già ben compreso dove sarebbero arrivare.
Come vi spiegate questo? E come mai oggi, dove tutto è ancora più evidente e il tutto è ben descritto dagli stessi ricercatori, la critica e l’opposizione – tranne alcune eccezioni – si limita e si sofferma solo su alcuni piani come la mercificazione del vivente senza comprendere che siamo già ben oltre questo e che siamo arrivati alla sua selezione eugenetica, riproducibilità tecnica e ingegnerizzazione?

Renate Klein: Fin dall’inizio sono entrate a far parte della FINRRAGE donne con molte esperienze teoriche e pratiche. Eravamo sociologhe, avvocate, docenti universitarie, giornaliste, attiviste per la salute, operatrici per la disabilità, ambientaliste, studentesse, ecc. e molte di noi erano anche coinvolte in reti per fermare la prostituzione e la tratta delle donne e per sostenere le donne con disabilità. Molte di noi erano lesbiche con una forte analisi incentrata sulle donne. Inoltre, la maggior parte dei membri della FINRRAGE era costituita da femministe radicali, ma si unirono anche alcune femministe marxiste e molte di noi avevano vissuto il Movimento di Liberazione della Donna degli anni Settanta. La coordinatrice centrale raccoglieva documenti accademici e ritagli di giornale sui nuovi sviluppi della riprogettazione e della GE (ingegneria genetica) che le venivano inviati dai referenti nazionali. Ogni tre mesi un pacchetto di materiale informativo veniva inviato a tutti i contatti nazionali, che a loro volta lo condividevano con i loro gruppi (ricordate che non c’erano ancora Internet e email!). In questo modo, la nostra crescente conoscenza non è rimasta in una torre d’avorio, ma ha contribuito a far sì che un maggior numero di donne conoscesse le riprogettazioni e la GE.
Abbiamo anche pubblicato molti libri, come Made to Order: The Myth of Reproductive and Genetic Progress (1987, a cura di Pat Spallone e Debbie Steinberg); The Exploitation of a Desire: Women’s Experiences with IVF (1989, di Renate Klein); Infertility: Women Speak Out about Their Experiences of Reproductive Medicine (1989, a cura di Renate Klein); Depopulating Bangladesh: Essays on the Politics of Fertility (1992 di Farida Akhter); Living Laboratories: Women in Reproductive Technologies (1992 di Robyn Rowland) e Women as Wombs: Reproductive Technologies and the Battle over Women’s Freedom (1994 di Janice G. Raymond), ecc. Abbiamo anche pubblicato gli Atti della conferenza del 1989 a Comilla, in Bangladesh: La Dichiarazione di Comilla
(archiviata qui: https://www.finrrage.org/wpcontent/uploads/2016/03/Comilla_Proceedings_1989.pdf).
La Dichiarazione di Comilla è un documento di 103 pagine straordinariamente completo che serve come modello di resistenza alle tecnologie di riproduzione e alla GE. È importante oggi come lo era nel 1989.
Il gruppo di membri della FINRRAGE, Farida Akhter, Gena Corea, Janice Raymond, Jalna Hanmer, Maria Mies, Robyn Rowland e io, ha anche pubblicato una rivista accademica dal 1989 al 1992, intitolata Issues in Reproductive and Genetic Engineering. La cosa più importante è che i membri della FINRRAGE si piacevano e molte di noi sono diventate amiche intime. Credo che questo sia stato molto importante: sapevamo di essere uniti in una lotta davvero importante. Eravamo il Davide contro il Golia, ma avevamo un’energia infinita e ci divertivamo anche molto.

Resistenze al nanomondo: Le tecnologie di riproduzione artificiale non sono state sviluppate per far fronte all’infertilità, ma per selezionare e produrre l’essere umano con determinate caratteristiche.
Secondo noi dal primo passaggio dell’inseminazione intrauterina il punto di arrivo inevitabile è la totale artificializzazione di tutto il processo. Dalla diagnosi pre-impianto e la selezione embrionale il punto di arrivo inevitabile è la continua ottimizzazione e implementazione. Questi erano gli scopi fin dall’origine del pensiero eugenetico e transumanista e fin dall’origine dello sviluppo delle tecniche di riproduzione artificiale.

Renate Klein: Voi avete assolutamente ragione e sono orgogliosa di dire che FINNRAGE, fin dai suoi esordi, ha compreso queste connessioni. Era – e continua a essere – lo smembramento delle donne in frammenti: ovociti di una donna, utero di un’altra – manipolati da “tecnodoc” sperimentatori che vogliono vedere fino a che punto possono spingersi nei loro tentativi di controllare la riproduzione. Dopo lo stallo del successo della fecondazione in vitro, i nuovi tentativi di clonazione all’inizio del secolo si sono conclusi con una delusione piuttosto che con un trionfo: ricordiamo che la pecora Dolly è morta prematuramente ed è stata colpita dall’artrite! Tuttavia, i tentativi in corso di creare ovociti e spermatozoi da normali cellule della pelle, se avranno successo e saranno applicati agli esseri umani, potrebbero essere la goccia che farà traboccare il vaso per la procreazione femminile, insieme all’utero artificiale (ectogenesi), la cui realizzazione finora è rimasta in sospeso. Anche se negli anni ‘80 e ‘90 non usavamo la parola “transumanista”, era chiaro che queste tecnologie e i loro creatori volevano niente di meno che la ristrutturazione dell’ordine economico mondiale (cosa che oggi è ancora più apertamente auspicata da personaggi come Bill Gates, Klaus Schwab e il Word Economic Forum). Naturalmente, il postmodernismo – e più tardi i Queer Studies – hanno portato avanti l’idea che la verità non esistesse e che non ci fossero confini umani da rispettare. E naturalmente, che il sesso biologico non fosse più importante e che una moltitudine di “identità” di genere avrebbe costituito il nostro esaltante futuro non binario (come iniziato dalla guru del gender Judith Butler in Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity, 1990).

Resistenze al nanomondo: Oggi è forte il fronte femminista radicale contro la maternità surrogata, ma stenta ad allargare la critica a ogni riproduzione artificiale dell’umano senza eccezioni. Arrivando al paradosso di opporsi adesso alla maternità surrogata e in un prossimo futuro all’ectogenesi, senza essersi mai espresso contro le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Queste rappresentano un nodo che prima o poi, secondo noi, il femminismo radicale non potrà non affrontare. Cosa ne pensate?

Renate Klein: Sono abbastanza sicura che se si legge Towards the Abolition of Surrogate Motherhood (https://www.spinifexpress.com.au/shop/p/9781925950427#) molti autrici menzionano la FIV, la tecnologia che oggi viene utilizzata in tutte le maternità surrogate “gestazionali”. Sappiamo che la FIV è molto pericolosa per le donne a causa dei farmaci utilizzati e anche a causa del processo di prelievo degli ovuli che può causare danni alle ovaie, all’uretra e alla vescica. Le gravidanze da FIV hanno un’incidenza molto più alta di diabete gestazionale, placenta previa, pre-eclampsia e parti prematuri. In qualsiasi cosa io scriva sulle tecnologie riproduttive, cerco di sottolineare questi pericoli (ad esempio, il capitolo 2 di Surrogacy. A Human Rights Violation, 2017).
Di tanto in tanto, anche un articolo mainstream parla delle difficoltà della fecondazione in vitro, come questo articolo del Washington Post del 2022 (https://www.washingtonpost.com/wellness/2022/11/10/ivf-infertility-success-failure-struggles/), sebbene le “percentuali di successo” citate siano decisamente troppo alte. Nel 2018, in un’intervista a Lord Robert Winston – l’inventore della diagnosi genetica pre-impianto negli anni ‘90 (uno strumento eugenetico) – afferma che le percentuali di successo per un “bambino vivo” per una donna sotto i 35 anni sono appena del 21%. (<https://www.irishnews.com/lifestyle/2018/07/12/news/professor-robert-winston-couples-being-misled-about-the-dream-of-ivf-treatment-1378545/). FINRRAGE lo diceva da anni!!!
Ci viene detto che finora sono nati circa 8 milioni di bambini grazie alla FIV. Se il tasso di successo è solo del 21%, significa che circa 40 milioni di donne sono passate attraverso (molteplici tentativi di) FIV, e circa 32 mila di loro non hanno mai avuto un figlio. Ritengo che sia uno scandalo assoluto che non esistano studi di ricerca a lungo termine per conoscere l’attuale stato di salute di questi milioni di donne che si sono sottoposte alla FIV dagli anni Ottanta! I farmaci che devono assumere – prima per bloccare l’azione delle ovaie, ad esempio per entrare in menopausa chimica, poi per avviare il processo di maturazione degli ovuli con i farmaci per la fertilità – sono molto molto pericolosi. Si ha notizia di tassi più elevati di cancro al seno e alle ovaie nelle donne, ma poiché gli studi non sono longitudinali e globali, molti specialisti della FIV ritengono di non doverli menzionare alle donne!!! È interessante notare che il farmaco utilizzato per portare le donne in menopausa chimica è spesso il Lupron, lo stesso farmaco che viene utilizzato come bloccante della pubertà per i bambini. L’uso è off-label in entrambi i casi. Si tratta di un grande scandalo medico di cui si scriverà in futuro!!! Come è potuto accadere?
Sono d’accordo con voi sul fatto che dobbiamo assolutamente parlare di FIV, che è davvero una tecnologia fallita. Ma a causa del pro-natalismo in Occidente e della convinzione, perlopiù socialmente costruita, radicata nelle donne – ancora oggi! – che devono avere un figlio per essere una donna “come si deve”, le cliniche di fecondazione in vitro attirano moltissimi clienti che si indebitano a dismisura con ripetuti tentativi di fecondazione in vitro con ogni sorta di costosi “add on” non dimostrati, durante i quali la loro salute soffre e spesso anche la loro relazione con il partner, senza che alla fine si riesca ad avere un bambino. Poiché i bambini nati da fecondazione assistita raggiungono ora i 40 anni, molti hanno problemi cardiaci piuttosto gravi, si veda Laura Corradi, “Assisted Reproductive Technologies and Health-Related Issues in Women and Children”, 2021 https://digitalcommons.uri.edu/dignity/vol6/iss2/2/. L’articolo della Corradi parla anche dei gravi effetti negativi della FIV per le donne.
Nel giugno 2023 Kallie Fell del Center for Biology and Culture di Jennifer Lahl ha pubblicato A Comprehensive Report on ART, che menziona tutti i rischi per la salute delle donne derivanti dalla FIV, nonché la nuova grande tendenza delle giovani donne a congelare i propri ovuli, che si rivelerà per lo più inutile in quanto pochi ovuli congelati portano a gravidanze, ma che è estremamente costosa (https://cbc-network.org/wp-content/uploads/2023/05/Comprehensive-Paper-on-ART-Final.pdf

Resistenze al nanomondo: Sembra che la storia non abbia insegnato niente. Nel ‘75 un gruppo di scienziati riuniti ad Asilomar metteva in luce i gravi pericoli della tecnologia di ingegneria genetica del DNA ricombinante. Una presa di coscienza che è durata ben poco come tutte le moratorie realizzate dagli stessi scienziati. Infatti niente è cambiato e la ricerca è andata avanti incontrastata fino ai tempi di oggi. Ora a livello internazionale il mondo della ricerca, tra cui alcuni vecchi promotori della conferenza di Asilomar, sta premendo per una regolamentazione del CRISPR/Cas 9 per la modificazione genetica della linea germinale.
Le motivazioni le conosciamo già: per evitare l’insorgenza di patologie genetiche gravi. Esattamente le stesse motivazioni per sostenere la diagnosi pre impianto necessaria alla fecondazione in vitro essendo una tecnica che di per sé può produrre anomalie all’embrione. Così come già conosciamo l’esito di tale processo: dall’eccezione per i casi gravissimi, a quelli gravi, a quelli ritenuti probabili fino a rivendicare questa possibilità come nuova norma per “ottimizzare” al meglio il processo di procreazione. Dal diritto di avere un figlio, al diritto di avere un “figlio sano”, al diritto di avere un figlio con “potenziamento genetico”. Cosa ne pensate?

Renate Klein: Non abbiamo imparato nulla dai pericoli del passato perché non è nell’interesse dei patriarchi capitalisti a capo del complesso industriale medico (termine di Jennifer Bilek), i quali vogliono spingere la loro ricerca sempre più in là per vedere fino a dove possono arrivare. Quando nel 2018 è stato rivelato che il ricercatore cinese He Jiankui aveva usato la CRISPR/Cas 9 per produrre due bambini con la linea germinale modificata, il mondo scientifico ha reagito con “shock e orrore” a questa apparente violazione etica ()
Con persone come Savulescu ad occupare cattedre di etica in università rinomate come Oxford, è spaventosa la prospettiva di ciò che i colleghi di scienza e medicina che la pensano allo stesso modo intraprenderanno una volta che l’intera gamma di CRISPR/Cas 9 e altre tecniche di modifica genetica saranno a loro disposizione. Già oggi, se un bambino nasce con la sindrome di Down, in molti Paesi è sempre più difficile ottenere buoni servizi di assistenza. E alla madre viene detto che questo bambino non sarebbe nato, se solo si fosse sottoposta allo screening…

Resistenze al nanomondo a Renate Klein:
In un tuo articolo del 2008, From test-tube women to bodies withount women, che abbiamo ripreso nel libro Meccanici i miei occhi, scrivevi “Obiettivo finale dell’industria genetica e riproduttiva è la creazione dell’uomo immortale in grado di riprodurre se stesso senza le donne”. Oggi questa affermazione alla luce degli sviluppi della ricerca per l’utero artificiale o per le gravidanze con trapianto di utero al fine di permettere la “gravidanza maschile” prende tutta la sua più nefasta consistenza. Quali nuovi elementi necessitano oggi di essere presi in considerazione?

Renate Klein: Grazie per aver ripubblicato il mio articolo “From Test-Tube Women to Women without Bodies” (2008, Women’s Studies International Forum 31(3), pp. 157-175). Credo che sia un buon riassunto dei miei continui timori su ciò che accadrà alla classe sessuale femminile nell’era del postmodernismo, della cultura cyborg e dell’accelerazione degli sviluppi della tecnoscienza, come l’utero artificiale e, negli ultimi anni, il trapianto di utero in donne eterosessuali e in uomini, alias “donne trans”, che rimangono maschi biologici.
Mi sono preoccupata dell’assalto al corpo delle donne fin dai primi anni Ottanta. Nel 1996 ho scritto un capitolo in Radically Speaking: Feminism Reclaimed (1996, Diane Bell e Renate Klein, eds. https://www.spinifexpress.com.au/ebook-store/p/radically-speaking-feminism-reclaimed-pdf) intitolato “(Dead) Bodies Floating in Cyberspace: Postmodernism and the Dismemberment of Women” (pp. 346-3358). Mi sono concentrata sulla celebrazione postmodernista dei corpi frammentati e ho ricordato l’importante slogan del Movimento di Liberazione della Donna “I nostri corpi – Noi stesse”. È fondamentale che le donne ricordino che siamo i nostri corpi – con tutte le nostre imperfezioni – e non lascino che i tecnodoc ci smembrino e ci frammentino. Siamo donne con un corpo: non oggetti e testi come celebrano gli scrittori postmodernisti. Ho anche confutato l’amato Cyborg di Donna Haraway, che è in parte macchina e in parte umano – un corpo tagliato e incollato! I cyborg non sanguinano – e le donne del Sud globale che soffrono di contraccettivi dannosi che interrompono i loro cicli mestruali potrebbero avere grossi problemi a glorificare queste pseudo-donne fratturate e disassemblate – “testi e superfici” – che Haraway tuttavia elogia come “Questo è il sé che le femministe devono codificare” (1991, p. 161 in The Cyborg Manifesto).
Ho ampliato questa critica nel 1999 con il capitolo “The Politics of Cyberfeminism: If I am Cyborg rather than a Goddess will Patriarchy go away”? in Cyberfeminism: Connectivity, Critique and Creativity (1999, a cura di Susan Hawthorne e Renate Klein,https://www.spinifexpress.com.au/ebook-store/p/cyberfeminism-ebook-pdf).
Oltre alla mia critica al concetto di cyborg superiore all’uomo portato avanti da Haraway, ho anche criticato gli specialisti di robotica Hans Moravec e Ray Kurzweil che vogliono digitalizzare la nostra carne nel cyberspazio – ci lavorano ancora oggi – in modo che la nostra mente e la nostra coscienza possano essere scaricate sull’interfaccia di un computer. È il sogno maschile di vivere per sempre, non importa in quale forma. In effetti, la “materia” e la “mater” contano sempre meno! Questo pensiero, unito a enormi quantità di denaro da parte di miliardari statunitensi (come ha scoperto Jennifer Bilek), ha portato alla “follia trans” del XXI secolo, con l’illusione centrale che gli esseri umani siano in grado di cambiare sesso, che è stata fatta propria sia dai governi che dalle grandi aziende. Gli influencer trans su TikTok e Instagram dicono alle ragazze adolescenti che è facile sfuggire alla depressione della pubertà (che quasi tutte le ragazze hanno) diventando un ragazzo, in modo da non dover affrontare gli atti sessuali pericolosi che i ragazzi vogliono far loro compiere, come il soffocamento e il sesso anale, appresi dal consumo quotidiano di pornografia. Poiché la corteccia frontale del loro cervello non si è ancora sviluppata, non possono comprendere le devastanti conseguenze dei bloccanti della pubertà seguiti dagli ormoni del sesso opposto, che le lasceranno sterili, incapaci di provare orgasmi e con una diminuzione della densità ossea e, forse, danni cerebrali. Saranno pazienti a vita e dipenderanno dai farmaci. Si tratta di un crimine medico contro i bambini, che si spera verrà presto smascherato e fermato.
Quindi, la mia affermazione del 2008 è ancora valida, tranne che per dire che negli ultimi 15 anni la tendenza a cancellare le donne è cresciuta in modo esponenziale. Dobbiamo trasmettere alle giovani donne che noi siamo il nostro corpo e che il nostro Leibsinn – termine della filosofa tedesca Annegret Stopcyk per esprimere le connessioni intrinseche e vive tra tutte le parti del nostro corpo/mente/anima – deve essere fondamentale per respingere il fascino delle Reprotecnologie e della Transmedicina. Le cliniche di fecondazione in vitro organizzano già l’estrazione di ovociti e spermatozoi dai cosiddetti bambini in transizione, in modo che più avanti nella vita possano generare la propria prole. Ma questi bambini non hanno ancora ovociti e spermatozoi abbastanza grandi da poter essere estratti. Quindi, viene detto loro di interrompere temporaneamente i bloccanti della pubertà, in modo che questi gameti crescano. Si tratta di un ulteriore abuso medico, poiché le ragazze devono poi sottoporsi al prelievo di ovuli con tutti i suoi pericoli, solo per avere ovociti di qualità inferiore che non saranno mai in grado di essere fecondati. Si tratta di uno sporco capitalismo medico per guadagnare soldi ora e clienti dopo per la fecondazione in vitro. Dobbiamo dire ai bambini e ai loro genitori di opporsi ad ogni costo.

Resistenze al nanomondo a Gena Corea:
Nel tuo testo Il progetto Manhattan di riproduzione descrivevi lo sviluppo delle tecnologie di riproduzione artificiale e le loro prospettive come l’equivalente in biologia del progetto Manhattan per la fisica nucleare. Oggi la realtà ha superato le previsioni: il deserto del New Messico e i tecnolaboratori sono tra noi, quali altre soglie sono state raggiunte e verranno superate?

Gena Corea: Una soglia che è stata raggiunta e superata è l’esistenza della donna come essere riconosciuto. Non avevo mai immaginato che la nostra stessa esistenza sarebbe stata messa in discussione. Avrei dovuto. Certamente avevo previsto l’orrore dei bordelli di riproduzione. Ma che gli uomini avrebbero affermato di essere donne, questo non l’avevo immaginato. Che gli uomini avrebbero cercato di costringerci a chiamarci non donne, ma donne cis; che si sarebbero riferiti alle donne in modo sprezzante come “buchi di fronte”, “allattatori al petto”, “proprietari di uteri”, “produttori di ovuli”, “mestruatori”, questo non l’avevo previsto.
Mi era sembrato così ovvio che se gli uomini erano insoddisfatti dello stereotipo maschile, se questo causava loro dolore, se non potevano vivere autenticamente come se stessi dall’interno di stereotipi sessuali paralizzanti, avrebbero potuto sfidare la natura deformante degli stereotipi. Sarebbe stato un movimento che avrebbe portato avanti la vita. Non è successo. Invece, molti di coloro che si identificano come transgender hanno mutilato e drogato i loro corpi per conformarsi agli stereotipi che sfidano la realtà.
Non voglio rendere invisibile l’impero transessuale: le istituzioni mediche, scientifiche e psicologiche che hanno incanalato il dolore umano di conformarsi agli stereotipi sessuali in soluzioni chirurgiche. Questo lasciava le strutture di potere patriarcali indiscusse e intatte.
Janice Raymond ha iniziato a delineare i pericoli del transessualismo in The Transsexual Empire: The Making of the She-Male, pubblicato nel 1979. In qualche modo avevo dato per scontato che coloro che si identificavano come transgender e si sottoponevano effettivamente a mutilazioni chimiche e chirurgiche per dichiararsi donne fossero un gruppo molto piccolo. All’epoca era piccolo.
Ma circa 40 anni dopo, il numero non è piccolo. E la virulenza della campagna per mettere a tacere le donne che mettono in discussione il diritto degli uomini di dichiararsi donne lascia senza fiato. Janice illustra tutti gli ulteriori sviluppi nel suo straordinario libro DoubleThink: A Feminist Challenge to Transgenderism, pubblicato da Spinifex Press nel 2021.

Resistenze al nanomondo: Il vaccino anti hCG, “vaccino anticoncezionale”, era stato somministrato mascherato da una massiccia campagna di vaccinazione promossa nel 2014 dall’OMS e dall’UNICEF contro il tetano materno e neonatale che ha portato alla sterilizzazione chimica di milioni di donne keniote. Episodi simili anche in Tanzania, Messico, Nicaragua, Filippine. Progetto di sterilizzazione che in Kenia sta continuando ancora oggi.
Oggi questo “vaccino anticoncezionale”, impregnato di colonialismo biologico, dal Sud del mondo è pronto per rientrare ad uso delle donne occidentali. Di manipolazione in manipolazione sono arrivati a un vaccino progettato per produrre una risposta immunitaria contro un processo corporeo come la gravidanza. E la conseguenza dell’infertilità diffusa aprirà ancora di più le porte alle cliniche della riproduzione artificiale.
Nel 1994 avevate organizzato una giornata internazionale d’azione contro il vaccino della gravidanza, rendendo evidente l’importanza che già allora davate a questo controllo della popolazione che passa sui corpi delle donne. A che punto siamo adesso?

Renate Klein: La resistenza femminista contro i nuovi contraccettivi immunologici a base di hCG, chiamati anche “vaccini” anti-fertilità, sviluppati dal ricercatore indiano G.P. Talwar dagli anni Settanta agli anni Novanta e sostenuti dal Population Council, è culminata nel 1994 con una potente performance teatrale di strada da parte di gruppi femministi svizzeri nei quartieri dell’OMS a Ginevra. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha sostenuto questo “vaccino” attraverso il programma HRP (Human Reproduction Programme). Armate di siringhe giganti, più di 50 donne vestite di bianco e con maschere facciali bianche hanno sbirciato attraverso giganteschi microscopi e hanno finto di eseguire vaccinazioni.
Questo evento, che ha ricevuto un’attenzione mondiale, è stato organizzato dall’”Appello per lo stop della ricerca sui vaccini anti-fertilità” (), firmato da più di 500 donne di 39 Paesi e 430 gruppi di donne per fermare il finanziamento di questa ricerca (tutti i dettagli si trovano nel libro di Judith Richter del 1996 Vaccination against Pregnancy: Miracolo o minaccia? (https://www.spinifexpress.com.au/backlist/p/9781875559572). Dopo l’evento di Ginevra, l’OMS ha cancellato la sperimentazione in Svezia.
La campagna contro il “vaccino” e contro le politiche di controllo della popolazione durò molti anni, ma alla fine ebbe successo quando i principali finanziatori cessarono di pagare il lavoro di Talwar e dell’HRP e le sperimentazioni in corso. Il potenziale del contraccettivo immunologico per la sterilizzazione eugenetica delle donne povere del Sud del mondo era enorme e, se si fosse permesso il suo pieno sviluppo e la sua implementazione, avrebbe causato una miseria incalcolabile (anche a causa di gravi effetti avversi come l’artrite reumatoide).
L’idea che una donna venga “vaccinata” con antigeni della gonadotropina corionica umana (hCG) contro l’embrione in via di sviluppo quando il suo sistema immunitario sviluppa anticorpi contro la sua stessa hCG (secreta dall’embrione precoce), che sostiene la placenta durante la gravidanza, ha messo a nudo la natura misogina del pensiero di questi scienziati maschi che avevano lodato questo sviluppo come una miracolosa scoperta medica. Il “vaccino” hCG impedisce all’embrione di impiantarsi e quindi la gravidanza non può proseguire.
Nel 1995 ho fatto parte della delegazione della FINRRAGE presso l’International Development Research Council (IDRC) di Ottawa, in Canada. L’IDRC era stato uno dei principali finanziatori della ricerca di Talwar fin dagli anni Settanta e inizialmente cercò di convincerci che avevamo sbagliato a rifiutare questa importante iniziativa contro la minaccia di una crescita demografica “senza freni”. Hanno anche affermato che gli esperimenti indiani erano stati condotti in modo etico. Ma dopo aver visto il film della tedesca FINRRAGE Ulrike Schaz “Anticorpi contro la gravidanza”, che mostrava come le donne indiane coinvolte negli esperimenti fossero state ingannate sulla natura e sugli effetti avversi di questo “vaccino”, in modo che il loro “consenso” fosse privo di significato, i rappresentanti dell’IDRC erano chiaramente turbati. A tempo debito rimossero i fondi e alla fine la ricerca e gli esperimenti di Talwar si fermarono.
Purtroppo, più di 10 anni dopo, nel 2007, il pensionato Talwar è riemerso con una versione geneticamente ingegnerizzata dello stesso contraccettivo immunologico. Tuttavia, a causa della riluttanza del Consiglio Medico Indiano a fornire un’autorizzazione per questa nuova proposta, essa non è andata avanti. Ma G.P. Talwar, oggi 97enne, non ha perso la speranza che il suo “vaccino” per la fertilità veda la luce, come riportato da The Atlantic. (https://www.theatlantic.com/science/archive/2023/05/birth-control-vaccine-efficacy-contraceptive-gaps/673927/).
Le donne non possono permettersi di distogliere lo sguardo da qualsiasi nuovo sviluppo di vaccino che possa essere usato contro il corpo delle donne in una forma o nell’altra. Alcuni vaccini a base di mRNA, come i vaccini anti Covid-19 di Moderna e di Pfizer-BioNTech, sono stati associati a disturbi mestruali (cicli interrotti o più lunghi, più dolore, ecc.). Resta da vedere se gruppi come il Population Council si uniranno alle aziende biotech per sviluppare un nuovo vaccino contro la fertilità a base di mRNA. Dopo tutto, secondo la loro visione del mondo, mentre le donne asiatiche sono state contraccettate quasi fino alla non-sostituzione (come le donne occidentali), le donne dell’Africa sub-sahariana si “riproducono” ancora troppo.

Resistenze al nanomondo: Oggi il concetto e il significato di libertà è abusato. Quando si arriva ai corpi e dentro ai corpi tutto cambia e il “poter scegliere” diventa più efficiente della costrizione. Ma secondo noi per determinate questioni il piano di discussione non può essere la libertà di scelta.
Innanzitutto questa è sempre all’interno delle possibilità e delle condizioni che detta questo sistema ed è una libertà imprigionata nell’unico orizzonte di senso e di significato che produce lo stesso sistema. Ciò che viene rappresentato come l’apoteosi della libera scelta in realtà ne è la più disastrosa negazione, poiché l’individuo è soggetto a una scelta che viene dall’esterno imposta o indotta o fatta desiderare.
Ma, anche ammesso che una scelta venga fatta in libertà e consapevolezza, non devono essere ignorate le conseguenze che vanno oltre il piano strettamente personale, estendendosi sui corpi tutti e sull’intera società. L’esistenza stessa di determinate pratiche e sviluppi tecno-scientifici ammette la possibilità di poter accedere ai corpi, apre all’idea che ciò sia eticamente accettabile. Cosa ne pensate?

Renate Klein: La libertà di “scelta” è un’illusione. Non esiste. Ogni volta che prendiamo delle decisioni, queste sono condizionate dal nostro sesso, dalla nostra geografia e classe, dalla nostra età, dalla nostra razza e dai nostri geni, ecc. e dall’ideologia di coloro (governi, multinazionali, tecnodoc, ecc.) che ci dicono che è una nostra “scelta” se ci impegniamo in certe pratiche. Nell’ambito delle tecnologie riproduttive e dell’ingegneria genetica non possiamo decidere liberamente se essere favorevoli o contrari a una certa procedura o a un certo prodotto (ad esempio la FIV o i semi geneticamente modificati) perché non siamo pienamente informati sui potenziali effetti avversi. Spesso ci viene mentito, ma ancora più spesso gli stessi ricercatori non hanno idea di cosa può accadere (e accadrà) dopo aver applicato le loro idee di ricerca ai nostri corpi o ai campi degli agricoltori. Il mondo è pieno di esempi disastrosi, dal Talidomide al DES e allo IUD Dalkon Shield per le donne, fino alla disgregazione delle piante e quindi al fallimento dei raccolti che portano a grandi perdite per gli agricoltori e aumentano i suicidi (ad esempio il cotone Bt, le patate Bt, la colza e il mais e il brinjal (melanzane) Bt in India) (cfr. Hawthorne, 2002/2022, Wild Politics: Feminism, Globalisation and Biodiversity, pp. 241-247, < https://www.spinifexpress.com.au/shop/p/9781925950687>).
Uso il termine “scelta” solo quando può essere applicato a due opzioni ugualmente valide. Per esempio: “Vuoi una fetta di torta al cioccolato o una fetta di crostata al limone?”. Non uso mai il termine “pro-choice” in relazione all’aborto. Molte donne vorrebbero avere un (altro) figlio, ma non possono farlo per motivi economici, di salute o di relazione. Chiamare questo “scelta” aggiunge l’insulto al danno quando devono decidere di interrompere la gravidanza in modo profondamente doloroso (e a volte pericoloso).
Sono solo i liberali – e in particolare le femministe liberali – che usano il concetto di “scelta” per giustificare pratiche che odiano profondamente le donne come la prostituzione, la pornografia e la maternità surrogata e, più recentemente, il “cambio di sesso” (che ovviamente è impossibile) e l’”identità di genere” (una sensazione nella testa che non può essere provata). Senza dubbio diranno anche che è una nostra “scelta” se vogliamo scaricare il nostro cervello nei nostri computer e diventare cyborg! Dobbiamo assolutamente evitare di usare la parola “scelta”, in particolare in relazione al nostro corpo.

Resistenze al nanomondo: Alcune pratiche rappresentano un oltrepassamento di un limite etico. L’utero in affitto sdogana la possibilità della compra-vendita di un bambino, che l’essere umano può essere oggetto di una negoziazione contrattuale, la procreazione medicalmente assistita sdogana la possibilità di selezionare e programmare un figlio, la tecnica di sostituzione mitocondriale a cui seguirà un bambino che avrà il DNA di “tre genitori” sdogana la possibilità che l’essere umano potrà essere un bricolage genetico. Oggi abbiamo una “madre d’intenzione”, una “madre committente”, una “madre surrogata”, una “madre gestante”, una “madre genetica” o un più neutro “genitore 1 e genitore 2”. Continue risignificazioni che cancellano la madre, colei da cui veniamo al mondo. La decostruzione della dimensione della procreazione e parallelamente la decostruzione delle nostre radici sessuate sono l’ultima frontiera del transumanesimo. La nascita e i nostri corpi sessuati diventano la posta in gioco per una profonda trasformazione ontologica e antropologica dell’essere umano. In gioco oggi è l’esistenza stessa della realtà sotto assedio da smontaggi e ricostruzioni artificiali e sintetiche. Cosa ne pensate?

Renate Klein: Viviamo in un’epoca profondamente inquietante in cui dominano la destabilizzazione, la frammentazione e la dissociazione. Inoltre, illusioni e bugie. E rovesciamenti. La verità non esiste più. Big Pharma (e le grandi banche e società) cercheranno di giustificare qualsiasi cosa vogliano fare dicendo che è “per il nostro bene”. I documenti legali “vecchio stile”, come la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia del 1989 (https://www.ohchr.org/en/instruments-mechanisms/instruments/convention-rights-child), che proibisce la vendita e il traffico di bambini, non vengono più rispettati.
I sostenitori dell’utero in affitto (GPA, maternità surrogata) glorificano alcune donne (povere) che rischiano la loro salute – e di fatto la loro vita – come “riproduttrici” per produrre un bambino per una coppia infertile (benestante), compresi ora anche coloro che sono ritenuti “socialmente infertili”, come gli uomini gay o single (si veda la proposta di legge del Senato della California del giugno 2023 che, se approvata, costringerebbe le assicurazioni a pagare le spese per la maternità surrogata e la fecondazione in vitro per gli uomini gay, https://www.foxnews.com/politics/ca-senate-passes-bill-redefine-same-sex-couples-able-pregnant-infertile). Il bambino viene trattato come un “bambino take-away”: non ha accettato di essere allontanato dalla madre subito dopo la nascita. Che sia per amore o per denaro, queste transazioni equivalgono al traffico e alla vendita di bambini.
Viviamo nel periodo di massimo splendore del tecno-capitalismo, dove tutto può essere comprato o venduto. E poiché a tutti viene detto che si tratta di “scelta”, i sostenitori di questa ideologia dicono alle persone, soprattutto ai bambini piccoli, che hanno il “diritto” (altra parola influente) di fare ciò che vogliono. Se vogliono intraprendere un percorso medico che dura tutta la vita per trascendere il loro sesso di nascita (cosa impossibile), è un loro diritto e una loro “scelta”. Coloro che si oppongono a questa ideologia vengono etichettati come odiosi transfobici, bigotti e TERF e viene detto loro che le nostre dichiarazioni “poco gentili” sono responsabili dei tentativi di suicidio dei cosiddetti adolescenti trans.
Dobbiamo opporci con fermezza a queste affermazioni e azioni deliranti, come hanno già fatto molte femministe radicali. In Doublethink: A Feminist Challenge to Transgenderism (2021) Janice Raymond elenca un gruppo di donne che sono state cancellate e/o hanno perso il lavoro a causa delle pressioni del culto trans. Tra queste Germaine Greer, Donna Hughes, Raquel Rosario Sanchez, Julie Bindel, Maya Forstater, Heather Brunskell-Evans e la stessa Janice Raymond (https://www.spinifexpress.com.au/shop/p/9781925950380, pp. 191-215).
Mentre i transumanisti perseguono l’obiettivo di scambiare gli esseri umani “disabili”, indesiderati o carenti, con parti del corpo sintetiche e controllabili dall’esterno, ottenute attraverso farmaci e/o operazioni e manipolazioni scientifiche del DNA e di altre cellule (ad esempio i mitocondri), gli esseri umani, in particolare i bambini, vengono già preparati a scuola sul fatto che non esiste una verità e che se vogliono identificarsi come un gatto, i loro insegnanti devono accettarlo e rivolgersi a loro con pronomi identificativi del gatto. Anche se questa storia dal Regno Unito si è poi rivelata non vera, riflette la crescente richiesta che se un bambino decide di essere “trans” (una cosa impossibile) gli insegnanti e i genitori devono identificarlo con i nuovi pronomi scelti (https://www.theguardian.com/education/2023/jun/23/child-identifying-as-cat-controversy-from-a-tiktok-video-to-media-frenzy).
Voi avete assolutamente ragione: oggi è in gioco la realtà di essere esseri umani con sangue, carne, ossa e un cuore che batte. Viviamo in tempi orwelliani in cui le inversioni di tendenza la fanno da padrone.

Resistenze al nanomondo: Come una macchia d’olio dilaga il “trans”femminismo con le loro decostruzioni e precise rivendicazioni politiche. L’assenza di limiti, la fascinazione per le tecno-scienze, l’avversione per la natura e per la nascita sono secondo noi alcuni dei punti di incontro con il transumanesimo. E non è un caso che le rivendicazioni LGBTQ+ sono finanziate e promosse da tutto il comparto biotecnologico – farmaceutico, dal mondo della finanza e dal mondo transumanista e sono linfa vitale per le politiche degli stati progressisti. Dove rintracciare le origini del transfemminismo, del queer, di questa sinistra cyborg progressista che travisano la lotta per la libertà e l’autodeterminazione con l’apologia dello sviluppo tecno-scientifico e transumanista sotto la maschera della trasgressione e della ribellione? Siamo difronte a un cambiamento di pensiero e di visione o c’è sempre stata una direzione mai capita in determinate ideologie e in determinati contesti?

Renate Klein: L’attuale culto trans, che oggi affonda le sue radici e i suoi viticci nel transumanesimo, ha origine nel postmodernismo che ha iniziato a dominare le università negli anni Ottanta. Negli anni Novanta si è trasformato nell’ideologia queer, secondo la quale tutto è possibile, niente è fisso e niente ha importanza (si veda il libro di Somer Brodribb Nothing Mat(t)ers: A Feminist Critique of Postmodernism; https://www.spinifexpress.com.au/ebook-store/p/nothingmattersebookpdf).
In questa ideologia, la natura stessa può essere cancellata e tutti i confini, compresi quelli tra specie, sono considerati antiquati. Gli xenotrapianti (ad esempio, organi di maiale nell’uomo) sono consentiti. E la vita è solo una performance (peccato che siate bloccati in un lavoro di sfruttamento a bassa retribuzione). Attraverso una rete globale abilmente organizzata di transmiliardari statunitensi del complesso medico-industriale che finanziano studi legali, ONG e altre istituzioni della società civile, il culto trans si è infiltrato nei governi e nelle grandi aziende fino a renderli ossequiosi delle loro richieste di “diversità e inclusione”. Per questo sono stati – e sono – riccamente ricompensati con “punti fedeltà”. Quasi come un sistema Frequent flyer! I dipartimenti governativi e le grandi aziende possono ricevere lo status di oro una volta che dimostrano che la loro istituzione ha attuato le richieste LGBTQ+.
A loro volta, sono infiltrati da persone pro-trans e pro-queer che si assicurano che non si possano muovere critiche al culto trans. In Australia, l’organizzazione che si occupa di questo si chiama ACON e la sua filiale AWEI (Australian Workplace Equality Index, vedi https://www.pid-awei.com.au/awards-luncheon-sponsors-2022/).
Nel Regno Unito questo compito spetta a Stonewall. Il Regno Unito ha iniziato a recidere questi legami, ma se il Partito laburista vincerà nel 2024 torneranno ancora più forti, poiché i laburisti sono legati all’ideologia trans. Il Regno Unito per il momento si è anche tirato indietro rispetto alle leggi sul self-id, mentre in Aotearoa/Nuova Zelanda e in Australia si stanno diffondendo di Stato in Stato: Il Parlamento del Queensland le ha votate nel maggio 2023, il New South Wales le sta discutendo. Victoria e Tasmania hanno queste leggi da anni.
Ma non uso la parola “transfemminismo”. Per quanto mi riguarda non esiste. La parola è una contraddizione: l’obiettivo del femminismo è la liberazione di tutte le donne, ovunque esse vivano. Il “femminismo trans” renderebbe questo obiettivo privo di significato, trasformandolo in un’altra inversione orwelliana. Nessuno di noi dovrebbe usare questa parola!

Resistenze al nanomondo: Quali possono essere oggi per noi donne le abilità, le sapienze, le visioni delle quali non possiamo più fare a meno per resistere ad un sistema mortifero e necrofilo che ci vorrebbe sempre di più in modo tragico e perverso dei “cadaveri riconoscenti” riprendendo le parole di Mary Daly?
Viviamo in uno scenario dove tutto sembra rovesciato, dove i significati quando non sono soppressi sono risignificati. Chi era contro i sieri genetici voleva far morire le persone, chi non crede alla narrazione ufficiale sul cambiamento climatico è nemico del pianeta, chi non vuole la Guerra è nemico della pace, chi si oppone ai Biolaboratori rifiuta la “sicurezza sanitaria” e chi è contro il pacchetto gender transumano nega i nuovi “diritti”. In tutto questo non è prevista una critica e viene usata la retorica di salute, infertilità, ambiente, pace, diritti: una salute che sarà attraversata da nuove tecnologie a mRNA, terapie geniche e nanomedicina, una procreazione eugenetica che diventerà la nuova normalità, un ambiente che verrà ancora più distrutto e manipolato dalle tecniche di geoingegneria, nuovi OGM e carne sintetica, una pace che significherà non solo armi atomiche, ma anche biologiche. Alla luce di tutto questo come riuscire a costruire una rete di opposizione anche internazionale che sappia cogliere le sfide di oggi? E qual’è oggi l’eredità di FINRRAGE?

Gena Corea: Resistere alla necrofilia
Una parola sul transumanesimo. I transumanisti credono che la razza umana possa evolvere oltre i suoi attuali limiti fisici e mentali, per mezzo della scienza e della tecnologia, in qualcosa di molto migliore. Questi uomini arroganti possono fare di meglio. Non capiscono nemmeno cosa sia un corpo umano eppure presumono di essere in grado di migliorarlo. Non hanno sperimentato loro stessi le piene capacità di un corpo umano, ma pensano di poterlo migliorare… in cosa?!!! Non comprendono la natura dell’organismo che intendono rendere “migliore”. Certamente non comprendono nemmeno lontanamente cosa sia il corpo femminile. Ne parlano come di una cosa, di un oggetto, di un ricettacolo, di un veicolo per la riproduzione, di un utero in affitto: non hanno la minima idea di cosa siamo, di chi siamo.
Quando scrivo “il corpo”, non intendo pelle, ossa e un insieme di organi. Non intendo affatto questo. Intendo un organismo antico che è in grado di connettersi con tutto ciò che è. Intendo un organismo che vive in quello che io chiamo il Tempo della Carovana: futuro, presente e passato che viaggiano sulla stessa carovana, tutti racchiusi in un momento, tutti capaci di passarsi informazioni. Per “corpo umano” intendo un essere meraviglioso che inter-è con la terra e non solo.
Noi siamo della terra. Non possiamo sviluppare i muscoli delle nostre gambe e non possiamo camminare se la terra non spinge sulle nostre gambe. Abbiamo bisogno della terra per diventare ciò che siamo capaci di diventare. Noi inter-siamo con la terra. Non siamo separati. I nostri polmoni non potrebbero svilupparsi, non potrebbero respirare, se non fossimo in inter-essere con l’aria. (Thich Nhat Hanh ha introdotto il verbo che sto usando qui: “inter-essere”). Il nostro tessuto connettivo ha una struttura cristallina che ci permette di comunicare con altri esseri su questa terra e oltre. Abbiamo la capacità di acquisire conoscenze da esseri e strutture molto distanti da noi. (La visionaria Emilie Conrad, con la quale ho avuto il privilegio di studiare, ha esplorato questo aspetto nella pratica che ha sviluppato, Continuum). Ci sono modi per accedere a una vasta conoscenza attraverso il nostro corpo. Voi chiedete: “Quali potrebbero essere oggi per noi donne le competenze, le conoscenze, le visioni di cui non possiamo più fare a meno per resistere a un sistema mortale e necrofilo che ci vorrebbe sempre più, in modo tragico e perverso, “cadaveri riconoscenti”, per riprendere le parole di Mary Daly?”
Abbiamo bisogno di appoggiarci alla vita, alla vita dei nostri corpi umani, per resistere al trascinamento globale verso la necrofilia. In una pratica biofilica possiamo sviluppare le nostre capacità di accesso alla conoscenza e alle visioni di cui i nostri corpi umani sono la porta d’ingresso.
Ci sono modi per accedere alla conoscenza del nostro corpo. Modi insegnabili. Diverse persone si imbattono in queste vie attraverso percorsi diversi. Io le ho scoperte attraverso una pratica chiamata Focusing. Mentre creano, gli artisti a volte scoprono queste vie. Vorrei poter scrivere in modo più dettagliato di questi modi. Ma poiché sono nel bel mezzo del mio trasloco – che avverrà a giorni! – e della ricerca di una nuova casa, non posso farlo in questo momento. Posso solo dire che la visione di cui abbiamo bisogno è quella di un vasto campo di vita di cui facciamo parte e da cui possiamo imparare.
I nostri corpi umani pieni di vita possono portarci la conoscenza di cui abbiamo bisogno per resistere al sistema necrofilo che sta uccidendo la terra e noi con essa. Ci saranno molte sorprese lungo il cammino, quando i nostri corpi ci porteranno ciò che non sapevamo di non sapere. Sorprese che danno vita. Accedere alla conoscenza attraverso i nostri corpi è qualcosa che i cadaveri riconoscenti non possono fare. Penso a un caleidoscopio. In questo momento, il suo quadro è impostato sul mondo necrofilo che i tecnodoc, i transumanisti, i transfemministi stanno costruendo. Basta un piccolo giro del caleidoscopio e l’immagine cambia completamente. Con i nostri corpi umani, una volta che ci rendiamo conto di chi siamo in verità, possiamo girare il caleidoscopio.

Renate Klein: Non dobbiamo smettere di resistere a queste tecnologie che odiano le donne, la natura e la vita. Per evitare di diventare “Cadaveri viventi”, dovremmo trarre forza dalla rilettura dei libri di Mary Daly, in particolare Gyn/Ecology (1979), e riconoscere appieno i numerosi rovesciamenti che la versione odierna del tecnopatriarcato queer e trans vuole farci credere. Dobbiamo costantemente assicurarci di togliere la lana che ci viene tirata sugli occhi e rimanere vigili e connessi alla terra.
Questo inizia con l’educazione dei bambini piccoli che sono stati indottrinati dal delirante culto trans. Se i bambini non imparano cosa è giusto e cosa è sbagliato e che esiste la Verità – per esempio che si nasce o di sesso maschile o di sesso femminile (e pochissime persone intersessuali, che non sono un terzo sesso, ma presentano differenze fisiologiche/anatomiche da corpi femminili o maschili) – abbiamo perso il nostro futuro (femminista).
La FINRRAGE ha una buona eredità (e non siamo ancora morti, alcuni gruppi FINRRAGE continuano in Australia e in Bangladesh). Abbiamo dimostrato che quando alcune donne impegnate del Sud e del Nord del mondo si uniscono e lavorano duramente per organizzare conferenze, pubblicare libri e impegnarsi nell’attivismo di strada e nella formazione continua, possiamo diventare potenti e unirci a molte persone diverse per rallentare almeno alcune delle tecnologie genetiche e riproduttive necrofile che portano alla morte.
La FINRRAGE lo ha fatto con successo dalla metà degli anni ‘80 alla metà degli anni ‘90 e abbiamo avuto il grande vantaggio che molti dei nostri membri erano impegnati nell’istruzione (superiore). In Australia, Robyn Rowland e io abbiamo insegnato Women’s Studies alla Deakin University di Melbourne e abbiamo raggiunto migliaia di studenti attraverso i nostri corsi di laurea, master e diplomi di specializzazione sulle tecnologie riproduttive e di ingegneria genetica. Questi studenti hanno trasmesso queste conoscenze ai loro coetanei e alla società civile in generale. Abbiamo combattuto valorosamente i tecnodoc in molti Paesi, ad esempio dibattendoli, come ha fatto Gena Corea in molte occasioni. Spesso abbiamo organizzato manifestazioni femministe intorno a una conferenza “ufficiale” di tecnologie riproduttive. Ricordo vividamente una conferenza a Maiorca nel 1986, dove donne con cartelli che dicevano “giù le mani dalle nostre ovaie”, “i nostri corpi – noi stesse”, “non siamo fattrici” ecc. emersero durante l’intervento di Gena in un panel con i tecnodoc (che si infuriarono per questo disturbo femminista)! Più tardi, in quella calda notte d’estate, abbiamo dato una festa che per me è stata la cosa più vicina alla partecipazione a una congrega di streghe. I nostri corpi sudati si muovevano l’uno contro l’altro e cantavamo così forte che i vicini si lamentavano. Sentivamo il potere delle donne scorrere nelle nostre vene e sentivamo che, almeno in quel momento, eravamo invincibili.
I gruppi FINRRAGE continuarono a svolgere il loro importante lavoro fino al 1994.
In preparazione alla Conferenza internazionale sulla popolazione e l’ambiente del Cairo, il gruppo di controllo della popolazione International Women’s Health Coalition (IWHC), con sede a New York, ha contattato le delegate della FINRRAGE e le ha corrotte, in particolare le donne povere del Sud del mondo, con biglietti aerei, alloggio al Cairo e denaro corrente per coprire le spese di ufficio.
La FINRRAGE non aveva soldi da distribuire e alla conferenza del Cairo, insieme a Farida Akhter e ad altre donne della FINRRAGE, abbiamo dovuto viaggiare per due ore al giorno dal nostro economico alloggio in periferia alla città. Non potevamo rimproverare a queste delegate di aver preso i soldi, ma è stato un punto basso della mia vita imbucarmi al sontuoso cocktail party in uno dei migliori hotel della città che l’IWHC aveva organizzato per le “nostre” donne.
Durante la conferenza abbiamo anche sperimentato l’attacco completo di una campagna orchestrata contro la FINRRAGE e i nostri workshop, programmando le loro sessioni con relatori di alto livello come Vandana Shiva (un’affiliata della FINRRAGE che è stata tenuta all’oscuro) per farle sovrapporre con il nostro Tribunale sui crimini medici contro le donne, in modo da avere meno donne presenti. È stato un attacco ben coordinato al femminismo radicale e purtroppo ha funzionato. Ne scrivo in “Riflessioni sul Cairo”: Retorica dell’emancipazione – ma chi ne pagherà il prezzo?” (https://www.finrrage.org/wpcontent/uploads/2016/03/Reflections_on_Cairo_Renate_Klein.pdf).
La FINRRAGE non si è mai ripresa completamente da questo evento. Una disputa interna al Gruppo di coordinamento, che all’epoca si trovava in Germania, fece sì che questo gruppo smettesse di coordinare le attività della FINRRAGE. Naturalmente, molte di noi continuarono il loro lavoro e si impegnarono nella campagna contro i “vaccini” anti-fertilità, come descritto in precedenza. Ma lo spirito radicale collettivista della FINRRAGE era stato spezzato. I gruppi reazionari e libertari a favore del controllo della popolazione, con grandi finanziamenti, avevano vinto. Fu un periodo triste che ricordo ancora con grande rabbia. Tutto questo è documentato nel libro di Stevienna de Saille del 2017 sulla FINRRAGE Knowledge as Resistance: The Feminist International Network of Resistance to Reproductive and Genetic Engineering (https://www.amazon.com.au/Knowledge-Resistance-International-Reproductive-Engineering-ebook/dp/B078C5S7RD). E teniamo un archivio FINRRAGE (https://www.finrrage.org/).
La FINAARGIT ha tutte le carte in regola per diventare il movimento di resistenza del XXI secolo alle tecnologie riproduttive e genetiche, compresa la maternità surrogata. A questi grandi temi si aggiunge quello di resistere all’ideologia del transumanesimo e del culto trans con il suo apparentemente infinito sostegno monetario da parte dei miliardari trans statunitensi e dei loro cloni. Avrete bisogno di tutta la vostra determinazione, il duro lavoro e la convinzione dell’importanza di opporvi a questi sviluppi disumanizzanti e misogini che mirano a cancellare gli esseri umani in carne e ossa con cuori, anime, menti e legami – soprattutto le donne e le lesbiche – con la natura e gli altri animali.
Dovete entrare in contatto con le giovani e i giovani che non hanno un’educazione su questi temi di vita e di morte.
Facciamo in modo che queste forze disumanizzanti non riescano a compartimentarci in corpi tagliati e incollati e a recidere il nostro cordone ombelicale con la Madre Terra e con le nostre vere madri.

Dott.ssa Renate Klein,
Mission Beach, giugno 2023

Traduzione di Elisa Boscarol
Il mondo Nuovo 2.0

www.finrrage.org
www.finaargit.org

Pubblicato su L’Urlo della Terra, numero 11, Luglio 2023

La Ragione contro le biotecnologie, la PMA e l’eugenetica – Jacques Luzi

Intervento di Jacques Luzi alle Tre giornate contro le tecno-scienze, luglio 2023
https://www.resistenzealnanomondo.org/necrotecnologie/biotecnologie/programma-tre-giornate-contro-le-tecno-scienze-28-29-30-luglio/

Biotecnologie, PMA ed eugenetica: una critica razionale
La biotecnologia è la manipolazione tecno-scientifica degli esseri viventi, compresi gli esseri umani. Dal XIX secolo, le società industriali hanno giustificato la coesistenza del principio di uguaglianza e la realtà della disuguaglianza con un determinismo biologico, per il quale le disuguaglianze sociali sono il riflesso di quelle naturali. Da questa ideologia nasce l’eugenetica, cioè la volontà di controllare scientificamente la riproduzione umana, al fine di favorire i “superiori” rispetto agli “inferiori”. Questa è la vera legittimazione della PMA, della ricerca sull’utero artificiale, della manipolazione genetica, della clonazione, ecc. La conseguenza è l’approfondimento dell’espropriazione industriale degli individui, non solo dei loro mezzi di sussistenza, dei loro desideri, delle loro interazioni sociali, ma anche della loro stessa natura. Tuttavia, la critica razionale di questa ideologia si scontra con diverse irrazionalità: quella della propaganda tecnocratica, quella del determinismo culturale postmoderno e quella del fondamentalismo religioso.
Jacques Luzi, accademico, membro della rivista Ecologie & politique.



Il periodo moderno è segnato dalla consapevolezza della natura immaginaria dei significati dati alla vita sulla Terra. Questa consapevolezza può portare all’emergere di un nuovo significato o alla caduta nel nichilismo.
È, quest’ultimo, il caso in cui determinati fini vengono ridotti a mezzi al servizio dell’accumulazione illimitata di risorse. Nel 1975, Jan Patocka ha parlato di un doppio nichilismo…
… il nichilismo di chi blocca le inconsistenti vestigia di significato ereditate dal passato e il nichilismo di chi trasfonde senza scrupoli tutti i valori sotto il segno della forza e del potere[1].
Pertanto, solo un significato nuovo e collettivamente accettato potrebbe porre dei limiti agli eccessi della società industriale. Opporsi all’industrialismo significa, innanzitutto, disincantare l’incanto dell’immaginario della forza e del potere.
Tale fede è la forza trainante della Quarta Rivoluzione Industriale che, con la sua combinazione di nanotecnologie, biotecnologie e intelligenza artificiale, racchiude in sé due promesse:

  • il superamento della condizione umana: il raggiungimento di una salute perfetta, un aumento indefinito della durata della vita, un grandioso aumento dell’intelligenza, e così via.
  • la ricostruzione artificiale della natura distrutta dalle precedenti Rivoluzioni industriali.

Queste promesse corrispondono a una «eugenetica» positiva, che implica la completa acquisizione della riproduzione umana da parte della tecnoscienza, al fine di aumentare le prestazioni umane e creare il transumano.
Dietro queste promesse si nasconde l’alleanza tra conoscenza (tecno-scientifica), potere (statale) e beni (capitali) alla base dello sviluppo delle biotecnologie, che sta portando a:

  • la mercificazione del vivente (geni, gameti, cellule, tessuti, organi) e della riproduzione umana: si stima che il mercato della fertilità varrà 78,2 miliardi di dollari entro il 2025, in concomitanza con l’aumento dell’infertilità, soprattutto maschile[2];
  • l’accelerazione della corsa tecnologica militare, con lo sviluppo di armi biochimiche, cioè organismi viventi la cui capacità infettiva, virulenza, tossicità, ecc. sono aumentate artificialmente, senza preoccuparsi dei rischi per la salute[3];
  • l’immaginario del controllo tecnocratico, come espresso dal fisico transumanista Richard Seed:

Dio ha destinato l’uomo a diventare una cosa sola con Dio. Noi diventeremo una cosa sola con Dio. Diventeremo onniscienti e onnipotenti come Dio. […] La clonazione e la riprogrammazione del DNA sono il primo serio passo per diventare una cosa sola con Dio[4].
Tecno-dei sono inoltre coloro che lavorano alla produzione industriale di bambini su misura. La ricerca che accompagna la procreazione medicalmente assistita è la seguente:

  • cura sempre più precoce dei bambini prematuri e periodi di gestazione più lunghi in un utero artificiale “intelligente” (attualmente allo stadio dell’agnello);
  • produzione di gameti da cellule epidermiche (stadio del topo);
  • diagnosi pre-impianto e manipolazione genetica (sull’uomo);
  • clonazione (fase della scimmia, quella della pecora era stata raggiunta nel 1996).

Il culmine di questa ricerca sarà la capacità tecnologica di ingegnerizzare completamente la fecondazione, la gestazione e la nascita.
Questa ambizione deve essere vista nel contesto della storia dell’eugenetica, emersa nel XIX secolo con Charles Darwin e suo nipote Francis Galton. Questa rappresentazione meccanica della vita, nonostante le sue debolezze teoriche, è stata sviluppata dalla biologia molecolare, ha portato ad applicazioni industriali e ha avuto implicazioni ideologiche.
In Francia, le debolezze teoriche sono state evidenziate, ad esempio, da André Pichot, che ha parlato di «bricolage genetico»[5].
Per quanto riguarda le applicazioni… in una lettera aperta pubblicata di recente sul Time, Eliezer Yudkowsky, fondatore del Machine Intelligence Research Institute (Berkeley), chiede di vietare l’intelligenza artificiale, a meno di non incorrere nel rischio incalcolabile di un bio-errore che metta a rischio la sopravvivenza dell’umanità:
L’intelligenza artificiale non rimarrà a lungo confinata ai computer. Nel mondo di oggi, è possibile inviare via e-mail frammenti di DNA a laboratori che producono proteine su richiesta, consentendo a un’intelligenza artificiale inizialmente confinata a Internet di creare forme di vita artificiali o di passare direttamente alla produzione molecolare post-biologica. (…)
Se qualcuno costruisce un’IA troppo potente, nelle condizioni attuali, mi aspetto che ogni membro della specie umana e tutta la vita biologica sulla Terra muoia poco dopo[6].
Per quanto riguarda la politica, invece, la concezione neodarwiniana della vita trasmette le seguenti idee:

  • le capacità intellettuali, le disposizioni morali e i tratti della personalità sono un’eredità puramente biologica;
  • in assenza di selezione naturale, gli individui stupidi, pigri, imprudenti e improduttivi si riproducono più di quelli intelligenti, laboriosi e lungimiranti, causando una degenerazione sociale e penalizzando la «meritocrazia» sociale;
  • per evitare questa degenerazione, la riproduzione umana dovrà essere organizzata scientificamente, così come gli allevatori organizzano la riproduzione di piante e bestiame.

In Francia, queste idee sono diffuse dal transumanista Laurent Alexandre. Negli Stati Uniti, il bioeticista Jonathan Anomaly ritiene che…
…man mano che l’ingegneria genetica diventa sicura e conveniente, le barriere all’accesso ai miglioramenti genetici socialmente utili dovrebbero essere rimosse[7].
Questo determinismo biologico è presente nelle varie fazioni del «partito dei tecnologi», ossia:

  • l’eugenetica liberale, la quale giustifica la selezione degli embrioni in un quadro utilitaristico. Allo stesso tempo, essa incoraggia l’eugenetica negativa praticata in alcuni Paesi del Sud, ove le donne più povere sono costrette a sottoporsi alla sterilizzazione;
  • il razzismo di estrema destra, che utilizza facilmente l’analogia biologica per legittimare la superiorità della «razza bianca» e la difesa del suo «biotopo contro le specie [umane] invasive»[8];
  • il post-modernismo, che vede nella riprogrammazione biologica un’occasione ludica per entrare a far parte dell’industrialismo sotto forma di «simulacri» e «performance parodica», ovvero per partecipare al peggio fingendo di contestarlo (e concependo la libertà solo nel contesto dei sistemi tecnologici)[9].

Queste componenti ideologiche dell’industrialismo dimenticano il significato politico della nascita «naturale», spontanea e imprevedibile, che è la fonte della libertà umana e dell’indeterminatezza della sua storia. Fermare la storia è da sempre una fantasia del potere assoluto.
Per questo, già nel 1951, Hannah Arendt osservava che il totalitarismo «ha il compito di eliminare non solo la libertà (…) ma anche la fonte stessa della libertà che il fatto di nascere conferisce all’uomo e che sta nella sua capacità di essere un nuovo inizio»[10]. Riprodurre artificialmente gli esseri umani equivale a neutralizzare questi nuovi inizi.
Tuttavia, è il desiderio di vietare queste pratiche che viene ora considerato intollerabile. La mega-macchina militare-industriale è del tutto permissiva quando si tratta di progresso tecno-scientifico, e usa questo progresso per ingabbiare le popolazioni nel suo funzionamento automatizzato, un po’ di più ad ogni disastro che produce. Il riciclaggio delle tecnologie militari da parte della polizia comprende satelliti ad alta tecnologia, droni, telecamere «intelligenti», chip RFID, nano-sensori, identificatori biometrici, elaborazione «intelligente» dei dati, ecc.
Nel 1934, la filosofa libertaria francese Simone Weil scrisse:
Dobbiamo fare attenzione a distinguere tra oppressione e subordinazione dei capricci individuali a un ordine sociale. Finché esisterà una società – avvertiva Simone Weil -, essa confinerà la vita degli individui entro limiti molto ristretti e imporrà loro le sue regole; ma questa inevitabile costrizione merita di essere chiamata oppressione solo nella misura in cui, provocando una separazione tra coloro che la esercitano e coloro che la subiscono, pone i secondi a discrezione dei primi[11].
La libertà non consiste nel fare tutto ciò che è tecnologicamente possibile, ma nel decidere collettivamente quali tecniche sono necessarie per la vita che vogliamo condurre, nel rispetto di noi stessi e della natura.
La questione non è se le regole esistono, ma: chi le detta e le impone, con quali mezzi e per quale scopo? Le chiese, le tecnocrazie, l’intelligenza artificiale o i membri sovrani dei popoli umani?
Questa sovranità può essere fondata solo su un’educazione culturale e politica all’autonomia, in altre parole all’autolimitazione democraticamente stabilita della volontà di potenza. Per promuovere, contro il nichilismo tecnologico, una diversità di esistenze che trascendano la finitudine corporea e terrena nella solidarietà e nella gioia di vivere.


[1] J. Patocka, Essais hérétiques sur la philosophie de l’histoire, Verdier, Lagrasse (1999[1975]), pp. 79, 97 & 100.

[2] businessinsider.com/pronatalism-elon-musk-simone-malcolm-collins-underpopulation-breeding-tech-2022-11.

[3] infogm.org/Armes-biologiques-potentialites.

[4] R. Seed (1998), citato da D. F. Noble, The Religion of Technology, Penguin, New York (1999), p. vii.

[5] A. Pichot, «La génétique est une science sans objet», Esprit, n° 284, maggio 2002, pp. 102-131.

[6] E. Yudkowsky, «Pausing AI Developments Isn’t Enough. We Need to Shut it All Down», Time, 29 marzo 2023, time.com.

[7] J. Anomaly, «Defending eugenics. From cryptic choice to conscious selection», Monash Bioethic Review, n° 35, 2018, pp. 24-35.

[8] H. Juvin, citato da G. d’Allens, «Enquête sur l’écofascisme : comment l’extrême-droite veut récupérer l’écologie», 1 febbraio 2022, reporterre.net.

[9] Per esempio: D. Haraway, Le manifeste cyborg et autres essais, Exils éditeur, Paris (2007[1984]) (Manifesto cyborg, Feltrinelli, Milano, 2018).

[10]   H. Arendt, Les Origines du totalitarisme. Le système totalitaire, Seuil, Paris (1972[1951]), pp. 291 & 312 (Le origini del totalitarismo, Einaudi, Torino, 2018).

[11] S. Weil, Réflexions sur les causes de la liberté et de l’oppression sociale, Gallimard, Paris (1955[1934]), p. 39 (Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale, Adelphi, Milano, 2015).

Dal corpo neutro al cyborg postumano. Riflessioni critiche all’ideologia gender – Seconda edizione aggiornata ed ampliata

Asterios Edizioni, volantini militanti, n.71, 2023
112 Pagine
9,90 euro

Retro di copertina:

Tutto ciò che riguarda le trasformazioni sociali è per sua natura in continua evoluzione, a maggior ragione per quello che riguarda gli sviluppi tecno-scientifici, fondamento e motore della Grande Trasformazione che stiamo vivendo.
Avete tra le mani un saggio di critica radicale nei confronti di uno dei tasselli fondamentali in un più ampio disegno transumano: l’idelogia gender.
Con questa nuova edizione cercherò di evidenziare come la dissociazione con il corpo sessuato e la decostruzione delle radici sessuate dell’umanità insieme alla riproduzione artificiale siano dei tasselli centrali nei progetti transumani.
Un corpo trasformato in un cantiere permanente nel biomercato della “transizione” con le sue cliniche di biodesign e bricolage tecnomedico, con i suoi ormoni commercializzati dalle multinazionali farmaceutiche. Un corpo neutro che apre la strada alla modificazione genetica dei corpi che diventeranno tecno-corpi in una tecno-vita ingegnerizzata e riprogettata in laboratorio.
Dalla dissociazione con i nostri corpi sessuati alla dissociaziome con la realtà presa d’assedio da costruzioni sintetiche e artificiali.
Opporsi a questi processi è una lotta fondamentale da cui non possiamo esimerci, in quanto si tratta di processi destinati a trasformare e a riprogettare i fondamenti dell’umanità e della stessa realtà. Lotte fondamentali quali sono la lotta contro l’ingegneria genetica e la lotta contro la riproduzione artificiale dell’umano non possono che avanzare congiuntamente a un’opposizione all’ideologia gender. Se l’umano e il vivente saranno manipolabili geneticamente e artificializzabili in laboratorio in un inarrestabile crescendo di sperimentazione, cosa rimarrà da difendere? I nuovi diritti tanto agognati saranno quelli delle chimere?
Esiste un filo che lega la spinta all’utilizzo dei bloccanti della pubertà a bambine e a bambini alla procreazione medicalmente assistita quale nuovo modo di venire al mondo. Esiste un filo che lega l’ “identità di genere” alla modificazione genetica dei corpi. Esiste un filo che lega la riduzione della potestà genitoriale per i genitori che si oppongono al percorso di transizione e quello che verrà considerato il miglior interesse del minore messo in mano a un tribunale e a dei tecnici a una società di individui atomizzati.
Un’esistenza zootecnica. Una vita sintetica con emozioni sintetiche all’interno di un Metaverso virtuale. Il definitivo imprigionamento dell’uomo-macchina in un mondo-macchina.
Oggi essere rivoluzionari significa conservare tutto ciò che rende l’umano, il vivente, la natura ancora tali e non parti scomponibili e riprogettabili in un mondo-laboratorio. Vogliamo restare animali umani tra gli altri animali in questo pianeta che ci ospita.

È in uscita il numero 11 del giornale L’Urlo della Terra

È in uscita il numero 11 del giornale L’Urlo della Terra

Care/i lettrici e lettori,

sta per essere dato alle stampe il nuovo numero de L’Urlo della Terra.

Vi chiediamo, se potete, di sostenerci con anticipo rispetto ai normali tempi di spedizione del giornale con l’invio del vostro contributo. Questo ci permetterà di far fronte alle non leggere spese tipografiche aumentate notevolmente nei costi della carta e per le spese di distribuzione in Italia, all’estero e ai non pochi prigionieri.
Contattateci inoltre per una diffusione del giornale più ampia e capillare nelle vostre zone: biblioteche, circoli, centri di documentazione… e per iniziative benefit.
Siamo disponibili per presentazioni e discussioni sui contenuti del giornale, in luoghi pubblici e aperti dove il pensiero libero si alimenta.
Se avete possibilità pubblicate e fate girare in blog, telegram, siti internet, canali…

Vi ricordiamo le Tre giornate contro le tecno-scienze il 28-29-30 Luglio, momento in cui diffonderemo anche questo nuovo numero del giornale:
Presentazione: https://www.resistenzealnanomondo.org/necrotecnologie/28-29-30-luglio-2023-tre-giornate-contro-le-tecno-scienze/
Programma con gli interventi: https://www.resistenzealnanomondo.org/necrotecnologie/biotecnologie/programma-tre-giornate-contro-le-tecno-scienze-28-29-30-luglio/

Un caro saluto e grazie a tutte e tutti voi
La redazione

In questo numero:

– Editoriale
– Il Biolaboratorio mondo – Costantino Ragusa
– Pandemie e guerra biologica: la Scilla e Cariddi della Quarta Rivoluzione industriale – Hurry Tuttle, dalla rivista greca Cyborg, n.24, Atene
– La realtà ostaggio da smontaggi e ricostruzioni artificiali – Silvia Guerini
– La realtà è diventata un’attrazione turistica – Jennifer Bilek
– Demistificare la ragion tecnica. Riflessioni attorno “Propaganda” di Jacques Ellul – Dario Stefanoni
– Inganno climatico e fanatismo (anti) ecologista. Dalla narrazione climatica all’ingegnerizzazione della Vita – Cristiana Pivetti
– L’ingegnerizzazione dell’umanità e del pianeta in essere robotizzati e megamacchina – Maria Heibel
– Il Club di Roma e l’avanzare del governo mondiale – Cristiana Pivetti
– Cosa ha detto Theodor Kaczynski delle biotecnologie – Resistenze al nanomondo
– Dialogo tra Resistenze al nanomondo e FINRRAGE (Feminist International Network of Resistance to Reproductive and Genetic Engineering)


40 pagine
5 euro a copia, più spese di spedizione 1,30 euro
Per i distributori minimo 5 copie: 3 euro a copia, più spese di spedizione 1,30 euro
Spese di spedizione per l’estero: 5,50 euro

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Intestata a Silvia Guerini, Specificare la causale L’Urlo della Terra

Per contatti e richieste: urlodellaterra@inventati.org, www.resistenzealnanomondo.org

Disegno di Cristiana Pivetti
http://www.cristianapivetti.org/

Chi finanzia il movimento LGBTQ+

Testo tratto da:
Dal corpo neutro al cyborg postumano. Riflessioni critiche all’ideologia gender.
Asterios Edzioni

A breve la nuova edizione ampliata e aggiornata

Leggi qui il testo:

https://www.acro-polis.it/2023/06/08/chi-finanzia-il-movimento-lgbtq/

https://www.nogeoingegneria.com/ingegneria-sociale/lgbtq-una-questione-di-diritti-o-ce-unagenda-piu-ampia-e-piu-profonda/